Decreto dell'Arcivescovo di
Taranto |
Benigno Papa
per grazia di Dio e della Sede Apostolica
Arcivescovo Metropolita di Taranto
La Divina Eucaristia è "fonte
e apice di tutta la vita cristiana" (LG 11; cf SC 9) ed in Essa "è
racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo,
nostra Pasqua" (PO 5);
Lo Statuto del Cammino Neocatecumenale, recentemente approvato dalla
Santa Sede, attesta l'essenzialità dell'Eucaristia come pienezza della
iniziazione cristiana (cf art. 13 § 1);
Volendo provvedere al bene spirituale dei fedeli confidati alle Nostre cure
pastorali ed al fine di integrare le celebrazioni delle piccole comunità
neocatecumenali nella ordinaria pastorale liturgica parrocchiale, come
espressamente previsto dal citato Statuto (cf art. 13 § 2);
DECRETIAMO
quanto segue
Art.1
Luogo ed ora della Celebrazione. L'unicità dell'altare
§ 1.1 - La Celebrazione
dell'Eucaristia domenicale, che ha luogo dopo i Primi Vespri della Domenica,
alla quale prendono parte le piccole comunità del Cammino, dovrà svolgersi
nelle chiese parrocchiali o nei luoghi di culto in cui ha sede l'ordinaria
vita della piccola comunità. Sono proibite le celebrazioni nei luoghi di
attività pastorale (cf can. 932 §1);
§1.2 - tale Celebrazione è preparata e animata, sotto la guida del
presbitero, dalla comunità del Cammino (cf Statuto art.13 §4). Dovrà,
tuttavia, avere luogo a chiesa aperta, consentendo la libera partecipazione
di tutti i fedeli. Pertanto sarà contenuta nel tempo compreso tra le ore
20,30 e le ore 22 senza protrarsi ulteriormente. Il presbitero o i
responsabili della comunità facciano tutto d'accordo con il parroco o
responsabile della chiesa;
§ 1.3 - il Sacrificio Eucaristico sarà celebrato sull'unico altare dedicato
o benedetto (cf can:932 § 2) e, nella navata, non si potranno adibire tavoli
come altari, affinché i presenti siedano intorno alla mensa. Va
salvaguardato il segno liturgico dell'unicità dell'altare per significare
l'unicità di Cristo, Mediatore e Salvatore, e l'unità del Suo Corpo mistico;
§1.4 - la disposizione dei ministri e dei fedeli deve, poi, manifestare la
varietà e la differenza ministeriale all'interno della celebrazione. In
presbiterio prenderanno posto i sacerdoti concelebranti o assistenti in
abito liturgico, i diaconi e i ministri in abito liturgico proprio.
L'assemblea, invece, ha come luogo proprio la navata, fuori del presbiterio,
al quale i fedeli accedono unicamente per lo svolgimento dei servizi
ministeriali;
Art. 2
Le mediazioni della Parola all'interno della Celebrazione
Eucaristica
§ 2.1 - Gli interventi di
commento (introduzioni, monizioni, didascalie) alla Liturgia (cf IGMR III,
105.128), in ogni sua parte strutturale ed alla Liturgia della Parola in
specie, dovranno essere "semplici, fedeli al testo, brevi, ben
preparati e variamente intonati al testo cui devono servire come
introduzione" (OLM, 15);
§ 2.2 - gli interventi di testimonianza e le cosiddette "risonanze alla
Parola" sono riservati alla Celebrazione settimanale della Parola (cf
Statuto, art. 11 § 2);
§ 2.3 - all'interno della Liturgia della Parola della Celebrazione
Eucaristica, dopo il Vangelo, l'unica parola di spiegazione delle Scritture
è quella dell'omelia, riservata al sacerdote presidente o, in particolari
casi, al sacerdote concelebrante o al diacono (cf can. 767 § 1; 772 §1;
Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio del 15.8.1997,
art. 3 § 1).
Art. 3
La Liturgia Eucaristica
§ 3.1 - Poiché è compito
proprio del diacono, aiutato dall'accolito o ministrante, preparare la mensa
dell'altare per l'offertorio, non è consentito ad alcun fedele
dell'assemblea svolgere questo servizio;
§ 3.2 - al fine di offrire ai fedeli un più ricco nutrimento spirituale,
attraverso il variegato patrimonio eucologico della Chiesa, il sacerdote
celebrante porrà attenzione ad utilizzare tutte le Preghiere Eucaristiche
presenti nel Messale Romano (cf Lettera della Congregazione per il Culto
e la Disciplina dei Sacramenti ai responsabili del Cammino Neocatecumenale,
prot. 2520/03/L dell'1 dicembre 2005, n.6);
§ 3.3 - per la ricezione della Santa Comunione, vanno applicate le norme dei
libri liturgici, tenuto conto anche di quanto espresso dallo Statuto
(art.13 § 3). Così il Sacerdote celebrante comunica se stesso al Corpo e
Sangue del Signore e, aiutato dal diacono o dall'accolito o dal ministro
straordinario, distribuisce la comunione eucaristica sub utraque ai presenti
i quali, se la collocazione dei banchi lo consente, restano al loro posto,
in piedi, altrimenti formano la processione per la Comunione.
Affidiamo questo Decreto alla fedele attuazione da parte di tutti i
sacerdoti e all'obbediente accoglienza di tutti i fedeli dell'Arcidiocesi,
perché la nobile e semplice celebrazione dell'Eucaristia sia alimento
spirituale per tutta la nostra Chiesa diocesana. Le norme ivi contenute
entreranno in vigore dal 25 febbraio, mercoledì delle ceneri,
dell'anno del Signore 2009.
Reg. Boll. VI, f.43, n.42
Benigno Aloisio Papa
Arcivescovo di Taranto
Il Cancelliere
Mons. Giuseppe Montanaro
Dato a Taranto, dalla Nostra Sede Episcopale, il 21 gennaio, memoria
liturgica della vergine e martire Sant'Agnese, dell'anno 2009, XIX del
nostro Episcopato. |
Lettera dell'Arcivescovo di Catania |
Ai fratelli e alle sorelle delle Comunità
neocatecumenali della Chiesa che è in Catania.
Per conoscenza ai presbiteri dell'arcidiocesi.Carissimi nel Signore Gesù,
lungo il mio servizio episcopale svolto per circa quattordici anni nella
santa Chiesa di Dio che è in Catania, non ho mai cessato di ringraziare il
Signore per la ricchezza, la varietà e la vivacità pastorale incontrate non
solo nelle comunità parrocchiali e nella vita religiosa, ma anche nelle
associazioni, nei movimenti e nelle varie aggregazioni ecclesiali di cui è
ricca la nostra diocesi catanese.
In sintonia con il santo padre Giovanni Paolo II e con l'episcopato
italiano, reputo un grande "dono di Dio", una vera e propria "ondata di
grazia" le varie forme di aggregazione di fedeli, da quelle più antiche a
quelle più recenti, che nella loro molteplicità sono segni "della ricchezza
e della versatilità delle risorse che lo Spirito del Signore Gesù alimenta
nel tessuto ecclesiale" (“Christifideles laici”, n. 29; Ev 11/1720), tanto
da essere accolte con gratitudine e responsabilmente valorizzate, come
sottolinea nell'Introduzione la nota pastorale della Cei “Le aggregazioni
laicali nella Chiesa” (29.4.1993; Ecei 5/1547).
In verità in questo prezioso contesto di grazia, come pastore di tutto il
gregge affidatomi da Dio, quando mi è stato possibile, sono stato
gioiosamente presente per incoraggiare, benedire, stimolare e promuovere, ma
contemporaneamente – come era ed è mio preciso dovere – anche per correggere
quegli aspetti che, a volte, nelle loro espressioni si sono manifestati in
maniera piuttosto "problematica", ora per difetto ora per eccesso.
È stato ed è anche il caso delle comunità neocatecumenali che ho seguito con
stima, affetto e – come tutti sapete – con alcune perplessità. Ho avuto modo
di discuterne con responsabili del Cammino dentro e fuori la nostra diocesi.
Posso confermare che le mie perplessità di tipo teologico-pastorale che sto
per comunicarvi hanno incontrato dappertutto – a partire da molti miei
confratelli vescovi – una perfetta consonanza, sia sul piano delle idee come
su quello delle esperienze concrete vissute con una certa sofferenza
nell'ambito di molte Chiese locali italiane e non solo italiane.
Mi sono chiesto tante volte, e nel contempo sento di chiedere anche a voi,
se non sia opportuno far luce e dare precise risposte a delle richieste di
chiarimento che fino a oggi purtroppo sono rimaste inevase, col rischio che
si possano continuare a fomentare ancora di più perplessità e insofferenze
varie in mezzo al popolo di Dio. Credo opportuno, pertanto, elencare alcuni
aspetti del vostro Cammino che mi sembrano bisognosi di necessarie,
pertinenti e urgenti chiarificazioni.
Se non l'ho fatto prima – mai però ho nascosto le mie perplessità anche se
unite a sentimenti di ammirazione – è perché ho atteso l'approvazione del
Cammino da parte del santo padre. Ritardando ancora tale approvazione, vi
confido le ragioni che, da sempre, cioè da quando, a Monreale, da sacerdote
ho frequentato la catechesi del Cammino, mi hanno lasciato perplesso.
1. Si nota che in molte comunità neocatecumenali al presbitero viene
di solito riconosciuta o quasi "concessa" solo la dimensione cultuale e
funzionale dell'ordine sacro, mortificandolo se non addirittura privandolo
della sua connaturale dimensione giurisdizionale che – come ben sappiamo – è
parte integrante e costitutiva dell'ordine stesso. Spesso, infatti, è il
catechista che si appropria indebitamente della potestà giurisdizionale
propria del sacerdozio ministeriale.
Ci si chiede: quale consonanza c'è con la “Lumen Gentium”, la quale precisa
che i sacerdoti "nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così
dire, presente il vescovo, (...) santificano e governano la porzione di
gregge del Signore loro affidata" (n. 28; Ev 1/355)?
Un presbitero, a me carissimo, mi ha confidato che dopo oltre 20 anni non ha
chiaro ancora il suo ruolo di presbitero nell'équipe dei catechisti.
2. Lungo l'iter catechetico del Cammino viene rigidamente e
pesantemente sviluppata la situazione della nullità dell'uomo anche se
battezzato e quindi l'incapacità dello stesso cristiano di aprirsi – senza
l'apporto della comunità neocatecumenale – alla grazia redentiva di Cristo,
come se l'evento storico della risurrezione non avesse risolto e provocato i
benefici dell'alleanza di tutti e di ciascuno con Dio. In altre parole: come
se la virtù teologale della speranza – virtù infusa dallo Spirito in ciascun
battezzato col battesimo – rimasta impoverita e defenestrata, non avesse più
nessuna voce in capitolo. Ma la fede cristiana corredata dalla preghiera e
dai sacramenti non è già in se stessa portatrice di luce, di pace, di forza,
di gioia, di vittoria sul male? A cosa si riduce il cristianesimo se viene a
mancare la teologia della speranza?
3. Con molti vescovi di mia conoscenza – di cui accludo interventi e
testimonianze che fanno molto pensare – faccio osservare che va provocando
confusione, malumori e disagi pastorali il fatto che ancora da parte delle
comunità neocatecumenali si continua a celebrare in forma riservata e
privata l'eucaristia del sabato sera e addirittura la veglia della Pasqua
del Signore, evento strepitoso dell'amore di Dio teso per natura sua a
radunare insieme tutto il popolo di Dio in un'unica grande famiglia.
Si divide il popolo di Dio in due, come blocchi composti in classi e
categorie diverse, l'uno di serie A e 1'altro di serie B, come fossero cioè
schieramenti separati e contrapposti, incapaci di riconoscersi tutti
fratelli. Hanno proprio torto coloro che pensano che le comunità
neocatecumenali costituiscono una Chiesa parallela?
Non dobbiamo accogliere in un'unica comunità anche i più poveri e i più
deboli, i meno catechisticamente preparati che spesso, senza volerlo né
saperlo, sono ritenuti fuori del recinto o forse sono rimasti "fuori" per
colpa di noi stessi che ci riteniamo i più vicini, più praticanti e
osservanti?
Qualcuno può pensare: ma il sacramento non agisce proficuamente già ex opere
operato? Perché allora dare tanta importanza solamente alla partecipazione
del gruppo dei più qualificati? Forse che l'ex opere operantis (inteso anche
come azione di comunità di prescelti) per merito della sua modalità di
"cammino", e solo perché diversa da altri "cammini", riesca a rendere più
meritevole ed efficace il sacramento?
