Grotte.info Quotidiano - Gennaio 2014 |
31/01/2014 |
Proposte. Rinviata a venerdi
7 febbraio la nuova proiezione del cineforum |
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Vedi la rubrica |
Il ciclo di film in programma all'interno del cineforum ideato ed
organizzato dai ragazzi di "SolidaMente" fa una pausa.
L'appuntamento previsto per questa sera, a causa della momentanea
indisponibilità del centro polifunzionale "San Nicola", è stato rinviato al
prossimo venerdi 7 febbraio.
La nuova pellicola che verrà proiettata, e che sarà oggetto del conseguente
dibattito, sarà
“Decalogo I e VII” di K. Kieślowski.
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31/01/2014 |
Lettere. "Sui metodi
alternativi di prelievo per la futura Tari"; di Peppe Rubbò |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Egregio
Direttore,
ho letto con interesse l'articolo del sig. Antonio Vella relativo al pensare
a metodi alternativi di prelievo per la futura Tari.
Quanto proposto dal sig. Vella non dico che è impossibile farlo a Grotte ma
semplicemente difficoltoso per una serie di motivi. Questo non significa che
quanto detto dal sig. Vella non è degno di presa in considerazione.
Suggerisco, solamente, al Sig. Vella che per arrivare a quanto da lui
proposto, bisogna arrivarci a più riprese:
1) eliminazione, come dice lui, dei cassonetti e passare alla raccolta
“porta a porta” istituendo parallelamente la raccolta differenziata;
2) utilizzare diversi colori di sacchetti a seconda del tipo di rifiuto, da
raccogliere in giornate diverse, per dare la possibilità agli operatori
ecologici di effettuare un primo controllo;
3) applicare delle sanzioni per chi contravviene a quanto regolamentato per
la raccolta.
Una volta a regime questo tipo di raccolta, si potrà passare al pagamento
della tariffa su quanto effettivamente smaltito a seconda del tipo di
rifiuto consegnando gratuitamente ad ogni singolo contribuente tanti
sacchetti per le giornate di raccolta di un anno. Naturalmente non andranno
ritirati i rifiuti conferiti con sacchetti diversi. Chi finisce i sacchetti
li andrebbe ad acquistare ad un prezzo molto salato e questo indurrebbe a
fare la raccolta differenziata. Infine per arrivare a far pagare quanto
effettivamente smaltito basterebbe acquistare e consegnare agli utenti i
sacchetti con codice a barre che identifica l'utente pesando il sacchetto al
momento del ritiro (esperienze del genere esistono). Naturalmente accanto a
queste proposte bisogna interagire per poter arrivare ad una diversa cultura
che, purtroppo, ancora è da venire. Mi permetto di dire al sig. Vella che la
proposta del centro di raccolta non è facilmente gestibile per il fatto che
al contribuente si chiede di andare a portare il sacchetto senza nessun
incentivo.
Mi scuso anticipatamente se non ho interpretato bene lo scritto del sig.
Vella. Resto comunque a disposizione per eventuale approfondimento della
questione sollevata.
Saluto e ringrazio". |
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Peppe Rubbò
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31/01/2014 |
Chiesa. "San Giovanni
Bosco"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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San Giovanni Bosco |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Oggi la
Chiesa ci fa celebrare la memoria obbligatoria di San Giovanni Bosco,
Sacerdote.
Buon Onomastico all'arciprete padre Giovanni Castronovo. Auguri di
vero cuore, con la protezione di San Giovanni Bosco, dalla coordinatrice e
dal gruppo dei catechisti della parrocchia Madonna del Carmelo.
San Giovanni
Bosco è indubbiamente il più celebre santo piemontese di tutti i tempi,
nonché su scala mondiale il più famoso tra i santi dell'epoca contemporanea:
la sua popolarità è infatti ormai giunta in tutti i continenti, dove si è
diffusa la Famiglia Salesiana da lui fondata, portatrice del suo carisma e
della sua operosità. La Famiglia Salesiana è la congregazione religiosa più
diffusa tra quelle di recente fondazione.
Don Bosco fu l'allievo che diede maggior lustro al suo grande maestro di
vita sacerdotale, nonché suo compaesano, San Giuseppe Cafasso: queste due
perle di santità sbocciarono nel Convitto Ecclesiastico di San Francesco
d'Assisi in Torino.
Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 presso Castelnuovo d'Asti (oggi
Castelnuovo Don Bosco) in regione Becchi, frutto del matrimonio tra
Francesco Bosco e la serva di Dio Margherita Occhiena.
Rimasto orfano a soli due anni, cresciuto nella sua modesta famiglia, dalla
santa madre fu educato alla fede e alla pratica coerente del messaggio
evangelico. Ragazzo dinamico e concreto, fonda fra i coetanei la “Società
dell'allegria”, basata sulla guerra al peccato. A nove anni fa un sogno che
gli rivela la sua futura missione di educatore dei giovani più poveri.
Ordinato sacerdote a Torino nel 1841 iniziò il suo apostolato tra i giovani,
fondando l'oratorio, mettendolo sotto la protezione di san Francesco di
Sales.
L'oratorio fu concepito come luogo di aggregazione, ricreazione,
evangelizzazione, catechesi e promozione sociale con l'istituzione di scuole
professionali.
Il suo messaggio educativo si condensò attorno a tre parole: religione,
amore e ragionevolezza. La sua guida spirituale fu Maria Ausiliatrice e
sotto la sua protezione fondò la Congregazione dei Salesiani e l'istituto
delle “Figlie di Maria Ausiliatrice”, insieme a santa Maria Mazzarello.
L'amorevolezza costituì il supremo principio pedagogico adottato da Don
Bosco, che faceva notare come non bastasse però amare i giovani, ma
occorreva che essi percepissero di essere amati. Ma della sua pedagogia un
grande frutto fu il cosiddetto “metodo preventivo”. Prevenire è meglio che
reprimere.
L'educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone. Le due colonne
che sostengono la Chiesa, per Don Bosco furono: l'Eucarestia e Maria
Ausiliatrice.
Don Bosco fu un uomo versatile e dotato di un'intelligenza eccezionale.
Personalità forte ed intraprendente. Ai suoi figli salesiani lasciò in
eredità una forma di vita religiosa solidamente fondata sulle virtù
cristiane e sintetizzata nel binomio Lavoro e Temperanza.
A 72 anni, sfinito dal lavoro, Don Bosco muore all'alba del 31 gennaio 1888
a Torino.
Il suo corpo è attualmente esposto all'interno di un'urna nel santuario di
Maria Ausiliatrice in una cappella in fondo alla navata destra. Papa Pio XI,
suo grande ammiratore, lo beatificò il 2 giugno del 1929 e lo canonizzò il
1° aprile del 1934, giorno di Pasqua. Giovanni Paolo II, recatosi a Torino
in occasione del centenario della sua morte, lo dichiarò “Padre e Maestro
dei Giovani”.
La città di Torino ha dedicato alla memoria di Don Bosco una strada, una
scuola e un grande ospedale.
Alla guida della Congregazione gli successe il Beato Michele Rua, uno dei
suoi primi fedeli discepoli.
E' da ricordare la prolifica stirpe di santità generata da Don Bosco;
infatti allo stato attuale la Famiglia Salesiana può contare ben cinque
santi, 51 beati, 8 venerabili e 88 servi di Dio.
Invochiamo San Giovanni Bosco, affinché ci ottenga la grazia della
perseveranza nel vivere una misura alta di vita cristiana, secondo lo
spirito delle Beatitudini.
Preghiera a San Giovanni Bosco:
O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza del
prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa,
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso.
Amen". |
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Prof. Graziella Vizzini
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30/01/2014 |
Iniziative. "Passo e...
spasso!", la "Passeggiata della Salute"; percorso del 31
gennaio |
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Continuano le passeggiate "della salute".
Per questa settimana, considerato che
il cineforum farà una piccola pausa, la passeggiata della salute ritorna
al venerdi, solita ora solito posto.
Si consiglia di
portare con sé una piccola torcia per assicurarsi una migliore visibilità
lungo eventuali tratti poco illuminati.
E' utile ricordare che i bambini che volessero partecipare
alle passeggiate, devono essere accompagnati da almeno uno dei
genitori.
Questo sarà il programma ed il nuovo percorso di oggi, venerdi 31 gennaio:
ore 20.00 raduno in piazza mercato (Piazza A. Magnani);
ore 20.15 partenza
Via P. Mattarella, Via R. Livatino, Via Basilicata, Via Romita, Via
Machiavelli, Via Fonte, Via Trinacria, Via Buonarroti, via Roma, Viale della
Vittoria, Via San Desiderio, Via Madonna delle Grazie, Via Duca d’Aosta,
Via Acquanova, Via Lincoln, Via Cavour, Via Washington, Via Archimede, Via
Confine, Piazza Renzo Collura, Via Carnevale,
Piazza
Magnani (arrivo).
Per partecipare, del tutto gratuitamente, basta calzare
comode scarpe ed avere un pizzico di buona volontà. Non si tratta di una corsa ma di una vera e propria passeggiata lungo un
percorso per nulla difficoltoso. E' possibile ricevere maggiori informazioni
chiamando il 339.3297945 (Mirella) o il 380.4747908 (Antonio).
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30/01/2014 |
Lettere. "Sopra la
poltrona... un tubetto di colla Attak"; di Peppe Rubbò |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Egr. Direttore,
ho letto con interesse l'articolo sul pagamento della MINI-IMU nel Comune di
Grotte, non tanto per il fatto che la stessa non si doveva pagare per
importi inferiori a Euro 12,00, ma per il fatto che Lei, giustamente e
correttamente, si aspettava e magari si aspetta ancora, che qualcuno
dell'Amministrazione comunale (Amministratori e/o Funzionari che si firmano
Dirigenti) chieda scusa ai cittadini per l'erronea informazione data.
Sono sicuro che ciò non avverrà.
Nella mia lunga carriera di Segretario comunale ho visto pochissime volte
chiedere scusa ai cittadini per errori fatti dalle Amministrazioni.
Quelle poche volte lo hanno fatto Amministratori con la A maiuscola, cioè
quelli che sopra la poltrona non hanno sparso, dal primo giorno
dell'insediamento, un tubetto di colla ATTAK; cioè quei Sindaci che non
hanno mai avuto paura di perdere la poltrona.
Mi auguro che la mia riflessione possa portare qualcuno a smentirmi per
dare, quantomeno, una risposta a tutti quei cittadini che hanno pagano
qualcosa che non era dovuto.
Sull'eventuale rimborso, che è molto improbabile che avvenga, invito i
cittadini-contribuenti interessati a farsi giustizia da soli trattenendo la
somma pagata illegittimamente con il prossimo pagamento sulla futura ed
ennesima tassa chiamata TASI.
Cordialmente saluto". |
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Peppe Rubbò
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30/01/2014 |
Politica. "Continuano le
bufale dell'amministrazione Fantauzzo"; nota del gruppo "Grotte Libera e
Solidale" |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Continuano le "bufale" dell'Amministrazione Fantauzzo.
Dopo la promessa non mantenuta sulla riduzione delle indennità del Sindaco,
i cittadini continuano ad essere presi in giro.
A settembre il Signor Sindaco, prima dell'approvazione del bilancio di
previsione, dichiarava pubblicamente che "il Comune era vicino al tracollo
finanziario". A seguito di queste dichiarazioni, il nostro gruppo aveva
interpellato più volte l'Esperto nominato dal Sindaco (pagato profumatamente
con soldi pubblici), il quale ci confermava che in cassa c'era una
disponibilità di circa 60.000 euro, che sarebbero serviti per pagare le
utenze e per il normale funzionamento degli uffici.
Durante le sedute Consiliari e di Commissione, abbiamo più volte fatto
presente che le risorse finanziarie superavano la cifra di 200.000 euro,
proponendo di utilizzare queste somme per alleggerire la TARES.
Subito dopo l'approvazione del Bilancio, i primi 58.000 euro furono
stanziati per le agevolazioni TARES, seguite da spese folli:
- 15.000 euro per le festività natalizie;
- 50.000 euro per acquisto locali sotto palazzo di città;
- 32.000 euro per incarichi PRG;
- 2.000 euro per acquisto smartphone ai vigili urbani;
- 1.200 euro per n.6 piante ornamentali per il palazzo di città;
- azzeramento del Fondo di Riserva non rispettando il Regolamento di
Contabilità (il
Fondo di Riserva è utilizzato, con deliberazioni dell'organo
esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal
regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze
straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa
corrente si rivelino insufficienti).
Sommando ulteriori spese, a nostro parere superflue, arriviamo alla "modica"
cifra di 209.000 euro. Da questo resoconto si evince come il nostro Sindaco
abbia preso in giro l'intero Consiglio Comunale e l'intera collettività.
Altro che tracollo finanziario!
Considerato che l'Amministrazione continua imperterrita sulla propria linea,
senza prestare ascolto alle nostre proposte e iniziative, ci faremo garanti
del rispetto dello statuto e dei regolamenti comunali a tutela della
legalità e della trasparenza, nell'interesse generale della collettività".
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I Consiglieri Comunali del Gruppo
“Grotte Libera e Solidale”
Vincenzo Cimino, Santino Lombardo, Anna Todaro,
Leonardo Cutaia, Davide Magrì
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29/01/2014 |
Comune. Elezione dei membri
del Parlamento Europeo da parte di cittadini UE residenti in Italia |
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Manifesto |
COMUNE DI GROTTE
(Provincia di Agrigento)
ELEZIONE DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO SPETTANTI ALL’ITALIA
DA PARTE DEI
CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA RESIDENTI IN ITALIA.
In occasione della prossima elezione del Parlamento
europeo, fissata tra il 22 e il 25 maggio 2014 anche i cittadini degli altri
Paesi dell’Unione Europea potranno votare in Italia per i membri del
Parlamento europeo spettanti all’Italia, inoltrando apposita domanda al
sindaco del comune di residenza.
La domanda e il cui modello è disponibile sia presso il comune che sul
sito internet del Ministero dell’Interno dovrà essere presentata agli
uffici comunali o spedita mediante raccomandata entro il 24 febbraio 2014.
Nel primo caso, la sottoscrizione della domanda, in presenza del dipendente
addetto, non sarà soggetta ad autenticazione; in caso di recapito a mezzo
posta, invece, la domanda dovrà essere corredata da copia fotostatica non
autenticata di un documento di identità del sottoscrittore (art. 38, comma
3, del DPR 28/12/2000, n.445).
Nella domanda - oltre l’indicazione del cognome, nome, luogo e data di
nascita - dovranno essere espressamente dichiarati:
- la volontà di esercitare esclusivamente in Italia il diritto di voto;
- la cittadinanza;
- l’indirizzo nel comune di residenza e nello Stato di origine;
- il possesso della capacità elettorale nello Stato di origine;
- l’assenza di un provvedimento giudiziario a carico, che comporti per lo
Stato di origine la perdita dell’elettorato attivo.
Gli Uffici comunali comunicheranno tempestivamente l’esito della domanda; in
caso di accoglimento, gli interessati riceveranno la tessera elettorale con
l’indicazione del seggio ove potranno recarsi a votare.
Grotte lì 28/01/2014 |
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IL SINDACO
Paolino Fantauzzo
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29/01/2014 |
Premi. A Gero Miceli il
Diploma d'Onore del concorso "Arte per il Terzo Millennio", di Geraci
Siculo |
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Pergamena |
L’“Opera Internazionale Praesepium Historiae Ars Populi
San Pio da Pietrelcina”, di Geraci Siculo (PA), nell’ambito del concorso
artistico-letterario “Arte per il Terzo Millennio” ha attribuito il Diploma
d’Onore di Conferimento Premio Speciale, con il plauso solenne della
commissione, a Gero Miceli, autore del al diorama pasquale “Mistero
di Croce e di Luce”, realizzato in occasione della Pasqua di Grotte
2013, con la seguente motivazione: “Per essere stato, nel tempo di svariati
anni, ben piantato nello spirito religioso e culturale del suo popolo,
instancabile costruttore di magnifici diorami presepiali e pasquali di
speciale valenza spirituale, artistico-culturale e valoriale-umana”.
La mostra nella quale è avvenuta la prima esposizione del
diorama, patrocinata dal Comune di Grotte, unica del genere in provincia
e tra le poche esistenti in Sicilia, ha riscosso un notevole successo di
critica e di pubblico, richiamando numerosi visitatori provenienti anche dai
paesi limitrofi, rimasti colpiti dalla visione dei vari momenti salienti
della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo messe in scena da Gero
Miceli, quali: l’ingresso a Gerusalemme, l’Ultima Cena, Gesù nell’orto degli
Ulivi, il pentimento di Giuda, rinnegamento di Pietro, la condanna da
Pilato, l’incontro con la Veronica, Gesù e il Cireneo, la Crocifissione e
la Resurrezione che presentavano inoltre alcuni movimenti meccanici.
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29/01/2014 |
Lettere. "In merito
all'intervento del consigliere Cutaia"; di Antonio Vella |
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Antonio Vella |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Gentile redazione,
in merito all’intervento del consigliere Cutaia che mi ha citato, seppur non
presente, nel Consiglio comunale del 27 gennaio 2014 relativamente alla
cosiddetta "delibera sui conigli” tengo a precisare e a farLe sapere, caro
Consigliere, che non ho nessuna paura di scrivere interventi su questo
quotidiano, anzi lo faccio con molto piacere compatibilmente con i miei
impegni.
Inoltre La informo che la mia posizione assunta in passato non è
assolutamente cambiata e Le faccio sapere che il mio pensiero è libero e non
è manipolato da niente e nessuno al contrario di come Lei sostiene.
Utilizzando le Sue parole, il mio ruolo (di cittadino) lo so fare e anche
bene, indignandomi e contestando le scelte scellerate che la classe
dirigente di questo comune compie!
Lei è così sicuro di saper fare altrettanto bene il Suo ruolo di
Consigliere?
L’anno scorso che sedeva tra i banchi della maggioranza non si accorgeva di
tali delibere o era troppo occupato a prendere parte al valzer degli
assessori?
Le consiglio di concentrarsi di più sul Suo ruolo di controllo (anche se a
mio parere controlla ben poco...) invece di scaricare le colpe sui liberi
cittadini che Lei stesso rappresenta.
Distinti saluti". |
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Antonio Vella
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28/01/2014 |
Lettere. "Il senso delle
mie parole... non c'è male peggiore che rassegnarsi"; di Antonio Pilato |
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Antonio Pilato |
Riceviamo e pubblichiamo una replica del prof.
Antonio Pilato, docente di Filosofia e Pittore.
"Con viva sorpresa, ho letto nel quotidiano di Grotte l'osservazione
di un caro conoscente compaesano intellettuale, che ha udito, senza ben
comprendere, la mia “voce” col fine di far squillare la propria “campana”,
che ho raccolto con attenzione e riguardo particolare.
Se non ho compiuto uno sforzo invano nel cogliere il senso (implicito)
dell'osservazione, cercherò di rispondere opportunamente, davanti al
tribunale della ragione, non individuale ma universale, visto che trattasi
di pubblica lettura.
Una vera, Democrazia, non quella ideale di platonica memoria, ma quella
positiva, cioè efficace universalmente, deve garantire a ciascuno, nessuno
escluso, il necessario per collaborare, operare, produrre e quindi vivere
attivamente e orgogliosamente per il bene proprio e di tutti, non
passivamente a danno della comunità, aspettando il sostegno e la carità
degli altri.
Allo stesso modo di come a nessun organo vivente, tanto meno all'uomo, deve
essere impedito di ricevere “i raggi del sole per riscaldarsi col suo
calore”.
Equivale a dire che in una vera, oggettivamente dinamica Democrazia, sempre
in divenire, per realizzare il bene non di pochi o di molti, sibbène di
tutti, non bisogna scegliere e rassegnarsi per il sistema meno peggiore,
ma fare di tutto, senza mai arrendersi, per pervenire al meglio in assoluto,
come aumentare “n” lati di un poligono, per farlo coincidere sempre
maggiormente con il cerchio in cui è inscritto, pur consapevoli
dell'impossibilità scientifica.
Questo compito è delle personalità colte e sagge, oggi assai rare.
Scegliere il meno peggio, invece, di sartriana memoria - come si legge nella
prefazione al testo “L'esistenzialismo è un umanismo” - è come arrendersi,
come dare ad un asceta sofferente il consiglio di lasciare semplicemente
cadere il masso da cui aveva scelto di farsi schiacciare, per fare un
esempio, per liberarsi dalla disperazione.
Molto elementare la soluzione, che il sottoscritto non accetta né
giustifica.
Ma se ancora, dopo quanto esposto, non sono stato chiaro alle alte sfere
dell'intelligenza, non è mia la colpa, piuttosto di chi resta sempre
disposto a vedere e accettare le cose sistematicamente sempre nel modo
sbagliato, che non ha più senso.
Infine, in appendice a quanto espresso sopra, mi par di capire che anche Tu,
pur essendo un professore, non hai colto il senso delle mie parole e di ciò
mi meraviglio!
Ti invito, quindi, a rileggere quanto ho scritto, in particolare con
riguardo al tema delle minoranze: interpreti tale concetto in maniera assai
“ristretta”, con un certo grado di miopia, non so se voluta o meno...
Quando parlo di minoranza, non mi riferisco solo a quelle politiche e di
certo non difendo e non giustifico quelle minoranze partitiche che si fanno
portavoce di interessi squisitamente personali, biechi ed egoistici solo con
il fine precipuo di ingrossare il proprio bottino.
Mi riferisco alle minoranze nel senso più ampio del termine, che rimangono
inascoltate, anche se portatori di idee, valori e principi diversi, di
quelle minoranze che non si vogliono confondere con la massa inerme di
quanti preferiscono tacere davanti alle ingiustizie e ai soprusi dei tanti,
ma che con fatica e determinazione portano avanti il loro pensiero contro
tutto e tutti, anche contro l'ignoranza, la presunzione e la rassegnazione.
Forse, e così concludo, è meglio essere pessimista, perché non c'è male
peggiore che rassegnarsi alle cose e a gli eventi: solo perché la storia ci
insegna che tutto si ripete, non vuol dire che non dobbiamo far sentire la
nostra voce, il nostro grido, e sperare che qualcosa alla fine cambi (ti
invito a leggere un po' di etica politica).
