Poesia. "Per la morte della mamma", di
Diego Licata
Angelo
“PER LA MORTE DELLA MAMMA”
Mamma siam per l’ultima volta soli,
io e di te, quel che di noi, il meglio ingombra,
con l’altra, già a beata meta voli.
Nella stanza in cui luce cede all’ombra,
la tua fredda mano nella mia,
stringo, e tal che orizzonte il sole sgombra,
al mattino pian piano, da foschia,
sì i ricordi or vincono l’oblio.
La gente dalla stanza attigua invia,
da me ignorato un lieve mormorio,
che già io sono nel tempo lontano;
ai dì che negli occhi uno sfolgorio
di sfida, al tuo piccin ivi a dar mano,
ascolta un’altra volta il mio lamento,
che il mio senno in quest’istante è vano.
Anticipavo spesso tal momento,
vedendo il tuo soffrire, ho pregato,
di quest’ora il venir non fosse lento,
benché nel sonno mi avessi avvisato,
poche ore prima, svelta e sorridente,
dal piè del letto mi hai mirato.
Per te lieto, dicevo gaiamente:
“Che sorpresa finita è la tua pena
mamma”, intanto svanivi dalla mente;
e solo al vespro lo ricordai appena.
allor che morte di te ebbe ragione.
Questo è sol parte di lunga catena,
per me rimorso a te di duol cagione,
scusa chiedo e son certo del perdono,
che quante volte appresso a delusione,
al tuo piccolo corresti a tal suono,
a carezzar e baciar la guancia,
ti giunga mamma, per quel che io sono,
il mio grazie e la mia ultima ciancia.
Le tue pene, al tuo figlio sii sicura,
di zagara esalan e di arancia.
E mai scordar potrà che nella dura
vita tua, quand’egli era bambino,
e tu non conoscevi la paura,
alfin che pieno fosse il suo pancino,
più volte conoscesti del digiuno
l’asprezza e la presenza da vicino.
Ricorderà pure che se qualche d’uno,
osasse contraddirlo in tua presenza,
all’ira tua non sfuggiva veruno.
Quel che ti voglio dire in essenza,
per gli altri eri, per me, sempre sarai,
mia mamma; l’ultimo bacio qui, senza
dubbio, non è addio; mi rivedrai;
perché crediam in chi a Pietro la chiave
del regno suo diede, ove certo stai,
sol cosi il distacco è men grave.
(1989)
Poesia. "Valori demoniaci distruttivi", di
Giorgio Infantino
Giorgio Infantino
“VALORI DEMONIACI DISTRUTTIVI”
Al posto dell’ordine:
disordine ovunque,
nei campi, nei boschi,
mari, fiumi e laghi.
Al posto della volontà di Dio:
volontà propria,
abusi, immoralità
e avidità.
Al posto della sapienza:
intelletto e sapere,
la base per egoismo,
orgoglio, voler avere ragione
e distruzione.
Al posto della serietà:
indifferenza,
mettersi in mostra, vanagloria,
mancanza di scrupoli.
Al posto della bontà o pazienza:
impazienza, liti,
disprezzo, minacce
e denigrazione degli altri.
Al posto dell’amore di Dio:
amore per se stessi, presunzione,
abuso di bambini e donne,
egocentrismo
che dilaga ogni giorno di più.
Al posto della misericordia:
crudeltà verso gli esseri umani,
verso gli animali e la natura,
odio, invidia, furti,
omicidio di fratelli e sorelle,
con il commercio delle armi.
Questi sono i valori demoniaci
che stanno superando ogni limite,
e distruggono gli uomini
e l’equilibrio della terra,
che nutre noi esseri umani.
Se quella volta sulla scena
in mezzo alla strada
con i mille curiosi ai bordi,
quando mi dicesti ti amo
ed io risposi, anch’io ti amo,
se quella volta, come no,
non fosse stato tutto previsto da copione,
animato dal sensazionale ciak si gira,
quella volta l’avrei intensamente vissuta
come la più grande e ineffabile meraviglia
che tutta un’intera vita può mai offrire.
Se quel bacio ricco di voluttà ineguagliabile
con le mie labbra ardenti sulle tue,
fosse stato solo intimamente desiderato
anche da te come io l’ho tanto bramato,
tesoro mio,
sarebbe quanto soltanto il vero può far apparire
e la realtà in nessun modo smentire.
Quando, ahimè, tutto questo così non è.
Figlia della ricchezza è la miseria
come la mamma ingioiellata
trascina la figlia scalza infreddolita.
Violenza è la ricchezza
da belle maniere celata
godereccia perversione del capriccio.
Immorale è lo spreco che avanza dal necessario
mostrando l'indegno "dell'umana convivenza"
perché la puzza della miseria non vuol sentire.
La dignità è il possibile obbiettivo da perseguire
indirizzando l'economia verso la sufficienza
scacciando l'opulenza verso la moderazione.
La ricchezza sempre un furto va considerata
vestita di sopraffazione verso la miseria
che solo la dignità rende tutti meritevoli di stima.