4. Sappiamo da san Paolo che lo Spirito affida i suoi carismi ai
singoli battezzati – e di conseguenza anche ai singoli gruppi ecclesiali –
per il bene comune (cf. 1 Cor 12, 7), per esempio per il bene comune
dell'intero popolo di Dio presente in ogni parrocchia. La comunità
neocatecumenale, come pure qualche altro movimento ecclesiale, impongono
invece esattamente il percorso inverso, comportandosi in modo tale da
strumentalizzare il bene comune per garantire il loro proprio carisma,
assolutizzando le loro scelte e imponendo il loro metodo come fosse
insuperabile, unico rispetto a tutti gli altri e, per qualcuno addirittura,
l'unico salvifico.
5. Di conseguenza, non di rado capita di constatare che nelle
parrocchie ove sono presenti in maniera consistente le comunità
neocatecumenali, non sempre è facile la convivenza né tanto meno la
collaborazione con le altre realtà ecclesiali operanti in loco.
Con coloro che mi hanno accompagnato, durante la visita pastorale, in una
parrocchia, ne abbiamo fatto amara constatazione.
Penso che una maggiore sintonizzazione con il piano e gli indirizzi
pastorali del pastore della diocesi potrebbe ridimensionare la presunta
convinzione che il proprio metodo sia il più perfetto fino ad avere la
precedenza su tutti gli altri, come se avesse l 'imprimatur dello Spirito.
6. Sappiamo dal Vangelo che il messaggio di Gesù procede dolcemente
sul versante libero e liberante del "Si vis..." (se vuoi...) e si evidenzia
fino a svilupparsi chiaramente e amichevolmente su di un piano di amore la
cui espressione emblematica è la parabola del figliol prodigo: un padre che
attende il figlio perduto, gli va incontro, lo abbraccia, lo perdona per lo
sbaglio commesso, lo riveste, gli mette l'anello al dito, fa festa, lo scusa
persino di fronte al fratello maggiore che non la pensa come lui!...
Il Cammino neocatecumenale a volte sembra invece camminare sul versante
intransigente del "tu devi", sul filo di un imperativo categorico di
kantiana memoria, col rischio molto facile di cadere in una sorta di
fondamentalismo integralista destinato, come purtroppo accade, a fomentare
divisioni e separatismi vari, creando inevitabilmente piccoli ghetti o
pericolose chiesuole nell'ambito della stessa Chiesa di Dio nata invece per
essere un'unica grande famiglia del Padre.
7. Non vorrei parlare degli scrutini che, spesso, scarnificano le
coscienze con domande che nessun confessore farebbe. Ma come ciò può essere
permesso a un laico, sia pure catechista?
Non vorrei parlare neppure delle confessioni pubbliche... Ma chi può
autorizzare uno stile che la Chiesa, nella sua saggezza e materna prudenza,
ha abolito da secoli?
8. Ho letto con attenzione e interesse la lettera che recentemente
(Roma, 5 aprile 2001) il santo padre ha rivolto al cardinale Francis
Stafford, presidente del Pontificio consiglio per i laici: una lettera molto
significativa e oltremodo importante. Il sommo pontefice chiede un giudizio
definitivo sul Cammino neocatecumenale proponendo un attento e accurato
discernimento da parte dello stesso Consiglio pontificio alla luce degli
indirizzi teologico-pastorali del magistero.
In realtà, non essendoci stata fino ad ora – dopo decenni di presenza delle
vostre comunità in vari paesi del mondo – una vera e ufficiale approvazione
dello statuto alla luce delle norme emanate dalla Santa Sede e dalla Cei, i
giudizi sulla bontà del vostro Cammino non sono sempre concordi perché di
fatto variano da diocesi a diocesi e da parrocchia a parrocchia, in base a
comportamenti ed esperienze locali. Vi si chiede pertanto molta riflessione
prima di continuare il cammino in maniera sicura e definitiva. La
sottomissione al giudizio della Chiesa è il biglietto di presentazione più
credibile, valido e decisivo.
Carissimi, come vedete – lo dicevo già all'inizio – le parole che vi scrivo.
invocano semplicemente chiarezza su alcuni punti rimasti ancora in zona
d'ombra e di conseguenza attendono adeguati cambiamenti di prassi pastorale,
per i1 bene delle nostre comunità parrocchiali.
Sono certo che l'amore che vi lega all'ascolto della Parola, all'eucaristia,
al servizio della carità e al giudizio della Chiesa, riuscirà a modificare
ciò che è modificabile e a correggere ciò che è opportuno e urgente
correggere, allo scopo di vivere serenamente, insieme con tutti i fedeli
delle nostre parrocchie, quell'unità e quella comunione che fu e che è il
grande anelito di Gesù: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano
anch'essi in noi una cosa sola" (Gv 17,21).
Posso attestare comunque di vedere, senza ombra di dubbio – nel vostro
"Cammino", nelle vostre comunità, come in ciascuno di voi – la presenza
vivificante dello Spirito di Gesù che vi ha portati e vi porta a compiere
opere pastorali degne di ammirazione, perché realizzate con sacrifici di
tempo, di affetti, di denaro e di gesti di zelo missionario anche fuori il
nostro paese. Adesso occorre però riesaminare i passi compiuti e rivedere e
verificare – alla luce della ecclesiologia conciliare, del Catechismo della
Chiesa cattolica, degli orientamenti del piano pastorale dell'Episcopato
italiano e del piano pastorale del proprio pastore – quanto le nostre
comunità parrocchiali attendono dal carisma che vi è stato affidato dal
Signore e che speriamo venga riconosciuto quanto prima dallo Spirito
attraverso l'approvazione dello statuto da anni presentato alla Santa Sede.
Il Signore Gesù e la Vergine santa benedicano e assistano il vostro Cammino
perché sia illuminato dalla Scrittura santa da voi meditata e perché viva in
stretta comunione col vescovo, con i parroci e con tutte le realtà
ecclesiali che lo Spirito suscita per il cammino di santità di tutto il
popolo di Dio.
Con larga cordiale benedizione anche per l'Avvento e per il Natale del
Signore nostro Gesù, vostro
†
Luigi Bommarito arcivescovo
Avvento 2001 |
ARCIVESCOVADO DI FIRENZE
Firenze, 25.3.1995
Annunciazione del Signore. |
Al Sacerdoti
della Diocesi di Firenze
1) II cammino neocatecumenale è presente nella
Diocesi di Firenze da 27 anni ed è diffuso attualmente in 17 parrocchie con
56 comunità, 245 catechisti, 12 itineranti più 3 famiglie in missione.
Anche numericamente è un fatto rilevante. Ancor più rilevante è l’importanza
che esso ha avuto ed ha nella vita di molti fratelli e molte sorelle e per i
frutti di conversione e d’impegno missionario maturati in questi anni.
Non sono mancate, tuttavia, rigidità e chiusure, incomprensioni e sospetti,
che talora sono arrivati a dividere la comunità parrocchiale o comunque a
generare tensioni molte acute.
Il Consiglio Presbiterale, che condivide col Vescovo la passione per l’unità
della Chiesa e lo aiuta con lo studio e il consiglio nel suo compito di
pascere il gregge di Cristo, ha affrontato questo problema con serenità e
con verità, discutendone a lungo e dando qualche suggerimento.
II vescovo ha concluso la discussione con alcune indicazioni, che, rivedute
e disposte più organicamente, sono ora offerte ai sacerdoti e, attraverso di
loro, a tutti i fedeli.
2) II cammino neocatecumenale è stato definito
autorevolmente "realtà generata dallo spirito", quindi carisma, nella Chiesa
e per la Chiesa, frutto del Vaticano II (Lettera del Papa a Mons. Paul Josef
Cordes del 30.8.1990).
Come ogni carisma è ordinato al bene della comunità (1 Cor. 14,12) ed è
conseguentemente soggetto al discernimento del Papa per tutta la Chiesa, del
Vescovo per la sua Diocesi.
Nel convegno ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985) il Papa disse: "perché
la ricchezza dei carismi che il Signore ci dona porti il suo pieno
contributo all’edificazione della casa comune, è necessario innanzi tutto il
riferimento costante al proprio vescovo principio visibile e fondamento
dell’unità della Chiesa particolare. Ogni "ambiente" ecclesiale, come ogni
problema che in essa può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella
concretezza delle sue strutture il "luogo" provvidenzialmente predisposto, a
cui fare riferimento nella ricerca della soluzione adeguata. Il tutto,
ovviamente, nel contesto della indispensabile comunione con la Chiesa
universale, che ha nel successore di Pietro il perpetuo e visibile centro
della propria unità".
3) Se al vescovo compete il servizio del
discernimento della Diocesi,
a) a tutta la comunità cristiana è richiesto
impegno di riflessione seria e serena per cogliere la volontà del Signore;
prontezza e apertura nel leggere i segni dei tempi;
attenzione a non opporsi a quello che potrebbe essere un disegno di Dio
(vedi, in Atti, 5,34-39, l’intervento di Gamaliele);
attesa di un eventuale richiesto discernimento da parte della Sede
Apostolica su alcune questioni che riguardano la catechesi e la liturgia, il
ruolo del sacerdote, la conclusione del cammino neocatecumenale.
b) Ai fratelli del cammino neocatecumenale è richiesto un cuore grande,
che sa considerare anche le ragioni degli altri;
che sa interrogarsi sul proprio modo di esprimersi e presentarsi;
che sa riconoscere che Dio ha tempi diversi per le persone e vie infinite
per condurle a sé;
che sa porsi in atteggiamento di umiltà superando la tentazione di credersi
migliore degli altri.
Quanta sopra, evidentemente vale per tutti, anche per le singole comunità
parrocchiali. I Gruppi e i Movimenti - a causa delle dinamiche proprie di
queste realtà ecclesiali, - sono tentati più fortemente. Dovranno, allora,
tenere ben presente la raccomandazione dell’Apostolo Paolo ai cristiani di
Filippi: "Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno
di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Fil.
2,3).
4) II sacerdote parroco è responsabile in modo
diretto - dinanzi a Dio, alla sua coscienza e alla Chiesa - di tutti i
fedeli di quella determinata comunità parrocchiale e di tutti gli uomini e
di tutte le donne che abitano in quel territorio: tutti e tutte gli sono
affidati, quale annunciatore del Vangelo, quale responsabile dei Sacramenti
della fede, quale sacramento, lui stesso, dell’unico buon Pastore.
Deve essere manifesta la carità che egli ha per tutti: nella cordialità del
rapporto, nell’impegno dell’evangelizzazione e della catechesi, nella cura
della liturgia, nell’uscire dalle mura per incontrare la gente, con
attenzione particolare ai piccoli, ai deboli, ai cosiddetti lontani.
Non può scegliere un unico metodo di evangelizzazione, ma deve esaminare
ogni cosa e tenere ciò che è buono (1 Tess. 5,21).
Eviterà così il rischio d’imporre a tutti, di fatto, un determinato modo o
metodo per seguire la strada del Vangelo.
Non è infatti, pensabile di poter arrivare a tutti solo mediante il cammino
neocatecumenale. E questo, non per deliberata chiusura allo Spirito, ma per
il fatto di sensibilità diverse e differenti storie delle persone
all’interno dell’unica comunità cristiana.
Tale considerazione vale non solo per il cammino neocatecumenale, ma per
qualunque altro metodo o spiritualità. Tanto che si può tranquillamente
affermare che all’interno di una comunità parrocchiale vi possono essere
molteplici forme ed esperienze di vita cristiana, ma nessuna può essere
proposta come assoluta o esclusiva.
Non vi può essere una parrocchia solo neocatecumenale, come non vi può
essere una parrocchia solo carismatica, o solo "cursiglista", o solo
focolarina, o solo francescana o solo carmelitana ecc.
Del resto la stessa citata lettera del Papa riconosce il cammino
neocatecumenale "come un itinerario di formazione cattolica, valida per la
società e i tempi odierni".
5) Il Santo Padre auspica che il cammino
neocatecumenale "si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori".
Quali sono i punti di frizione per i quali è richiesto prima di tutto il
discernimento del parroco? del parroco che terrà saldamente in mano due
principi:
la libertà dello Spirito del Signore, che suscita nuovi carismi, sconvolge i
nostri piani, apre orizzonti inaspettati; e il mistero dell’incarnazione,
per il quale Dio entra nell’umano rispettandolo, accettandone i ritmi di
crescita, non ponendo ostacoli sul cammino dei piccoli e dei deboli.
a) Uno dei punti più discussi è certamente la Messa Festiva, che nel cammino
neocatecumenale è celebrata il Sabato sera, normalmente comunità per
comunità.
Emerge chiaramente il contrasto tra questa norma del cammino e recenti
documenti del Magistero (Eucharisticum mysterium, 26-27; Eucaristia,
comunione comunità, 71 e 81; Il giorno del Signore, 10), tutti tendenti ad
eliminare il più possibile i frazionamenti del popolo di Dio nel giorno del
Signore.
Particolarmente per quanto la Veglia Pasquale, la Congregazione per il Culto
Divino, il 16 gennaio 1988, raccomandava "La partecipazione dei gruppi
particolari alla celebrazione della Veglia Pasquale, in cui tutti i fedeli
riuniti insieme, possano sperimentare in modo più profondo il senso di
appartenenza alla stessa comunità ecclesiale".