Questo, infine, è anche il significato profondo, il linguaggio e il
messaggio costante della mia pittura".
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Antonio Pilato
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28/01/2014 |
Tributi. "Tassa sui
rifiuti: pensare a metodi alternativi di prelievo"; di Antonio Vella |
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Antonio Vella |
Il tema della tassa sui rifiuti (oggi TARES, domani
TARI, inserita come componente della più complessa IUC) è di grande
attualità (vedi anche convocazione del consiglio comunale del 27/01 terzo
punto o.d.g. in merito al differimento del termine per il pagamento a saldo
della TARES 2013).
Sentendo le lamentele dei cittadini continuamente tartassati dal costante
rincaro delle imposte e in particolare quelle che gravano sulla casa,
attraverso questo quotidiano voglio lanciare all’amministrazione comunale la
proposta di adozione di una nuova base di applicazione della tassa sui
rifiuti.
A tal riguardo la legge di stabilità, in merito alla futura IUC (imposta
unica comunale) tra le cui componenti figurerà la TARI (tassa sullo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani), lascia piena autonomia ai sindaci
circa le modalità di applicazione dell’imposta purché il gettito copra per
il 100% il costo del servizio e fatto salvo per la maggiorazione di 0,30
€/mq riservata allo Stato.
In attuazione del principio “chi inquina paga” sancito dall’art. 14 della
direttiva 2008/98/CE il comma 668 della legge di stabilità 2014 recita: “I
comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità
di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui
all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere
l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della
TARI. Il comune nella commisurazione della tariffa può tenere conto dei
criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. La tariffa corrispettiva è
applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei
rifiuti urbani”.
Inoltre la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 238/2009 ha criticato
le rigidità della tariffa sui rifiuti, rigidità tali da renderla di fatto un
tributo secondo la linea interpretativa adottata dalla Corte, con tutte le
conseguenze operative, applicative e gestionali. Nonostante il giudizio
della Corte sia stato espresso nell’ambito di una vertenza che aveva ad
oggetto la tariffa cosiddetta presuntiva e che la normativa successiva (e la
prassi interpretativa) abbiano confermato la natura corrispettiva della
tariffa puntuale, è opportuno che l’applicazione della tassa sui rifiuti sia
resa il più sinallagmatica possibile e cioè il più possibile correlata alla
quantità dei rifiuti conferiti dalla singola utenza.
In parole povere propongo l’abolizione dell’applicazione forfettaria
dell’imposta (basata sui mq delle singole unità immobiliari) prevedendo che
la tassa venga pagata in base alla quantità di rifiuti effettivamente
prodotta (tariffa puntuale) prevista dal comma 667 della legge di stabilità
2014 (Con regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge… sono stabiliti criteri per la realizzazione da
parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di
rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione
caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del
costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa
commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al
servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto
nelle forme ammesse dal diritto dell'Unione europea).
Si tratterebbe di una svolta epocale che proietterebbe la nostra piccola
città nello scenario delle grandi città europee (Bruxelles adotta questo
sistema).
Basterebbe munire i cittadini di apposite card (come quelle per la raccolta
dei punti al supermercato) sulle quali registrare il peso di ogni unità di
rifiuto affidato giornalmente agli addetti del centro di raccolta.
Si potrebbe istituire un grande centro di raccolta, ad esempio dove è già
presente l’isola ecologica comunale (Via Ingrao), dove i cittadini che ne
hanno la possibilità possono conferire autonomamente i propri rifiuti e,
nello stesso tempo predisporre, un sistema con il quale gli addetti si
facciano carico di effettuare il servizio porta a porta per coloro che non
hanno la possibilità di raggiungere il punto di raccolta.
Tale proposta, se attuata, (anche nel 2015 per dare possibilità all’ente di
organizzarsi) risolverebbe molti problemi:
- i cittadini non si lamenterebbero delle tariffe alte: invece di pagare la
tassa sui rifiuti per box auto/garage o per le residenze stagionali (che se
non abitati non producono rifiuti) pagherebbero effettivamente per la quota
di rifiuti che ciascuno produce;
- si riuscirebbe a controllare in maniera dettagliata la quantità effettiva
di rifiuti che l’intero comune conferisce in discarica senza basarsi sui
dati forniti dalla discarica stessa (il costo complessivo del servizio
quest’anno ha superato il milione di euro);
- si toglierebbero dalle nostre strade i maleodoranti cassonetti spesso
soggetti ad incendi;
- si effettuerebbe il 100% di raccolta differenziata e si darebbe la
possibilità (mettendo nuovamente a disposizione della cittadinanza le note
“compostiere”) a chi ha un giardino o comunque ne ha voglia di conferire
il cosiddetto “umido” nelle già citate compostiere che dopo qualche mese
trasformano il tutto in concime per il terreno.
Molti derideranno questa proposta o la prenderanno per un
sogno irrealizzabile: io penso che basta un po’ di volontà per realizzare
qualcosa che effettivamente produca benefici per la comunità.
Antonio Vella
28 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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28/01/2014 |
Chiesa. "San Tommaso
D'Aquino, dottore della Chiesa"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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San Tommaso D'Aquino |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 28 gennaio
la Chiesa ci fa celebrare la memoria obbligatoria di San Tommaso d'Aquino,
sacerdote e dottore della Chiesa.
Tommaso nacque all'incirca nel 1225 nel castello di Roccasecca vicino
Frosinone, nel basso Lazio, che faceva parte del feudo dei conti d'Aquino.
Educato a Montecassino, quindi all'università di Napoli, prese l'abito
domenicano nel 1244, malgrado la dura opposizione della famiglia.
Completa la sua formazione a Colonia sotto la guida di sant'Alberto Magno,
divenne professore di teologia a Parigi, quindi a Roma ad Orvieto e a
Viterbo.
Tommaso è soprattutto un teologo e un mistico nella sua ricerca instancabile
di Dio. Costantemente immerso negli studi, perde facilmente la nozione del
tempo e del luogo.
Il suo motto, "Contemplata aliis tradere", cioè partecipare agli altri i
frutti della propria riflessione, si tradusse in una mole di libri che hanno
del prodigioso, se si tiene presente che la morte lo colse alla giovane età
di 48 anni.
L'opera più importante e più celebre è la "Summa theologiae", il trattato
più famoso della teologia medievale. In quest'opera, rimasta incompleta e
completata dopo la sua morte dal fedele collaboratore fra Reginardo, affronta
con una chiarezza cristallina e una sicurezza intellettuale straordinarie,
interrogativi di fondo: il rapporto tra fede e ragione, tra realtà e
pensiero, tra corpo e anima, il problema dell'"Esistenza di Dio" con le
famose cinque prove.
Il 6 dicembre mentre celebrava la Messa, qualcosa lo toccò profondamente e
da quel giorno smise di scrivere e di studiare.
Che cosa era avvenuto? In uno dei suoi colloqui notturni davanti al
Crocifisso, questi gli aveva detto: "Tommaso, tu hai scritto bene di me. Che
ricompensa vuoi?". "Nient'altro che te, Signore." Il Signore lo aveva preso
in parola, assimilandolo a sé: "Tutto ciò che ho scritto finora è come
paglia per me in confronto a ciò che mi è stato rivelato.. L'unica cosa che
desidero è che Dio dopo aver messo fine alla mia opera di scrittore, ponga
fine alla mia vita".
La morte lo colse, infatti, all'alba del 7 marzo 1274, mentre si stava
recando al Concilio di Lione nell'abbazia di Fossalta, a soli 48 anni. Aveva
scritto più di 40 volumi.
Nel 1567 san Tommaso fu proclamato Dottore della Chiesa e il 4 agosto 1880,
patrono delle scuole e università cattoliche.
La sua festa liturgica, da secoli fissata al 7 marzo, dopo il Concilio
Vaticano II, è stata spostata al 28 gennaio, data della traslazione del
1369. Le sue reliquie sono venerate in vari luoghi, a seguito dei
trasferimenti parziali dei suoi resti.
San Tommaso profuse tutto il suo amore e la fede nel mistero
dell'Eucarestia componendo il famoso inno eucaristico "Pange lingua" in
latino.
Preghiamo san Tommaso, questo grande santo, affinché ci ottenga dal Signore
tutte le grazie che il nostro cuore desidera".
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Prof. Graziella Vizzini
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27/01/2014 |
Chiesa. "Festa di
Sant'Angela Merici"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Sant'Angela Merici |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 27
gennaio, la Chiesa ci fa celebrare la memoria facoltativa di Sant'Angela
Merici.
Sant'Angela nasce a Desenzano del Garda attorno al 1474 da genitori molto
pii. Rimasta orfana di entrambi i genitori in giovanissima età, viene
accolta dallo zio materno a Salò. Qui rimane per diversi anni e veste
l'abito del terz'Ordine di San Francesco, per dedicarsi più agevolmente alla
preghiera, alla penitenza e alle buone opere.
Poi Angela torna a Desenzano, matura lentamente la sua vocazione. Nel 1516
si trasferisce a Brescia, dove fonda il 25 novembre, giorno di Santa
Caterina, del 1535 la Compagnia di Sant'Orsola, organizzando nel suo
convento la prima scuola femminile, alla quale poterono partecipare anche le
giovani di ceto sociale modesto.
Estremamente rivoluzionario per allora e attuale per noi, il suo metodo
educativo si basa sul rapporto di profondo amore fra educatore ed educando e
sul pieno rispetto della libertà altrui.
Ecco le sue parole che sono ancora valide per ogni educatore: “Impegnatevi
a tirar su i vostri figli con amore e con mano soave e dolce, soprattutto,
guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza: poiché Dio ha dato a
ciascuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente
propone, invita e consiglia. Siate sempre mossi dalla carità”.
Muore il 27 gennaio del 1540 e viene sepolta nell'antica chiesa di Sant'Afra
(ora santuario di Sant'Angela) a Brescia, dove si trova tuttora.
Oggi le Orsoline e la loro filosofia educativa, rivolta alla donna, sono
presenti in tutto il mondo.
Preghiamo Sant'Angela Merici, affinché ci ottenga dal Signore la grazia di
poterci dedicare alla preghiera e alle buone opere come ha saputo fare lei".
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Prof. Graziella Vizzini
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27/01/2014 |
Imposte. "Mini Imu":
restituire ai cittadini grottesi i soldi non dovuti; la politica
provveda |
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Era il 22 gennaio scorso quando pubblicavo un
articolo sul pagamento della "mini Imu", specificando chiaramente, con
completezza di fonti normative riportate, che non andava effettuato il
pagamento di somme al di sotto dei 12,00 euro.
Purtroppo molti cittadini sono stati indotti in errore da un'interpretazione
delle norme (che sono chiarissime, quindi non suscettibili di alcuna
interpretazione) effettuata dagli uffici comunali; secondo il personale del
Comune l'imposta andava pagata anche al di sotto di quella somma. Infatti
numerosi cittadini hanno effettuato versamenti sotto quella soglia, anche di
soli 2,00 euro (dicasi due euro!).
Tanto per fare un breve riepilogo (ma chi vuole può rileggere
l'intero articolo):
- l'art. 1
comma 168 della Legge 27 dicembre 2006 n° 296 recita: "Gli
enti locali, nel rispetto dei princìpi posti dall’articolo 25 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria
competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono
dovuti o non sono effettuati i rimborsi. In caso di inottemperanza, si
applica la disciplina prevista dal medesimo articolo 25 della legge n. 289
del 2002".
- l'art. 25 della Legge n. 289 del 2002 specifica:
1. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sono
adottate ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione
di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria,
applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi gli enti
pubblici economici.
2. Con i decreti di cui al comma 1 sono stabiliti gli importi corrispondenti
alle somme considerate di modesto ammontare, le somme onnicomprensive di
interessi o sanzioni comunque denominate nonché norme riguardanti
l'esclusione di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva. Tali
disposizioni si possono applicare anche per periodi d'imposta precedenti e
non devono in ogni caso intendersi come franchigia.
3. Sono esclusi i corrispettivi per servizi resi dalle pubbliche
amministrazioni a pagamento.
4. Gli importi sono, in ogni caso, arrotondati all'unità euro. In sede di
prima applicazione dei decreti di cui al comma 1, l'importo minimo non
può essere inferiore a 12 euro";
- il
Regolamento IMU del Comune di Grotte, in merito prevede:
- all'art. 15 comma 3: "Non si fa luogo ad avviso di accertamento
qualora la somma relativa sia inferiore a € 12,00";
- all'art. 17 comma 1: "Tenuto conto delle attività istruttorie e di
accertamento da effettuare per pervenire alla riscossione, anche coattiva
del tributo, nonché degli oneri da sostenere per svolgere le suddette
attività e nel rispetto del principio di economia dell'azione
amministrativa, si dispone l'esonero del versamento qualora l'importo
relativo al singolo anno d'imposta sia inferiore a € 12,00";
- all'art. 18 comma 2: "Non si fa luogo a rimborso qualora la somma
relativa sia inferiore a € 12,00".
Onde evitare dubbi, malintesi e erronee interpretazioni sul pagamento della
"mini Imu", il Ministero delle Finanze ha pubblicato ufficialmente alcune "Risposte
alle domande formulate per la corretta applicazione della cosiddetta Mini
Imu...".
Al punto 2) di quel documento si legge: "Quali sono le regole
applicabili in relazione ai versamenti minimi? Per i versamenti minimi
valgono le regole ordinarie, vale a dire si applica l'art. 25 della legge
289 del 2002 che prevede l'importo minimo di 12 euro o il diverso
importo previsto dal regolamento del comune".
E noi sappiamo che il Comune di Grotte ha previsto proprio un importo minimo
di 12,00 euro.
Al punto 3) del testo viene specificato che l'importo (per la "corretta
applicazione della cosiddetta Mini Imu") deve intendersi riferito
all'imposta complessivamente dovuta (ripeto: per la "mini Imu") con
riferimento a tutti gli immobili situati nello stesso Comune.
Quindi, una volta eseguiti tutti i calcoli per determinare l'importo della
"mini Imu", se questo è superiore ai 12,00 euro deve essere effettuato il
versamento; se è inferiore, il versamento non si deve effettuare.
C'è poco da interpretare. Ad esempio, i cittadini proprietari della sola
prima casa di abitazione, che avrebbero dovuto pagare una somma inferiore ai
12,00 euro di "mini Imu", non erano tenuti a fare alcun versamento.
Da precisare, inoltre, che la somma limite di 12,00 euro è da intendersi per
singolo versamento, cioè per la quota spettante a ciascun singolo
contribuente in capo al quale grava l'imposta.
Mi spiego meglio: se per una abitazione la "mini Imu" complessiva ammonta a
20,00 euro, e questa abitazione è in comproprietà al 50% tra due cittadini,
in questo caso anche l'imposta grava al 50% sui due contribuenti che
sarebbero tenuti a versare 10,00 euro ciascuno, ma essendo al di sotto del
limite minimo dei 12,00 euro sono esonerati dal versamento (perché le tasse,
ciascuno è obbligato a pagare le proprie).
Come dovrebbe comportarsi adesso un amministratore corretto, di fronte al
"fatto compiuto"?
Che dovrebbe fare l'apparato burocratico che è al servizio dei cittadini?
Due sono le considerazioni doverose.
La prima è che il Regolamento Imu del Comune di Grotte stabilisce che "Non si fa luogo a rimborso qualora la somma
relativa sia inferiore a € 12,00" (chissà perché quando l'Ente pubblico
deve restituire, la norma che impedisce il rimborso è sempre chiarissima).
La seconda è che il cittadino-contribuente è stato indotto in errore proprio
dalla pubblica amministrazione, e che ha effettuato il versamento (non
dovuto) in seguito al timore di eventuali future sanzioni (che sarebbero
impossibili da comminare ai sensi dell'art. 15 comma 3 del Regolamento Imu
del Comune di Grotte che recita: "Non si fa luogo ad avviso di accertamento
qualora la somma relativa sia inferiore a € 12,00"; ma si sa che al
momento di riscuotere, la norma inevitabilmente "si interpreta").
Torniamo alla domanda: come dovrebbe comportarsi adesso un amministratore
corretto? Dovrebbe restituire quanto indebitamente incassato. Quanto alla
norma comunale che impedisce tale restituzione, è sempre possibile che il
Consiglio comunale, quale organo sovrano in materia, tenuto conto delle
circostanze sopra descritte, deliberi opportunamente in tal senso.
A dire il vero, dopo il mio articolo del 22 gennaio mi sarei aspettato (così
come i contribuenti grottesi) delle parole di chiarezza da parte della
"macchina amministrativa".
Nessuno, ma proprio nessuno, ha ritenuto di intervenire sull'argomento per
informare al meglio i cittadini.
Chiedo scusa anticipatamente per il possibile cattivo pensiero: "intanto
incassiamo, poi si vede". Se così fosse - ma lo voglio escludere
categoricamente a priori - cercare di fare cassa con i pochi denari
della vecchietta pensionata che non arriva a fine mese (costretta a fare la
fila dal consulente e poi alla Posta) sarebbe moralmente censurabile.
Sono certo che i nostri Amministratori, responsabilmente, provvederanno in
merito.
Così come sono certo che l'intero Consiglio comunale, sia la maggioranza che
la minoranza, si farà carico di trovare una soluzione per la restituzione ai
cittadini (indotti in errore dalla pubblica amministrazione) delle somme non
dovute.
L'argomento non potrà essere trattato - perché non all'ordine del giorno -
nella seduta del Consiglio di questa sera; sarebbe il caso che qualche
Consigliere di buona volontà lo proponesse per la prossima seduta.
Come sempre, chi volesse intervenire sull'argomento su questo quotidiano, ne
ha ampia facoltà.
Carmelo Arnone
27 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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27/01/2014 |
Editoria. Agrigento: presentazione del
libro "La chiesa Madre di Racalmuto", di Enzo Sardo |
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Manifesto |
Venerdi 31 gennaio 2014, ad Agrigento, alle ore 17.30 presso il Collegio dei
Filippini,
sarà presentato il nuovo libro di Enzo Sardo "La chiesa Madre di Racalmuto -
Equità e Solidarietà".
Interverranno, per i saluti:
- Don Salvatore Raso;
- Avv. Marco Zambuto (Sindaco di Agrigento);
- Prof.ssa Maria Immordino (Presidente Polo Universitario di Agrigento).
Relazioni a cura di:
- Dott. Calogero Alaimo Di Loro;
- Prof.ssa Anna Maria Sermenghi (Dirigente Scolastico Liceo Classico
"Empedocle" di Agrigento).
Concluderà l'autore.
La manifestazione sarà
animata dagli interventi musicali eseguiti da Miriam Bissanti e dal prof.
Fabio Petrotto.
Presentazione del libro
"La chiesa Madre di Racalmuto - Equità e Solidarietà", di Enzo Sardo
Venerdi 31 gennaio 2014, ore 17.30
Agrigento, Collegio dei Filippini
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27/01/2014 |
Lettere. Ricordi scolastici:
"Esperienza tragicomica"; a cura del prof. Lillo Agnello |
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Lillo Agnello
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Riceviamo e pubblichiamo.
Leggi tutti gli interventi
"Ricordi scolastici.
Esperienza tragicomica.
Voglio partecipare anch’io a questa rubrica raccontando una esperienza
tragicomica legata alla mia vita di studente.
Siamo negli anni 1954-55. Frequentavo la IV ginnasio, nel turno pomeridiano.
Si viaggiava col treno: partenza alle 12.40 e rientro intorno alle 19.30 con
l’ultimo treno per Caltanissetta. L’età media era sui quindici anni. In
genere, specie il ritorno, era un viaggio di piacere perché si scherzava, si
schiamazzava, o si cercava di attaccare bottone con qualche turista, se ce
n’erano; eravamo i padroni della carrozza.
Però… un giorno la settimana avevamo una quinta ora per cui si usciva alle
18.30 e non si riusciva a prendere il solito treno. Bisognava prendere il
treno per Palermo, scendere ad Aragona-Caldare e proseguire a piedi. Sette
chilometri che si percorrevano in un’ora circa.
Importante: eravamo in sette e la nostra assenza in classe alterava il
regolare svolgimento della lezione, e quella quinta ora era quella di
religione: quando ci si concedeva di uscire prima, chi ci autorizzava lo
faceva più col cuore che con la testa. Saltavamo, infatti, molte ore di
religione.
Quel giorno, di primavera, non eravamo riusciti ad ottenere il permesso e
salimmo, per il solito viaggio, sul solito treno, per Palermo.
Ci eravamo rassegnati alla “marcia”, sempre con la speranza nascosta di
potere ottenere qualche “passaggio”: anche se non era mai avvenuto. Oggi ci
ripenso e dico: come lo si poteva avere se eravamo in tanti? Ci sarebbe
voluto un autobus o un camion. Le probabilità di potere avere un passaggio
erano nulle: eppure ad ogni mezzo si chiedeva, con segni vari, il passaggio.
Avevamo, dunque, superato il bivio e ci incamminavamo sul tratto
pianeggiante e diritto.
Passa una macchina, si chiede il solito passaggio, ma tira diritto. Uno di
noi, per tutta risposta, dà del “cornuto” al conducente, ma non ci si da
peso, visto che lo si faceva spesso senza la consapevolezza di potere urtare
la suscettibilità di qualcuno e senza pensare di potere essere sentiti.
La macchina dopo un centinaio di metri si ferma. Si accendono le speranze.
Il gruppo si snoda, di corsa, tra i più veloci e i più lenti. Appena esce il
conducente, però, appaiono chiare le sue intenzioni: vuole conoscere chi gli
aveva dato del “cornuto”.
Il gruppo si ricompone, la prima tentazione è quella di scappare, il
colpevole si allontana in ogni modo; gli altri in ordine sparso ci
avviciniamo per cercare di chiedere scusa e chiudere la vicenda. Dovette
essere uno spettacolo da filmare.
Chiedemmo le scuse dovute e facemmo avvicinare il nostro colpevole che,
naturalmente, chiese le richieste scuse.
