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Luglio 2024

MESSAGGI DAI LETTORI

 

24/07/2024

Poesia. "Estate", di Michelangelo Palermo

 

Michelangelo Palermo
Michelangelo Palermo

Estate
Estate


Estate
(Estate)

“ESTATE”

Ciao, amica mia,
ho sentito il tuo alito
nel caldo odore dell’attesa.
Sei tornata.
Pur viaggiando per lontane rive
hai custodito i nostri ricordi
e i segreti che risiedono nel cuore
che a nessun mai hai rivelato.
Lo sai
quando ti fai condurre dal vento
che profuma di fresca ombra
a me giova la tua carezza
mi prepari alle amate riflessioni.
O quando mi vieni a cercare
nel dirmi che sei pronta al gioco
allora è lì che anche il silenzio
mosso dagli alberi
esalta la mia gioia di abitare
a cavallo di questa isola
dove tu più decisa ami sostare
.

                   
Michelangelo Palermo
                                  © Riproduzione riservata.
 

 

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06/07/2024

Racconti. "La favola di Poesia"; di Michelangelo Palermo

 

Michelangelo Palermo
Michelangelo Palermo

Poesia
Poesia

 

Poesia


"POESIA"
(Poesia e l'immagine)

di Michelangelo Palermo

- Come ti chiami? - chiese il ragazzo.
- Io sono Poesia. E tu?
- Veramente mi chiamano con due nomi, potrai sceglierne uno a piacimento.
- Allora ti chiamerò Duenomi - gli disse sorridente.
Poesia era una fanciulla le cui meraviglie erano cantate da chiunque incontrasse il suo sguardo, e quel giorno Duenomi quando la vide se ne innamorò follemente, all’istante.
I genitori del ragazzo non ne furono contenti, nonostante l’incanto avesse deciso, per inspiegabile ragione, di posare sul volto della giovane.
Il motivo della ritrosia nei confronti della fanciulla era dovuto al fatto che appariva a molti inconcludente.
- A volte utilizza parole strane, fuori posto, e considera poco la sostanza delle cose - disse il padre a Duenomi, un giovane sicuramente di bell’aspetto.
Poesia rispondeva alle perplessità di alcuni ammiratori che sovente lei le parole neppure le ascoltava.
- Le parole sono le orme del pensiero. E a volte preferisco udirne il suono e ondeggiare con la fantasia che dà il verso al silenzio.
Ad altri invece faceva notare che le parole possono squarciare il muro della realtà, che si presenta talvolta in modo fallace.
Era difficile crederle fino in fondo.
Zeus dall’alto dell’Olimpo conosceva bene la giovane, da cui segretamente era ammaliato, riconoscendo che tale prodigio naturale era probabilmente sfuggito alla stessa creazione.
- Perché ne restano tutti affascinati? - gli chiese la moglie Era.
- È così - rispose.
- Anche tu lo sei?
- Questa fanciulla fa un uso delle parole che nessun dio sa fare. Questa è la semplice verità - rispose il dio di tutti gli dei.
- Sì, è vero. Anche io ne resto sorpresa, pur non riuscendo sempre a comprenderla bene - aggiunse la dea.
- Perché le sue doti sono straordinarie.
- Però di lei qualcosa mi turba - confessò Era.
- Lo so - rispose Zeus -. Poesia sa esprimere l’ineffabile, ecco quanto può turbare chiunque, tanto i mortali quanto gli stessi dei.
Infatti il suo linguaggio riusciva ad incantare in modo singolare.
- Le sue parole sono così seducenti perché si accordano perfettamente al fascino dei suoi occhi - riprese Era.
- O sono le parole stesse a renderla ancora più bella? - le fece eco Zeus.
Intanto Poesia, con il suo bel canto, partecipava alla vita e ne lodava le meraviglie, in amabile compagnia.