I sacerdoti del cammino affermano che la situazione di celebrazioni a parte
è solo per il tempo del cammino ed ha lo scopo di far maturare la fede,
sostenere i deboli, accompagnare convertiti.
Il Papa "auspica che i fratelli nell’episcopato valorizzino ed aiutino -
insieme con i loro presbiteri - quest’opera perché essa si realizzi secondo
le linee proposte dagli iniziatori".
Che dice, il vescovo di Firenze?
Se ci sono presbiteri disponibili e la celebrazione non crea tensioni
all’interno della comunità parrocchiale, tale autorizzazione e
raccomandazione può essere accolta "nel contesto dell’unità della Chiesa
particolare con la Chiesa universale".
I parroci però presentino i nominativi dei sacerdoti, ai quali è richiesto
tale servizio. Non c’è bisogno di dire che sarebbe riprovevole che per
compiere questo servizio celebrasse frettolosamente la Messa o togliesse
impegni pastorali nella comunità affidata alle sue cure.
Qualora sorgano tensioni o polemiche, il sacerdote non proceda senza aver
consultato il vescovo, proprio "nello spirito di servizio all’ordinario del
luogo e di comunione con lui", che il Papa richiama nella citata lettera.
b) L’avvio del cammino neocatecumenale in una parrocchia o anche l’annuncio
kerigmatico per aprire nuove comunità neocatecumenali, non avvenga senza una
preventiva presentazione al Consiglio Pastorale Parrocchiale.
Qualora il parere del Consiglio sia negativo o largamente contrario, il
parroco non proceda senza aver previamente e tempestivamente consultato il
vescovo.
c) La sensibilità pastorale del parroco lo guiderà nella scelta dei suoi
collaboratori, in modo tale che la catechesi, l’animazione liturgica e altri
servizi non siano affidati solo ai neocatecumenali; in modo tale che il
Consiglio Pastorale rispecchi la comunità parrocchiale nella sua multiforme
realtà e non ci sia una presenza soverchiante di membri del cammino,
specialmente se provenienti da altre parrocchie.
6) Ogni carisma è per l’edificazione della
comunità. Il cammino neocatecumenale offre alla parrocchia provocazioni
preziose:
a) la centralità della Parola di Dio;
b) la radicalità dell’impegno cristiano;
c) la ricchezza di un’autentica esperienza comunitaria;
d) l’esigenza di esperienze pastorali che si ispirano al RICA (Rito della
iniziazione cristiana degli adulti).
7) Una comunione più profonda tra i sacerdoti del presbiterio e un
contatto più vero e senza prevenzioni tra parrocchia e comunità
neocatecumenale
aiuteranno ad evitare il distacco e il sospetto reciproci, che possono
arrivare al punto che fratelli fervorosi nel cammino neocatecumenale presso
un’altra parrocchia non abbiano quasi nessun rapporto con la parrocchia a
cui appartengono come territorio;
favoriranno una maggiore flessibilità ed equilibrio da parte di tutti;
attenueranno il rischio che i neocatecumenali considerino la loro esperienza
come l’unica strada per costruire la parrocchia e vivificare la Chiesa e gli
altri fedeli guardino al cammino come ad una Chiesa diversa;
faranno crescere l’amore della Parola di Dio con la preghiera, l’ascolto, le
spiegazioni necessari e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa
familiarizzino con sicurezza e utilità con le Sacre Scritture e siano
permeati dal loro spirito (DV, 25).
8) Ho scritto questa lettera per compiere un
servizio alla comunione nella nostra Chiesa fiorentina, nella consapevolezza
che certe norme e indicazioni non assolute ma relative alla situazione
presente; nella consapevolezza che anche norme transitorie come alcune
disposizioni del Concilio di Gerusalemme sono introdotte dalle parole
impegnative: "è parso bene allo Spirito santo e a noi" (Atti, 15,28).
Con la speranza che, quando avrete letto questa
lettera, anche voi, sacerdoti carissimi, vi rallegrerete come i fratelli di
Antiochia e, come Giuda e Sila, parlerete molto per incoraggiare e
fortificare i fedeli (Atti, 15, 31-32), vi dà la benedizione di Dio, che è
Padre di tutti ed è presente in tutti (Ef. 4,6).
† Silvano Card. Piovanelli arcivescovo |
Lettera del Vescovo di Vicenza |
Il Vescovo di Vicenza
Ai revv.di Parroci e ai revv.di Superiori religiosi
di Comunità interessate al Cammino Neocatecumenale
e p.c. ai revv.di Vicari Foranei della Diocesi
e ai sigg. Claudio e Nenei Bandini
e al rev.do don Pierino Pini
Catechisti Itineranti del C.N.
Loro Sedi
Carissimo,
l'incontro del 18.11 u.s., tra sacerdoti (diocesani e religiosi) interessati
al Cammino Neocatecumenale, è stato un momento significativo di
comunicazione e di corresponsabilità, di fronte a un'esperienza ecclesiale
che merita tutta la nostra attenzione.
In sintonia con il S. Padre Giovanni Paolo II, abbiamo ancora una volta
riconosciuto "il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione
cattolica, valida per la società e per i tempi odierni" (Lettera a mons. P.
Cordes, 30.8.90), e ciò per due motivi: per la struttura "iniziatica" del
Cammino, secondo quell'unità esperenziale di catechesi, liturgia e vita
comunitaria, che è pure alla base della riflessione avviata in diocesi per
una proposta più incisiva di iniziazione cristiana; e per la capacità che il
Cammino rivela - e che voi avete testimoniata - di suscitare attenzione e
partecipazione in persone non interessate alla fede e alla via ecclesiale.
Nello stesso tempo abbiamo pure ricordato che la citata Lettera pontificia è
accompagnata da una nota che precisa come il Papa non intenda imporre una
scelta, ma lasci "al giudizio degli stessi Ordinari di agire secondo le
esigenze pastorali delle singole diocesi". Per questo ho voluto condividere
con voi il mio dovere di aiutare il Cammino Neocatecumenale ad armonizzarsi
nella specifica situazione della diocesi vicentina, caratterizzata
soprattutto dalla centralità della parrocchia, resa difficile dal nostro
tempo, ma ancora viva e decisiva per la nostra pastorale.
Infatti le difficoltà riscontrate nei confronti del Cammino Neocatecumenale,
non sembrano imputabili al Cammino in sé (anche se ci siamo resi conto che
alcuni aspetti di esso vanno precisati, nel contesto ecclesiologico generale
e particolare, soprattutto quando potremo vedere i frutti dell'itinerario
compiuto), ma alle modalità concrete del suo inserirsi nella vita delle
comunità cristiane. Ritengo quindi opportuno raccogliere e comunicare alcune
indicazioni conclusive di quell'incontro. Se l'esperienza lo chiederà le
potremo anche rivederle in futuro, ma chiedo che vengano accolte e attuate
da tutti come disposizioni impegnative: la loro accettazione sarà un
criterio di verifica del senso ecclesiale di chi guida il cammino. In
Particolare spero che la frequente richiesta di ricorso al Vescovo venga
compresa come un aiuto fraterno offerto a me e a voi per un discernimento
continuativo, condiviso ed efficace sul Cammino in atto.
Gli aspetti riconosciuti come bisognosi di ulteriore riflessione, saranno
invece l'argomento sul quale daremo continuità al nostro dialogo, così come
ci siamo ripromessi di fare.
1. Cammino Neocatecumenale e Parrocchia
La comunità cristiana è il luogo spirituale nel quale maturano la scelta
della fede e la sequela di Cristo, e quindi è normalmente anche la sede
legittima del Cammino Neocatecumenale. Ci sono però alcune condizioni che
vanno rispettate perché il Cammino sia effettivamente "della" parrocchia e
non solo "nella" parrocchia.
E' anzitutto necessario che la progettazione del cammino e la sua conduzione
concreta, si compiano nel contesto della programmazione pastorale organica
che la parrocchia elabora con scelte e verifiche periodiche, in attuazione
del Piano pastorale diocesano e a partire dalla responsabilità propria del
Consiglio pastorale parrocchiale (cf. Sinodo Diocesano, nn. 21 e 27). In
tale contesto il Cammino sarà effettivamente proposto e attuato come una
delle possibilità offerte alla crescita cristiana delle persone, e riceverà
lo stesso impegno di ogni altro itinerario di fede comunitario. Un ulteriore
approfondimento dovrà poi essere riservato al fatto che un certo numero di
membri del Cammino appartengono a parrocchie diverse, perché tale fatto
interpella il rapporto fra parrocchia e Cammino, e può creare nei membri del
Cammino una distanza fra itinerario di fede e vita quotidiana (personale e
sociale), in quanto vengono vissuti in ambiti diversi.
In ogni caso la scelta di proporre in parrocchia l'annuncio kerygmatico in
vista del Cammino o altre forme di "missione" ad esso legate; oppure di
istituire il Cammino o nuove comunità neocatecumenali oltre a quelle già
esistenti, dovrà essere sottoposta anticipatamente dal Parroco
all'approvazione del Vescovo, presentando anche il parere motivato del
Consiglio pastorale parrocchiale. Viste le difficoltà da voi stessi
segnalate, non ritengo opportuna - fino a un più maturo discernimento -
l'esperienza dell' "annuncio missionario" proposto dai membri del Cammino
alle famiglie della parrocchia.
2. Cammino Neocatecumenale e ministero dei presbiteri.
Integrare il Cammino Neocatecumenale nella parrocchia, comporta riconoscere
e valorizzare tutti i carismi e i ministeri che articolano la comunità
cristiana, e in particolare il ministero dei presbiteri inviati dal Vescovo
come pastori propri, il cui compito fondamentale consiste nella promozione e
nella armonizzazione di tutti i doni con i quali lo Spirito edifica la
chiesa.
E' quindi necessario che il parroco sia pienamente e direttamente
responsabile di tutti gli itinerari di fede promossi dalla parrocchia, dando
a ciascuno necessario e possibile, ma facendo in modo che nessuno di essi
risulti privilegiato, o diventi preponderante nella distribuzione di compiti
e di servizi (soprattutto nel Consiglio pastorale), o modelli su di sé la
vita comunitaria (cf. Sin. Dioc., nn. 54 e 67). Di conseguenza il parroco
dovrà poter esprimere il proprio discernimento e il proprio orientamento nei
confronti degli aspetti formativi del Cammino, dei fratelli e delle sorelle
che lo compiono, e delle persone che in esso svolgono un ministero, nel
rispetto dell’identità e delle dinamiche del Cammino stesso, e in sintonia
con i piani pastorali della diocesi e della parrocchia. In particolare
spettano al Parroco la scelta e il coordinamento pastorale dei presbiteri
che accettano la cura delle singole comunità neocatecumenali, dopo aver
chiesto per ciascuno di essi l’approvazione del Vescovo, così che il loro
servizio risulti autenticamente da un mandato pastorale ecclesiale.
Per quanto riguarda invece la funzione dei catechisti del Cammino
(itineranti e locali), vedo necessaria un’ulteriore riflessione, attenta
alla specificità e alla generosità del loro servizio. Infatti alcune
questioni da voi sollevate fanno intuire l’esigenza di una migliore
armonizzazione del loro ministero soprattutto in riferimento al ministero
dei presbiteri (annuncio autorevole, presidenza liturgica, discernimento
spirituale). Sarà così possibile individuare le condizioni perché anche il
ministero dei catechisti sia autenticato da un esplicito mandato ecclesiale,
sulla base di un effettivo riconosciuto inserimento nella vita e nei
programmi della chiesa diocesana.
3. Cammino Neocatecumenale e celebrazioni liturgiche
Nella lettera a mons. P. Cordes che ho citato sopra, il Papa scrive che uno
degli elementi che "permettono ai membri di porsi al servizio del
rinnovamento della Chiesa" è "la celebrazione eucaristica in gruppi",
rinviando per tale aspetto alla Notificazione della Congregazione per il
Culto Divino del 19.12.1988, che sarà opportuno tener presente. Anche noi ci
siamo trovati a condividere l’indicazione del Papa, riconoscendo
l’importanza di un accostamento "iniziatico" e progressivo all’Eucaristia
(proprio del resto a tutto il Cammino), in vista di una riappropriazione
nella fede e di una attiva partecipazione, in particolare da parte di chi ne
era lontano.
Sono emerse invece posizioni diverse circa l’incompatibilità - da me più
volte affermata, e riconosciuta da altri Vescovi italiani - fra le messe
domenicali per comunità e gruppi particolari, e il significato essenziale, e
non formale-rituale, del Giorno del Signore (domeniche e festività), giorno
della comunità nel quale il popolo di Dio è convocato a celebrare insieme la
Pasqua del Signore (cf. Sin. Dico., nn. 44, 48, 52); la mia Lettera Nel
Giorno del Signore, 1995, n.8,2).