Il signore, che era un nostro giovane paesano, ci volle conoscere uno per
uno e alla fine decise di non lasciarci a terra.
La paura si tramutò in gioia e ci mettemmo al lavoro.
Il benefattore faceva il venditore ambulante ed aveva la macchina carica: ci
mettemmo tutti a scaricare il furgone per risistemare meglio le valigie:
alla fine in un clima di festosa amicizia e di riconoscenza riuscimmo ad
entrare tutti; si faticò a chiudere lo sportello.
Fu un’esperienza indimenticabile che ancora ricordo.
I protagonisti dell’avventura furono Salvatore Daina e Vincenzo Agnello (Viciddru):
ambedue prematuramente scomparsi".
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Saluti da Angelo
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Per partecipare basta contattare il
prof. Calogero
Agnello (anche inviando una e-mail),
che curerà di organizzare il materiale prima di mandarlo alla redazione. Si
garantisce la massima riservatezza su nomi e persone.
E-mail:
agnellocalogero@gmail.com.
Tel. 0922.943720.
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26/01/2014 |
Lingua. Appendice al "Piccolo
Dizionario Grottese-Italiano" (20); a cura di Carmelo e Graziella
Luparello |
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Luparello |
Nonnò,
pepè, pepè!
Piccolo dizionario Grottese-Italiano
di Carmelo e Graziella Luparello
APPENDICE
(Puntata n° 20)
Modi di dire e proverbi
Una ni penza e
cientu ni fa
= mentre pensa di fare una cosa, ne fa tante altre. Il detto si riferisce ad
una grande creatività, che si può esprimere in opere ingegnose, come in
tante malefatte.
Unni c'è campani, c'è buttani
= dove ci sono campane, ci sono puttane (la campana è simbolo di paese, di
comunità organizzata; pertanto, il detto vuole significare che le donne di
facili costumi esistono ovunque).
Un
callarùni di pasta
= tantissima
pasta (callaruni = grossa pentola).
Unni
c'è lu liettu, c'è l'arrizziettu
= dove c'è il letto, c'è tutto.
Unni
persi li scarpi lu Signuri
= dove il Signore ha perso le scarpe, cioè molto lontano.
Un
patri campà a cientu figli e cientu figli nun puottiru campari a un patri
= un padre mantenne cento figli, e cento figli non poterono mantenere un
padre.
Unu
ca nasci tunnu, nun po' murìri quatratu
= chi nasce
tondo non può morire quadrato, cioè chi è nato scemo, non può morire
intelligente.
Un
uocchiu un po' vidiri l'antru uocchiu
= un occhio è geloso dell'altro occhio (esprime l'invidia tra fratelli, tra
colleghi, etc.).
Uocchi c'aviti fattu chianciri, chianciti
= occhi che
avete fatto piangere gli altri, adesso è giunta l'ora che anche voi
piangiate.
Uocchi a vaniddruzza
= occhi socchiusi.
Uocchi a pampineddra
= si dice degli occhi quando, per stanchezza o sonno, si vogliono chiudere.
Uocchiu ca nun vidi, cori ca nun doli
= quando un occhio non vede, il cuore non può nemmeno affliggersi,
angustiarsi, tormentarsi.
Va
circannu scuru e fuddra
= va cercando ogni occasione per...
Va
èttati a vaddruni
= vai a
buttarti nel torrente.
Va
fatti monacu =
vai a prendere i voti di monaco, cioè allontanati da me.
Vaneddra lorda e china di mìntina
= vicolo sporco pieno di fango e puzzolente (per il significato letterale di
mìntina, vd. sopra).
Va
unni mina lu vientu
= va dove
soffia il vento; la frase è utilizzata soprattutto in politica per definire
chi fa esercizio di trasformismo, non seguendo i propri ideali, ma le
opportunità del momento.
Veni
tiempu e porta cunsigliu
= verrà il tempo e ci porterà la giusta soluzione.
Vinìri facci facci
= si dice di un indumento che non è stato ben lavato in ogni sua parte.
Vinìri panza e prisenza
= venire (per fare una visita) senza portare nulla.
Vucca ca nun parla si chiama cucùzza
= la bocca che
non parla è stupida (cucuzza = lett. zucchina).
Vuò
guardari lu vicinu? Curcati presti e sùsiti matinu!
= vuoi controllare il vicino? La sera vai a letto presto, ma alzati
l'indomani di buon mattino.
Zàbbara e zabbarùni un cantaru e 25 =
avere più o
meno lo stesso peso.
Zappari all'acqua e siminari a lu vientu
= zappare sull'acqua e seminare nel vento, cioè fare cose inutili.
Zzirrichiari li dienti
= sfregare i denti in segno d'ira o altro.
Zzùccaru filatu
= zucchero filato.
Zuccu tuortu
= albero storto; persona prepotente, che non vuol sentire ragione.
Carmelo e Graziella Luparello
Pubblicato
dalla Testata Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 26 gennaio 2014.
Per gentile concessione degli Autori.
© Riproduzione riservata.
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25/01/2014 |
Chiesa. "Conversione di
San Paolo Apostolo"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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San Paolo |
Riceviamo e pubblichiamo.
Oggi, 25
gennaio, la Chiesa ci fa celebrare la festa della Conversione di san Paolo
Apostolo.
Questa festa, istituita in Galilea nel secolo VIII in occasione della
traslazione di alcune reliquie dell'apostolo, entrò nel calendario romano
solo sul finire del secolo X.
Conclude in modo significativo la "Settimana di Preghiera per l'Unità dei
Cristiani", ricordando che non c'è vero Ecumenismo senza conversione (cfr
Conc.Vat. II, Decreto sull'ecumenismo "Unitatis redintegratio",7).
La "Conversione" di san Paolo sta alla base di molti e importanti elementi
della sua dottrina, in particolare del tema della potenza della grazia
divina, capace di trasformare Saulo da persecutore della Chiesa
nell'“Apostolo” per eccellenza.
Questa conversione è certamente uno dei più importanti avvenimenti della
storia della Chiesa, che è debitrice a Paolo dello slancio
dell'evangelizzazione tra i pagani e della prima riflessione teologica sul
messaggio cristiano. La conversione è una inversione di rotta rispetto ai
percorsi del male, un sincero pentimento per gli errori commessi. Coinvolge
l'uomo in tutta la sua esistenza, ma è sempre frutto della grazia divina: “è
Dio che agisce”.
Paolo si è lasciato toccare dalla grazia della luce divina e “ha creduto al
Vangelo”. Ha creduto in Gesù morto e risorto. Da persecutore, folgorato
dalla grazia, diventa l'apostolo delle genti.
Spesso il Signore, dopo la chiamata sollecita a un impegno e a una missione
speciale. Anche Paolo, come gli altri apostoli, sentirà il comando del
Signore ad andare in tutto il mondo a predicare il Vangelo a ogni creatura.
Egli diventerà, insieme a Pietro, la colonna portante dell'edificio della
Chiesa. Coronerà la sua missione, dopo fatiche e persecuzioni di ogni
genere, con la palma del martirio.
I tre requisiti essenziali che Paolo condivide con gli apostoli sono:
“visione, vocazione e missione”. Per conoscere bene l'apostolo Paolo, basta
leggere oltre che gli Atti degli Apostoli, i suoi “Scritti”.
Uomo davvero eccezionale San Paolo ha trasfuso, senza volerlo, la sua forte,
tenera e caratteristica personalità nelle famose “14 Lettere” che formano il
tesoro della Chiesa. San Paolo è il più grande scrittore del Nuovo
Testamento, non solo per l'altezza di ingegno, ma anche per il numero degli
scritti.
Le sue Lettere, di grande valore apologetico, non hanno riscontro in nessuna
letteratura, sia per la dottrina, sia per la dialettica, sia per la forma
originalissima. San Paolo è considerato il Teologo del Nuovo Testamento. Le
Lettere di san Paolo sono il più bel commento e complemento del Vangelo.
San Paolo è il vero dottore del Mistero di Cristo. Mistero, tenuto nascosto
per secoli, ma ora manifestato ai suoi santi, notificato ai pagani (Col.
1,26; Ef. 3,5s;Rom. 16,25s).
La figura di Paolo è veramente una figura poliedrica. Dopo i tanti viaggi,
tornò a Roma nel 66 e arrestato con Pietro, dopo orrida prigionia, fu
decapitato nel 67, sulla via Ostiense (il 29 giugno, secondo la tradizione).
Tra il 2008 e il 2009, nel bi-millenario della sua nascita, è stato
celebrato uno speciale anno giubilare “paolino”.
Maria, Madre della Chiesa una e santa, ci ottenga il dono di una vera
conversione, perché quanto prima si realizzi la parola di Cristo: “Ut unum
sint”.
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Prof. Graziella Vizzini
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25/01/2014 |
Lettere. "Carissimo
prof. Pilato... il problema della democrazia..."; del prof. Lillo Agnello |
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Lillo Agnello
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Carissimo prof. Antonio Pilato,
leggo sempre con piacere i tuoi appunti e sono sempre preso da un dubbio: il
pubblico cui tu ti rivolgi ha sempre quella preparazione filosofica che gli
permetta di capire sempre, tra citazioni di pensatori e di correnti di
pensiero, l’essenza del tuo discorso? Indubbiamente la tua familiarità
culturale nonché lessicale con la branca del sapere di cui sei cultore oltre
che diffusore, non ti aiuta a capire il senso della mia osservazione ma se
ti adegui un po’ potresti ottenere più completa comprensione.
E vengo ora alla parte finale del tuo discorso: il problema della democrazia
(e della sua applicazione, aggiungo io). Indubbiamente se tutti i popoli la
potessero applicare ci sarebbe una forma di felicità diffusa in quanto
ognuno avrebbe il suo e potrebbe vivere protetto da una serie di garanzie
istituzionali che rappresenterebbero il bozzolo del suo essere.
Mi insegni, però, che fin dalla antichità il problema delle libertà e dei
diritti ha occupato le menti di tanti pensatori. I Greci hanno cercato di
sperimentarli ed anche i Romani sono partiti da organizzazioni di Stato a
struttura democratica. Hanno fatto tante esperienze, ce le ha tramandate la
storia: perché noi oggi non riusciamo a cogliere il meglio del meglio e
crearci un “vivere civile” più a misura di uomo?
L’uomo non riesce a superare il suo essere “economico” e tutte le sue scelte
sono condizionate dai suoi interessi. Come si fa a comprendere e quindi
giustificare le spese insensate dei tanti consiglieri regionali? Si tratta
di politici che hanno mostrato anche di sapere fare bene in altri settori e
poi ecco: le mutande di Cota o i viaggi in diversi posti del mondo di
qualche altro.
Quanto alla necessità, cui accenni, del rispetto della minoranza, forse non
è vero che ci sono o ci sono stati partiti composti da una sola persona,
pronti a partecipare alla divisione del bottino (contributo ai partiti)? La
nomenclatura dei politici è numerosa. Pensi tu che ogni partitino porti
istanze tanto particolari da meritare spazi adeguati? Non sono spesso le
velleità dei politici stessi che suggeriscono loro di creare un nuovo
partito “per trasferimento”, pronti sempre a difendere la nuova posizione?
Quanti governi della vecchia repubblica sono caduti per inconfessati
interessi personali se non addirittura per corruzione! Te la sentiresti di
giustificare le libertà dei tanti indagati voltagabbana? I tanti gruppi che
si sono rivoltati contro le proposte B-Renzi non pensi che difendano anche
interessi politici personali? Si sono staccati da un partito, perché in
conflitto con il loro leader, ne hanno creato un altro ammantato anche da
motivazioni politiche ed ora si esige, in nome del rispetto delle minoranze,
una legge elettorale che avalli e giustifichi le loro scelte!
E’ un quadro pessimistico. Tu ne consideri responsabili i politici; io ne
faccio un problema culturale (nei paesi nordici questi fenomeni non si
verificano) che si può arginare con interventi più adeguati. (di legge
elettorale se ne è parlato tanto, non c’erano interessi dei partiti a
mantenerla nella sua riconosciuta illegalità?).
Chiudo subito. Mi sono accorto di esser partito da semplici osservazioni e
di essere andato più oltre.
Spero di non aver annoiato il lettore ed offeso il prof. Pilato. Grazie". |
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Lillo Agnello
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25/01/2014 |
Risparmio. "A chi crede
alle favole: gli incentivi promessi ma mai arrivati"; della
dott.ssa Angela
Grano |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"A chi crede alle favole: gli incentivi promessi, ma mai arrivati.
Io, insieme a tanti altri fessi, mi sono lasciata convincere a investire
sulla produzione di energia rinnovabile. Così, in tutta allegria e
confidando sul fatto, non solo di fare un buon investimento, ma soprattutto
di salvaguardare l'ambiente, firmai soddisfatta il contratto del nuovo
millennio. Trascorrevano i giorni e più cresceva il desiderio, che sarebbero
arrivati i pannelli solari; immaginavo il tetto tutto specchiato che
brillava al sole, il postino che avrebbe suonato alla mia porta e che mi
avrebbe dato a mani la lieta notizia sull'incentivo! Cominciai a vedere il
postino sotto un'altra veste più bonaria, non sarebbe stato più chi portava
le cattive notizie, ma il gigante buono che mi avrebbe fatto arricchire.
Sognavo i miei investimenti triplicare, nessuna banca mi avrebbe assicurato
tutto questo guadagno, una favola.
Finalmente, dopo un anno, ecco arrivati i miei tesorini! Pannelli freschi
freschi di giornata tutti per me. Ecco toccare con mano i miei gioielli,
avrebbero fruttato tanti soldi, ero veramente felice. Che gentili questi
giovinotti che si premurano a installare questi gioielli sopra il tetto di
casa mia, e sì, perché io ho voluto proprio esagerare, ho pure, dice il
tecnico, un impianto integrato per ottenere il massimo della tariffa
incentivante! Soldi, soldi, soldi, sarò Paperon De Paperoni!
Dopo neanche 15 giorni tutto era pronto, entro 90 dall'allaccio Enel avrei
cominciato ad assaporare i miei soldi. Trascorsi i 90 giorni non arriva
nulla. Fossero stati solo 90, 100, 200, passano ben 7mesi e ancora nulla. Un
ritardo è comprensibile, ma 7mesi sono troppi. Arriveranno, di sicuro,
arriveranno. Certo che arriveranno, fra 15 giorni. Niente. Ma questi
incentivi sono proprio ritardati o ritardatari? Non saprei, di sicuro non ho
visto un centesimo".
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(E-mail:
angelagra1980@libero.it) |
Dott.ssa Angela Grano
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24/01/2014 |
Comune. Convocato il
Consiglio comunale per lunedi 27 gennaio alle ore 19.30 |
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Aula consiliare |
L'adunanza del prossimo Consiglio comunale, convocato in seduta ordinaria
su determinazione del presidente dott. Antonio Carlisi, è stata fissata per
lunedi 27 gennaio,
alle ore 19.30, nella Sala Consiliare “Antonio Lauricella”.
Verrà discusso il seguente ordine del giorno:
l) Nomina scrutatori, lettura ed approvazione verbali sedute precedenti;
2) Interrogazione prot. n. 319 del 14.01.2014 presentata dal consigliere
comunale Castronovo Piero;
3) Differimento termine per il pagamento a saldo della TARES 2013;
4) Dichiarazione del Consiglio comunale ex art. 7 della Legge 47/85:
riscontro istanza prot. n. 12955 del 13.11.2013 relativa alla richiesta di
concessione del diritto di abitazione o concessione in locazione. Immobile
sito nella Via Romita n. 85 (fg. 11, part. 524, sub 10);
5) Dichiarazione del Consiglio comunale ex art. 7 della Legge 47/85:
riscontro istanza prot. n. 12956 del 13.11.2013 relativa alla richiesta di
concessione del diritto di abitazione o concessione in locazione. Immobile
sito nella Via Romita n. 85 (fg. 11, part. 524, sub 11).
In caso di mancanza del numero legale la seduta sarà sospesa per un'ora
e, qualora dopo la sospensione non ci fosse ancora la presenza del numero
legale dei Consiglieri, la seduta di seconda convocazione sarà tenuta il
giorno successivo, sempre alla stessa ora.
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24/01/2014 |
Chiesa. Domenica 26 gennaio,
vestizione dei chierichetti della parrocchia San Rocco |
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Locandina |
La prossima domenica, 26 gennaio 2014, la comunità parrocchiale di San Rocco
sarà in festa per una cerimonia che coinvolgerà attivamente l'intera
comunità.
Durante la Santa Messa vespertina delle ore 18.00, per le mani di padre
Gaspare Sutera, un folto gruppo di giovani riceverà il "mandato" di
chierichetti e la "vestizione" con la tunichetta, abito che i nuovi
"ministranti" indosseranno nel corso dell'anno pastorale durante il quale
saranno chiamati al servizio dell'altare.
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24/01/2014 |
Riflessioni. "Se vuoi
distruggere il nemico, usa l'inganno e fattelo amico"; di Antonio Pilato |
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Antonio Pilato |
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del prof.
Antonio Pilato, docente di Filosofia e Pittore.
"Se vuoi distruggere il nemico, usa l'inganno e fattelo amico.
Così caramente si batte l'avversario, come si spiega e ci insegna il termine
“sicari”, senza lotta e fatica fisica, la paura non trascurabile di
soccombere, rischiare di mettere a repentaglio la propria incolumità
esistenziale, politica, economica, socio-culturale e non ultimo il
prestigio, anche se ormai è cosa di poco conto.
Questo il termine e il significato che lo contiene, storicamente maturato e
consolidato, sulla base delle molteplici esperienze vissute “Magistra vitae”
e trasmesse oralmente e con opere scritte, a cominciare dagli autori della
Grecia arcaica, per fare l'esempio omerico dell'inganno, operato dall'astuto
Ulisse, per superare l'ostacolo delle robuste mura di Troia e massacrare i
troiani cogliendoli nel sonno, agli autori della tragedia di Sofocle,
Euripide, Tucidide, ai dittatori del passato, a quelli della storia odierna
europea e dei paesi orientali, che crollano da una parte, sorgono,
imprevedibilmente dall'altra per mano di cognati, cugini e compari, mariti,
mogli, amanti e mercenari.
Mi riferisco al telefono amico e al fatidico incontro fra i due protagonisti
del PDL (apparentemente diviso in F.I. e N.C.D), e il PD. ossia Renzi e
Berlusconi, miracolosamente, volutamente resuscitato, dopo la clamorosa
defenestrazione dal Senato.
Resta da vedere quale sarà dei due la vittima e chi il vincitore di questo
anacronistico incontro, come degli amanti traditori, nel segreto
dell'alcova, anziché alla luce del sole, ufficiale, nella sede appropriata
istituzionale, alla presenza, come Democrazia vuole, di altri parlamentari,
che rappresentano tutti gli elettori, per decidere bene sulla loro sorte.
Quali saranno poi le conseguenze della convergenza, sempre impossibile delle
due rette parallele? Della destra e della sinistra storica, da cui deriva la
concezione dualistica fra la teoria, la prassi, fra i padroni che possiedono
la straordinaria ricchezza, gli strumenti di lavoro e gli operai dipendenti,
mal pagati, ricattati e padroni solo della forza lavoro?
Se poi questo fiorentino, di nome Renzi riuscirà a conciliare tesi e
antitesi, conservandoli in un grado risolutivo più alto, (miracolo dei
mortali, immaginare Hegel e Marx mangiare e godere insieme), sarà il
risultato conseguito a favore solo di qualcuno, di entrambi o anche di tutti
cittadini in quanto uguali davanti alla ragione umana e divina?
Restiamo a vedere.
Ma dall'incontro solo dei due protagonisti dei partiti più forti: PDL (F.I.
+ N.C.D.) e PD, e dalle parole di Renzi nei confronti dei leader dei partiti
minori, che lamentano di non essere stati consultati, e il timore di una
legge elettorale che li vede sicuramente esclusi, “Arrangiatevi” (questa
appunto la risposta del segretario PD) , si apprende e comprende bene
l'intenzionalità programmata e irriguardosa verso i più deboli.
Ma l'esclusione, ci si domanda, in partenza di una minoranza si chiama
Democrazia?
Questo il fiorentino lo deve spiegare, in italiano e non in dialetto, a
tutti gli italiani.
Staremo a vedere". |
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Antonio Pilato
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24/01/2014 |
Chiesa. "Settimana di
preghiera per l'unità dei cristiani"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Locandina |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 18
gennaio ha avuto inizio la settimana di preghiera (dal 18 al 25) per "
l'Unità dei Cristiani".
Il tema proposto per quest'anno è: "Tutti saremo trasformati dalla vittoria
di Gesù Cristo, Nostro Signore" (1Cor 15,51-58).
"La preghiera per l'Unità - dice il testo di preparazione - non è
un accessorio opzionale della vita cristiana, ma, al contrario, ne è il
cuore".
La preghiera è una realtà potente nella vita di un cristiano. La preghiera è
trasformante. La preghiera trasforma. La preghiera ci mette in comunione con
il Signore e con i fratelli.
Pregare per l'Unità dei Cristiani è una grande responsabilità di tutti i
battezzati. Anche Gesù ha pregato il Padre, perché tutti siano Uno. Ut
unum sint.
L'Unità dei cristiani è un dono di Dio. La preghiera ci prepara a riceverlo
e a essere trasformati in ciò per cui preghiamo.
La preghiera è la sorgente della grazia, è il respiro dell'anima. La
preghiera è una realtà potente nella vita di un cristiano.
L'unità dei cristiani fu introdotta nel lontano 1908, ricevette poi la
benedizione di San Pio V e fu riconosciuta in seguito dal papa San Pio XV.
Nel corso degli anni anche il Concilio Vaticano II ha riconosciuto questa
iniziativa come mezzo che permette alla preghiera universale della chiesa di
chiedere a Dio questo grande dono dell'Unità.
Preghiamo anche noi in questa settimana dedicata alla preghiera per l'Unità
dei Cristiani".
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Prof. Graziella Vizzini
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23/01/2014 |
Imposte. Sull'importo minimo
della "mini Imu"; nota dei tributaristi Salvina e Franco Miceli |
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Riceviamo e pubblichiamo.