La dea però, col trascorrere del tempo, si accorse che tra gli esseri umani veniva assai meno considerata della giovane bellissima.
Sicuramente anche meno amata.
Un giorno particolarmente concitato, mossa dalla rabbia decise di mettere fine alla fortuna della mortale, che, secondo lei, aspirava a superare il divino stesso che non abita in Terra.
E meditò una risposta appropriata e risolutiva in quanto era giunto il momento di punirla in modo esemplare.
Così, presa dal gusto dell’invidia, si adoperò per farla apparire brutta agli occhi di tutti. Sfigurandola, credette, l’avrebbe privata del suo ineguagliabile incanto, definitivamente.
- Si deve evitare che la scia degli ammiratori si infittisca più di quanto già non lo sia - disse la potentissima dea a Zeus, che le sedeva accanto.
Così il dio dell’Olimpo, forse per compiacere la moglie, acconsentì al compimento dello sprezzante piano.
Ma Zefiro, rannicchiato in un vaso, avendo ascoltato il colloquio tra il dio e la moglie, si impietosì di fronte a tanto accanimento.
Ritenne ingiuste le ire delle potenze celesti scagliate contro l’indifesa ragazza. Così si avvalse della sua arte, e col soffio cercò di diradare quanto più possibile l’incantesimo, che avrebbe dovuto coprire come un manto tutti i luoghi abitati.
Soffiò tanto, e così solo in parte il maleficio poté agire e non toccare tutte le menti degli umani. Ancora molti riuscivano a vedere in Poesia la bellezza, da cui erano immancabilmente attratti.
Anche Duenomi rimase indenne, protetto dal caro vento e forse dall’amore per Poesia, serbando così l’affetto per la ragazza.
Allora Era capì che il sortilegio stranamente non era riuscito del tutto ad annullare l’immagine seducente di Poesia.

Un giorno Rima, l’amata amica di Poesia, le disse:
- Lo sai bene, per molti le tue parole non corrispondono alle cose che ogni giorno appaiono sottoi nostri sguardi. Tu parli di una realtà che non a tutti si manifesta.
- Lo so, purtroppo me lo sento dire spesso.
Intanto i ragazzi vivevano in modo sereno e coinvolgente l’avventura della vita.
Lei quando parlava emetteva suoni soavi, e pure Duenomi la ascoltava attonito.
Un giorno lei gli parlò come tanto le piaceva.
- Se mi vuoi sempre vicina dovrai affascinarmi, sorprendermi. Detesto la banalità, le cose ovvie. Non pretendo che tu mi comprenda sempre, ma che tu senta il mio amore. Se insegui soltanto ciò che già si vede, non sono la ragazza che cerchi.
- Cosa intendi? - rispose lui.
- Io vorrei capire se tu amandomi hai trovato tutto quello che alcuni rincorrono nelle misteriose figure degli astri. O sei attratto soltanto dai lineamenti del mio corpo?
Intanto la dea, avendo constatato che Duenomi provava ancora amore per Poesia, fu presa da una collera incontenibile.
Notava, fra l’altro, che la presenza di Poesia aveva sempre un effetto benefico sui mortali, senza però riuscire a coglierne il motivo.
Allora piena di invidia e di rabbia provò con un altro stratagemma a strapparle il fascino. E con i soliti modi sprezzanti architettò di alterarne la voce per rendere sgradevole il suono che sapeva incantare.
Così le belle parole della giovane apparvero ancor più di prima incomprensibili, e irritanti per molte orecchie.
La dea aveva creato un alone intorno alla ragazza, inducendo addirittura a credere che parlasse nel vuoto, solo a se stessa.
Ma anche questa volta, Zefiro con i suoi sbuffi aveva limitato gli effetti deleteri del sortilegio.
Allora Era incalzò il marito per conoscere il motivo per cui i suoi incantesimi non riuscivano a realizzarsi pienamente.
Zeus messo alle corde le disse invece ciò che gli premeva maggiormente: la ragione per cui lui stesso, onnipotente dio, temeva la bella Poesia.
- Come puoi temere tu una semplice mortale? - gli domandò.
Allora il dio, sicuro di non essere udito in tutto l’Olimpo, confidò il suo timore.
- Poesia mina la credibilità degli dei, il nostro stesso mondo.
- Come? Dimmi, voglio conoscere il suo incredibile potere
- Quello che preoccupa è il modo fantastico con cui accorda le parole, d'altronde le medesime che chiunque utilizza, ma lei riesce a darne un verso per osare oltre qualsiasi limite, oltre qualsiasi orizzonte umano. Una sfida agli dei, e che io stesso non sempre sono in grado di dominare.
- Poesia potrebbe stravolgere la visione del mondo stesso, per quello che è ed è sempre stato?
- Per questo sono preoccupato. La giovane può superare la nostra stessa immaginazione
- Tutto questo con la sua voce?
- Certamente, poiché sa andare ben al di là del significato della singola parola, e ne dilata la comprensione fino a poter svelare ciò che gli dei da sempre hanno voluto nascondere ai mortali
Era aveva compreso bene.
- Infatti, ascolta! - e Zeus indicò alla moglie quello che Poesia stava dicendo a Duenomi.
- Se ti spingi più in là a cercare, se osi desiderare e conoscere… si possono disvelare verità nascoste.
- Dimmi - disse Duenomi.
- Parole unite fra loro con sapienza possono anche farci toccare, con mano direi, la bellezza autentica. Possono evocare immagini, innalzarle attorno a noi, nonostante siano invisibili agli occhi… fino ad apparecchiare una diversa visione della vita.
- Addirittura?
- Sì! Le parole sanno custodire segreti che la ragione non può sfiorare e neppure comprendere profondamente, come quelle che si odono nei sogni e nei cui orli conducono le immagini che sfuggono alla coscienza.
- Non capisco bene.
- Devi imparare ad ascoltare la voce di quelle parole.
- E come si fa?
- Sta ad ognuno di noi scoprirlo, e riconoscerle. È un compito vitale, che induce anche a dipanare il pensiero sul grande mistero: il senso del vivere… l’eterna incomprensione su cui tutti i mortali si tormentano.
- Ma
- Sì, la certezza di chi siamo
- Ecco! L’hai sentita come parla?  E lui saprà capire? - disse ancora Zeus.