D’altra parte è bene ricordare che anche la Notificazione citata nella
lettera del Papa a mons. Cordes rinvia a due autorevoli documenti della S.
Congregazione dei Riti che presentano indicazioni inequivocabili nel senso
da me affermato. Il primo è l’Istruzione Eucaristicum mysterium (25.5.1967),
la quale afferma la centralità e la comunitarietà della messa domenicale (cf.
nn. 6-7, 16-18) e a proposito delle messe per gruppi particolari afferma:
"si celebrino di preferenza, per quanto è possibile, nei giorni feriali.
Che, se non possono essere spostate durante la settimana, si abbia cura di
conservare l’unità della comunità parrocchiale, inserendo i gruppi nelle
celebrazioni parrocchiali" (n. 27). Il secondo è l’Istruzione "Actio
pastoralis" (15.5.1969) sul tema delle messe per gruppi particolari, nella
quale sono ribaditi i principi del documento precedente (cf. n. 5), e si
precisa che la facoltà di celebrare fuori del luogo sacro non va normalmente
concessa nelle domeniche e nelle feste di precetto (cf. n. 10/a).
Possiamo dunque comprendere la cura particolare che va assicurata ai
fratelli più deboli nella fede, ma rimane necessario che i santi segni della
liturgia - proprio in vista di un autentico cammino di fede - vengano
offerti nella verità del loro significato e nella pienezza della loro forza
sacramentale. Per questi motivi se le comunità neocatecumenali intendono
celebrare l’Eucarestia nei giorni festivi (compresa la sera della vigilia)
dispongo che tale celebrazione sia unica per tutte le comunità della
parrocchia, sia celebrata nella chiesa parrocchiale, e sia aperta a chi
intende parteciparvi con le dovute disposizioni. Nel rispetto dell'unità e
dell'ordine della celebrazione, ritengo possibile prevedere in via
sperimentale un momento distinto di comunicazione e di risonanza per le
singole comunità, dopo la partecipazione unitaria alla liturgia della
Parola, omelia compresa, e prima di continuare insieme la liturgia
eucaristica. Così pure la celebrazione della Veglia pasquale in parrocchia
sarà unica e seguirà le norme liturgiche comuni. I membri del Cammino
potranno poi prolungare la veglia e nell'ascolto della Parola.
Ti chiedo ora che questa lettera diventi oggetto di attenta riflessione per
te, con il Consiglio pastorale parrocchiale e con coloro che contribuiscono
ad animare il Cammino Neocatecumenale in parrocchia, per trarne le dovute
conseguenze.
Ai Vicari Foranei chiedo di comunicare a tutti i Parroci, in modo
responsabile e motivato, la necessità del consenso del Vescovo par avviare
il Cammino in parrocchia, come precisato al punto 1 di questa lettera. Sarà
anche questo un modo per camminare insieme nella ricerca della fedeltà che
dobbiamo ai doni del Signore e al rivelarsi del Suo progetto nella vita
della nostra chiesa.
Ti benedico e ti invio ogni buon augurio per le imminenti Feste e per l’Anno
nuovo.
Vicenza, 18 dicembre 1996
+ Pietro Nonis, Vescovo |
Lettera del Vescovo di Brescia |
Il Vescovo di Brescia
Lettera sul Cammino Neocatecumenale
Cari fedeli,
il 29 giugno 2002 il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha
decretato l’approvazione “ad experimentum” per un periodo di cinque anni,
dello Statuto del Cammino Neocatecumenale. Le norme statutarie sono state
sottoscritte nella fiducia che “costituiscano ferme e sicure linee guida per
la vita del Cammino e siano un importante sostegno ai Pastori nel loro
paterno e vigile accompagnamento delle comunità neocatecumenali”.
Si tratta di un passo importante, seppur condizionato ad un’ ulteriore
verifica tra cinque anni.
Il Cammino neocatecumenale si iscrive nella ricchezza dei doni che lo
Spirito Santo ha donato alla Chiesa universale, particolarmente a partire
dal Concilio ecumenico Vaticano II.
Il Santo Padre ha frequentemente riconosciuto e benedetto questa esperienza,
coloro che l’hanno iniziata e coloro che la vivono, considerandola una
risposta provvidenziale all’urgente necessità di riscoperta del Battesimo
da parte di chi lo ha ricevuto.
Il Cammino si è diffuso in tutto il mondo e da tempo anche nella nostra
Diocesi. Non sono poche le comunità formatesi in questi anni e il numero di
persone che hanno intrapreso questa esperienza.
Anche la nostra Chiesa, vuole accogliere, approfondire ed attuare lo
Statuto, che il Santo Padre definisce “punto di riferimento fondamentale”.
Per altro, ancora il Papa, rivolgendosi agli Ordinari diocesani, ritiene che
in esso potranno trovare i principi-base di attuazione del Cammino
Neocatecumenale in fedeltà al suo progetto originario.
Con questa mia lettera intendo “valorizzare ed aiutare quest’opera di nuova
evangelizzazione nel contesto dell’unità della Chiesa particolare con la
Chiesa universale” (Giovanni Paolo II 30.08.1990) ed offrire alcune
indicazioni che accompagnino in Diocesi l’attuazione del Cammino.
1. Riconosciuta la ricca e consolidata esperienza delle Comunità
neocatecumenali nella nostra Diocesi e accogliendola come un dono dello
Spirito Santo autorizzo l’attuazione del Cammino Neocatecumenale e richiamo
quanto previsto dallo Statuto relativamente:
a) ai destinatari del “Cammino Neocatecumenale”: coloro che si sono
allontanati dalla Chiesa; coloro che non sono stati sufficientemente
evangelizzati e catechizzati, coloro che desiderano approfondire e maturare
la loro fede, coloro che provengono da confessioni cristiane non in piena
comunione con la Chiesa cattolica (art 5, 1);
b) all’apertura di nuove comunità: “Il Neocatecumenato comincia nella
parrocchia, su invito del parroco, con delle catechesi kerigmatiche,
chiamate catechesi iniziali, contenute nel Direttorio” (Art.9).
Il parroco ne ha la responsabilità pastorale e sostiene l’attuazione del
Cammino “nell’insieme degli strumenti pastorali della parrocchia” (Art.27).
La responsabilità dell’”insieme” comporta decisioni che possono richiedere
adattamenti da parte delle Comunità neocatecumenali, che non snaturino
l’esperienza stessa. Qualora il parroco stesso aderisca al Cammino, deve
continuare ad esercitare la cura pastorale di tutti i parrocchiani senza
distinzione di appartenenze ed esperienze.
Nei casi in cui permanessero diversità di valutazione tra il parroco, i
responsabili laici e l’équipe dei catechisti, sarà il Vescovo diocesano a
indicare la strada da percorrere.
Nel momento in cui ad un parroco ne succede un altro, le comunità che hanno
intrapreso il Cammino lo continueranno nella medesima parrocchia.
Il parroco vigila che l’attuazione del Cammino avvenga secondo le
disposizioni statutarie. Dovrà esercitare una particolare attenzione sul
“rispetto della coscienza e del foro interno” nel passaggio degli
“scrutini”, trattandosi di materia del tutto delicata.
2. Nella nostra diocesi sono notevoli lo sforzo e l’impegno relativo ai
cammini di iniziazione cristiana rivolti ai fanciulli e ragazzi: ne è prova
il documento ufficiale con cui avvio nella nostra diocesi un profondo
rinnovamento di questi cammini. Alla luce di questo, è importante evitare
che l’invito ad entrare nel Cammino rivolto ai ragazzi e alle ragazze che
hanno concluso l’itinerario dell’iniziazione cristiana in parrocchia,
comporti una svalutazione dell’itinerario appena concluso.
3. La celebrazione dell’Eucaristia festiva nella comunità neocatecumenale è
sottoposta all’autorizzazione del Vescovo diocesano (Art.13.3).
Considerato il principio-guida dello Statuto che definisce l’Eucaristia
essenziale al Neocatecumenato e la prassi consolidata della celebrazione
nelle piccole comunità, il Vescovo ritiene di ammettere la celebrazione
domenicale settimanale dell’Eucaristia per le nuove comunità fino alla
Traditio-Redditio e la celebrazione domenicale dell’eucaristia per le altre
comunità in occasione della loro convivenza.
Evidentemente vale la regola prevista dallo Statuto, per cui ogni Eucaristia
è “aperta anche ad altri fedeli” (art 13,3).
Nel momento in cui la comunità conclude l’itinerario partecipa sempre
all’Eucaristia domenicale o festiva dell’intera comunità parrocchiale.
Questa speciale attenzione alla celebrazione eucaristica, deriva dalla
consapevolezza della sua centralità nella vita della comunità cristiana.
Qualora non fossero adottati dei criteri che riconoscano l’importanza
dell’Eucaristia nel Cammino, ma insieme il segno di unità della Comunità
diocesana e Parrocchiale, si giungerebbe alla costituzione di una nuova
forma di comunità, alternativa o per lo meno autonoma rispetto alla
Parrocchia; cosa che per altro contraddirebbe lo Statuto stesso.
Inoltre, bisogna evitare che l’Eucaristia celebrata nella Comunità
Neocatecumenale venga percepita come la “vera” Eucaristia rispetto a quella
celebrata “per tutti i fedeli”.
4. E’ poi necessario che i membri della comunità neocatecumenale che ha
compiuto il suo itinerario siano profondamente inseriti nella comunità
parrocchiale nel suo insieme e nella pastorale ordinaria della parrocchia
stessa.
Il sacerdote di riferimento per ogni chiarimento circa l’applicazione delle
indicazioni contenute in questa lettera è il Direttore dell’Ufficio
Catechistico Diocesano.
Intendo seguire con viva attenzione i cammini di consolidamento della fede,
e fra questi il “Cammino Neocatecumenale”, affinché le nostre comunità
parrocchiali si facciano sempre più “affascinanti e attraenti”.
Brescia, 25 dicembre 2003, nella Solennità del Natale di NSGC
+ Giulio Sanguineti |
Lettera della Conferenza Episcopale di Terra Santa |
La lettera dei vescovi di Terra Santa
Gerusalemme, 25 febbraio 2007
Fratelli e Sorelle del Cammino Neocatecumenale,
1. La pace e l'amore di nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con voi.
Noi, ordinari cattolici di Terra Santa, vi rivolgiamo questa lettera
all'inizio della Quaresima, nel quadro del piano pastorale comune per
quest'anno, che ha come tema la catechesi e l'educazione religiosa nella
parrocchia.
Fratelli e sorelle del Cammino, siete benvenuti nelle nostre diocesi.
Ringraziamo Dio per la grazia che il Signore vi ha data e per il carisma che
il Santo Spirito ha effuso nella Chiesa tramite il vostro ministero della
formazione post-battesimale. Siamo riconoscenti per la vostra presenza in
alcune delle nostre parrocchie, per la predicazione della Parola di Dio, per
l'aiuto offerto ai nostri fedeli nell'approfondimento della loro fede e nel
radicarsi nella loro propria chiesa locale, in "una sintesi di predicazione
kerygmatica, cambiamento di vita e liturgia" (Statuti, Art. 8).
In seguito alla lettera che il papa Benedetto XVI vi ha indirizzato il 12
gennaio 2006, e a quella della congregazione per il culto divino del 1
dicembre 2005, vi domandiamo di prendere posto nel cuore della parrocchia
nella quale annunciate la Parola di Dio, evitando di fare un gruppo a parte.
Vorremmo che poteste dire con S. Paolo: " Mi sono fatto servo di tutti per
guadagnarne il maggior numero" (I Corinzi 9, 19).
II principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la
nostra azione pastorale dovrebbe essere ”una parrocchia e una Eucaristia”.
II vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella
fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche
nelle quali sono cresciuti da generazioni.
In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni.
È la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei
nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo
un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e
rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie.
2. L'Eucaristia è il sacramento di unità nella parrocchia e non di
frazionamento. Chiediamo pertanto che le celebrazioni eucaristiche, in tutti
i riti orientali, nonchè nel rito latino, siano sempre presiedute dal
parroco, o, nel caso del rito latino, in pieno accordo con lui. Celebrate
l'Eucaristia con la parrocchia e secondo il modo della Chiesa locale. "Là
dove c'è il vescovo, lì c'è la Chiesa", ha scritto S. Ignazio di Antiochia.
Insegnate ai fedeli l'amore per le loro tradizioni liturgiche e mettete il
vostro carisma al servizio dell'unità.
3. Vi chiediamo inoltre di mettervi seriamente allo studio della lingua e
della cultura della gente, in segno di rispetto per loro e quale strumento
di comprensione della loro anima e della loro storia, nel contesto della
Terra Santa: pluralismo religioso, culturale e nazionale. Inoltre, nei
nostri paesi, Palestina, Israele, Giordania, tutti sono alla ricerca della
pace e della giustizia, una ricerca che fa parte integrante della nostra
vita di cristiani. Ogni predicazione dovrebbe guidare i nostri fedeli negli
atteggiamenti concreti da assumere nel diversi contesti della vita e nella
stessa situazione di conflitto che continua in Palestina: atteggiamento di
perdono e di amore per il nemico, da un lato, e dall'altro, esigenza dei
propri diritti: specialmente la dignità, la libertà e la giustizia.