Caro Carmelo,
la stessa fonte che tu citi, il 14/01/2014 con l'articolo di Luca De
Stefani, riporta questo trafiletto:
“L'importo minimo di pagamento della Mini-Imu in scadenza il prossimo
24/01/2014 è di 12,00 Euro (o diverso importo previsto dal regolamento
Comunale) e va riferito all'imposta complessivamente dovuta a tutti gli
immobili situati nello stesso Comune. E' questo uno dei chiarimenti del
Ministero dell'Economia e delle Finanze contenuti nelle Faq, pubblicate nel
suo sito internet, con le quali è stato chiarito anche che, ai fini
dell'accertamento, non esiste alcun importo minimo da considerare”.
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Salvina e Franco Miceli
(Tributaristi)
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23/01/2014 |
Iniziative. "Passo e...
spasso!", la "Passeggiata della Salute"; percorso del 23
gennaio |
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Continuano le passeggiate "della salute", spostate - per i mesi di gennaio e febbraio
- al giovedi (onde evitare la concomitanza con le proiezioni del
cineforum); solita ora, solito posto. Si consiglia di
portare con sé una piccola torcia per assicurarsi una migliore visibilità
lungo eventuali tratti poco illuminati.
E' utile ricordare che i bambini che volessero partecipare
alle passeggiate, devono essere accompagnati da almeno uno dei
genitori.
Questo sarà il programma ed il nuovo percorso di oggi, giovedi 23 gennaio:
ore 20.00 raduno in piazza mercato (Piazza A. Magnani);
ore 20.15 partenza
Via Carnevale, Via Galioto, Via Miceli, Via Machiavelli, Via Buonarroti, Via
Fonte, Via Giacinto, Via Orsini, Via Washington, Via Calatafimi, Via
Argentina, Via Mercadante, Via Pisacane, Via Padre Vinti, Via Padre A.M. Di
Francia, Via Cavour, Via San Giovanni, Via Nievo, Via Meli, Viale Matteotti,
Via Turati, Via G.B. Vico, Via Volta,
Piazza
Magnani (arrivo).
Per partecipare, del tutto gratuitamente, basta calzare
comode scarpe ed avere un pizzico di buona volontà. Non si tratta di una corsa ma di una vera e propria passeggiata lungo un
percorso per nulla difficoltoso. E' possibile ricevere maggiori informazioni
chiamando il 339.3297945 (Mirella) o il 380.4747908 (Antonio).
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23/01/2014 |
Iniziative. Giornata di studi
sul tema "Tecniche di potatura secca e verde" |
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Locandina |
Si terrà a Grotte, il prossimo venerdì 24 gennaio 2014,
presso il centro polifunzionale “San Nicola”, con inizio alle ore 08.30 e
conclusione prevista per le ore 14.00, la giornata di studi sul tema:
“Tecniche di potatura secca e verde”.
L'iniziativa è organizzata e promossa dall'ATS “OrWine Sicilia”, nell'ambito
di un progetto di cooperazione per la ricerca finanziato ai sensi della
Misura 124 del PSR Sicilia 2007/2013, di cui l'ATS è beneficiaria.
La giornata di studi si sviluppa principalmente sul tema “L'innovazione di
processo nella produzione del vino biologico”.
L'attività è riferita alle azioni Az. 1.6 - Pratiche e metodi innovativi per
il controllo dell’equilibrio vegeto-produttivo della vite. L'azione è
coordinata dalla FIRAB e supportata da AIAB Sicilia, prevede la
realizzazione di una giornata dimostrativa sulla potatura secca, rivolta
anche alle aziende non partecipanti al progetto al fine di favorire la
diffusione di tecniche di potatura innovative anche in relazione alla
produzione del vino bio; Az. 3.5 - Formazione delle aziende coinvolte e dei
quadri tecnici dell’indotto di progetto, che nell'ambito del progetto è
curata dal Consorzio Isola Bio e dall'Aiab Sicilia.
Il seminario verterà soprattutto sui temi relativi alla gestione vegeto
produttiva del vigneto in genere e ai suoi riflessi sulla qualità
organolettica del vino biologico.
I lavori del seminario saranno aperti dal dott Gianni Colugnati,
responsabile scientifico del progetto, con una relazione sui temi
dell'innovazione di processo nella gestione del vigneto biologico e la
presentazione del manuale di buone pratiche agronomiche secondo il
protocollo vino bio.
La giornata di studio prevede anche la visita guidata all'azienda
vitivinicola bio “Ignazio Costanza” e all’omonima cantina, dove si
svolgeranno delle prove di potatura secca su cordone speronato e guyot.
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23/01/2014 |
Chiesa. "Festa dello
sposalizio di Maria e Giuseppe"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Sposalizio |
Riceviamo e pubblichiamo.
"23
gennaio: festa dello Sposalizio di Maria e Giuseppe.
La celebrazione liturgica della festa dello Sposalizio di Maria e Giuseppe è
espressione della fede del popolo di Dio che ha visto in questo matrimonio
un evento fondamentale nella storia della salvezza.
Il legame tra Maria e Giuseppe è un vero legame matrimoniale che non va
disgiunto dallo stesso mistero della maternità divina.
Non si tratta dunque di un argomento marginale, ma di un punto nodale nel
mistero dell'incarnazione. La festa della Sacra Famiglia non sostituisce
questa festa; infatti, la celebrazione delle nozze è la causa, la famiglia è
l'effetto. Due aspetti interdipendenti, ma distinti e complementari, sia
nella vita degli uomini, sia nel progetto di salvezza di Dio.
Uno mette in risalto l'amore sponsale, l'altro il nucleo familiare.
L'immagine dello sposo e della sposa percorre tutta la storia della
salvezza. La festa liturgica dello Sposalizio, che risale al XV secolo, è
un'occasione, per tutti gli sposi, per rinnovare le promesse matrimoniali e
per ricordare l'importanza del matrimonio cristiano.
E' da sottolineare l'intima essenza sponsale della Chiesa, che trova
ulteriore significato nel riferimento al matrimonio tra Maria e Giuseppe,
modello sia per gli sposi che per i consacrati.
Preghiamo Maria e Giuseppe, questi Santi Sposi, affinché la famiglia,
ritorni ad essere Piccola Chiesa Domestica".
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Prof. Graziella Vizzini
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22/01/2014 |
Imposte. Ultimi giorni per il
pagamento della "mini Imu"; e la politica non chiede scusa ai cittadini |
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Rimangono solo 3 giorni per pagare la "mimi Imu",
infatti la data ultima è fissata al prossimo venerdi 24 gennaio. Mentre la
poco amata IMU (Imposta Municipale Unica) sulla prima casa è stata abolita,
per il 2013, dal governo Letta, purtroppo per molti italiani è rimasta
l'incombenza di dover pagare una piccola parte di quella imposta. Si tratta
dell'aumento, rispetto all'aliquota base dello 0,40% fissata dal Governo
Monti, che alcuni Comuni hanno deciso di adottare. Tra questi, poteva
mancare il Comune di Grotte? Ovviamente no. Ripercorriamo brevemente quella
vicenda. In un primo tempo l'Amministrazione guidata dal sindaco Pilato
decise di adottare l'aliquota base dello 0,40% (con riferimento solo alla
prima abitazione). Successivamente, dopo che i cittadini avevano provveduto
a rivolgersi ai consulenti - a loro spese - per la determinazione degli
importi ed al pagamento dell'acconto IMU, Pilato ed i suoi Assessori
decisero, per far "quadrare il bilancio", di aumentare l'aliquota "solo"
dello 0,06%, portandola quindi allo 0,46%. Tra le opzioni di effettuare
tagli ai costi della politica, razionalizzare le spese o mettere le mani
nelle tasche dei cittadini, allora fu decisa - come spesso accade - la via
ritenuta più facile. Quella decisione costrinse i contribuenti a rivolgersi,
ancora una volta e sempre a proprie spese, ai consulenti per la revisione
dei calcoli dell'imposta da pagare a saldo. Chi aveva pagato in unica
soluzione, per comodità, sia l'acconto che il saldo, fu costretto ad un
nuovo calcolo ed un nuovo versamento.
Ad oggi, con l'abolizione del balzello da parte del governo Letta, i
cittadini residenti nei Comuni che non hanno aumentato l'aliquota base non
sono più soggetti ad alcuna incombenza riguardo l'Imu; quelli che hanno
avuto amministratori che hanno aumentato l'aliquota "solo" di un "tot", si
ritrovano ancora adesso a doversi confrontare con calcoli, percentuali,
deduzioni, detrazioni, rendite catastali e modelli F24. La questione non è
tanto quella di pagare una certa somma, quanto piuttosto doversi sobbarcare
l'incombenza di calcolare da soli (o tramite consulente) quanto pagare, con
il rischio di incorrere in errori di cui ci si renderà conto solo tra
qualche anno, quando ci arriverà una cartella esattoriale con i presunti
importi dovuti, multe ed interessi.
A quanto ammonta la "mini Imu"? Al 40% della differenza tra l'importo
determinato con l'aliquota base e quello determinato con la maggiore
aliquota decisa dal Comune.
Come si calcola? Anzitutto
serve individuare la rendita, che deve essere rivalutata del 5%, poi deve
essere moltiplicata per 160 per ottenere il valore catastale.
A questo punto si deve calcolare l'Imu comunale del 2013. Il Comune di
Grotte ha fissato l'aliquota dello 0,46% cui si può sottrarre la detrazione
fissa di 200 euro,
più 50 euro
per ogni figlio convivente fino ai 26 anni (fino a un massimo di 400 euro).
Poi si deve calcolare l'Imu
statale del 2013. Le detrazioni sono uguali ma l'aliquota è dello 0,40%.
Ora si deve effettuare la differenza tra il valore dell'Imu comunale e
quello statale; il 40% di questa differenza costituisce l'importo da pagare
come "mini Imu".
Per tutto questo disagio provocato ai cittadini di Grotte a causa
dell'aumento dell'aliquota di "solo" 0,06%, c'è forse qualche politico o
amministratore che ha chiesto scusa? Non mi risulta.
Che fare se l'importo da pagare è inferiore ai 12 euro? Secondo il
parere degli uffici comunali di Grotte (dato a voce perché non c'è un solo
dipendente o responsabile del settore che si assuma la responsabilità di
mettere quel parere "nero su bianco") va comunque pagato.
Secondo il
parere del Sole 24 Ore (mi scuseranno i nostri ragionieri comunali
grottesi, ma ho ragione di credere che sia più autorevole del loro) "Una
volta calcolato l'importo della mini-Imu, occorre verificare se il
versamento è dovuto in relazione all'importo minimo di 12 euro (o il
diverso importo – maggiore o minore – previsto dal regolamento del Comune).
Tale importo non va riferito al singolo immobile, ma all'imposta totale
dovuta per tutti gli immobili situati nello stesso Comune (per esempio,
un'abitazione principale e un terreno chiamato alla cassa il 24 gennaio). In
caso di comproprietà l'importo minimo è da considerarsi per ogni
versamento e quindi ogni singolo contribuente e non per l'importo totale".
Gli esperti del Sole 24 Ore fanno riferimento alla norma nazionale, che è la
Legge 27 dicembre 2006 n° 296, che all'art. 1 comma 168 recita: "Gli
enti locali, nel rispetto dei princìpi posti dall’articolo 25 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, stabiliscono per ciascun tributo di propria
competenza gli importi fino a concorrenza dei quali i versamenti non sono
dovuti o non sono effettuati i rimborsi. In caso di inottemperanza, si
applica la disciplina prevista dal medesimo articolo 25 della legge n. 289
del 2002".
Ed il citato art. 25 è il seguente: "Art. 25. Pagamento e riscossione di
somme di modesto ammontare
1. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sono
adottate ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione
di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria,
applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi gli enti
pubblici economici.
2. Con i decreti di cui al comma 1 sono stabiliti gli importi corrispondenti
alle somme considerate di modesto ammontare, le somme onnicomprensive di
interessi o sanzioni comunque denominate nonché norme riguardanti
l'esclusione di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva. Tali
disposizioni si possono applicare anche per periodi d'imposta precedenti e
non devono in ogni caso intendersi come franchigia.
3. Sono esclusi i corrispettivi per servizi resi dalle pubbliche
amministrazioni a pagamento.
4. Gli importi sono, in ogni caso, arrotondati all'unità euro. In sede di
prima applicazione dei decreti di cui al comma 1, l'importo minimo non
può essere inferiore a 12 euro".
E' vero che ogni Comune può prevedere, nel proprio Regolamento, un diverso
importo - minore o maggiore - ma nel caso del
Regolamento IMU del Comune di Grotte, l'importo stabilito è esattamente
quello di 12,00 euro.
Basta leggere quanto chiaramente riportato:
- dall'art. 15 comma 3: "Non si fa luogo ad avviso di accertamento
qualora la somma relativa sia inferiore a € 12,00";
- dall'art. 17 comma 1: "Tenuto conto delle attività istruttorie e di
accertamento da effettuare per pervenire alla riscossione, anche coattiva
del tributo, nonché degli oneri da sostenere per svolgere le suddette
attività e nel rispetto del principio di economia dell'azione
amministrativa, si dispone l'esonero del versamento qualora l'importo
relativo al singolo anno d'imposta sia inferiore a € 12,00";
- all'art. 18 comma 2: "Non si fa luogo a rimborso qualora la somma
relativa sia inferiore a € 12,00".
Se, oltre alla politica, anche la burocrazia - quando opportuno - chiedesse
scusa ai cittadini, non farebbe male.
Per spiegare ai contribuenti i dettagli della "mini Imu", il Comune di
Grotte ha diffuso un
manifesto (la cui versione online è quasi illeggibile), sulla cui
chiarezza e semplicità di comprensione lascio il giudizio ai lettori. Il
massimo della spiegazione è raggiunto nella frase: "E' disponibile sul
sito internet comunale (all'indirizzo http : // www ____________)
un applicativo che riporta ogni utile informazione ed agevola il
contribuente nel calcolo dell'imposta dovuta. Viene altresì messo a
disposizione il modello F24 compilabile e stampabile on-line".
Peccato che non venga specificato l'indirizzo internet e che sul sito
ufficiale del Comune non vi sia traccia dell'applicativo, di ogni
utile informazione e neppure del modello F24 compilabile e stampabile.
Per inciso, il
manifesto
riporta il
timbro comunale e la firma del responsabile del servizio.
Chi volesse davvero provvedere in proprio al calcolo della "mini Imu" ed
alla compilazione del modello F24 online può utilizzare gratuitamente il
servizio messo a disposizione dal sito
AmministrazioniComunali.it, basta inserire: il codice catastale di
Grotte (E209), la rendita non rivalutata, l'aliquota (il 4,6 per mille), il
numero di proprietari residenti (in caso di comproprietà), il numero di
figli al di sotto dei 26 anni. Fatto ciò, cliccare su "Aggiungi immobile"
per veder riportato, a fondo pagina, l'importo da pagare e la possibilità di
stampare il modello F24.
In merito all'importo minimo di 12,00 euro, se vi fossero ragionieri
comunali, responsabili o amministratori in possesso di indicazioni normative
differenti da quelle sopra riportate e le facessero pervenire in redazione,
sarò lieto di darne pubblicazione per una corretta informazione ai lettori.
Così come sarebbero pubblicate le (improbabili quanto doverose) scuse verso
i cittadini.
Carmelo Arnone
22 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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21/01/2014 |
Chiesa. "Sant'Agnese
vergine e martire"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Sant'Agnese |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Oggi la
Chiesa ci fa celebrare la memoria obbligatoria di Sant'Agnese vergine e
martire.
Agnese nacque a Roma nel III secolo d.C. da genitori cristiani, appartenenti
a una illustre famiglia patrizia.
A dodici anni aveva consacrato la sua vita al Signore, facendo voto di
verginità. In quel tempo si scatenò una terribile persecuzione e molti
cristiani abbandonarono la fede. Agnese rimase fedele a Gesù sacrificando la
sua giovane vita.
Fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di
lei e da lei respinto per mantenere fede al suo voto di verginità. Fu
esposta nuda al Circo Agonale, un luogo di piazza Navona (oggi cripta di
Sant'Agnese).
Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare,
accecato da un angelo. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue
preghiere. Altre fonti invece raccontano che le fiamme si divisero lasciando
intatto il suo corpo.
Fu allora trafitta con un colpo di spada alla gola come si ammazzano gli
agnelli. Per questo, nell'iconografia è raffigurata spesso con un agnello,
simbolo del candore e del sacrificio.
L'etimologia del nome Agnese deriva dal greco hagne: cioè casta, pura.
Sant'Ambrogio e San Damaso hanno esaltato il suo esempio e il suo nome è
scritto nel canone della Messa.
La principessa Costantina, figlia di Costantino, fece erigere in suo onore
una chiesa sulla via Nomentana, dove ogni anno, il 21 gennaio, due agnelli
vengono benedetti e offerti al Papa, perché dalla loro lana vengano filati i
palli (le bianche stole) dei patriarchi e dei metropoliti.
La data della morte non è certa: qualcuno la colloca tra il 249 e il 251
durante la persecuzione dell'imperatore Decio, altri nel 304 durante la
persecuzione ordinata da Diocleziano.
E' protettrice delle vergini e dei giardinieri. Per custodire il suo pudore
verginale si racconta che nel momento del supplizio si fosse coperta con le
vesti o con la folta e lunga chioma.
Riportiamo qualche proverbio:
“Sant'Agnese, il freddo è per le siepi”;
“Sant'Agnese, le lucertole van per le siepi”.
Preghiera:
O vergine e martire sant'Agnese prega, perché possiamo sentire sempre
vicino, anche nei momenti delle prove più dure, quel Gesù che è morto per
noi e ha dato a te la forza di morire per Lui, a lode e gloria di Dio Padre".
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Prof. Graziella Vizzini
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20/01/2014 |
Chiesa. "San Fabiano e
San Sebastiano"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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San
Fabiano e
San Sebastiano |
Riceviamo e pubblichiamo.
"San Fabiano
“papa e martire” fu il successore di papa Antero nel gennaio del 236.
Secondo la tradizione è stato il primo papa a istituire e nominare dei
“cardinali” (dal latino “incardinatus”), cioè ministri incaricati di
particolari problematiche, scelti tra i sacerdoti del clero più meritevoli.
Ordinò dei vescovi incaricandoli di evangelizzare le province galliche.
Durante il suo pontificato cessarono le persecuzioni contro i cristiani.
Quasi sconosciuto prima dell'elezione al pontificato (la Leggenda Aurea -
una compilazione di vite dei santi, scritta verso la fine del XIII sec.,
celeberrima nel Medioevo - parla di una candida colomba che si sarebbe
posata sul suo capo mentre assisteva all'assise dei cristiani che dovevano
designare il candidato), fu apprezzato, oltre che per le innovazioni
amministrative, per i suoi interventi dottrinali, particolarmente nelle
controversie della Chiesa africana. Nel 249 il nuovo imperatore Decio avviò
una nuova stagione di persecuzioni. Fabiano fu una delle prime vittime,
essendosi rifiutato di sacrificare agli dei. Venne rinchiuso in carcere
e morì di stenti il 20 gennaio del 250. Fu sepolto nelle catacombe di San
Callisto e fu venerato subito come martire.
San Sebastiano “martire”.
San Sebastiano, guardia del corpo imperiale, fu molto apprezzato sia da
Diocleziano che da Massimiano. I due regnanti ignoravano che egli fosse
cristiano, che recasse soccorso ai cristiani incarcerati e portati al
supplizio e che facesse anche opera missionaria convertendo alla fede
soldati e prigionieri. Convertì lo stesso governatore di Roma, Cromazio e
suo figlio Tiburzio, entrambi, infatti, in seguito affrontarono il martirio.
Ma tutto questo zelo non passò inosservato e qualcuno riferì tutto
all'imperatore Diocleziano, che lo rimproverò di avere tradito la sua
fiducia. Sebastiano rispose così all'imperatore: “Ho sempre pregato Cristo
per la tua salute e per la sicurezza in tutto l'impero”. L'imperatore lo
condannò a morte. Fu legato a un albero e trafitto da innumerevoli frecce.
Preghiamo San Fabiano e San Sebastiano, affinché intercedano presso Dio per
noi". |
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Prof. Graziella Vizzini
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20/01/2014 |
Lettere. Ricordi scolastici: "La
maestra cu lu curduni"; a cura del prof. Lillo Agnello |
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Lillo Agnello
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Ricordi scolastici.
Voglio partecipare all’invito
del prof. Agnello raccontando una esperienza scolastica che non ho mai
dimenticato e che mi si presenta spesso nella drammaticità del suo
accadimento.
Siamo negli anni dell’immediato dopoguerra: le poche classi di scuola
elementare erano sistemate nei locali del Municipio. Poche classi,
nonostante la popolazione fosse più del doppio di quella di oggi.
Non avevo compiuto i sei anni e non potettero iscrivermi regolarmente. Mia
mamma, comunque, per farmi recuperare l’anno, era riuscita a farmi inserire
nella prima dell’insegnante Burgio, meglio nota, tra gli scolari, come la
maestra “cu lu curduni”.
Lu curduni era il segno distintivo che portava in quanto appartenente ad un
ordine monastico. Nell’immaginario collettivo e soprattutto nel mio, quel
curduni ricordava le corde che usavano i nostri nonni o genitori come
attrezzi di lavoro ed in più c’era l’accrescitivo e questo mi destava
qualche paura! Frequentai quella classe per soli cinque giorni e credo senza
vivere un solo momento del rapporto con l’insegnante; non ricordo proprio
nulla.
Il quinto giorno accadde il fattaccio. Si era di pomeriggio.
Ricordo ai giovani che allora si faceva il doppio turno. Quando, man mano
che ci si evolveva negli anni, le iscrizioni aumentarono: ci furono, per
alcuni anni, ben tre turni: quello mediano andava dalle 11.00 alle 14.00. E
guai a chi ci capitava. Io non feci quella esperienza, ma ricordo bene che
se ne parlò.