Era uscì sconvolta dopo aver udito quanto il marito le aveva rivelato.
E subito provò a sviare la mente del giovane facendogli incontrare la figlia di un re, la quale in un lampo si ritrovò innamorata perdutamente di lui.
Il ragazzo fu messo di fronte ad una smisurata potenza, e a tanta ricchezza che poteva toccare con le sue mani, e d’improvviso in Duenomi tutta la passione per Poesia iniziò a vacillare.
Il re, veduta la figlia rapita pazzamente come non mai, offrì al giovane il futuro del grande regno se l’avesse sposata.
- Sono una principessa molto ammirata, non potrei mai sopportare che una ragazza del popolo come Poesia possa sottrarre quanto io desidero di più al mondo.
Poi, gli fece vedere quanto si estendeva l’autorità del padre.
Il ragazzo, distratto dalle malie del potere e dai preziosissimi forzieri, si convinse di separarsi da Poesia.
Non a caso, Poesia colse lo smarrimento di Duenomi.
- Vieni con me, ti mostrerò alcune scoperte - gli disse -. Non sono luoghi o luccichii di ori, o di pietre colorate dure e inerti.
Duenomi assai imbarazzato restava muto.
- Io non ti rincorrerò. Io allieto e mostro le conquiste invisibili, la propria realizzazione, che alcuni non sanno cogliere, e custodire nelle proprie mani.
Duenomi come fosse distratto non comprendeva.
- Posso offrire soltanto ciò che sono, ed è tutto ciò che posseggo. E se non ti basta, non è di me che hai bisogno. Tu non mi ami, tu non puoi amarmi.
Il ragazzo provò ad approntare una risposta. Balbettò e non ebbe neppure il coraggio di dirle la verità. Se ne andò via senza parlare, convinto d’avere agguantato la piena libertà.
Nell’imponente reggia fu accolto con onori regali.
- Solo nelle tue braccia mi sentirò me stesso - disse alla futura moglie.
- Con me avrai tutto quello che desideri, qualunque problema sarà risolto prima che si presenti - lei lo rassicurò.
E lui si sentì forte avvolto da un alone di onnipotenza, che niente mai avrebbe potuto far vacillare.