Vi chiediamo di predicare un Vangelo incarnato nella vita, un Vangelo che
illumini tutti gli aspetti della vita e radichi i fedeli in Gesù Cristo
Risorto e in tutto il loro ambiente umano, culturale e ecclesiale.
Domandiamo a Dio di colmare i vostri cuori della sua forza e del suo amore,
e di darvi la grazia affinché possiate colmare i cuori dei fedeli del suo
amore e della sua forza.
+ Michel Sabbah, patriarca latino di Gerusalemme;
+ Elias Shakour, arcivescovo greco melchita cattolico di Acri, Haifa,
Nazaret e di tutta la Galilea;
+ George El-Murr, arcivescovo greco melchita cattolico di Filadelfia, Petra
e della Giordania;
+ Paul Sayyah, arcivescovo maronita di Haifa e della Terra Santa ed esarca
patriarcale maronita di Gerusalemme, dei Territori Palestinesi e della
Giordania;
+ Fouad Twal, vescovo coadiutore latino, Gerusalemme;
+ Kamal Bathish, vescovo ausiliare latino, Gerusalemme;
+ Selim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania;
+ Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele;
+ Pierre Melki, esarca patriarcale siro-cattolico di Gerusalemme, di Terra
Santa e della Giordania;
+ George Bakar, esarca patriarcale greco melchita cattolico di Gerusalemme;
+ Rafael Minassian, esarca patriarcale armeno cattolico di Gerusalemme, di
Terra Santa e di Giordania. |
Lettera della Conferenza Episcopale
Pugliese |
CONFERENZA EPISCOPALE PUGLIESE
“Il Cammino neocatecumenale”
Nota pastorale ai presbiteri
Carissimi,
Le varie forme di aggregazione dei fedeli, da quelle più antiche a
quelle più recenti, nella loro molteplicità, sono segni “.. della ricchezza
e della versatilità delle risorse che lo Spirito del Signore Gesù alimenta
nel tessuto ecclesiale (Christifideles laici, n. 29); sono un grande dono di
Dio ".. che tutte le realtà ecclesiali devono accogliere con gratitudine e
responsabilmente valorizzare “ (Nota pastorale della Comm. episcopale per il
laicato, Le aggregazioni laicali nella Chiesa, Intr.).
Riservandoci di riflettere in altre occasioni, se sarà opportuno, anche
su altre esperienze, ci sembra particolarmente urgente in questo momento
offrire un orientamento sul “cammino neocatecumenale”, la cui presenza nelle
nostre diocesi è contrassegnata da frutti positivi, ma anche da una serie di
problemi, sui quali siamo sollecitati, in forza della nostra responsabilità
pastorale, ad offrire alcune indicazioni.
Le indirizziamo innanzitutto a voi presbiteri, e attraverso voi a tutti
i fedeli, per il bene spirituale dell'intera comunità.
La nostra attenzione al “cammino neocatecumenale” è stimolata anche
dall'incoraggiamento più volte espresso dal Santo Padre (cfr.
particolarmente I Messaggi del 30.8.1990 e del 12.4.1993), che non esime i
vescovi dal loro impegno di discernimento (cfr. AAS 1990, p. 1513), anzi lo
esige in maniera speciale, trattandosi di un'esperienza tuttora in corso di
definizione e ancora priva di uno Statuto approvato.
L'esperienza del “Cammino neocatecumenale”
L'idea-forza
Il “Cammino neocatecumenale” vuole offrire una risposta
al problema della presenza di tanti battezzati che non possono dirsi
realmente evangelizzati ed iniziati alla fede e alla vita cristiana.
La sua intuizione di fondo è proporre ad essi un itinerario analogo al
catecumenato vero e proprio: un itinerario che per un verso dovrà adattarsi
alla speciale situazione di chi è già cristiano ma per altro verso vuol
essere autenticamente “catecumenale”, non dare nulla per scontato,
riproporre alla riscoperta e all'assimilazione personale, tappa dopo tappa,
tutti gli elementi della fede, della liturgia e della vita cristiana.
Frutti già riscontrati
Grazie a questo itinerario molte persone riscoprono
il Signore con entusiasmo e vivono un'autentica esperienza di conversione,
che si manifesta anche in gesti concreti molto significativi: distacco dai
beni terreni, apertura più generosa alla vita da parte dei coniugi,
disponibilità a partire per mettersi a servizio della evangelizzazione,
copiosa fioritura di vocazioni sacerdotali e religiose.
Difficoltà
Le difficoltà nascono dalla situazione stessa di
queste persone: battezzate, credenti, per lo più anche praticanti, ma che si
riconoscono non realmente evangelizzate e scelgono di rifarsi in qualche
modo catecumeni, di essere ri-evangelizzati, quasi ripartendo da zero. La
piena partecipazione alla vita ordinaria della comunità si trasforma per
loro in punto d'arrivo, meta da raggiungere. Questo comporta inevitabilmente
una certa separazione, che talvolta viene gravemente accentuata.
Le linee formative del “Cammino” ed i sussidi utilizzati, procedono per
vie autonome, senza riferimento ai piani pastorali della CEI e delle
Diocesi. Si nota una certa difficoltà ad armonizzarsi con altre esperienze
ecclesiali e forme associative.
All'interno delle comunità del “Cammino” c'è il rischio di un'eccessiva
uniformità, spinta a volte fino ai minimi particolari, specialmente nella
liturgia. La pedagogia dei segni è preziosa (cfr. Il rinnovamento della
catechesi, n. 175), però non si deve attribuire ad ogni dettaglio la
medesima importanza ed invariabilità che può valere solo dei segni più
essenziali e consacrati dalla tradizione.
Un rischio analogo va fronteggiato anche nella catechesi che, fondandosi
sulla “tradizione orale”, finisce per cadere in una ripetizione stereotipa,
trascurando le mediazioni indispensabili per incarnare il Vangelo in ogni
situazione; nell'interpretazione dei testi biblici, a volte selezionati e
interpretati univocamente e apoditticamente, cadendo in un certo
fondamentalismo; nella rigida scansione delle varie tappe; nella proposta
generalizzata di speciali scelte di vita.
Crea difficoltà, in riferimento al ruolo dei presbiteri, la conduzione
delle comunità da parte dei catechisti laici.
Valutazioni e orientamenti
A chi proporre il “Cammino”
Di per sé, il “Cammino” si rivolge - come si
esprime il Papa nel Messaggio del 30.8.1990 - a “ ... coloro che hanno quasi
abbandonato la vita cristiana “; si rivela “...particolarmente idoneo a
contribuire, in zone scristianizzate, alla necessaria "reimplantatioEcclesiae"...
“ (Messaggio del 12.4.1993).
Non andrebbe proposto dunque a quei fedeli che, pur nella fragilità
umana e nell'incessante necessità della conversione, già sono impegnati
nella fede e nella vita cristiana, o addirittura già in qualche forma di
associazionismo e di apostolato, e la cui vera necessità potrebbe essere
semplicemente una migliore catechesi, un approfondimento della Bibbia,
l'esperienza della fraternità cristiana nei piccoli gruppi: in una parola,
l'esigenza di una formazione permanente.
Il “Cammino” in una pastorale ordinaria rinnovata
La scelta di attivare, per le persone che possono
averne bisogno, particolari itinerari di ri-evangelizzazione, non deve
implicare disistima o trascuratezza per gli altri o sfiducia nella
possibilità di rinnovare anche la pastorale ordinaria secondo i grandi
impulsi del Concilio. La Chiesa infatti evangelizza e catechizza non tanto
con ciò che essa fa o dice, ma con ciò che essa vive, con ciò che essa è (cfr.
Il rinnovamento della Catechesi, n. 145). Se non si rinnova la vita
ordinaria delle nostre comunità, i lontani non saranno attratti ad
avvicinarsi, o i nuovi convertiti stessi, per quanto ben curata possa essere
stata la loro formazione, non riuscirebbero poi ad inserirsi, resterebbero
di nuovo delusi e respinti.
Il “Cammino” intende collocarsi solo all'interno della parrocchia. Esso
dovrebbe essere avviato solo nel contesto di comunità parrocchiali che si
aprono ad un rinnovamento globale e si impegnano ad offrire a tutti i fedeli
un serio nutrimento permanente.
E' indispensabile pertanto che prima di avviare l'esperienza venga
acquisito non solo il consenso del vescovo e del parroco ma, previa adeguata
informazione ed analisi della situazione, anche il parere del consiglio
pastorale parrocchiale. Per evitare dannose difformità tra parrocchie
vicine, sarebbe bene anche che se ne parlasse in seno alle foranie e venisse
ascoltato anche il vicario foraneo.
Presbitero responsabile dev'essere ordinariamente il parroco o un
sacerdote che presta servizio pastorale in quella parrocchia, scelto
d'intesa col vescovo.
La parrocchia deve rimanere la casa di tutti, non dev'essere
egemonizzata da nessuna associazione, gruppo o movimento. Catechisti,
animatori liturgici e altri ministeri, non devono essere scelti
unilateralmente solo tra gli aderenti ad un gruppo particolare.
Gli aderenti al “Cammino” siano stimolati a non separarsi dagli altri
fedeli, a saper usufruire di tutto quanto offre la parrocchia, e a dare ad
essa il loro contributo attivo. In particolare, anche se si prendono cura
essi stessi, encomiabilmente, della catechesi dei loro figli, non tralascino
di inviarli ugualmente alla catechesi parrocchiale insieme a tutti gli altri
bambini. Nelle celebrazioni liturgiche possono avvalersi delle facoltà
speciali ottenute dalla S. Sede (Notificazione del 19.12.1988); per il
resto, sono tenuti a seguire le norme comuni. Ciò vale anche per il
Sacramento della riconciliazione: è bello celebrare con i fratelli la
misericordia di Dio sulla propria vita, ma l'accusa dei peccati nella loro
specificità deve rimanere riservata al sacerdote.
Gli aderenti al “Cammino neocatecumenale”, come ogni altra comunità o
movimento, devono valorizzare Il Catechismo della Chiesa cattolica, il
Documento-base Il rinnovamento della catechesi e i vari volumi del
Catechismo per la vita cristiana della CEI. Devono studiare e seguire i
programmi della Chiesa che è in Italia e le linee della pastorale diocesana.
La lodevole attenzione all'indole “escatologica” della vita cristiana e
alla sua dimensione interiore non impedisca di valorizzarne anche l'indole
“secolare”, tenendo in giusta considerazione, le realtà terrene e l'impegno
dei cristiani all'interno di esse.
Coloro che attraverso il Cammino hanno avvertito una vocazione speciale
(al presbiterato, al diaconato permanente, alla vita consacrata, al
ministero di catechisti itineranti o di missionari all'estero ...) operino
il loro discernimento non solo all'interno del “Cammino” ma in comunione,
attraverso il parroco e il vescovo, anche con la più vasta realtà della
Chiesa particolare.
I religiosi devono fare attenzione a non interpretare l'esperienza del
“Cammino” in maniera tale da compromettere la loro identità e il loro
peculiare carisma, che resta la via maestra della loro santificazione (cfr.
Vita consacrata, n. 56).
Ruolo dei presbiteri
I catechisti itineranti laici, e i responsabili
locali del Cammino nello svolgimento del loro ruolo, devono far riferimento
ai ministri - vescovo, presbiteri e diaconi - e riconoscere in essi
l'autorità propria dell'Ordine Sacro.
I responsabili laici, soprattutto in occasione degli “scrutinii” per i
vari passaggi devono astenersi dall'entrare nel campo più intimo delle
coscienze, evitando tutto ciò che può dare l'idea di un procedimento
inquisitorio; promuovano il discernimento sugli atteggiamenti, non sulle
scelte specifiche; le mete spirituali più impegnative si limitino
semplicemente a proporle. I presbiteri, anche in questa delicata materia,
come in ogni altra occasione, conservino le loro responsabilità pastorali,
senza lasciarsi ridurre a un ruolo puramente funzionale di ministri dell'Eucarestia
e dei Sacramenti.
Il servizio a queste comunità non deve affievolire nel presbitero la sua
disponibilità a rimanere l'uomo di tutti, l'uomo della Chiesa. Si eviteranno
così anche difficoltà al momento dell'avvicendamento dei parroci.
Il presbitero, come ogni cristiano, conserva il diritto di inserirsi in
un gruppo e di trarre profitto da una esperienza particolare, diritto però
subordinato al dovere di coltivare la sua identità, soprattutto all'interno
del presbiterio diocesano (Pastores dabo vobis, 68; Direttorio per il
ministero e la vita del presbiteri, 29). Per il “Cammino neocatecumenale”
tuttavia va precisato che il presbitero, per quanto anche' lui bisognoso di
conversione e di crescita spirituale, non può equipararsi a un “non
–iniziato”; egli pertanto potrà seguire le varie tappe dell'itinerario
catecumenale, ma non ripercorrerlo egli stesso in tutto e per tutto mettendo
entro parentesi il ministero di pastore che già gli è stato conferito.