Quel pomeriggio come gli altri giorni (penso, perché non ricordo nemmeno
questo) ad una certa ora si interruppe la lezione e ci si autorizzò di
andare a gabinetto e di fare l’intervallo. Il gabinetto ufficiale era dietro
l’angolo della chiesa del Carmelo, proprio in viale della Vittoria,
all’aperto. Quel giorno la maestra affidò ad un bambino, più capace e più
sviluppato degli altri (c’erano sempre i ripetenti) il compito di dirigere
il traffico; lei si allontanò. Tutti, o per necessità o semplicemente per la
voglia di prendere un poco d’aria, chiedevano di uscire. Io, credo per la
mia timidezza, non ce la feci ad ottenere il permesso ed allora… la
decisione fatale: dovevo fare la pipì, a terra, perché ne avevo assoluto
bisogno. Ma come fare per non essere scoperto? E poi il cordone mi faceva
paura anche se mi resi subito conto che era la verga che si usava, come
presso tutte le classi. Osservai bene il pavimento: era fatto di mattoni
grigi di cemento che si muovevano sotto il calpestio e c’era (francamente
dubito che lo fosse o mi è parso che ci fosse) una leggera pendenza verso
dietro. La pipì poteva anche infiltrarsi tra le fessure. Una volta studiata
la situazione feci il sospirato bisogno indirizzando (prerogativa dei
maschietti) il liquido quanto più indietro potessi.
Appena entrò l’insegnante e scoprì il fattaccio, con un’indagine molto
sommaria e comunque ingannata dal fatto che tutta la pipì si era diffusa
tra i piedi del malcapitato, credette responsabile dell’accaduto il compagno
che sedeva dietro. Cominciò a suonargliele di santa ragione; il bambino
piangendo le indicava in me l’autore del misfatto; non gli credette. Io, per
la paura di non reggere lo sguardo, non mi girai, ma soffrivo quanto lui e
forse di più, ma non ebbi il coraggio di assumermi le mie responsabilità. Fu
un trauma che mi sconvolse e che mi fece concludere immediatamente la mia
prima esperienza scolastica. Mi ritirai, creando dispiaceri anche a casa.
Quando crebbi, ebbi modo di avere contatti con quel mio compagno (l’unico
che ricordavo di quella classe). Gli ricordai di quell’episodio, quasi per
chiedergli le scuse, se pure con tantissimo ritardo: ebbene, quella
tristissima esperienza aveva lasciato più tracce in me che non in lui. Gli
ho raccontato la vicenda e si è divertito. Non la ricordava affatto. Per
questo episodio mi sono sentito sempre in colpa; la rabbia della maestra
unita alla fama che la precedeva (almeno per quel pochissimo che mi era
parso di sapere) mi avevano sconvolto". |
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Geronimo
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Per partecipare basta contattare il
prof. Calogero
Agnello (anche inviando una e-mail),
che curerà di organizzare il materiale prima di mandarlo alla redazione. Si
garantisce la massima riservatezza su nomi e persone.
E-mail:
agnellocalogero@gmail.com.
Tel. 0922.943720.
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20/01/2014 |
Televisione. 3^ puntata di "U Tiggì" di Aristotele Cuffaro,
trasmessa il 17 gennaio su Agrigento Tv |
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Guarda il video |
Nella 3^ puntata della 2^ edizione di "U Tiggì", telegiornale in
siciliano ideato e condotto da Aristotele Cuffaro, andata in onda su Agrigento Tv (canale 96 del digitale
terrestre) venerdi 17 gennaio, sono stati
affrontati i seguenti temi:
- il poligono di tiro di Drasi, in contrada Punta Bianca;
intervista al sig. Lombardo, Presidente dell'Associazione
Mareamico di Agrigento;
- tombini trasformati in buche lungo il Viale delle Dune a
San Leone;
- le condizioni della galleria Spinasanta nel tratto
Agrigento-Raffadali;
- consegna della "Pala di ficudinia" al vice
presidente del Consiglio comunale di Agrigento Giuseppe Di
Rosa ed all'assessore Francesco Messina.
In studio con Aristotele Cuffaro, co-conduttrice della
puntata, Elisa Piscitello (fotografata da Lillo Arcieri;
backstage video di Salvatore Lo Re "President").
"U Tiggì" va in onda su Agrigento Tv ogni venerdi alle ore
12.30. In replica: venerdi alle 16.15 e 23.30; sabato alle
10.15; domenica alle 15.30; lunedi alle 18.30; martedi alle
12.00; mercoledi alle 23.30; giovedi alle 18.45. Le puntata
verranno pubblicate integralmente anche da Grotte.info
Quotidiano.
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3^ puntata
- 17/01/14 - di "U Tiggì" (Video)
2^ puntata
- 10/01/14 - di "U Tiggì" (Video)
1^ puntata
- 13/12/13 - di "U Tiggì" (Video)
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19/01/2014 |
Lingua. Appendice al "Piccolo
Dizionario Grottese-Italiano" (19); a cura di Carmelo e Graziella
Luparello |
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Luparello |
Nonnò,
pepè, pepè!
Piccolo dizionario Grottese-Italiano
di Carmelo e Graziella Luparello
APPENDICE
(Puntata n° 19)
Modi di dire e proverbi
Quannu
affaccia lu suli, affaccia pi tutti
= quando spunta il sole, spunta per tutti.
Quannu arrivi tu, m'inchi la casa
= quando vieni tu, mi riempi la casa (di gioia).
Quannu cala la china, tutti li strunzi viennu a galla
= quando arriva la piena (del fiume, del mare), tutti gli escrementi vengono
a galla, cioè come la piena di un fiume riporta in superficie gli
escrementi, allo stesso modo in tempi di corruzione e di sovvertimento gli
uomini abietti, che fino ad allora sono stati privi di importanza, riescono
ad emergere.
Quannu lu diavulu t'accarizza, voli l'arma
= quando il diavolo, ti accarezza vuole la tua anima (è un ammonimento a
guardarsi dagli adulatori).
Raccumannari la piecura a lu lupu
= raccomandare la pecora al lupo.
Rìisi la vesta
= fare la prostituta.
Robbi allistuti e buoni
= abiti confezionati e pronti per essere indossati.
Saccu vacanti nun sta a la dritta
= un sacco vuoto non sta dritto (è un invito ad alimentarsi a sufficienza).
Salutàmu e cacciàmu
= salutiamoci, ma non fermiamoci; l'espressione è utilizzata per significare
che ad una determinata persona si concede il saluto, ma non la confidenza.
Santa lagnusìa, nun mi abbannunari,
cuomu iu nun abbannunu a tia = o santa pigrizia, non mi abbandonare,
come io non abbandono te.
Santa Vinnireddra, pinsàtici vù
= Santa Venerina, pensateci voi.
Santiannu santiannu
= bestemmiando bestemmiando.
Sapi
usari la pinna
= sa usare la penna; fig. è uno che a scrivere se la cava bene.
S'astutà tutta 'nna vota
= si è spento improvvisamente.
Scacciàri l'uòcchiu
= strizzare l'occhio in segno di intesa.
Scadenza chi t'avissi a binìri =
che ti possa
arrivare una scadenza di pagamento.
Sceccu di currìa =
asino
sottoposto a pesanti e continui lavori (curria da curriari
= correre qua e là senza interruzione). Espressione
usata per indicare una persona stacanovista o un lavoratore eccessivamente
gravato dalle mansioni.
Sciddricavu ni lu scacchieri =
sono scivolato
sul pianerottolo.
Sciusciàri 'n culu
= gonfiare, fare arrabbiare. L'espressione ma chi ci sciusciavu 'nculu
significa non comprendere le ragioni dell'acrimonia di taluno verso di noi.
Scrùsciu assà e cubàita nenti
= molto rumore
ma niente sostanza.
Scuprì l'America
= ha trovato una facile fonte di guadagno. L'espressione si usa anche per
indicare taluno che crede di essere in possesso di una grande novità o
scoperta, che in realtà si risolve in qualcosa di notorio.
Sgriddràri l'uòcchi
= spalancare gli occhi; ammonire al silenzio con un segno degli occhi.
Si a
ogni cani c'abbaia ci tiri ‘na ruccazzata nun ci arrivi cchiù =
se ad ogni
cane che abbaia gli lanci una pietra, non ci arrivi più.
Si
chiùi 'na porta e si ni rapi n'antra
= si chiude una porta e se ne apre un'altra (è sfumata una possibilità, ma
certamente se ne presenterà un'altra).
Si
cuomu un tummarieddru
= sei come un
rocchetto (sei basso di statura).
Siemu ricchi e nun lu sapi nuddru!
= siamo ricchi
e non lo sa nessuno! (espressione che si usa quando ci capita una
disgrazia).
Siemu scanzi e cu li caddri ni li piedi
= siamo scalzi e coi calli ai piedi (indica povertà).
Sienti chissa e va cùrcati =
espressione di
meraviglia, di sorpresa. Lett. Senti questa e poi vai a letto, cioè
dopo avere sentito una data notizia, clamorosa, non c'è null'altro da
ascoltare.
Sienti cu parla!! =
senti chi
parla!!
Si
ittà lu vuddru =
l'acqua che
bolliva è uscita fuori dalla pentola.
Siparàrisi in vivienza =
separarsi
mentre si è ancora in vita. Si diceva quando un familiare emigrava
lontano e difficilmente sarebbe potuto ritornare.
Si
persi cugni cugni
= si è perso
in campagne lontane e desolate.
Si
sciuppià tuttu
= si è fatto male in tutto il corpo.
Si
un carrieddru
= sei
insistente, sei stancante, sei un tormento.
Soccu (Zoccu) ora si schifia, veni lu tiempu ca sa disìa
= quello che ora ci fa schifo, verrà il tempo che si desidera.
Sòggiri e nori ettali fora!
= suocere e nuore mandale via! Bisogna stare lontano da loro, perché sono
portatrici di liti e di guai.
So
mà è varata pi lu figliu ranni
= sua madre
rispetta maggiormente il primogenito.
Sparàri a tirrùri
= sparare non
per uccidere, ma per spaventare.
Spassu di vicini e trìvulu di casa
= piacevole,
divertente con i vicini e fonte di sofferenza in casa.
Spiccicari
= staccare; dire, es.: nun sapi spiccicari du paroli = non sa dire
due parole; allontanare, es.: mi lu spiccicavu di 'ncuoddru = me lo
sono staccato di dosso, l'ho allontanato da me.
Spiddra e accumencia e nun cancia mai
= finisce ed inizia senza mai cambiare.
Sta
attentu ca ci sunnu li zanni c'arròbbanu
= fai attenzione perché ci sono gli zingari che rubano.
Staiu attisannu di lu friddu, dunami la mantiglia
= sto morendo di freddo, dammi la mantellina.
Sta
picciotta apparteni a 'na famiglia di burgisi
= questa giovane appartiene a una famiglia di contadini benestanti.
Stari cu l'arma 'n mmucca
= stare in pensiero (magari in attesa di qualche notizia o dell'arrivo di
qualcuno che ci interessa).
Sti
robbi nun sunnu mancu tichinati
= questi abiti non sono stati neppure toccati, sono nuovi.
Stòccati li vizzi
= lett. spèzzati i vizi; è un modo per mandare al diavolo taluno.
Stuiàrisi lu mussu
= capire che non c'è più niente da fare, che tutto è finito.
Sturdu di cani muorti
= odore di cani morti.
Sturdu di tavuli
= odore di bara, odore di morte.
Sugnu 'nna caràmula
= sono una cosa da buttare.
Sutt'uocchiu
= sotto controllo.
Tagliari carni e ossa
= essere
imparziale.
Talìalu ch'è chiattu =
guarda come è
tranquillo (o indolente).
Taliari cu la cuda di l'uocchiu =
guardare
cercando di non farsi vedere.
Tanti a li voti =
talvolta, a
volte.
Tanti pizzicuna fannu li carni nivuri =
tanti
pizzicotti producono ematomi sul corpo, cioè l'accumulo dei dispiaceri segna
la persona.
T'ha
quatalàri, sennò cadi malatu e ti veni la purmunìa =
ti devi
cautelare, altrimenti ti ammali e ti viene la polmonite.
Ti
chiùri lu culu
= ti prude il sedere, cioè non hai altro da fare.
Ti
dugnu 'na carcagnata!
= ti dò un colpo di calcagno.
Ti
dugnu un timpuluni ca ti scugnu li naschi
= ti do uno schiaffo talmente forte da farti scorrere il sangue dal naso.
Tirà
all'urbina e l'acchiappà
= tirò come un
cieco, senza mirare, e lo ha colpito.
Travagliu notti e juornu e grana nun n'accucchiu
= lavoro notte e giorno, ma soldi non ne metto da parte.
Trenta e du vintottu
= con questa frase si intende riferirsi a chi ha fatto tanti sacrifici, ma
ritiene di poterne fare ancora qualcuno: gode ancora di buone risorse
(trenta) e, se ne spende ancora un po' (due), continua a disporne a
sufficienza (ventotto).
Trimari cuomu lu brusciarieddru
= tremare forte, come le spighe.
Trivulu pi trivulu mi tiegnu a ma maritu ca è un diavulu
= tribolazione per tribolazione, mi tengo mio marito che è un diavolo, cioè
fra due mali, scelgo quello minore.
Truscia di robbi
= fagotto di biancheria.
Tu
chi mi dasti ed iu chi ti detti, tu mi tincisti e iu t'annurricavu
= tu cosa mi hai dato e io cosa ti ho dato, ti mi hai macchiato e io ti ho
annerito, cioè in un conflitto indica pari litigiosità tra gli antagonisti.
Tùmmula e cartilluni
= tombola e cartella (per giocare alla tombola); l'espressione allude ad una
persona che vince sempre.
Tutta vistuta e cu lu culu di fora
= tutta vestita e col sedere di fuori; l'espressione vuole significare
quando, in una determinata situazione, si dispone di quasi tutto ciò che è
necessario, ma si difetta della cosa principale.
Tutti cacàru e ficiru a iddru
= tutti hanno cacato e hanno fatto lui; il detto allude ad una persona che
crede di essere molto importante, al di sopra degli altri.
Tuttu buonu e binidittu
= tutto buono e benedetto (ma da oggi si cambia musica), cioè quel che è
stato, è stato, ma da ora le cose devono cambiare.
Carmelo e Graziella Luparello
Pubblicato
dalla Testata Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 19 gennaio 2014.
Per gentile concessione degli Autori.
© Riproduzione riservata.
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18/01/2014 |
Iniziative. Immagini del
Concerto di Capodanno del Complesso Bandistico "G. Verdi" |
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Guarda il video |
Giovedi 2 gennaio, all'interno della
chiesa Madre di Grotte, il Complesso Bandistico "Giuseppe Verdi" diretto dal
M° Salvatore Puglisi ha eseguito un Concerto di Capodanno.
La manifestazione era compresa nel programma di iniziative denominato "Natale
Insieme 2013", promosso dall'Assessorato alla Cultura del Comune di
Grotte.
Pubblichiamo alcune immagini della manifestazione (33 foto
di
© Salvo Lo Re "President"; riprese video di
© Associazione Culturale "PresidentEvents").
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Vedi le foto |
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Concerto
di Capodanno (Video) |
Concerto
di Capodanno (Foto)
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18/01/2014 |
Iniziative. Immagini del
Concerto dell'Epifania del M° Fabrizio Chiarenza |
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Guarda il video |
Nel programma di iniziative denominato "Natale Insieme
2013", promosso dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Grotte,
lunedi 6 gennaio 2014 si è tenuto, presso la chiesa Madre, un Concerto
dell'Epifania, eseguito dal M° Fabrizio Chiarenza e dal Soprano Giusy Massimino.
La manifestazione, presentata da Angelo Palermo, è iniziata con la
rievocazione dell'arrivo dei Magi e si è conclusa con la consegna di alcuni
riconoscimenti a quanti hanno collaborato per la realizzazione di varie
attività natalizie.
Pubblichiamo alcune immagini della manifestazione (32 foto
di
© Salvo Lo Re "President"; riprese video di
© Associazione Culturale "PresidentEvents").
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Vedi le foto |
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Concerto
dell'Epifania (Video) |
Concerto
dell'Epifania (Foto)
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18/01/2014 |
Volontariato. Domani mattina,
raccolta di sangue presso la sezione Adas di
Grotte |
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Domenica 19 gennaio, nella sede Adas di
Grotte in Corso Garibaldi n° 146, dalle 08.15 alle 12.00 sarà
effettuata la consueta raccolta di sangue.
Tutti i cittadini sono invitati a dare il loro concreto apporto donando
generosamente il proprio sangue e coinvolgendo i propri amici.
E' necessario presentarsi a digiuno e portare, oltre al tesserino Adas, un documento
di riconoscimento e le ultime analisi ricevute (per i donatori abituali).
Ciò consentirà al personale medico, nel rispetto della privacy, di valutare
lo stato di salute del donatore per poter effettuare con la massima
tranquillità la donazione.
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18/01/2014 |
Chiesa. "121°
anniversario della nascita di Padre Vinti"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Padre Vinti |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 18 gennaio 1893 veniva alla luce il servo di Dio padre Michele Arcangelo
Maria Vinti. I genitori Domenico Vinti e Carmelina Palermo, ferventi
cristiani, accolsero con gioia questo bambino e lo chiamarono Michele
Arcangelo Maria Antonio.
Sesto in ordine di tempo, fu battezzato il 4 febbraio del 1893 nella
parrocchia Santa Venera in Grotte, l'attuale Matrice.
La famiglia fu l'ambiente adatto ad inculcare in lui il gusto delle cose
spirituali, quale il senso della preghiera, un grande amore all'Eucarestia,
una filiale devozione alla Madonna e la pietà verso le anime del Purgatorio.
Fin da piccolo padre Vinti manifestò una particolare inclinazione verso il
sacerdozio. Superate molte difficoltà, soprattutto quella economica, entrò
nel Seminario agrigentino per intraprendere la sua formazione spirituale e
culturale e divenire sacerdote. Infatti fu ordinato sacerdote precisamente
il 9 luglio del 1922.
Iniziò così il suo grande e travagliato cammino verso la santità, vivendo
povero, ma ricco di preghiera, di mortificazione e di ogni virtù
sacerdotale. La sua grande opera e il suo costante impegno furono vivere in
intimità con Gesù Eucaristico, in amore filiale con la Madonna, in costante
comunione e preghiere verso le anime del Purgatorio. Ha curato le anime con
il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale; mai ha
privato gli ammalati e i moribondi della sua sacerdotale e pastorale
presenza. Padre Vinti fu un sacerdote umile e innamorato della purezza.
Padre Messina, incaricato dal vescovo di presentare padre Vinti al popolo di
Grotte, in quel lontano 9 luglio del 1922, così si esprimeva: "Popolo di
Grotte, ti presento il novello sacerdote don Michele Arcangelo Maria Vinti
che non è un semplice sacerdote, ma è soprattutto un sacerdote santo che ha
lasciato nel seminario il profumo delle sue virtù".
Padre Vinti era solito pronunciare queste espressioni: "Voglio farmi
santo sacerdote; desidero diventare sacerdote e santo sacerdote". La sua
spiritualità era semplice, ma profonda. Era consapevole di essere solo
strumento nelle mani di Dio, ma era anche convinto di essere indegno di
ricevere grazie particolari.
Riteneva indegne anche le sue preghiere, rimettendosi, per la loro
accettazione, con filiale fiducia alla bontà di Dio. Da questa umiltà
scaturiva la sua costante invocazione: "Gesù fammi santo, fammi santo
sacerdote, santo sacerdote".
Si affidava con abbandono alla materna mediazione di Maria quando pregava: "Vergine
Maria, deh, prega Gesù per me e fa che mi accetti. O Mamma mia, pensaci Tu".
In Gesù e Maria riponeva tutta la sua confidenza, rivolgendosi a loro: "Non
ho con chi sfogarmi all'infuori di Voi, Gesù e Maria che siete i miei più
perfetti confidenti e che volete aiutarmi".
La morte non interruppe né il dialogo né la cura verso le anime. La sua
tomba, al cimitero prima e in chiesa poi, è stata e continua ad essere
sempre visitata da pellegrini e da anime buone, raccolte in preghiera.
Altro luogo di raccoglimento e di preghiera è continuata ad essere la sua
casetta e in maniera particolare la sua cameretta.
Il servo di Dio padre Vinti non ha scritto libri, non ha lasciato opere
sociali o religiose, non ha dato vita ad associazioni di alcun genere
specifico.
Ha dato se stesso alle anime, ha scritto con la sua vita le più belle pagine
di una spiritualità sacerdotale semplice e meravigliosa; ha lasciato il
profumo delizioso delle sue virtù, della sua purezza, della sua offerta
totale. Padre Vinti continua a vivere nel ricordo e nell'amore dei suoi
concittadini e dei suoi fedeli.
Confidando nella bontà di Dio, preghiamolo, affinché al più presto il nostro
caro padre Vinti possa essere innalzato agli onori degli Altari.
Celebrazione della santa Messa in suo onore, oggi alle ore 18.30 in chiesa
Madre, preceduta dalla recita del Santo Rosario".
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Prof. Graziella Vizzini
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17/01/2014 |
Chiesa. "Festa di
Sant'Antonio abate"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Sant'Antonio abate |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Sant'Antonio abate è detto anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio
d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto, Sant'Antonio
l'Anacoreta.
Sant'Antonio è considerato il padre di tutti i monaci e di ogni forma di
vita religiosa, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica.
Nato a Coma, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250, da una famiglia
benestante. Morì ultracentenario nel 356 (106 anni). Di lui si conserva
biografia scritta da Sant'Atanasio, che di Antonio era amico e discepolo.
Rimasto orfano, a 18 anni, entrando in una chiesa, ascolta dal vangelo
(cfr. Mt 19,21), le seguenti parole: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi
ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi".
Profondamente toccato da queste parole, torna a casa, vende i beni ricevuti
dal padre, distribuisce il ricavato ai poveri, si ritira in solitudine nel
deserto della Tebaide in Egitto, dove intraprese la vita ascetica.
È considerato il monaco più illustre della Chiesa antica. Tanti furono i
suoi discepoli, attratti dalla sua straordinaria avventura spirituale. Visse
per ottant'anni vita di anacoreta. Fu tentato violentemente dal demonio, ma
egli fu sempre vittorioso. Il richiamo della sua santità si propagò a tal
punto che pellegrini, sacerdoti, vescovi infermi e bisognosi accorrevano a
lui per ricevere consigli e conforto.
