«Giovanni,
Giovanni! Non ne posso più! Si deve pur vedere cosa ha da farsi! È da
stamattina che giro per casa come una matta».
«Sii buona, Concetta, cerca di capire; non è poi così
difficile, sai? Sei tu che vuoi farne un dramma per sbarazzartene;
pensaci un po’», continuò Giovanni «non è un soprammobile, sai? Che devo
fare? Dimmelo! Ricorda che alla fine si diventa tutti vecchi… e
allora?».
Era da qualche tempo, oramai, che quella storia si
trascinava; spesso erano dovuti intervenire i vicini per sedare le liti
tra i due. Giovanni, buonuomo, tutto casa e lavoro, tornando a casa,
dopo il duro lavoro nei campi, doveva sempre vedersela con la moglie
Concetta, la quale, per la sua agiata provenienza, abituata nella casa
paterna alla servitù e beni d’ogni genere, le veniva difficile ora avere
a che fare con il vecchio Pietro che, per la sua veneranda età e gli
acciacchi ereditati dalla dura vita campestre, era costretto a stare
quasi sempre seduto e quindi a dover chiedere, ogni qualvolta ne aveva
bisogno, aiuto alla nuora.
Una situazione che per Concetta era divenuta pesante;
tanto che spesso rimproverava il marito di non darle ascolto, quando gli
suggeriva di portare suo padre all’“Ospizio”.
«Questa, dove abitiamo, è la casa che s’è costruita mio
padre con grandi sacrifici!» continuava a ripetere il marito. «Egli ha
qui dentro tutti i suoi ricordi! Lo capisci o no? Come faccio a
toglierlo da qui? Come posso portarlo in un posto dove sicuramente
soffrirebbe di più nel vedersi abbandonato, dopo ciò che ha fatto per i
figli?».
Sette figli, e tutti emigrati per l’Italia in cerca di
lavoro; qualcuno s’era già impiantato con la propria famiglia in una di
quelle città, e Gianni, terzogenito, avendo trovato lavoro a Belmonte
Mezzagno, paese natìo della famiglia, era rimasto ad abitare nella casa
paterna, dove già da anni, morta la moglie, il papà viveva da solo.
La storia continuava a trascinarsi da lungo tempo;
erano già venuti al mondo Pietro e Vincenzino. Pietro, non appena il
nonno apriva bocca, subito gli era accanto.
«Cosa vuoi, nonno? Come stai?».
«Ho solo dato un colpo di tosse, caro il mio Pietro;
su, giacché sei qui siediti, voglio raccontarti una storia. Devi sapere
che tantissimi anni fa, quando la fame e la miseria abitavano quasi
tutte le case del nostro piccolo paese…».
«Ancora con le favole! E i compiti?» interveniva
Concetta, inviperita. «Su, vieni a studiare, se non vuoi diventar
somaro», quasi che essa non digerisse nemmeno i racconti narrati dal
vecchio al piccolo Pietro.
«Ma, mamma!».
«Niente mamma!» continuava la donna, borbottando
sottovoce frasi verso il vecchio che, a causa della sopraggiunta cecità,
non riusciva a scorgere la nuora e a capire quanto essa mugugnasse.
Il tempo passava, i piccoli cominciavano a farsi
adulti; e per il vecchio Pietro gli anni diventavano sempre più pesanti.
I diverbi tra marito e moglie, anziché cessare,
crescevano sempre più, tanto che il marito, per evitare che i figli
continuassero a sentire le lamentele, si convinse a portare il padre in
quella casa per anziani: l’“Ospizio”.
E così, un giorno e di buon mattino, mentre i figli e
la moglie dormivano, si mise in spalle il povero padre e iniziò a
percorrere la strada per Palermo.
Non esistevano mezzi di trasporto a quei tempi. Lungo la strada… o,
meglio, il viottolo che sale per la scorciatoia che da Belmonte porta
alla città, vi era, e c’è tuttora, uno spiazzo, un grandissimo spiazzo
con un’enorme quercia dove ancora oggi nidifica l’usignolo, e al centro
una piccola sorgente, “’a
Giarritedda”.
Giovanni, stanco e sudato, si fermò per riposare e bere un po’ d’acqua;
adagiò suo padre su una grossa pietra accanto alla sorgente ed emise un
rantoloso sospiro: «Ah!».
Il vecchio Pietro d’un colpo capì quanto stava
avvenendo e disse al figliolo: «Eh, figlio mio, anch’io ebbi a tirare un
rantoloso sospiro, quando adagiai qui mio padre, proprio in questo
posto, dove ora tu hai adagiato me, mentre lo portavo all’“Ospizio”».
Giovanni rimase impietrito a guardare suo padre, e capì
quanto egli aveva detto e il significato di quelle parole; si rimise il
padre sulle spalle e, anziché dirigersi verso Palermo, fece la via del
ritorno.
Pensava e ripensava, lungo la strada, a quelle parole
dette da Pietro: «Anch’io sedetti mio padre e tirai un rantoloso
sospiro, in questo posto, dove tu ora hai adagiato me».
Quelle parole pesavano più di quanto egli portasse
sulle spalle.
«E mio figlio?» pensò. «Mio figlio, quindi… avrebbe
dovuto un giorno non tanto lontano… per questa strada…».
Era orribile quanto pensava; ma era pur vero che, per
accontentare le isteriche voglie di sua moglie… li avrebbe educati…
«Certo! La moglie!» continuò a pensare. «Aspetta che
torno a casa e sentirai cosa ho da dirti!».
«Parli con me, Giovanni?» fece Pietro, mentre il sole
cominciava a sciogliere la rugiada mattutina e l’usignolo a riprendere
il suo soave verso.
Rocco
Chinnici |