Alcune questioni particolari
La Veglia pasquale
Uno dei punti di frizione più frequenti è la
celebrazione della Veglia pasquale. Gli aderenti al “Cammino” sin
dall'inizio hanno elaborato una forma celebrativa particolare più ampia,
arricchita di ulteriori elementi, prolungata per l'intera notte fino
all'alba, e dichiarano che essa costituisce per loro un momento
fondamentale, praticamente insostituibile. Questa esigenza però entra in
conflitto con l'altra non meno importante di non frazionare la comunità
cristiana in gruppi separati, in eucaristie “parallele”, proprio nel momento
culminante di tutto l'anno liturgico, nella celebrazione di quel mistero di
salvezza che ci fa Chiesa introducendoci nella comunione con Dio e con i
fratelli. La Congregazione del Culto divino, nella lettera Paschalis
sollemnitatis del 16.1.1988, così si esprime: “Si favorisca la
partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della Veglia
pasquale, in cui tutti i fedeli riuniti insieme, possano sperimentare in
modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale.
Pertanto, in ogni Parrocchia, dopo aver celebrato una sola Veglia
pasquale, i gruppi neocatecumenali (senza escludere altri fedeli
eventualmente disponibili) potranno intrattenersi ancora fino all'alba, però
senza ripetere nessuno dei quattro momenti liturgici essenziali previsti dal
Messale romano (la liturgia della luce, della parola, dell'acqua - con
eventuali battesimi - e della eucaristia), ma solo aggiungendo altri
elementi celebrativi e didattici, preghiere, canti, meditazione personale,
scambio di esperienze, momenti di festa e di fraternità. Non dunque due
Veglie successive, ma dopo l'unica Veglia liturgica vera e propria un
prolungamento celebrativo.
L'Eucaristia settimanale
Altra difficoltà frequente è quella della
celebrazione eucaristica settimanale. Le comunità ritengono indispensabile,
nel contesto del loro lavoro formativo, una celebrazione ad essa riservata,
più prolungata, quale è facilitata la condivisione della Parola. Non volendo
privarsi ricchezza della liturgia domenicale, elemento portante dell'anno
liturgico, e sottolineando il richiamo alla celebrazione della Pasqua, le
comunità si sono orientate sulla soluzione di celebrare questa eucaristia il
sabato pomeriggio.
Sono evidenti le difficoltà di questa soluzione. Secondo la normativa in
vigore, l'eucarestia del sabato pomeriggio è già da considerarsi a tutti gli
effetti eucaristia domenicale (cfr. Il giorno del Signore, n. 34). Cade
pertanto sotto la norma generale: “Le messe per gruppi particolari si
celebrino di norma non di domenica, ma per quanto è possibile nel giorni
feriali; in ogni caso le celebrazioni degli aderenti ai vari movimenti
ecclesiali non siano tali da risultare precluse alla comunità” (ivi. n. .33;
cfr. Eucharisticum mysterium, nn. 26-27; Eucaristia, comunione e comunità,
n. 81). Occorre poi fare i conti con la difficoltà concreta di reperire il
celebrante, sia per la mancanza di sacerdoti, sia per il cumulo degli
impegni pastorali che in quella giornata gravano sui pastori. D'altra parte,
chiamare il celebrante da fuori porterebbe a vanificare il rapporto con la
parrocchia e ad aggravare la già notata tendenza a ridurre il presbitero ad
un ruolo puramente funzionale.
Pertanto non si ritiene opportuno, di norma, concedere questa
celebrazione. Il vescovo tuttavia potrà concederla qualora, a suo prudente
giudizio, essa risulti di giovamento spirituale ai gruppi neocatecumenali
senza pregiudicare il bene comune di tutta la comunità parrocchiale.
Con la nostra benedizione
Le indicazioni che abbiamo offerto sul “Cammino
neocatecumenale”, in spirito di dialogo e di comune. discernimento, sono,
per alcuni versi, specifiche in ordine a questa esperienza, ma nell'insieme
riguardano l'ordinata vita di tutte le comunità di Chiesa e delle varie
esperienze pastorali.
Le accompagniamo con la nostra preghiera e la nostra benedizione.
Molfetta, 1° dicembre 1996, prima domenica di Avvento
+ Benigno Luigi Papa, Arcivescovo Metropolita di Taranto, Presidenza della
Conferenza Episcopale Pugliese,
+ Giuseppe Casale, Arcivescovo Metropolita di Foggia-Bovino, Amministratore
apostolico di Lucera-Troia,
+ Mariano Magrassi, Arcivescovo Metropolita, di Bari-Bitonto,
+ Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Metropolita di Lecce
+ Settimo Todisco, Arcivescovo di Brindisi-Ostuni,
+ Carmelo Cassati, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie,
+ Vincenzo D'Addario, Arcivescovo di Manfredonia-Vieste,
+ Francesco Cacucci, Arcivescovo di Otranto,
+ Armando Franco, Vescovo di Oria,
+ Martino Scarafile, Vescovo di Castellaneta,
+ Domenico Padovano, Vescovo di Conversano-Monopoli
+ Raffaele Calabro, Vescovo di Andria
+ Giovanni Battista Pichierri, Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano,
+ Silvio Cesare Bonicelli, Vescovo di San Severo,
+ Domenico Caliandro, Vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca,
+ Donato Negro, Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi,
+ Agostino Superbo, Vescovo di Altamura- Ravina-Acquaviva,
+ Vittorio Fusco, Vescovo di Nardò-Gallipoli,
+ Luciano Bux, Ausiliare di Bari-Bitonto,
+ Riccardo Ruotolo, Ausiliare di Manfredonia-Vieste. |
Lettera dell'Arcivescovo di
Palermo |
Cammino neocatecumenale. Diocesi e in parrocchia
Documento emesso dal Card. Pappalardo il 22.2.1996
Come era già da tempo intenzione di fare, è stato
elaborato e viene ora pubblicato un testo di riflessioni e indicazioni che
si riferiscono in generale ai gruppi e associazioni esistenti in diocesi e
in particolare alle comunità neocatecumenali.
Il tutto è concepito in modo che dette comunità, nel
sereno rapporto con le strutture diocesane, possano realizzare e promuovere
quei frutti dei quali al n. 4 si dà loro ampio riconoscimento.
1. In sintonia con i molteplici orientamenti e
indicazioni dell’episcopato italiano, la nostra chiesa locale «gioisce per
ciò che gruppi, associazioni e movimenti rappresentano e testimoniano»
(Chiesa particolare, n. 33).
Essa ha tra i suoi compiti anche quello di condurre la
varietà dei carismi alla piena comunione: infatti la molteplicità delle
aggregazioni e la loro comunione non si escludono, ma vanno affermate,
promosse e sostenute, sempre e contemporaneamente, per il fatto che le une
senza l’altra, e viceversa, non hanno senso.
2. Ogni parrocchia, pertanto, quale
fondamentale articolazione territoriale della diocesi, non neghi spazio
alle esperienze associative, accolte dal vescovo della chiesa locale quali
vere «ricchezze» della Spirito.
Il compiere scelte univoche, relative cioè a una sola
associazione, gruppo a movimento, snatura la parrocchia, la quale deve
restare punto di riferimento concreto, nella comunione e nel servizio, per
tutte le realtà presenti nel suo territorio (Cf. Chiesa partitolare, n.
31).
I fedeli d’altronde hanno diritto — se vogliono — di
aggregarsi in associazioni diversificate (cf. CIC cann. 215, 225, 299 § 1,
ecc.). Non possono essere quindi costretti né ad aggregarsi a uno dei gruppi
esistenti né a valersi di un’unica possibilità di adesione.
3. L’assolutizzare la propria esperienza,
comportando una lettura in chiave riduttiva del messaggio cristiano e il
rifiuto di un sano pluralismo di forme associative, costituisce un reale
impoverimento per tutti, comunità e singoli.
I frutti maturati
4. Tutto ciò, che è valido per ogni tipo di
associazione, interessa anche il «Cammino neocatecumenale» esistente e
operante all’interno della chiesa locale, anche se esso non si riconosce
carattere associativo.
È giusto rilevare anzitutto — e lo faccio volentieri —
alcuni buoni frutti che felicemente maturano attraverso detto Cammino, dove
esso è stabilito:
1. il raggiungimento dei «lontani»e il
loro ritorno alla pratica cristiana;
2. il ritrovato fervore di canti che
erano prima tiepidi «cristiani della domenica»;
3. il coinvolgimento e la
partecipazione di interi nuclei familiari;
4. la costanza e l’impegno dei membri
più attivi nell’evangelizzazione e nella missione.
Ci sono certamente esempi in questa diocesi in cui il
dialogo e la collaborazione con altre realtà ecclesiali presenti hanno
evitato al Cammino di ridursi a unica esperienza, dando così alle parrocchie
la possibilità di realizzare l’auspicata «comunione di comunità».
Sembra poi da preferirsi che, in quanto
possibile, le comunità del Cammino siano formate da persone abitanti
nell’ambito della medesima parrocchia, sì da sentirsi unite e appartenenti
alla più ampia comunità parrocchiale, prestando anche in essa adeguati
servizi.
5. Emergono però in vari luoghi talune
difficoltà che hanno motivato i rilievi fatti dai vescovi di Sicilia nel
documento Orientamenti pastorali pubblicato dopo il III Convegno regionale
di Acireale sui rapporti del Cammino neocatecumenale e dei movimenti
carismatici con la pastorale e la vita liturgica delle diocesi e delle
parrocchie.
È per questo che abbiamo voluto tenere nella nostra
diocesi un «fraterno e sereno» incontro tra i sacerdoti nelle cui parrocchie
opera il Cammino neocatecumenale. Sono da esso emerse informazioni e
valutazioni in base alle quali possiamo già determinate alcuni punti da
tenere opportunamente presenti.
6. Premesso che:
1. il vescovo è il primo responsabile
della vita e dell’azione pastorale nella chiesa particolare, ed è quindi
riferimento obbligato per ogni scelta operativa che riguardi
l’evangelizzazione, la liturgia e la testimonianza della carità;
2. niente dev’essere fatto
all’insaputa del vescovo, tanto meno in difformità dalle scelte e agli
indirizzi da lui dati e consegnati nei piani pastorali diocesani;
3. l’istituzione di realtà aggregative
o nuove metodologie non si giustifica solo dalla sensibilità, dai gusti, e
dal bisogno di autorealizzazione o gratificazione dei singoli o dei gruppi,
ma da vere e riconosciute esigenze pastorali;
4. quando il papa esprime sue positive
valutazioni sul Cammino neocatecumenale, sempre rimanda alla responsabilità
e alle indicazioni che i vescovi possono dare nelle loro diocesi.
Il Cammino non è «la chiesa»
7. Nella nostra diocesi palermitana:
il presbitero (parroco o amministratore parrocchiale o
rettore di una chiesa), o il laico promotore, che intenda costituire una
qualsiasi aggregazione, compreso il Cammino neocatecumenale, o sciogliere
alcune di quelle esistenti, ne dia notizia scritta al Vescovo, attendendone
il parere e l’eventuale approvazione (CIC can. 301).
Il presbitero, soprattutto se parroco, non si lasci
assorbire totalmente dal Cammino o da altra aggregazione, specialmente nei
giorni festivi, e sia presente in parrocchia, impegnato nella conduzione
dell’intera pastorale e a servizio di tutta la comunità.
Emergano, in ogni caso, con chiarezza, il ruolo e la
responsabilità sacramentale e ministeriale del presbitero - soprattutto se
parroco - anche rispetto ai «catechisti», pur riconoscendo a questi
responsabilità e ruolo formativo nei riguardi degli altri fratelli laici e
delle comunità.
8. I «catechisti» (tanto quelli di cui al
numero precedente, come anche quelli «di supporto» per la normale catechesi
parrocchiale) siano presentati al vescovo, perché egli possa accertarne:
1. la preparazione dottrinale e la
formazione spirituale;
2. i contenuti che sono chiamati a
trasmettere;
3. la conoscenza dei piani pastorali
generali e di settore della diocesi;
È dal vescovo infatti che essi devono
ricevere il mandato di operare in nome della chiesa locale.
9. Riguardo ai «passaggi» che l’itinerario
neocatecumenale comporta, non c’è dubbio che essi debbano essere condotti
con la dovuta discrezione e con pieno rispetto delle persone e delle loro
coscienze. Si tenga presente poi che essendo «il parroco pastore proprio
della parrocchia nella quale esercita la cura pastorale sotto l’autorità del
vescovo» (CIC can. 519), non è da ritenere sempre necessaria la presenza di
questi o del vicario alla celebrazione dei «passaggi». Sia essa
preferibilmente richiesta nella formulazione delle iniziative del Cammino,
specialmente per quanto attiene alla loro armonizzazione con i piani
pastorali diocesani.