Appoggiò Sant'Atanasio nella lotta contro gli Ariani. I suoi discepoli hanno
tramandato alla Chiesa la sua sapienza, raccolta in 120 detti e in 20
lettere.
Fu seppellito in un luogo deserto. Nel 561 fu scoperto il sepolcro e le sue
reliquie cominciarono a viaggiare nel tempo da Alessandria a Costantinopoli
fino in Francia nel sec. XI a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una
chiesa in suo onore e lì affluirono folle di ammalati.
Nel giorno della sua festa liturgica, si benedice il pane e gli animali
domestici, di cui è protettore. Viene raffigurato solitamente con in mano il
libro delle sacre scritture e sulle vesti o all'apice del bastone una croce
a forma di T (Tau).
E' invocato contro tutte le malattie della pelle e contro gli incendi. E'
considerato il guaritore dell'herpes zoster (noto col nome di fuoco di
Sant'Antonio).
E' patrono di moltissime città e paesi della Sicilia. Nella sua vita non
mancarono momenti di profonda oscurità, crisi e lotta interiore, al punto
che quando un giorno Gesù gli apparve, il Santo gli disse: "Dov'eri? Perché
non sei apparso sin dall'inizio per alleviare le mie sofferenze?". E si
sentì rispondere: "Antonio, io ero qui con te e assistevo alla tua lotta".
E' protettore degli eremiti, dei monaci e dei canestrai.
Onoriamo Sant'Antonio, imitando le sue virtù in modo particolare
l'obbedienza alla volontà di Dio e l'attaccamento alla preghiera continua e
costante.
Buon onomastico a tutte le persone che portano il nome di Antonio o di
Antonia.
Citiamo qualche proverbio.
"A Sant'Antonio il freddo ha più unghie del demonio".
"Sant'Antonio dalla barba bianca, se non nevica, poco ci manca".
"Sant'Antonio dalla barba bianca, fa' che trovi quello che mi manca".
Preghiera:
Sant'Antonio mio benigno,
io ti prego e non son degno.
Come nostro protettore,
Prega a Cristo salvatore.
La mia vita è castigata.
Molte grazie Dio ci ha data.
In virtù dell'ostensorio
facci la grazia Sant'Antonio". |
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Prof. Graziella Vizzini
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17/01/2014 |
Comune. Presentazione istanze per
contributi ad Enti ed Associazioni |
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Manifesto |
COMUNE DI GROTTE
PROVINCIA DI AGRIGENTO
AVVISO
I rappresentanti legali di Associazioni, Comitati ed Enti, qualora
interessati, che intendono ottenere dei contributi da parte di questa
Amministrazione, in adempimento a quanto previsto dal Vigente
Regolamento, modificato con delibera di Consiglio Comunale n° 47 del
28/10/1998, esecutivo ai sensi della legge, possono presentare apposita
istanza diretta al Sindaco entro il termine perentorio del
31 gennaio 2014
secondo lo schema che potrà essere
ritirato presso l'Ufficio Comunale dell'Area Cultura.
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Il Sindaco
Paolino Fantauzzo
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17/01/2014 |
Servizi. Chiusura temporanea
dell'isola ecologica, sino a lunedi 27 gennaio |
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Centro raccolta |
Chiusura temporanea del centro comunale per la raccolta differenziata dei rifiuti,
chiamato comunemente "isola ecologica", sino a lunedi 27 gennaio; salvo
imprevisti dovrebbe essere aperto dal giorno successivo, martedi 28 gennaio.
Il conferimento dei rifiuti ingombranti (televisori, frigoriferi, lavatrici,
altri vari elettrodomestici, brande, materassi e vario mobilio, ecc...) è
sempre possibile all'interno del cassone scarrabile posto nei pressi
dell'isola ecologica, dato che per tale operazione non è richiesta la
presenza di un operatore. Si ricorda che il deposito dei rifiuti ingombranti
è sempre vietato lungo le vie cittadine ed accanto ai cassonetti.
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16/01/2014 |
Proposte. Cineforum di "SolidaMente":
domani sera proiezione del film "L'onda" |
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Locandina
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Sarà proiettato domani sera, venerdi 17 gennaio, alle ore
19.00 presso il centro polifunzionale "San Nicola", il film L'onda (Die
Welle), del 2008, diretto da Dennis Gansel, tratto dall'omonimo romanzo di
Todd Strasser, a sua volta basato sull'esperimento sociale denominato La
Terza Onda (The Third Wave), avvenuto nel 1967 in California.
La proiezione rientra nel programma del cineforum organizzato dai giovani di
"SolidaMente".
La pellicola narra di Rainer Wenger, insegnante di educazione fisica con un
passato da anarchico rockettaro, che per spiegare ai suoi studenti liceali
il concetto di autocrazia li coinvolge in un esperimento di "regime
dittatoriale" fra i banchi di scuola. Per una settimana dovranno rispondere
al rigido sistema disciplinare di "Herr Wenger", conformarsi ad un codice di
abbigliamento e lavorare assieme in un'ottica di organismo gerarchico,
isolando o reprimendo eventuali dissidenti. In pochissimo tempo, i ragazzi
scoprono uno spirito di cameratismo vincente, dominano le proprie
insicurezze e paure attorno alla figura del carismatico "cattivo maestro" e
si sentono legittimati ad animare atti di violenza e vandalismo, in
un'operazione che arriva presto a fuoriuscire dalle mura dell'edificio
scolastico.
L'Onda elabora un discorso dissertativo, prevalentemente pedagogico, che
mira in maniera esclusiva a costituirsi come monito, come exemplum, rivolto
soprattutto al pubblico giovanile.
Cineforum di "SolidaMente"
Proiezione del film "L'onda"
Centro "San Nicola" - Grotte
Venerdi 17 gennaio ore 19.00
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Vedi la rubrica |
16/01/2014 |
Iniziative. "Passo e...
spasso!", la "Passeggiata della Salute"; percorso del 16
gennaio |
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Continuano le passeggiate "della salute", spostate - per i mesi di gennaio e febbraio
- al giovedi (onde evitare la concomitanza con le proiezioni del
cineforum); solita ora, solito posto. Si consiglia di
portare con sé una piccola torcia per assicurarsi una migliore visibilità
lungo eventuali tratti poco illuminati.
E' utile ricordare che i bambini che volessero partecipare
alle passeggiate, devono essere accompagnati da almeno uno dei
genitori.
Questo sarà il programma ed il nuovo percorso di oggi, giovedi 16 gennaio:
ore 20.00 raduno in piazza mercato (Piazza A. Magnani);
ore 20.15 partenza
Via Piersanti Mattarella, Via Romita, Via Machiavelli, Via Francesco Crispi,
Via Cesare Terranova, Viale Rosario Livatino, Via del Gesù, Via Giubileo
2000, Viale Sandro Pertini, Via Padre Vinti, Via Gen. Carlo Alberto Dalla
Chiesa, Via Giuseppe di Vittorio, Via Santa Venera, Via Don Minzoni, Via
Santa Rita, Via Madonna delle Grazie, Via Umbria, Viale della Vittoria, Via
Francesco Ingrao, Via Sturzo, Via Gianbattista Vico, Via Arno,
Piazza
Magnani (arrivo).
Per partecipare, del tutto gratuitamente, basta calzare
comode scarpe ed avere un pizzico di buona volontà. Non si tratta di una corsa ma di una vera e propria passeggiata lungo un
percorso per nulla difficoltoso. E' possibile ricevere maggiori informazioni
chiamando il 339.3297945 (Mirella) o il 380.4747908 (Antonio).
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15/01/2014 |
Scuola. Da Conad, computer e
stampanti per l'Istituto Comprensivo "A. Roncalli" di Grotte |
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Consegna dei premi
Consegna dei premi
Attrezzature |
La 2^ edizione di “Insieme per la
Scuola”, il progetto nato per dotare le scuole primarie e
secondarie di primo grado, sia pubbliche che private, di
attrezzature informatiche e multimediali, registra un
successo superiore a quello dello scorso anno.
Cambia il partner, ma non il risultato; passando dalla
Dreamworks alla Disney, l’iniziativa promossa da Conad
continua a riscuotere consensi.
Anche l’Istituto Comprensivo “Angelo Roncalli” di Grotte ha
partecipato all’iniziativa; fondamentale la collaborazione
tra Conad Sicilia, rappresentata da Ignazio Infantino, e la
Direzione Didattica, rappresentata dai docenti responsabili
dei plessi scolastici (Dina Iannuzzo, Lina Zucchetto, Maria
Tirone e Giovanni Russo). La raccolta dei buoni, effettuata
dai bambini, ha permesso il ritiro delle seguenti
attrezzature:
- 1 notebook led 15,6”;
- 1 desktop Compaq;
- 1 tablet Galaxy Tab2;
- 1 set monitor 18” + webcam + altoparlanti;
- 1 stampante Office Jet All-in-one;
- 1 set 6 cartucce nero HP;
- 1 set 3 cartucce colore HP;
- 1 stampante LaserJet multifunzione;
- 2 cartucce LaserJet nero;
- 1 box portatile amplificato con radiomicrofono.
Soddisfazione del Dirigente scolastico, ing. Santino Lo
Presti, che, prima delle festività natalizie, ha provveduto
- insieme al responsabile del punto vendita Conad, Ignazio
Infantino, alla Segretaria dott.ssa Sandra destro, alle
insegnanti Maria Tirone e Celestina Mancuso e ad una
rappresentanza di alunni - alla consegna dei premi ai vari
responsabili dei plessi.
Questa la dichiarazione dell’ing. Lo Presti, alla consegna:
“E’ una iniziativa da considerare sicuramente positiva
perché, in un momento di crisi come questa, fornisce la
scuola di attrezzature che altrimenti avremmo avuto delle
difficoltà ad acquistare. Ed è importante questo. Per noi è
come se fosse un contributo; che poi sia una grande azienda
nazionale, voglio dire, ben venga, la scuola è aperta a
chiunque voglia dare contributi di questo tipo”.
“Le risorse per la scuola sono sempre più scarse e sempre
più spesso le famiglie sono costrette a contribuire di
persona anche all’acquisto dei materiali di consumo della
scuola” annota Ignazio Infantino, nella doppia veste di
Responsabile del punto vendita e rappresentante di Conad
Sicilia.
“In questa iniziativa - continua l’imprenditore -
Conad ha investito circa 3 milioni di euro per fornire di
attrezzature tecnologiche le scuole, mettendole nelle
condizioni di lavorare meglio e di avere a costo zero
strumenti educativi che altrimenti non avrebbero mai potuto
acquistare. Sono convinto che il modo migliore, e più
moderno, di fare impresa sia quello di coniugare gli
obiettivi economici con il contributo alla crescita sociale
del territorio e delle persone che lo vivono”.
Considerando i risultati, da più parti è auspicato il
proseguimento della collaborazione, tra scuola e Conad, per
una eventuale terza edizione dell’iniziativa.
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14/01/2014 |
Lettere. "Agli amici
lettori... invito a raccogliere i Ricordi Scolastici"; del prof. Lillo Agnello |
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Lillo Agnello
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Agli amici Lettori di questo
notiziario. Invito a partecipare.
Carissimi amici Lettori,
in questi giorni ho maturato l’idea, se naturalmente sarà condivisa dai
lettori, di raccogliere materiale da inserire in una sezione di “Ricordi
Scolastici”, che la Redazione del presente giornale ci serberà
(ne siamo certi).
Condizioni e finalità.
Partecipazione riservata a tutti i lettori di età superiore ai diciotto
anni.
Il ricordo deve essersi liberato di quel tanto di risentimento che
di solito ci accompagna per un po’ di anni, nei riguardi di comportamenti,
che si sono recepiti come torti subiti o che ci hanno fatto divertire.
Il ricordo che riguarderà esperienze personali, per propria scelta,
potrà essere presentato: in forma anonima o con falso nome o con uno
pseudonimo, fermo restando il fatto che all’indirizzo indicato arrivi con
indirizzo e-mail.
Si dovranno raccontare episodi ed esperienze scolastiche, tristi (per il
narratore) o comiche e burlesche avvenute in classe e comunque legate alla
vita scolastica.
Tutti abbiamo ricordi, vicini e lontani, di esperienze
scolastiche, di comportamenti che oggi ci sentiamo di biasimare o lodare; il
tutto naturalmente verrà raccontato in un clima disteso, per episodi ormai
digeriti: più per divertirci che per lamentarci.
L’episodio, inoltre, potrà anche essere additato come esempio
di scuola valida per preparazione ed insegnamenti o viceversa troppo
ancorata a vecchi schemi e ad autoritarismo. Le gite scolastiche, sono
certo, potranno fornire ampio materiale.
Dai racconti verrà fuori una serie di eventi, parimenti
importanti, che fanno parte inscindibile del nostro mondo interiore e che,
se pur fuori dalle forme ufficiali dell’insegnamento, hanno contribuito a
segnare il dispiegarsi della nostra personalità.
La vita scolastica sarà l’occasione per farci rivivere
antiche esperienze e farci rivedere antichi volti magari lontani dalla
nostra esperienza quotidiana.
La posta dovrà essere indirizzata al sottoscritto che curerà
di organizzare il materiale prima di mandarlo alla Redazione. Si garantisce
la massima riservatezza su nomi e persone.
E-mail:
agnellocalogero@gmail.com
Tel. 0922.943720". |
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Prof. Calogero
Agnello
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14/01/2014 |
Riflessioni. "Denuncia
della crisi e dei valori della politica"; di Antonio Pilato |
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Antonio Pilato |
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del prof.
Antonio Pilato, docente di Filosofia e Pittore.
"Denuncia della crisi e dei valori della politica.
Questi politici si preoccupano di conciliare la libertà individuale con i
principi categorici del dovere universale di kantiana memoria, e quindi con
l'equa distribuzione dei beni per una giustizia sociale oggettiva e
trasparente? Per moltissimi cittadini giovani e adulti, occupati e
disoccupati di questo Stato delle larghe e poi strette intese la risposta è
no.
Oggi viviamo una situazione paragonabile a quella che portò alla decadenza
dell'impero romano: crisi dei valori e della politica. Sul piano etico si
tratta di una vera e propria “catastrofe”,
esito estremo delle pretese dell'illuminismo di assumere la ragione
individuale come criterio ultimo di ogni condotta morale (aspetto
assolutamente negativo da combattere, con tutte le energie).
In questa direzione egoistica, la società, il consorzio umano, il vivere
sociale diviene come una arena dove ciascuno combatte per il raggiungimento
dei propri scopi personali, come una realtà fatta di occasioni per il
proprio godimento personale, in cui il peggior nemico è la noia, al
contrario dei grandi grandi filosofi aurorali che la considerano un bene
prezioso perché dà l'occasione il tempo di riflettere dentro il proprio
mondo interiore per distinguere ciò che è bene e male, ciò che è vero e
falso in senso oggettivo, come si fa per la verità dei sistemi di pensiero.
Tutt'altro. In questa società di ricconi ed in questo Governo si percepisce
un agire e un fare politica che commisura i mezzi agli scopi economici
personali, spesso smisurati per il gusto “incosciente”
di trarne piaceri sempre maggiori, sfrenati e spesso voluttuari.
E la coscienza dei principi oggettivi, di giustizia universale, ci si
chiede, dove risiede? Risiede nella lotta forte e aspra fra i sostenitori
della libertà individuale, che la ingabbiano nelle strettoie degli interessi
individualistici e d egoistici da una parte, e i disperati paladini dei
valori della ragione universale dall'altra: una battaglia dialettica sempre
aperta, perché la prima posizione sostiene la sovranità dell'interesse
privato, la seconda rivendica la virtù universale, che si esplica nelle
forme e nel controllo della giustizia trasparente dei beni di tutti.
Perciò quella in cui viviamo è una società e una politica di eterni
antagonisti, e quest'ultima non dà esempio di virtù e saggezza. Diviene
dovere urgente della politica di uno Stato veramente e non falsamente
democratico prescindere da tutti gli interessi particolaristici e
utilitaristici, e industriarsi, impegnarsi intelligentemente per costruire
seriamente e virtuosamente un mondo sociale più giusto. Essa deve compiersi
in nome della universalità della natura umana, secondo cui non è
assolutamente ammissibile che molti abbiano meno affinché pochi prosperino.
Ogni persona possiede una inviolabilità fondata sulla giustizia e sul
diritto di un reddito da lavoro per un' esistenza dignitosa.
Per concludere una società è bene ordinata democraticamente quando promuove
di diritto e di fatto il benessere dei suoi membri, soprattutto dei meno
capaci e fortunati, secondo equità e si fa “tempio” di una giustizia uguale
e trasparente per tutti, senza eccezione di nessuno. In mancanza di questi
valori, si alimenta la disperazione, il sospetto e l'ostilità, che sono il
focolaio di tutte le ribellioni".
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Antonio Pilato
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13/01/2014 |
Poesia. Indetto il concorso
"I poeti del Mandorlo e della Natura" 6^ edizione 2014 |
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Mandorlo in Fiore |
Nell’ambito delle iniziative e
manifestazioni in occasione della “Sagra del Mandorlo in
Fiore” 2014 è indetto il concorso poetico “I Poeti del
Mandorlo e della Natura” 6^ Edizione 2014.
Regolamento
Il concorso poetico “I Poeti del Mandorlo e della Natura”
intende promuovere - come per le edizioni passate - le
sensibilità poetiche verso il simbolo del fiore di Mandorlo
o, in forma generica, sui valori paesaggistici e culturali
della natura.
Il concorso ha due sezioni:
a) in dialetto;
b) in lingua italiana.
Vengono stabilite le diverse categorie sotto indicate, per
ciascuna delle quali sono previsti tre premiati (1°, 2°, 3°)
e menzioni speciali. E' possibile partecipare ad una sola
sezione e ad una sola categoria con composizione unica.
Categorie del concorso letterario “I poeti del Mandorlo e
della Natura” Edizione 2014:
- sonetto;
- ode (non più di n. 21 versi);
- componimento lirico libero (non più di n. 21 versi);
- componimento lirico a rima (non più di 21 versi);
- madrigale (non più di n. 29 versi);
- poesia a contrasto (non più di n. 30 versi).
I concorrenti possono partecipare ad una sola sezione (in
lingua o in dialetto) presentando una sola composizione per
la sezione scelta.
Le composizioni in concorso e fuori concorso dovranno essere
presentate alla giuria giovedi 6 febbraio 2014 tra le ore
18.00 e le ore 19.00 presso il foyer del Teatro Pirandello
di Agrigento, oppure fatte pervenire per posta ordinaria
entro il 5 febbraio 2014 presso “Centro Studi Giuridici e
Sociali, Viale della Vittoria n. 317 – 92100 Agrigento”.
Ciascuna composizione dovrà essere contenuta in carpetta
riportante nella prima facciata di copertina (e parimenti
sulla busta, se inviata per posta):
- intitolazione del Concorso poetico “I poeti del Mandorlo e
della Natura” Ed. 2014;
- dati anagrafici;
- indirizzi telefonici, fax, e-mail;
- titolo della poesia;
- sezione per la quale il componimento poetico concorre (se
in concorso) e se fuori concorso va specificata la scelta
nella stessa prima facciata.
Le poesie in concorso e fuori concorso verranno lette e
valutate da una giuria di specialisti (scrittori e saggisti)
formata da: Salvatore Sciortino (Poeta e Presidente
Onorario), prof. Stefano Milioto (Presidente), prof. Enzo
Argento (Vice Presidente), sig.ra Liliana Arrigo
(Co-Presidente Onorario), prof. Liborio Triassi, prof. Zino
Pecoraro, prof.ssa Rosalba Calaciura, prof. Enzo Alessi,
dott.ssa Maria Grazia Castellana.
La premiazione avrà luogo il 9 febbraio 2014 dalle ore 18.00
presso il foyer del Teatro Pirandello di Agrigento, insieme
alla Premiazione de “I libri dell'anno” Edizione 2013.
Il concorso è organizzato (col patrocinio non oneroso del
Comune di Agrigento - Assessorato Beni Culturali) da:
Associazione Sole e Tradizioni di Sicilia; Associazione
Libero Canto di Calliope; Centro studi Empedocle di Palermo.
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13/01/2014 |
Televisione. 2^ puntata di "U Tiggì" di Aristotele Cuffaro,
trasmessa il 10 gennaio su Agrigento Tv |
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Guarda il video |
Nella 2^ puntata della 2^ edizione di "U Tiggì", telegiornale in
siciliano ideato e condotto da Aristotele Cuffaro, andata in onda su Agrigento Tv (canale 96 del digitale
terrestre) venerdi 10 gennaio, sono stati
affrontati i seguenti temi:
- interruzione di una strada in Contrada Signore, a
Raffadali, a causa di una frana;
- tombini trasformati in buche lungo il Viale delle Dune a
San Leone;
- mancata consegna della "Pala di ficudinia" a
Girgenti Acque, per i disservizi lamentati dagli utenti.
In studio con Aristotele Cuffaro, co-conduttrice della
puntata, Emilia Rosavianu (fotografata da Lillo Arcieri;
backstage video di Alessandro Tondo).
"U Tiggì" va in onda su Agrigento Tv ogni venerdi alle ore
12.30. In replica: venerdi alle 16.15 e 23.30; sabato alle
10.15; domenica alle 15.30; lunedi alle 18.30; martedi alle
12.00; mercoledi alle 23.30; giovedi alle 18.45. Le puntata
verranno pubblicate integralmente anche da Grotte.info
Quotidiano.
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2^ puntata
- 10/01/14 - di "U Tiggì" (Video)
1^ puntata
- 13/12/13 - di "U Tiggì" (Video)
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13/01/2014 |
Chiesa. Avvisi ed
appuntamenti della
settimana |
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Pubblichiamo gli avvisi diffusi al termine delle Sante Messe domenicali.
Per gli avvisi della parrocchia San Rocco, la redazione attende la
disponibilità di un collaboratore locale.
Per agevolarne la consultazione, gli avvisi settimanali sono
pubblicati anche nella
pagina Chiesa.
Lunedi 13 gennaio
- ore 15.00, in chiesa Madre, ritiro spirituale del gruppo della Divina
Misericordia.