Poesia visse una profonda tristezza.
La ragazza avvertiva un impedimento nell’essere riconosciuta per quello che era, semplicemente. Camminò, vagò, tristemente.
Superò boschi e s’affiancò a imprevedibili litorali.
Era molto amareggiata. Rima andò a cercarla per darle sollievo.
- Mi accorgo che non tutti sanno reggere la meraviglia e appassionarsi al suo calore - le disse l’amica.
- È facile disperderlo se non se ne riconosce la fonte - aggiunse Poesia.
- Le mie parole, che sono le parole di tutti, sono come i colori di una farfalla che dipinge l’aria sbattendo le ali.
- Certo, ma non tutti sanno vedere quei colori adagiati su una tela intangibile.
- È questa la reale ricchezza - così dicendo Poesia sorrise.
E sorrise anche Rima.
Intanto la dea fu la prima a compiacersi nel vedere Poesia per la prima volta così affranta: i suoi strali avevano in parte colpito.
Allora, Zefiro andò ancora incontro alla fanciulla, intenerito dalla sua genuinità che mai male ad alcuno aveva arrecato.
- Dovrai superare lo sconforto che qualcuno ha iniettato in te - le disse Zefiro.
Poesia annuiva.
- Rovistare e scovare la speranza per farla emergere.
Poesia ascoltava.
- Sei una ragazza forte con un sentire chiaro, possiedi le risorse per impedire che venga minata la tua identità.
- Lo capisco. Questo è il vero proposito malvagio.
Allora Zefiro le disse che non tutto poteva rivelare, non era nelle sue facoltà, ma che la ragazza con il suo intuito ne avrebbe compreso il disegno.
- Sì, è dentro di me che devo trovare le risposte
E il tenue vento soffiò verso di lei una brezza frizzante e leggera.

La ragazza non si diede per vinta.
Superò il difficile momento con tutte le sue energie.
Fino a quando un bel giorno senza darsene più pena giunse a separarsi dal passato. Avvertì gioia e nuovi entusiasmi da percorrere.
- Partire è ricreare ciò che non è - confidò alla cara Rima.
Poi, ritenne che con quanti negavano il suo modo di essere avrebbe fatto a meno di parlare.
- Ai loro occhi non valgo, appaio inutile.
- Non sei obbligata a spiegare chi sei e cosa desideri - rispose commossa Rima. - E se qualcuno si ostina a voler arrestare la tua impareggiabile sensibilità neppure le tue prodigiose parole varranno per costoro.
- Qualunque voce, la più appropriata e incantevole, non toccherà mai il loro cuore - rispose Poesia.
- Lascia che ti scorgano evanescente e incomprensibile, come invece non sei, poiché lo specchio è il loro unico interlocutore.
Ma la soddisfazione di Era durò ben poco, finì quando vide la ragazza convinta e curiosa di voler superare l’afflizione, spingersi ad esplorare quanto ogni alba può ricreare.
Solo alcuni giorno dopo Poesia avvertì ancora una leggera brezza, e fu sfiorata dai suoi sbuffi che muovevano ogni cosa, titillavano anche i rami e le foglie da cui si sprigionarono profumi di viole e rose.
Viola e rosso furono i colori che, come per incanto, impressero immagini sul vento. Una di queste volò via, corse per tutta la terra, e infine ritornò nella notte, nel sogno di Poesia.
L’immagine rese inebriante subito la scena nonostante il buio, prese le sembianze di un giovane, mai veduto ma dal volto a lei comune, che la guardò come fosse una carezza.
Al risveglio sentì una fragranza e da questa si lasciò trascinare.
Il suo cammino non si sarebbe arrestato, e un tenue sorriso la pervase.
Conobbe una nuova certezza: tutto poteva ondeggiare in lei, tutto poteva ricominciare.
E così Zefiro, che col suo tenue movimento seguiva le vicende della cara ragazza, fluttuò leggermente e se ne andò via a soffiare altrove. A Poesia non serviva più restare sulla sua scia, ne aveva trovata una propria.
Aveva ritrovato l’immagine di sé, oramai non più alterabile.
E quell’immagine divenne il suo stesso pensiero.