Anche quando il Cammino avesse sede presso strutture
non parrocchiali, è opportuno che mantenga rapporti con la parrocchia,
anche attraverso una sua rappresentanza nel consiglio pastorale.
10. Nelle celebrazioni liturgiche la Parola —
come lodevolmente avviene — sia posta al centro dell’assemblea, però sia
diverso il luogo da cui vengono rivolte le munizioni, le introduzioni,
l’animazione dei canti. Le munizioni, poi, non esorbitino per numero ed
estensione. Le omelie non si riferiscano alla nuda Parola, ma tengano conto
del vivo magistero della chiesa, degli approfondimenti teologici, del senso
della fede del popolo cristiano, affrontando anche le problematiche più
attuali della storia e della società in cui viviamo.
Il Cammino, da solo, non è «la chiesa»; pertanto esso
non si distacchi dalle liturgie eucaristiche comuni, partecipi alle più
importanti celebrazioni diocesane presiedute dal vescovo, e si mantenga in
cordiali rapporti con il resto del popolo di Dio presente nella parrocchia o
nel luogo dove esso opera.
11. Le messe delle comunità neocatecumenali non
siano celebrate di domenica o nei giorni festivi, ma soltanto in giorni
feriali, e non siano mai precluse agli altri fedeli.
Per le modalità e il luogo di ogni celebrazione si
osservino le nome liturgiche corrispondenti e si evitino eventuali
singolarità non ammesse.
Gli aderenti al Cammino, dopo la celebrazione in
parrocchia dell’unica veglia pasquale, possono continuare a rimanere uniti
in preghiera, letture e canti sino a notte prolungata o al mattino
seguente.
12. Con particolare autorizzazione del vescovo
si può permettere che in qualche chiesa non parrocchiale si celebri per gli
aderenti al Cammino la prolungata veglia. La chiesa di S. Maria dei miracoli
in piazza Marina, da tempo affidata al Cammino neocatecumenale, resta sempre
un segno di comunione nell’ambito della diocesi.
Le stesse norme, per gli stessi motivi, devono
ritenersi valide per la veglia di Pentecoste.
Confidando che queste indicazioni possano nella nostra
diocesi assicurare un sereno e fruttuoso svolgimento delle attività
neocatecumenali e di quanti altri animano l’intera comunità ecclesiale,
tutti di gran cuore salutiamo e benediciamo.
Salvatore card. PAPPALARDO
Arcivescovo di Palermo
22 febbraio 1996. |
La lettera di Papa Giovanni Paolo II
a Mons. Cordes |
Al Venerato Fratello
Monsignor PAUL JOSEF CORDES
Vice Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici
Incaricato "ad personam" per l'Apostolato delle Comunità Neocatecumenali
Ogniqualvolta lo Spirito Santo fa germinare nella Chiesa impulsi di una
maggiore fedeltà al Vangelo, fioriscono nuovi carismi che manifestano tali
realtà e nuove istituzioni che le mettono in pratica. E' stato così dopo il
Concilio di Trento e dopo il Concilio Vaticano II.
Tra le realtà generate dallo Spirito ai nostri giorni
figurano le Comunità Neocatecumenali, iniziate dal Signor K. Argúello e
dalla Signora C. Hernandez (Madrid, Spagna), la cui efficacia per il
rinnovamento della vita cristiana veniva salutata dal mio predecessore Paolo
VI come frutto del Concilio: "Quanta gioia e quanta speranza ci date con la
vostra presenza e con la vostra attività... Vivere e promuovere questo
risveglio è quanto voi chiamate una forma di "dopo il Battesimo" che potrà
rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di
approfondimento che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di
preparazione al Battesimo" (Paolo VI alle Comunità Neocatecumenali, Udienza
Generale, 8 maggio 1974, in Notitiae 96-96, 1974, 230).
Anch'io, nei tanti incontri avuti come Vescovo di Roma,
nelle parrocchie romane, con le Comunità Neocatecumenali e con i loro
Pastori e nei miei viaggi apostolici in molte nazioni, ho potuto constatare
copiosi frutti di conversione personale e fecondo impulso missionario.
Tali Comunità rendono visibile, nelle parrocchie, il
segno della Chiesa missionaria e "si sforzano di aprire la strada
all'evangelizzazione di coloro che hanno quasi abbandonato la vita
cristiana, offrendo loro un itinerario di tipo catecumenale, che percorre
tutte quelle fasi che nella Chiesa primitiva i catecumeni percorrevano prima
di ricevere il sacramento del Battesimo; li riavvicina alla Chiesa ed a
Cristo" (cfr. Catecumenato postbattesimale in Notitiae 96-96, 1974, 229).
Sono l'annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la
celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni
nei gruppi del "Cammino Neocatecumenale" in L'Osservatore Romano, 24
dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del
rinnovamento della Chiesa.
Vari Fratelli nell'Episcopato hanno riconosciuto i
frutti di questo Cammino. Voglio limitarmi a ricordare l'allora Vescovo dì.
Madrid, Mons. Casimiro Morcillo, nella cui diocesi e sotto il cui governo
sono nate, nell'anno 1964, le Comunità Neocatecumenali che egli accolse con
tanto amore.
Dopo oltre vent'anni di vita delle Comunità, diffuse
nei cinque continenti,
- tenendo conto della nuova vitalità che anima le
parrocchie, dell'impulso missionario e dei frutti di conversione che
sbocciano dall'impegno degli itineranti e, ultimamente, dall'opera delle
famiglie che evangelizzano in zone scristianizzate d'Europa e del mondo
intero;
- in considerazione delle vocazioni, sorte da codesto
Cammino, alla vita religiosa e al presbiterato, e della nascita di Collegi
diocesani di formazione al presbiterato per la nuova evangelizzazione, quale
il Redemptoris Mater di Roma;
- avendo preso visione della documentazione da Lei
presentata:
accogliendo la richiesta rivoltami, riconosco il Cammino
Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la
società e per i tempi odierni.
Auspico, pertanto, che i Fratelli nell'Episcopato
valorizzino e aiutino - insieme con i loro presbiteri - quest'opera per la
nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte
dagli iniziatori, nello spirito di servizio all'Ordinario del luogo e di
comunione con lui e nel contesto dell' unità della Chiesa particolare con la
Chiesa universale.
In pegno di tale voto, imparto a Lei e a tutti gli
appartenenti alle Comunità Neocatecumenali la mia Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, il 30 Agosto dell' 1990, XII di
Pontificato
GIOVANNI PAOLO II
(AAS 82 [1990] 1513-1515).
La lettera “Ogniqualvolta”, è stata pubblicata in Acta Apostolicae Sedis
(periodico della Santa Sede), numero 82, anno 1990, pagine 1513-1515.
Sua Santità Giovanni Paolo II scrive a Mons. Cordes a proposito delle
«Comunità Neocatecumenali, iniziate dal Signor K. Argúello e dalla Signora
C. Hernandez (Madrid, Spagna)» e parla di «copiosi frutti di conversione
personale e fecondo impulso missionario» venuti da queste comunità, citando
fra l'altro anche un elogio di Paolo VI del 1974.
Il Cammino ha sempre diffuso ampiamente una frase di Papa Giovanni Paolo II,
presente verso la fine della lettera, in cui dice: «riconosco il Cammino
Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la
società e per i tempi odierni».
Esaminando con attenzione il contesto, se ne constata l’effettivo
significato.
Sua Santità ha in realtà detto: «avendo preso visione della
documentazione da Lei presentata, accogliendo la richiesta rivoltami
riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione
cattolica, valida per la società e per i tempi odierni. Auspico, pertanto,
che i Fratelli nell'Episcopato valorizzino e aiutino - insieme con i loro
presbiteri - quest'opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si
realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori, nello spirito di
servizio all'Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto
dell'unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale».
Il testo è stato pubblicato in Acta Apostolicae Sedis con una nota
redazionale che precisava che:
«l'intento del Santo Padre, nel riconoscere il Cammino neocatecumenale come
valido itinerario di formazione cattolica, non è quello di dare indicazioni
vincolanti agli ordinari del luogo, ma soltanto di incoraggiarli a
considerare con attenzione le comunità neocatecumenali, lasciando tuttavia
al giudizio degli stessi ordinari di agire secondo le esigenze pastorali
delle singole diocesi».
Osserviamo che il Papa ha incaricato Mons. Cordes di seguire il Cammino e
documentarlo, dunque almeno fino al 1990 il Papa non aveva molti elementi
sul Cammino, pur constatandone genericamente “copiosi frutti”.
Ma già all'inizio del 1983 il Papa aveva richiamato i neocatecumenali quanto
all'isolazionismo e alle norme liturgiche.
Mons. Cordes raccoglie documentazione presso i neocatecumenali, ma esprime
anche un giudizio: richiede al Papa di riconoscere il Cammino come
“itinerario” e come “valido per la società e per i tempi odierni” (questa è
proprio la terminologia del Cammino, con la sua insistenza pluridecennale
sull'itinerario per i “tempi odierni”).
Non sappiamo quale sia la “documentazione” presentata: sappiamo che doveva
essere convincente per Mons. Cordes e pertanto convincente per lo stesso
Papa (che gli aveva dato incarico di procurarla), e che infatti gli risponde
“accogliendo la richiesta” così come era stata presentata, dunque quel
“riconosco il Cammino come un itinerario di formazione valida...” era
fondato unicamente sulla documentazione citata.
Giovanni Paolo II si augura inoltre che i vescovi “valorizzino e aiutino” a
condizione che il Cammino sia lì per servire i vescovi, in comunione coi
vescovi, ed in unità coi vescovi.
La lettera è stata scritta a Mons. Cordes, il vescovo che il Papa scelse
all'epoca per quello specifico scopo. Dunque non è stata scritta al Cammino,
non è stata inviata ai vertici del Cammino, e perciò non è un
riconoscimento al Cammino.
Il Papa parla a Monsignor Cordes del Signor K. Argüello e della Signora C.
Hernández. Non ha inviato a loro la lettera. Esprime un giudizio che, pur
diventando pubblico, resta una questione tra lui e Mons. Cordes, fondata
soltanto sulla documentazione prodotta da quest'ultimo.
Il “riconosco” vantato dal Cammino è, in tutte evidenza, un accettare le
richieste di Mons. Cordes, su esplicito invito di quest'ultimo.
Nel 1997, il Papa ancora chiedeva al Signor Kiko e alla Signora Carmen di
proporre una regolazione statutaria per il Cammino.
Nel giugno 2002, dopo ripetute bocciature, verrà approvato ad experimentum
lo Statuto, che però è incompleto perché rinvia ad un “Direttorio
catechetico” tuttora non pubblicato poiché ritenuto non approvabile. |
Lettera della Conferenza Episcopale dell'Umbria |
ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE UMBRA
NOTA PASTORALE SULLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI IN UMBRIA
1. I Vescovi delle Chiese che sono in Umbria
avvertono la necessità che associazioni, movimenti, comunità e gruppi si
inseriscano più organicamente nella pastorale parrocchiale e diocesana. In
tale prospettiva intendono promuovere un dialogo costruttivo con i
rappresentanti delle varie aggregazioni ecclesiali e, nella loro
responsabilità di pastori, dare orientamenti dottrinali e operativi. Per
cominciare, rivolgono la loro cordiale e premurosa attenzione alle comunità
neocatecumenali, che nella regione hanno raggiunto una notevole diffusione.
Per la verità, la presenza dei cammini neocatecumenale
si estende ormai a diverse parti d'Italia e del mondo e sarebbe perciò
auspicabile un intervento della C.E.I., e forse della stessa Sede
Aspostolica, per dare dirette unitarie. Nel frattempo i Vescovi umbri, dopo
una attenta riflessione comune in spirito di fede davanti al Signore e dopo
aver ascoltato alcuni presbiteri promotori dei neocatecumenato, ritengono
opportuno dare le seguenti indicazioni.
2. Il cammino neocatecumenale risponde a
una esigenza fortemente sentita nelle nostre Chiese, in questo tempo di
attuazione del Concilio Vaticano II: formare cristiani adulti nella fede,
pienamente consapevoli dei battesimi ricevuti, responsabili della vita
ecclesiale e testimoni coerenti nel mondo.
Attraverso una specifica pedagogia con tappe, verifiche
e passaggi, sotto la guida attenta dei catechisti, il lungo e graduale
processo di maturazione nella fede porta a compiere scelte evangeliche
radicali: libertà e distacco davanti al danaro, alle comodità, agli affetti
umani; perdono dei nemici, prolungata preghiera quotidiana; fecondità nel
matrimonio, penitenza e digiuno; accettazione della croce, servizio
missionario del Vangelo; premura per i fratelli più deboli e per i lontani.