Martedi 14 gennaio
- ore 17.00, in chiesa Madre, Santo Rosario per il triduo in onore di
Sant'Antonio;
- ore 17.30, in chiesa Madre, Santa Messa per il triduo in onore di
Sant'Antonio.
Mercoledi 15 gennaio
- ore 17.00, in chiesa Madre, Santo Rosario per il triduo in onore di
Sant'Antonio;
- ore 17.30, in chiesa Madre, Santa Messa per il triduo in onore di
Sant'Antonio.
Giovedi 16 gennaio
- ore 17.00, in chiesa Madre, Santo Rosario per il triduo in onore di
Sant'Antonio;
- ore 17.30, in chiesa Madre, Santa Messa per il triduo in onore di
Sant'Antonio;
- ore 17.45, a Racalmuto, incontro di formazione foraniale per i catechisti.
Venerdi 17 gennaio - Festa di Sant'Antonio
- le Sante Messe in chiesa Madre saranno celebrate alle ore 09.00, 11.00 e 17.30
(al termine della celebrazione delle 17.30 si svolgerà la benedizione degli
animali).
- ore 20.00, a San Francesco, riunione delle giovani coppie, dei genitori
che hanno battezzato entro l'anno e dei genitori che debbono battezzare i
loro figli.
Sabato 18 gennaio
- ore 18.30, in chiesa Madre, Santa Messa in onore di Padre Vinti (nel 121°
anniversario della nascita).
Domenica 19 gennaio
- dopo la Santa Messa delle ore 17.30, a San Francesco, riunione dei
genitori dei ragazzi che fanno il cammino in preparazione alla 1^
Confessione, 1^ Comunione e Cresima.
AVVISI
E' ripreso regolarmente il catechismo per tutte le classi.
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12/01/2014 |
Comune. Rinviato a lunedi 20
gennaio il convegno sul tema "A.
Agricoltura - Quale futuro?" |
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Manifesto |
A causa di impegni istituzionali sopraggiunti presso
l'Assemblea Regionale Siciliana, l'on. Margherita La Rocca Ruvolo (Deputato
Regionale) ed il dott. Dario Cartabellotta (Assessore regionale
all'Agricoltura) non potranno essere presenti, domani sera lunedi 13 gennaio,
a Grotte. Pertanto il previsto convegno sul tema "A. Agricoltura - Quale
Futuro?" è rinviato al lunedi successivo, 20 gennaio 2014; rimangono
invariati luogo e orario.
Di seguito le informazioni aggiornate.
Lunedi 20 gennaio 2014, alle ore 17.00 nella Sala Consiliare
"Antonio Lauricella", avrà luogo un convegno sul tema "A. Agricoltura -
Quale Futuro?". L'iniziativa è organizzata dal Comune di Grotte in
collaborazione con l'Assessorato Regionale all'Agricoltura.
Programma:
Saluti
- Paolino Fantauzzo (Sindaco di Grotte);
Interventi
- Massimo Brucato (Responsabile SOAT 100 Grotte);
- Lillo Alaimo Di Loro (Responsabile SOAT 100 Grotte);
- Guido Bissanti (Agronomo);
- On. Margherita La Rocca Ruvolo (Deputato Regionale).
Le conclusioni del convegno sono affidate all'assessore regionale
all'Agricoltura Dario Cartabellotta, che parteciperà alla manifestazione.
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12/01/2014 |
Chiesa. "Il Battesimo di Gesù"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Battesimo di Gesù |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Domenica 12 gennaio, la Chiesa ci fa celebrare la festa del Battesimo
di Gesù.
Dopo l'Epifania, la grande rivelazione del Figlio di Dio a tutte le genti
nella visita dei Re Magi, venuti dall'Oriente, oggi la liturgia celebra
un'altra teofania, avvenuta nelle acque del Giordano: il riconoscimento del
Cristo quale Figlio unigenito.
Al Giordano, Gesù, nostro Redentore e nostro Dio, si unisce alla folla di
peccatori che sono in attesa di purificazione, dove Giovanni Battista
predica e battezza. Le parole che l'evangelista Luca riporta nel suo
Vangelo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio
compiacimento" (3,22) ci introducono nel cuore dell'odierna festa del
Battesimo di Nostro Signore, con cui si conclude il tempo di Natale.
E se il Natale e l'Epifania servono soprattutto a renderci capaci di vedere,
ad aprirci gli occhi e il cuore al mistero di un Dio che viene a stare c on
noi, la festa del Battesimo di Gesù ci introduce, potremmo dire alla
quotidianità di un rapporto personale con lui. Infatti, mediante
l'immersione nelle acque del Giordano, Gesù si è unito a noi. Uomo come noi,
il Salvatore non teme di confondersi con i peccatori: Gesù è venuto per i
peccatori! Luce nelle tenebre, medico per i malati, ricchezza per i poveri,
pace e gioia per gli oppressi e gli ultimi.
Al Giordano si bagna colui che farà nuovo ogni uomo con la potenza
trasformante dello Spirito di Dio. Negli Atti degli Apostoli (cap.
10,34.38) si legge: "Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea,
cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè
come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale
passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del
diavolo, perché Dio era con lui".
Questa teofania è "l'inizio del Vangelo", poiché in quel momento Gesù è
stato investito dal Padre e dallo Spirito Santo nella sua missione e ha
ricevuto la sua "ordinazione messianica". Egli è colui che i profeti,
soprattutto Isaia, annunciavano: "il servo nel quale Dio ha stabilito una
nuova alleanza, la luce delle nazioni".
Il battesimo è, per così dire, il ponte che egli ha costruito tra sé e noi,
la strada per la quale si rende a noi accessibile; l'arcobaleno divino sulla
nostra vita, la promessa del grande sì di Dio, la porta della speranza e,
nello stesso tempo il segno che ci indica il cammino da percorrere in modo
attivo e gioioso per incontrarlo e sentirci da lui amati.
E' il dono di grazia che viene a noi dal battesimo, il sacramento col quale
siamo innestati in Cristo e perciò rigenerati in lui; il sacramento che ci
rende capaci di testimonianza, di annuncio e di partecipazione all'opera
della redenzione.
Dal battesimo di Gesù scaturisce il nostro battesimo. Perciò non si può
dissociare il battesimo di Gesù da quello che ricevono i suoi discepoli.
Mediante il battesimo siamo inviati nel mondo a rendere visibile il Cristo,
il figlio di Dio, Redentore dell'uomo e della storia. La celebrazione del
Battesimo di Gesù è stata iscritta nel Calendario romano solo nel 1960, ed è
stata fissata alla data attuale nel 1969. Riscopriamo la data del nostro
battesimo, come ci invita papa Francesco e facciamo festa.
Auguro a tutti buona festa del Battesimo di Gesù". |
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Prof. Graziella Vizzini
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12/01/2014 |
Lingua. Appendice al "Piccolo
Dizionario Grottese-Italiano" (18); a cura di Carmelo e Graziella
Luparello |
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Luparello |
Nonnò,
pepè, pepè!
Piccolo dizionario Grottese-Italiano
di Carmelo e Graziella Luparello
APPENDICE
(Puntata n° 18)
Modi di dire e proverbi
Naschi luordi
= narici sporche.
'Ncignari na cosa nova =
indossare (o
usare) per la prima volta una cosa.
'Ncuitari lu cani ca dormi
= disturbare chi se ne sta tranquillo.
'Ngarziddra lu cavaddru =
il cavallo dà calci.
Nierbi 'ncravaccati
= nervi che, a
causa di qualche movimento brusco, si sono come accavallati, producendo
forti dolori che scompaiono con appositi massaggi.
Nierbi attaccati 'n testa =
forte dolore di testa causato da nervosismo.
Ni
la 'mmirnata mi callìu cu la brascera e lu tancinu
= durante
l'inverno mi riscaldo con il braciere e lo scaldino.
Ni
lu casciuni d'immiezzu
= nel cassetto centrale.
Ni
lu vinniri e l'accattari nun c'è amicu né cumpari
= nel vendere e nel comprare non c'è amico né compare.
Ni
vidiemu a la tarda (o a la scurata)
= ci vediamo sul far della sera.
Nuddru ammiscatu cu nenti
= nessuno mescolato con il niente, si dice di una persona che nella società
non ha nessun valore.
Nuddru po' diri: di st'acqua nun ni vivu
= nessuno può
dire: io di quest'acqua non ne bevo, cioè: anche a noi possono capitare le
cose che capitano agli altri.
Nun
arriminari la merda ca feti
= è meglio che tu taccia, perché riprendere certi discorsi ti espone al
rischio che emergano circostanze suscettibili di metterti a disagio, in
difficoltà.
Nun
aviri né testa né cuda
= lett. non avere né testa né coda, cioè non avere senso, es.: lu so
discursu nun avi né testa né cuda, cioè il suo discorso non ha alcun
senso.
Nun
aviri testa
= essere smemorato.
Nun
fari taarìa
= non bagnare il pavimento (vd. sopra per il significato di taarìa).
Nun
lu fari lu cafè accussì sirratu
= non fare il caffè così forte.
Nun
mi la detti né tranta né lenta
= non mi disse
né no né sì (riferito ad un discorso non troppo esplicito, ma anzi piuttosto
ambiguo).
Nun
ni voli mancu a brodu
(mancu cu lu mutu) = non ne vuole neppure a brodo (o con l'imbuto),
riferito a chi non ha nessuna voglia di fare qualcosa (es. studiare,
lavorare, etc.).
Nun
sputari 'n celu, ca 'n pacci ti torna
= non sputare verso il cielo, perché (sottinteso: lo sputo) ti torna sulla
faccia.
Nuttata persa e figlia fimmina
= abbiamo perso una nottata e cosa ci abbiamo guadagnato? Una figlia
femmina! (l'espressione costituisce retaggio della mentalità del passato in
cui il figlio maschio era una risorsa lavorativa, la femmina una fonte di
spesa, non fosse altro per la necessità di predisporre la dote in vista del
matrimonio; detta espressione viene adoperata per significare che il
risultato ottenuto, al termine di un lungo lavoro, non è proporzionale alla
fatica e all'impegno profusi).
Nun
tutti li spichi vannu all'aria
= non tutte le
spighe vanno all'aia, qualcuna si perde per la strada. Detto adoperato per
indicare, per esempio, la devianza di un figlio dalla retta via, percorsa,
invece, da tutti i suoi fratelli, o il fallimento di un'impresa, quando
tutte le altre sono andate a buon fine.
Nuttata di cani
= nottata da cani, tribolatissima.
'Nzoccu
havi a la menti, havi a lu denti
= dice quello che pensa senza peli sulla lingua.
Ogni impidimientu è sarbamientu
= ogni
impedimento è salvezza.
Ogni
lassatu è pirdutu
= ogni cosa lasciata è persa.
Ogni
testa è un tribunali
= ogni testa è un tribunale.
Ognunu sapi quantu l'havi
= ognuno sa le proprie cose.
Ora,
di curtu
= recentemente, poco fa.
Ora
muramu 'n capu
= (detto con ironia) ora siamo ricchi e possiamo sopraelevare.
L'espressione è usata, per esempio, quando ci viene data una notizia per noi
irrilevante o non del tutto gradita, e ne vogliamo sottolineare la mancanza
di importanza o la mancanza di entusiasmo con cui la riceviamo. Ad. es., se
ci viene annunciato che una persona, per noi insignificante o non stimata,
diventerà nostra vicina di casa, si può rispondere Ora muramu 'n capu
(per l'augurio, s'intende).
O ti
cachi o ti pisci, ha fari lu Cristu fina ca finisci
= o hai la diarrea o ti scappa la pipì, devi fare il Cristo fino a quando
(la processione) non finisce (la frase sarebbe stata detta da un centurione
all'attore che il venerdì santo interpretava la parte di Cristo; dovrebbe
significare che, in determinate circostanze, non ci si può sottrarre alla
sofferenza fino a cessata necessità).
Pani
di cuvernu, pani eternu
= il pane (posto di lavoro) dato dallo Stato dura sempre (riferito alla
tradizionale stabilità del rapporto di lavoro con lo Stato o con altro ente
pubblico).
Pani
e vinu rafforza lu schinu
= il pane e il vino rafforzano la schiena (si riteneva che, grazie al pane e
al vino, si ritrovasse nuova energia).
Panza mia, fatti visazza
= pancia mia, fatti bisaccia (ché oggi c'è tanta roba buona da mangiare).
Paràggi = vicinanze,
es.: ni li paraggi di lu paisi = nelle vicinanze del paese.
Pariemu a lu munnizzàru = sembriamo essere al mondezzaio.
Parlari ammàtula
= parlare
inutilmente.
Passari di fierru =
stirare la biancheria.
Passàri in cavallerìa = cadere nel dimenticatoio.
Passavu di patruni a garzuni = prima ero padrone, ora sono diventato
garzone.
Pati lu
giustu pi lu piccaturi
= soffre il giusto invece (al posto) del peccatore.
Peddri pi peddri miegliu la tò ca la mia
= morire per morire, meglio che muoia tu e non io.
Piedi piedi
= tra i piedi.
Piernu di l'anca
= la estremità superiore del femore.
Piglia di ccà e rivola ddrà
= si dice di
quella persona che rivela tutto quello di cui viene a conoscenza.
Piglià la via di l'acìtu
= ha preso una brutta strada (come il vino che, quando si altera, diventa
aceto).
Pigliarisilla 'n criminali
= offendersi.
Pigliari lu tiernu 'n siccu
(la S in questo caso ha il suono molto dolce) = realizzare terno secco, cioè
avere un colpo di notevole fortuna (non necessariamente economica).
Pi
la Cannilora lu
'mmiernu è fora, ma si chiovi ci n’è ancora = la festa religiosa del
2 febbraio segna la fine sostanziale dell'inverno, salvo piogge
residue che smentiscano questa presunzione.
Pi
Santa Lucia un passu di cucciuvia, pi Natali un passu di cani, pi Sant'Antuò
un
passu di vò = si indica il graduale allungamento delle giornate
nell'arco compreso tra il 13 dicembre, in cui ricorre la festa di Santa
Lucia e in corrispondenza della quale la durata della giornata è paragonata
ad un passo di allodola, e il 17 gennaio, in cui si festeggia Sant'Antonio e
in corrispondenza del quale la lunghezza della giornata è paragonata ad un
passo di bue. Nella fase intermedia, convenzionalmente segnata dal Natale,
la lunghezza della giornata è, invece, paragonata ad un passo di cane, più
lungo di quello dell'allodola, ma più breve di quello del bue (Grazia
Gianforcaro, Maria Serafina Salvaggio).
Povira sì, ma lorda picchì? = povera sì,
ma sporca perché?, cioè si può giustificare la povertà, ma non la sporcizia.
Putìa e uortu (o vigna e uortu) stacci muortu
= nella bottega e nell'orto (o nel vigneto e nell'orto) stacci sempre, cioè
la conduzione di una bottega e la coltivazione dell'orto (o la coltivazione
della vite e quella dell'orto) richiedono una dedizione totale.
Carmelo e Graziella Luparello
Pubblicato
dalla Testata Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 12 gennaio 2014.
Per gentile concessione degli Autori.
© Riproduzione riservata.
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11/01/2014 |
Iniziative. Immagini del
concerto dell'Associazione Musicale gospel "Saint Isidor's Choir" |
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Vedi le foto |
Nel programma di iniziative denominato "Natale Insieme
2013", promosso dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Grotte, venerdi
20 dicembre 2013 si è tenuto, presso la chiesa Madonna del Carmelo, un
concerto di musica gospel.
Protagonista della manifestazione, l'Associazione Musicale "Saint Isidor's
Choir", con sede a Bivona, composta da 12 voci femminili, 7 maschili, oltre
al maestro pianista ed alla direttrice della corale. In scaletta, brani
della tradizione gospel e canti natalizi.
Pubblichiamo alcune immagini del concerto (25 foto
di
© Salvo Lo Re "President")
Concerto gospel (Foto)
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10/01/2014 |
Servizi. E' iniziata la
lettura dei consumi idrici a Grotte, da parte di Girgenti Acque |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Si informa che fino a venerdì 24 gennaio, e comunque sino al completamento
delle attività, saranno presenti sul territorio comunale di Grotte
incaricati della società Aipa SpA per le attività di foto-rilevazione dei
consumi idrici.
I suddetti incaricati saranno muniti di apposito tesserino e di idoneo
documento di riconoscimento, sono autorizzati ad eseguire la rilevazione dei
consumi idrici con foto-lettura dei contatori e non sono in alcun modo
autorizzati a richiedere somme di denaro.
Si rammenta inoltre che la rilevazione dei consumi è presupposto
fondamentale per una corretta fatturazione anche ai fini dell’applicazione
delle nuove tariffe approvato dall’Ato Ag9.
Si ricorda infine che è obbligo degli utenti, nel loro preciso interesse ed
onde consentire il reale conteggio dei consumi, lasciare il contatore libero
da impedimenti per un’agevole lettura dello stesso.
E’ inoltre possibile comunicare la lettura del proprio contatore
collegandosi on line all’indirizzo: www.girgentiacque.com (autolettura del
contatore).
Per informazioni sulle attività di lettura:
AIPA S.p.A. – Tel./Fax 0922604770 – mail: agrigento@aipaspa.it,
letture.idrico@aipaspa.it
Girgenti Acque – Tel. 09221835793 / 0922441539 – utenze@girgentiacque.com". |
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Girgenti Acque SpA
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10/01/2014 |
Storia. La Sicilia durante la
spedizione garibaldina dell'Aspromonte; lezione all'Unitre di Canicatti |
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Copertina
Francesco Zappert |
Nel quadro delle iniziative culturali promosse dall'Unitre di Canicatti,
oggi pomeriggio, venerdì 10 gennaio alle ore 16.30, a Palazzo Stella si
svolgerà un incontro assai interessante su un documento relativo
all'infelice spedizione garibaldina dell'Aspromonte che si concluse con
il ferimento e la sconfitta dell'Eroe dei Due Mondi. Il presidente dell'Unitre
di Canicatti, prof. Gaetano Augello, relazionerà sul diario scritto nel
1863 dal garibaldino milanese Francesco Zappert e pubblicato a Como, nel
1910, dalla rivista "Garibaldi e i Garibaldini". Il racconto dello
Zappert, oltre che per la ricostruzione da parte di un protagonista, di
un'epica battaglia del nostro Risorgimento, ci offre uno spaccato della
società siciliana del tempo ed in particolare dei comuni attraversati
dai volontari garibaldini.
Riportiamo, di seguito, il testo della relazione elaborata dal prof.
Augello.
L’infelice spedizione dell’Aspromonte (20 luglio - 10 settembre 1862)
La Sicilia vista dal capitano garibaldino milanese Francesco Zappert
Della Sicilia e dei siciliani a metà Ottocento abbiamo una
originalissima e davvero particolare descrizione grazie alla narrazione
della battaglia dell’Aspromonte curata da uno dei protagonisti, il
capitano Francesco Zappert, e pubblicata nel 1863. Zappert, di padre
viennese e madre ungherese, visse a Milano ove svolse l’attività di
agente di teatro; morì il 5 ottobre del 1898. Rispondendo all’invito di
Giuseppe Garibaldi: Venga a Palermo chi può fare il viaggio a proprie
spese e vivere laggiù del proprio, alle ore 23 del 20 luglio 1862 si
imbarcò sul vapore la Stella d’Italia che faceva rotta alla volta
di Napoli. Giunto nel capoluogo campano alle 14 del 22, l’indomani,
insieme ad altri garibaldini, si imbarcava sul Pompei alla volta
di Palermo.E proprio sul Pompei, “un vecchio legno a vapore
largo, corto e pesante”, si materializza un primo siparietto di
vita siciliana.
“Manco male che abbiamo a bordo un passatempo. E’ una famiglia
siciliana, composta di una vecchia megera e di una madre con tutta una
nidiata di figli. Sono suocera e nuora. Questa gente non offre a prima
vista uno spettacolo gran fatto rallegrante. Buttati alla rinfusa sul
ponte, malconci nelle vesti, guaste le faccie da malattie cutanee,
somigliano ben da vicino una famiglia di zingari. La vecchia è la meglio
in gambe: veste un abito di mussola bianco e turchino, abbastanza
pulito, ma lacero; è ben pasciuta della persona e borbotta del continuo
contro la nuora, stesa sul ponte in mezzo a’ suoi quattro marmocchi. Ad
un tratto, le parole che si scambiano le due donne si fanno più vive; la
vecchia impreca alla nuora chiamandola “garibaldina” e l’altra di
rimando “borbonica”. I passeggieri si affollano intorno alle contendenti
e riescono a pacificarle. Ma è allora che comincia il divertimento. La
conversazione si fa generale. Un marchese palermitano prende a difendere
contro la suocera le opinioni della nuora: e bisogna udire allora la
vecchia sostenere a spada tratta il suo re, combattere per i suoi
diritti, impugnare quelli d’Italia! Sola contro tutti, con un entusiasmo
degno di miglior causa, tiene alta la bandiera di Francesco II; vedova
d’un capitano del Borbone, lamenta i tempi trascorsi, e, a noi che a
bello studio esageriamo le felicità presenti del suo paese, getta in
faccia le gravose imposte, la carezza del vivere, la coscrizione –
bagattelle che la Sicilia non possedeva ai beati tempi di don Ciccio. In
mezzo all’ilarità destata dall’ignorante esaltazione della vecchia le
ore corron veloci e senz’avvedersene si arriva”.
Alle 15 del 24 luglio lo sbarco nella rada del capoluogo siciliano.
Preso alloggio all’Hotel de France, Zappert e il maggiore Cairoli,
col quale aveva fatto il viaggio, passarono il resto della giornata fra
il Caffè Oreto, ritrovo dei continentali che allora
incominciavano ad arrivare a Palermo, una passeggiata fuori di Porta
Monreale ove pranzarono, ed una scarrozzata la sera al corso della
Marina.