Poesia suscitò ancor più fascino in chi sapeva riconoscere la sua chiara espressione.
- Chiunque adesso può ancor più desiderarti - ribadiva Rima felice di aver ritrovata l’amica serena; e insieme sorrisero.
Poesia trascorse una lunga vita e lieta.
Il tempo custodì il suo racconto, e la memoria di tanto in tanto ne menzionava alcuni passi.
E ogni volta che Poesia veniva sfiorata da alcuni ricordi la sua pelle sapeva ricrearne un nuovo respiro, differente.
Passarono ancora anni e anni sulla Terra.
Poi accadde una cosa incredibile, fantastica.
Era, la potentissima dea dell’Olimpo, conobbe per la prima volta le trafitture del pentimento. Inaspettatamente deplorò la sua veemente invidia nei confronti di Poesia al tempo della sua fanciullezza.
E avvoltolata nei suoi rimorsi, avvertì l’esigenza di riparare alle malefatte, al terribile torto arrecatole. Pensò che fosse giusto ricompensarla offrendole un dono speciale, che gli dei elargiscono molto raramente.
Al riparo delle nuvole, nel gran consesso di tutti gli dei fu presa l’eccezionale decisione.
Allora la dea discese sul suolo dei mortali e andò incontro a Poesia, l’unica che poteva vederla.
Poesia trasalì e pose lo sguardo sulla dea.
- Hai profondamente colpito tutto l’Olimpo. La tua bellezza ha indotto a capire gli errori che anche gli dei possono compiere - le disse.
- È stata riconosciuta la tua tenacia e la coerenza, non ti sei fatta sopraffare dal destino che un dio avrebbe voluto importi.
Poesia ascoltava commossa e serena.
- Grazie alla tua soave sensibilità possiedi il potere di far rinascere tutto ciò che ci circonda. Una semplice cosa alla tua vista non è più solo quella cosa. In ciò che a molti sembra spento o insignificante tu riesci a infondere un soffio vitale, e a far rivivere una nuova esistenza. Per questo, e per la tua eccezionale realtà, godrai del privilegio dell’immortalità.
Poesia ebbe un sussulto che dagli occhi corse attraverso il corpo, vibrò in tutto il suo incanto e all’istante si ritrovò fanciulla.
- In tutti gli esseri umani perennemente rimarrà indelebile la tua idea, l’idea viva di te - queste parole Era proferì.
Poesia così avrebbe continuato a vivere in eterno sulla Terra come può vivere una dea, trattenendo sul volto la giovinezza e il suono armonioso della voce.
- Ti potrai così adagiare fra le parole sapienti di chi saprà evocare il tuo sguardo.
- Ed io porrò nei suoi occhi quello del sogno - disse fra sé.
La dea lasciò dietro di sé una scia luminosa e superò le nuvole.
Poesia si avviò con passo sereno e andò via trepidante…
Era, già sull’Olimpo, indicò ad Eco di diffondere un ultimo lascito sulla Terra, e che questo venisse udito perfettamente da tutti i mortali.
Allora la bella Ninfa si recò su un alto promontorio, e con pronuncia suadente accordò la voce raggiungendo ogni angolo, ogni singolo abitante.
- Poesia…Poesia … sarai amata... amata…per sempre… sempre, sempre.

Fine

Michelangelo Palermo

Pubblicato dalla Testata Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 6 luglio 2024.
Per gentile concessione dell'Autore.

© Riproduzione riservata.
  

 

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