Tutto questo merita approvazione e incoraggiamento. I
Vescovi si sentono però in dovere di fare delle riserve circa il ruolo dei
catechisti che, almeno in alcune comunità, lascia poco spazio al presbitero
per l’esercizio concreto della sua responsabilità di pastore. In particolare
negli scrutini il catechista deve guardarsi dall’assumere una posizione che
a volte sembra pericolosamente avvicinarsi a quella del confessore. Si usi
ogni riguardo perché i peccati occulti non vengano manifestati, se non nel
segreto della confessione sacramentale.
3. La Catechesi neocatecunenale è
fortemente incentrata sul nucleo essenziale del messaggio evangelico, che è
la Pasqua di Cristo e l’inserimento del credente nel mistero pasquale.
Valorizza molto la lettura diretta della Bibbia, con l’intento di rendere
possibile l’esperienza vissuta delle realtà annunciate nei testi.
Tuttavia, per la necessaria attualizzazione del
messaggio cristiano, si deve prestare maggiore attenzione ai documenti della
Tradizione e del Magistero, particolarmente ai metodi, agli itinerari e ai
testi, autorevolmente proposti dalla C.E.I. a tutte le Chiese che sono in
Italia.
Occorre che l’annuncio si inserisca nella esperienza e
nella storia degli uomini, per illuminare situazioni e avvenimenti, per
attivare il discernimento spirituale e orientare il cammino. Bisogna
evitare la rigida uniformità, adattando la catechesi alle diverse
condizioni spirituali e culturali, distinguendo ad esempio tra comunità
formate prevalentemente di cosiddetti «lontani» e comunità formate
sopratutto di praticanti, fra ambiente urbano e ambiente rurale. La
frequenza stessa degli incontri va commisurata alle forze e al numero dei
partecipanti, per evitare che le comunità più piccole siano gravate dal peso
eccessivo delle celebrazioni e della preparazione.
Si abbia cura che l’interpretazione della Bibbia sia
sempre esegeticamente corretta, senza indulgere al facile allegorismo.
Nella esposizione della dottrina si ponga ogni attenzione per non usare,
come qualche volta succede, enunciazioni obiettivamente inesatte, che sono
pericolose, anche quando l’intenzione di fondo è buona.
4. La comunità neocatecumenale si pone come
esperienza concreta di fraternità in Cristo e, mentre sostiene la crescita
dell’uomo nuovo adulto nella fede, promuove anche l’edificazione della
Chiesa, stimolando e valorizzando la partecipazione attiva di tutti e
facendo emergere gradualmente diversi ministeri laicali e anche le vocazioni
al diaconato, al presbiterato e alla vita religiosa.
Le celebrazioni liturgiche, massima espressione della
vita comunitaria, vengono preparate con cura e si svolgono in un clima di
festa veramente pasquale, utilizzando con efficacia il linguaggio del segno
e coinvolgendo intensamente tutti i presenti.
Il rischio da evitare è che la piccola comunità
neocatecumenale faccia un cammino parallelo a quello della più vasta
comunità parrocchiale e diocesana, non inserendosi organicamente nella
pastorale ordinaria.
È vero che, nella fase avanzata del loro cammino,
alcuni neocatecumeni assumono in parrocchia il servizio di catechesi, di
animazione liturgica e di carità ed entrano a far parte del Consiglio
pastorale; ma è anche vero che una certa chiusura, propria soprattutto delle
giovani comunità, è avvertita dagli altri fedeli e spesso dagli stessi
sacerdoti come una divisione, creando non poche difficoltà.
La comunione ecclesiale implica obbedienza al Vescovo e
al Parroco, non solo quando nella sfera di loro competenza prendono
decisioni esplicite, ma anche quando indicano obiettivi e orientamenti
pastorali. Esige inoltre una volontà sincera di cooperazione con tutte le
componenti del Popolo di Dio; una pronta disponibilità a mettere in
discussione se stessi e ad entrare nelle ragioni degli altri; una generosa
apertura ai bisogni che si manifestano, adattandosi alla situazione concreta
senza rigidi schematismi.
La vita interna delle comunità neocatecumenali deve
autoregolarsi in modo da non assorbire ogni energia, lasciando spazio
effettivo per l’inserimento nella pastorale ordinaria. Chi fa catechesi
neocatecumenale si presti anche per altre forme di catechesi parrocchiale.
Le iniziative caritative siano collegate con la Caritas,
che è l’organismo ufficiale per la pastorale della carità. Il battesimo
venga celebrato nella normale assemblea della parrocchia e nel pieno
rispetto delle norme liturgiche.
Un’attenzione particolare va dedicata alla Messa
festiva.
5. Riguardo alla Messa festiva, ripetutamente in
tempi recenti i documenti del Magistero (cf. Eucharisticum Mysterium nn.
26-27; Eucaristia, Comunione e Comunità, nn. 71 e 81; il Giorno del Signore
n. 10) hanno insistito su una precisa direttiva pastorale: eliminare il più
possibile frazionamenti del popolo di Dio nel giorno del Signore. I gruppi
ecclesiali particolari devono tenere le loro celebrazioni nei giorni
infrasettimanali, per poi confluire tutti insieme la domenica nell’assemblea
parrocchiale, allo scopo di manifestare concretamente l’unità della comunità
cristiana e di animare la comune liturgia a edificazione di tutto il popolo.
A questa linea pastorale dovranno adeguarsi anche le
comunità neocatecumenali dell’Umbria. La Messa festiva, riservata ad esse,
sarà consentita solo nelle convivenze mensili e annuali, come nei
tradizionali ritiri ed esercizi spirituali.
Qualora si incontrino effettive e serie difficoltà con
i cosiddetti «lontani», che tramite il cammino neocatecumenale si
riaccostano alla chiesa, si concede, per motivi pedagogici, la celebrazione
della Messa il sabato sera, ma solo durante i primi quattro anni fino al
secondo passaggio.
Infine, essendo la liturgia preghiera ufficiale della
Chiesa, si ricorda che è doveroso osservare le norme stabilite per quanto
riguarda i riti e i testi, senza per altro soffocare la legittima e
opportuna creatività.
6. I Vescovi, ai quali è stato concesso
l’incarico e la grazia di verificare. riconoscere, guidare e correggere,
riconoscono senza esitazione il valore sostanziale del cammino
neocatecumenale. Ritengono tuttavia che questo riconoscimento non implichi
intangibilità assoluta di tutti gli elementi particolari del cammino stesso.
Essi sono fiduciosi che le comunità, e in primo luogo i
presbiteri e catechisti, accetteranno serenamente questi orientamenti
pastorali.
Assisi, 2 marzo 1986
Domenica III di Quaresima
GLI ARCIVESCOVI E I
VESCOVI DELLA REGIONE
PASTORALE
UMBRIA |
Dichiarazione di S.E. Card. Francis
Arinze
Prefetto della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti |
La RADIOVATICANA (Anno L n. 46 - Testo della
trasmissione di mercoledì 15 febbraio 2006), nel sommario, riporta
un’intervista su "Il Cammino Neocatecumenale e le norme liturgiche sulla
celebrazione dell’Eucaristia: ne parliamo con il cardinale Francis Arinze".
Riportiamo di seguito il testo.
IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E LE NORME LITURGICHE
- Intervista con il cardinale Francis Arinze -
Il bollettino Notitiae, organo ufficiale della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nel suo
ultimo numero appena pubblicato, riporta il discorso che Benedetto XVI ha
rivolto il 12 gennaio scorso durante il festoso incontro con il Cammino
Neocatecumenale e la lettera che il Dicastero ha inviato allo stesso Cammino
Neocatecumenale, a nome del Papa, il 1° dicembre scorso. Ascoltiamo in
proposito il cardinale Françis Arinze, prefetto del Dicastero, al microfono
di Giovanni Peduto:
Card. Arinze – La cosa migliore è di leggere il
discorso del Santo Padre. L’abbiamo riprodotto alla pagina 554-56 del
bollettino della Congregazione Notitiae, nel numero di novembre-dicembre. Io
non leggo tutto il discorso ma solo la parte che affronta la Liturgia. Era
un’occasione di gioia: il Santo Padre ha benedetto le tante famiglie del
Cammino Neocatecumenale che erano sul punto di essere mandate in missione.
Tra le altre cose, il Santo Padre ha detto, ora lo leggo: "L’importanza
della Liturgia e in particolare della Santa Messa nell’evangelizzazione, è
stata a più riprese posta in evidenza dai miei predecessori e la vostra
lunga esperienza può bene confermare come la centralità del mistero di
Cristo, celebrato nei riti liturgici, costituisce una via privilegiata e
indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti". Il
Papa continua: "Proprio per aiutare il cammino Neocatecumenale, a rendere
ancora più incisiva la propria azione evangelizzatrice in comunione con
tutto il popolo di Dio, di recente, la Congregazione per il culto divino e
la disciplina dei Sacramenti, vi ha impartito, a mio nome, alcune norme
concernenti la celebrazione eucaristica. Dopo il periodo di esperienza che
aveva concesso il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, sono certo che queste
norme, che riprendono quanto è previsto nei libri liturgici approvati dalla
Chesa, saranno da voi attentamente osservate". Ecco le parole del Santo
Padre. Egli ha detto loro: "Tramite questa Congregazione ho vi ho dato delle
direttive; seguitele".
Giovanni Peduto – Ora veniamo al contenuto di queste
direttive…
Card. Arinze – Il 1° dicembre 2005 la nostra
Congregazione, al termine di tanti colloqui per un periodo di almeno 2 anni
se non più, ha scritto ai responsabile del Cammino Neocatecumenale una
lettera di due pagine. Io do soltanto il sommario: "Nella celebrazione della
Santa Messa il Cammino Neocatecumenale accetterà e seguirà i libri liturgici
approvati dalla Chiesa senza omettere né aggiungere nulla". Questo è il
principio base. Seguire i libri approvati, non aggiungere e non sottrarre.
Tutto il resto è dettaglio e ci sono sei punti più precisi per rispondere ad
alcune richieste del cammino Neocatecumenale su materie relative alla
celebrazione eucaristica. Primo, sulla celebrazione del sabato sera: la
domenica è il giorno del Signore. Il Santo Padre decide che per il Cammino
Neocatecumenale, almeno una domenica al mese, le loro comunità devono
partecipare alla Santa Messa della Comunità parrocchiale. Per le altre tre
settimane, il Cammino Neocatecumenale in ogni diocesi sia in dialogo con il
vescovo diocesano. Secondo: le ammonizioni previe alle letture si possono
fare a condizione che siano brevi. Anche durante l’omelia, pronunciata
sempre dal sacerdote o dal diacono, si può fare qualche intervento
occasionale che sia breve e che non abbia apparenza di essere l’omelia.
Anche questo si può accettare. Poi, per lo scambio della pace: si concede
che il Cammino Neocatecumenale possa usufruire dell’indulto già concesso,
cioè di fare lo scambio della pace prima dell’offertorio fino ad ulteriori
disposizioni. E poi sul modo di ricevere la Santa Comunione: si dà al
Cammino Neocatecumenale un periodo di transizione, non più di due anni, per
passare dal modo invalso nelle loro comunità di ricevere la Comunione, per
esempio, seduti, con l’uso una mensa addobbata posta al centro della chiesa,
invece dell’altare dedicato; passare da questo al modo normale per tutta la
Chiesa di ricevere la Santa Comunione. Ciò significa che il Cammino
Neocatecumenale deve camminare verso il modo previsto nei libri liturgici
per la distribuzione del Corpo e del Sangue di Cristo. Infine, il Cammino
Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre preghiere eucaristiche
contenute nel messale e non solo la seconda preghiera eucaristica. La
sintesi di tutto questo è che il Cammino, nella celebrazione della Santa
Messa, seguirà i libri liturgici approvati, tenendo conto delle
specificazioni appena pronunciate. Questa è la lettera.
Giovanni Peduto – Eminenza da quali esigenze è
scaturita questa lettera?
Card. Arinze – E’ scaturita da ciò che emergeva
dall’esame di questa Congregazione di come il Cammino Neocatecumenale
celebra la Santa Messa da molti anni, perché dopo l’approvazione dei loro
statuti per un periodo di cinque anni da parte del Pontificio Consiglio per
i laici, rimanevano per gli altri Dicasteri le approvazioni di loro
competenza: per la nostra Congregazione, il campo della liturgia. Per
l’esame di questo abbiamo avuto una commissione mista tra persone nominate
dal Cammino Neocatecumenale e persone nominate dalla nostra Congregazione.
Nelle discussione sono emerse tante pratiche che loro fanno durante la
Messa, le quali sono state esaminate e molte di loro emergevano che non
erano secondo i libri approvati. Questo è il "background". Il tutto è stato
esaminato in molte sessioni dalla commissione mista per un periodo di due
anni o più. E c’è stata anche una discussione tra sette cardinali della
Curia romana per volere del Santo Padre, i quali hanno esaminato il tutto.
Dunque, questa lettera è la conclusione di tutto. |
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