Il 25 luglio Zappert, Cairoli ed altri volontari, appena giunti a
Palermo, poterono incontrare Giuseppe Garibaldi. Grande l’emozione dei
visitatori: “Si volse a noi, e ad uno ad uno ci strinse la mano. Non
parlò, ma lo sguardo che fermò sopra ciascuno di noi era pieno di
promesse che l’anime nostre colsero al volo. In quello sguardo fu tutta
la presentazione; egli ci riconobbe di primo tratto pei soldati di Roma,
di Varese e del Volturno; noi ritemprammo in quella stretta di mano le
nostre forze”.
Zappert, che aveva già incontrato Garibaldi a Messina, due anni prima,
durante la spedizione dei Mille, annota: “Chi non fu soldato di
Garibaldi non può sapere che cosa sia una sua stretta di mano. I brividi
che la ti comunica sono la febbre dell’entusiasmo. Se quest’uomo potesse
toccare tutti gli italiani, le apatie sparirebbero per far luogo agli
eroismi. L’Italia sarebbe una veramente e libera”.
Giungevano intanto dalla Toscana, dalla Lombardia, dalle Romagne e da
tanti paesi della Sicilia numerosi volontari che a sera passeggiavano
per via Toledo (oggi via Vittorio Emanuele). E a Corleone erano radunati
dai sei a diecimila armati.
Zappert ed altri sette volontari alloggiavano all’Albergo d’Italia,
“denominazione troppo suntuosa per una semplice locanda”; l’albergo era
ubicato di fronte la cattedrale, nelle vicinanze del palazzo ove
alloggiava il Generale. I volontari potevano godere dei servigi di una
vecchia fantesca dal nome beneaugurante di Provvidenza.
Il 31 luglio scattò il piano di uscita dalla città. “La partenza
incominciò alla spicciolata. Ad uno ad uno, a due a tre, chi a piedi,
chi in carrozzella, colla valigia in ispalla o col fagottino legato alla
punta d’un bastone. I più in vesti borghesi, qualcuno in camicia rossa
coperta da un soprabito, sfilammo senza rumore per porta Termini,
oltrepassammo il ponte dell’Ammiraglio, e seguendo il muto cenno delle
guide appostate ai luoghi ordinati, ci raccogliemmo a certa casina
Albanese, situata in mezzo ad un campo cintato da siepi, e tagliato nel
mezzo da un viale cui fa capo un cancello”.
“Bello e grande” lo spettacolo offerto da quel cortiletto della casina
Albanese: “Tutta l’Italia aveva dato il suo piccol tributo a quel
ritrovo di cittadini che stava allora trasformandosi in battaglione di
soldati. Era un rapido ed allegro cangiar di vestito, un ricambiarsi di
festevoli augurii, mentre si ripulivan l’armi, si contavano i cartocci.
Venti dialetti diversi eran quivi parlati da gente che non domandava ove
si andasse: sapevano solo che il Generale ne precedeva, e non si
chiedeva altro”. Nessuno chiedeva quale fosse il numero dei siciliani
radunati, si diceva, a Corleone o a Piana dei Greci o degli altri
volontari provenienti dalle altre regioni: “Non chiedevamo né il numero
di quelli, né il nostro; bastava a noi la camicia rossa, il moschetto e
la fede in lui”.
A mezzanotte la partenza, ma “la persona incaricata di insegnarne la
via, o credette riconoscerla, o dimenticò farsela accennare”. I rari
contadini presenti nella zona, impauriti dall’insolito clamore notturno,
non aprivano la porta di casa e “i frati del vicino convento si
rifiutarono, da veri frati, a venire in nostro soccorso”.
Alle 11 del 1° agosto i volontari raggiunsero Piana dei Greci, accolti
festosamente dal sindaco e dagli abitanti: “Numeroso di nove o diecimila
anime, Piana dei Greci è un villaggio abbastanza vivace. Posto sulla
strada consolare, i suoi abitanti mi parvero assai più industriosi di
quelli d’altri paesi che in seguito attraversammo”. In serata tutti alla
Ficuzza ove Garibaldi aveva stabilito il suo quartier generale
all’interno del Palazzo Reale dei Borbone.
All’alba del 2 agosto i famosi diecimila volontari che si sarebbero
radunati a Corleone apparvero per quello che erano nella realtà: poco
più di un migliaio in condizioni, per usare un eufemismo, precarie:
“Armi poche, vestiti meno ancora. I più avevan la testa come i piedi,
all’adamitica. C’erano soldati della campagna del ’60, ma più numerosi
di loro i fanciulli. Mi ricordo di un capitano, il solo che portasse in
quel giorno distintivi d’ufficiale, che comandava, con un sussieguo da
veterano, una squadra di dodici o quindici ragazzi, il più vecchio dei
quali non aveva dieci anni”. Estremamente difficili le condizioni
logistiche: “Una fontana nel palazzo, che innanzi il nostro arrivo aveva
dato acqua in abbondanza, d’un tratto inaridì. Da mangiare non v’era che
pane, e il caldo facevasi soffocante! Arrivò del vino verso le 9, ma,
come suole avvenire in codeste distribuzioni garibaldine, molti non ne
toccarono, pochi se n’ubbriacarono”.
In serata l’arrivo a Mezzojuso e si dovette “fare a’ pugni e rompersi le
costole per penetrare in un angusto caffè dove distribuivasi un poco
d’acqua. E se volemmo riposarci e dormire, ne toccò accontentarci d’un
canto della piazza dove raccoglievansi le immondizie dei porci. Era
l’angolo più puzzolente della Sicilia, che pur non si picca, in genere,
di pulizia”.
Nella mattinata a Mezzojuso era giunto Giuseppe Garibaldi. Accolto dalla
popolazione con entusiasmo, partecipò nella chiesa principale ad una
cerimonia religiosa officiata da sacerdoti di rito latino e di rito
armeno.
Nella mattinata del 3 agosto l’esercito garibaldino si sparse per le vie
del paese: “I più vanno in cerca di vitto e trovano frutta, vecchie
galline e carni di montone, tutto aumentato del doppio nel prezzo. Io e
qualch’altro, più desiderosi di pulizia che d’alimento, saliamo ad una
fonte abbondantissima dove s’abbeverano bestie e paesani coi piedi in
una fetida pozzanghera. Là ci tuffiamo, con quella voluttà ch’è solo
conosciuta dal soldato che marcia da parecchi giorni senza togliersi i
panni di dosso e senza lavarsi”.
Giunsero nello stesso giorno al quartier generale di Garibaldi due
esponenti moderati della “notabilità” palermitana: “il duca della
Verdura, ricco patrizio, e il prof. La Loggia, medico distinto e capo
della Sanità dell’isola”. I due comunicavano al Generale l’arrivo di un
nuovo prefetto, il Cugia, “munito di estesi poteri allo scopo i opporsi
alla spedizione”. I due ebbero in risposta “rifiutarsi Garibaldi a
lasciare l’impresa; essere inflessibile voler suo e de’ suoi il compiere
il programma di Marsala, pur evitando ogni lotta colle truppe regie”. I
volontari garibaldini ripresero “la via di Roma a piedi, già laceri e
scalzi dopo due sole tappe”.
Zappert volse un ultimo sguardo a Mezzojuso: “E’ un ammasso di casupole
poste a cavaliere di un monte, ed abitate da un diecimila cenciosi e da
un numero eguale di cani e di maiali. Per darvi un’idea della ricchezza
del paese basti pensare questo, che non ci fu possibile cangiar una
piastra (cinque franchi e qualche centesimo) da nessun venditore di
commestibili o d’altro, e se volemmo aver moneta, ne bisognò rivolgerci
al sindaco od a qualche prete armeno i quali arrivarono tutt’insieme a
spezzarci una ventina di franchi”.
“Quest’è del resto la condizione di tutta la Sicilia: il numerario vi
scarseggia e l’oro vi è quasi sconosciuto. Immense quantità di terreno
non coltivato, l’industria nulla, il commercio meschino, le vie di
comunicazione difficili, l’ignoranza e la superstizione che un sistema
in acconcio d’istruzione non vale a dissipare: ecco le cause della
povertà di un paese che potrebbe essere, come già fu, lo scrigno
d’Italia”.
Il 4 agosto una tappa d’oltre diciotto miglia da Mezzojuso ad “una
cascina isolata chiamata Manganaro”. Quindi a Rocca Palomba “villaggio
situato sul pendio d’un monte; un masso roccioso, a piombo sopra quelle
cento case, l’una sull’altra agglomerate, sembra per le poverette una
continua minaccia”. Garibaldi fu accolto anche qui con “frenetiche grida
di gioia” ma “non parvero in complesso i Rocca-palombesi di cuor troppo
aperto. Molto chiasso e pochi fatti: tenerezze a furia e borsa chiusa”.
Aggiunge Zappert: “Immagine in piccolo di una contrada assai più vasta e
popolosa e incivilita - che si chiama Lombardia - dove tre mesi
innanzi, allorché Garibaldi la percorreva in trionfo, un entusiasmo
infrenabile pareva promettere all’Italia eroici fatti, e dove la
spedizione del capitano del popolo non trovò che rari aiuti, dove la
catastrofe d’Aspromonte non ebbe che una flebile eco”.
Il 5 agosto il piccolo esercito raggiunse Lalla (Alia), “villaggio che
siede sulla cresta d’un monte e che sembra stender la mano in aria
protettrice a Rocca-Palomba”. La sosta a Lalla fu “una delle più belle
giornate della trista iliade che ebbe fine ad Aspromonte”. Grazie
all’ospitalità del patriota dottor Antonino Spadaro, il capitano
milanese gustò “le delizie di un letto soffice e sprimacciato, dopo aver
dormito per cinque giorni a ciel sereno e sovra guanciali di pietre” e
poté sedere “a desco imbandito da un’ospitalità cortese, premurosa,
quasi riconoscente dell’avermi a commensale”.
Il 6 tappa nella “valle d’Olmo”, in un villaggio “che ben si noma
dall’avvallarsi che fa nel mezzo di altissimi monti”. Era domenica,
giornata di festa, e la gente si affacciava sulle soglie di casa
incuriosita ed allietata da campane che suonavano a distesa. Tutto
faceva sperare in una sosta fortunata. E invece: “Poveretti noi! In
nessun’altra città o villaggio trovammo tanta ripugnanza e freddezza. I
viveri incarirono d’un tratto fino ad un prezzo esorbitante; le case si
chiusero; l’acqua, (un’acqua giallognola mista a pagliuzza) ne fu fatta
pagare fin due baiocchi il bicchiere. A mala pena, dopo aver battuto a
non so quante porte inesorabili, io e qualch’altro trovammo un cantuccio
dove far arrostir sulle bracie un brandello di carne di montone. Il
vino, che pagammo dodici baiocchi la cannata (La cannata è una misura
siciliana che equivale al nostro antico boccale, quattro quinti di un
litro) era acido e fracido”. Seguì una lite tra i valligiani accusati di
“ladreria” ed i volontari.
A sera i garibaldini raggiunsero Valle Lunga ma non vi sostarono: “Un
ordine dello Stato Maggiore ingiungeva di continuar la marcia fino a
Villalba, poiché dicevasi Valle Lunga infestata dalla mal’aria; e però
tornasse pernicioso il passarvi la notte. Attraversammo tristamente il
villaggio che ci parve bello, popoloso, pieno di vita, solo forse perché
eravamo costretti passare innanzi, e ci arrampicammo fino a Villalba, da
cui ci disgiungeva una grossa ora di salita. A notte fatta fummo sul
luogo, e ci andammo tutti a raccogliere in una cascina fuor del paese,
in una posizione anche più elevata, dove Garibaldi aveva impiantato il
Quartier Generale. Una quantità di fieno accatastata nell’ampio cortile
della cascina offrì a tutto il battaglione un comodo letto”.
Zappert annota che il paese appartiene alla marchesa Villalba che ama
però risiedere a Livorno: “Fa benissimo a preferire la seconda città di
Toscana, al suo vasto podere, che non le darebbe modo a ricambiar parole
con persona civile. La posizione di Villalba, magnifica per un poeta e
uno strategico, non ha lusinghe per una dama dell’alta società, la quale
non vi troverebbe altro consorzio che quello del suo fattore,
d’un povero prete quasi illetterato, e di un’infinità di capre, di
montoni, di ciucci”.
Compare a questo punto della narrazione un frate di nome Pantaleo che
già nel 1860 si era speso in favore dei garibaldini. Stavolta, per la
maggiore confusione politica che circonda gli avvenimenti, il frate non
può far molto e compare nella narrazione sol perché dà notizia di uno
scontro avvenuto tra le truppe governative ed i garibaldini siciliani a
Santo Stefano di Quisquina. Lo scontro causò una decina di vittime e non
degenerò ulteriormente grazie alla freddezza ed al coraggio del giovane
garibaldino Enrico Cairoli. I volontari siciliani – riferì il frate -
avevano lasciato Santo Stefano e si erano diretti a Castel Termini. La
notizia dello scontro fu riferita a Garibaldi che, dopo una prima
violenta reazione verbale, preferì evitare rappresaglie che avrebbero
compromesso il prosieguo della spedizione.
Assai efficace la descrizione del frate: “Padre Pantaleo è un giovane
frate in sui trenta anni, né alto né basso, tarchiato di forme, dal
volto aperto e sorridente, benché ornato di folta barba. Veste una
tunica monacale, cinta ai fianchi d’un cordone bianco, pel quale mi
avvenne qualche volta di veder passare o uno stiletto od un revolver.
Marcia quasi sempre a cavallo… Chi dicesse che padre Pantaleo non abbia
reso servigi nella prima campagna di Sicilia indurrebbe altri in errore.
Benché dotato di una eloquenza che nulla ha d’elevato, pur la sua parola
fu di impulso irresistibile nei primi momenti della rivoluzione
palermitana. Egli bandì una vera crociata presso quelle popolazioni
ignoranti, trascinate, più che dall’eloquenza, dall’abito francescano
dell’oratore. Vi ha più superstizione che religion vera in Sicilia. E’
un popolo di idolatri, che non si conosce di dogmi, e tiene in
grand’onore le immagini. Garibaldi ha in ciò perfettamente conosciuto i
siciliani: egli interviene alle loro funzioni di chiesa e dà a queste
una solennità di più colla sua figura da Cristo. Egli si è con ciò
assicurato un posto in tutti i casolari della Sicilia, a fianco della
Madonna e di Santa Rosalia”.
L’8 agosto, al sorgere del sole, i garibaldini partirono da Villalba,
alla volta di Santa Caterina: una tappa di ventitre miglia con una
“sosta ad un piccolo villaggio, chiamato Marianopoli, il cui nome svela
la sua origine greca”. E proprio durante la sosta giunse a Marianopoli
una “comitiva d’oltre venti cavalieri in ricca divisa… Era la guardia
nazionale a cavallo du Santa Caterina che veniva ad onorare Garibaldi e
si proponeva essergli scorta per un buon tratto di paese. Santa Caterina
è, dopo Napoli, la sola città d’Italia che possegga la guardia nazionale
a cavallo. Istituzione abbastanza frivola affatto inutile, ma che
prova, se non altro, l’agiatezza del paese che le die’ vita e la
mantiene”.
“Preceduti da quella brillante cavalcata che faceva un singolar
contrasto colle nostre povere camicie rosse, scolorate dal sole e
lacere, lasciammo Marianopoli verso le due del pomeriggio e toccammo
un’ora innanzi sera Santa Caterina. La guardia nazionale a piedi ci
venne incontro a due buone miglia di cammino, colle bandiere spiegate e
con evviva cordiali a Garibaldi: sicché entrammo in città a modo di
trionfatori. Le campane suonavano a distesa; tutte le mani e tutte le
voci applaudivano; l’intera popolazione era adunata nelle vie e sulla
finestre, dalle quali svolazzavano fazzoletti e bandiere”.
Santa Caterina – dice Zappert – non era propriamente una città ma ne
aveva l’aria: “Strade ampie e larghe, una bella piazza, una cattedrale
di architettura barocca ma ricca, le danno apparenza di città più che
borghigiana. Dico apparenza, perché non mi parve che l’ospitalità degli
abitanti rispondesse allo splendore della sua guardia equestre ed ai
clamori dei suoi evviva. Io, per esempio, ebbi alloggio presso un
capitano della guardia nazionale, di una circonferenza addominale
rispettabile, ma di una larghezza di cuore problematica. Dopo avermi
ricevuto con una freddezza che non armonizzava troppo cogli evviva che
poco prima aveva diretto ai volontarii, fu grave fatica se gli potei
cavare un po’ d’acqua per bevere e lavarmi. Ma… ci sono degli uomini le
cui opinioni variano a seconda del vestito che indossano. Un capitano in
divisa civile è ben altra cosa che il proprietario e il capo di famiglia
in maniche di camicia”.
Il battaglione garibaldino partì da Santa Caterina alle nove del mattino
del 9 agosto e giunse a Caltanissetta verso le quattro pomeridiane.
Garibaldi si era già installato nella casa della Società Emancipatrice
“da dove pronunciò un discorso, improntato di quella eloquenza un po’
rozza, ma per ciò appunto più calda, ch’è una delle grandi qualità di
Garibaldi”. I volontari furono accasermati nel palazzo del Seminario.
“Caltanissetta è la prima città che trovasi in Sicilia sul lungo
stradale che da Palermo conduce a Catania. Abitata da una popolazione
vivacissima di quasi 30.000 anime, la sua strada principale, che
s’estende da una parte all’altra della città, è ampia e fiancheggiata da
edificii di bella apparenza”. I nisseni manifestarono grande affetto
verso Garibaldi nelle 36 ore della sua permanenza in città. Era un
continuo ripetere di Evviva! E O Roma o morte! Ma – annota
amaramente Zappert – “furono più parole che fatti quelle grida. Dai
quattordici mila Siciliani del 1860, ai tremila dell’agosto 1862, molto
ci corre”.
A Caltanissetta, contrariamente a quanto accaduto in precedenza, i
“ministeriali” accolsero con solennità il Generale che fu perfino
invitato ad un banchetto nel Palazzo della Prefettura dal prefetto
Domenico Marco, avvocato, già deputato al Parlamento Subalpino, in
servizio dal 17 novembre 1861. Ma tale ospitalità gli costò cara dal
momento che dopo pochissimi giorni, il 16 agosto, fu dispensato da
ulteriore servizio.
Il 10 agosto “Garibaldi sull’imbrunire partì in carrozza per S. Cataldo,
paesetto lontano quattro miglia dalla città, dove la gente del contado
che l’aveva invitato l’accolse nel modo che di leggieri immaginerete”.
L’11 agosto il battaglione si trasferì da Caltanissetta a Villarosa ove
giunse a notte inoltrata “sfilando in mezzo alla Guardia Nazionale in
parata e festeggiati da uno scampanio che fendeva le orecchie”.
Il 12 mattina “era appena l’alba e il suono della tromba ci aveva
radunati alla partenza… quando un colpo di fucile, uscito non si sa di
dove, rintrona alle nostre orecchie: una palla fischia e va a colpire
nel petto un ufficiale della Guardia Nazionale del paese. Gli astanti il
veggono cadere senza muoversi a soccorrerlo, senza far neanche un cenno
di sorpresa: e noi ci guardiamo l’un l’altro in faccia, meravigliati di
quel delitto compiuto alla sordina, e più ancora della calma con cui
v’assistono i terrazzani. Alle nostre interrogazioni rispondono: “E’ un
marito o un amante che si vendica. Ecco tutta l’orazione funebre del
povero freddato. Né v’ha pericolo che i carabinieri arrivino a metter la
mano sull’assassino. Conosciuto dal paese intero, lo difende e lo
nasconde la complicità universale. Tutti approvando il fatto, è ben
naturale che favoriscano l’impunità del vendicatore”.
A questa narrazione lo Zappert aggiunge – sorprendentemente – la
seguente riflessione: “E’ un bene, è un male? – Al legislatore e al
filosofo il discuterne e sentenziarne. Per me confesso che queste
vendette selvaggie mi parlano in favore del paese più delle nostre
compiacenti immoralità. E nel vero, le infedeltà e gli scandali, che son
rare eccezioni fra que’ popoli, fanno da noi regola generale. Ciò che
non perora punto a vantaggio dei tribunali e dei duelli che son la
soluzione usata dalla gente incivilita a lavare o punire le macchie
dell’adulterio”.
La sera del 12 il battaglione raggiunse Castrogiovanni e vi rimase per
tre giorni, dal 13 al 16 agosto. Intanto da Piazza Armerina e
Pietraperzia giungevano delle delegazioni che invitavano Garibaldi a far
visita alle loro città. Il Generale accettò l’invito e si recò a Piazza
mentre il battaglione raggiungeva Lionforte. Zappert, per un grave
malore al piede, decise di restare a Castrogiovanni con due compagni,
grazie all’ospitalità di due persone che li accolsero in “una casuccia
all’estremità del paese, composta di una tana da topi al pianterreno che
serviva da cucina, e di tre camere all’unico piano superiore. Cinque
persone vi dormivano per consueto; nelle quarantott’ore che ci fummo
noi, altre quattro ne accolse il tetto ospitale. Senza contare un
ciuccio, due muli, mezza dozzina di porci, otto o dieci conigli e una
ventina di polli, che soggiornavano tutti in quel palazzo di tre metri
quadrati”.
Il 17 agosto, avuta notizia dell’avvicinarsi ad Enna delle truppe regie,
Zappert ed i suoi compagni si procurarono quattro cavalcature e
partirono alla volta di “Lionforte, un’altra quasi-città di 18.000
abitanti”. Il 18 trasferimento a San Filippo, a Regalbuto e quindi al
Simeto ove la natura cambiava radicalmente aspetto: “Da Palermo a
Regalbuto il deserto; da Adernò a Catania il giardino”. Quindi tappa a
Centorbi (Centuripe), Paternò e, alle nove di sera, arrivo a
Misterbianco “villaggio a sole quattro miglia di distanza da Catania”.
In tarda notte l’arrivo a Catania.
Garibaldi il giorno precedente era stato a Misterbianco “illuminato e
festante”. “La popolazione di Catania, sollevatasi in massa, aveva
chiesto a gran voce di vedere il suo liberatore ed eragli uscita
incontro sullo stradale di Misterbianco con torce accese, in mezzo ad un
entusiasmo che non è possibile descrivere; che le autorità politiche
della città, impaurite dall’imponente manifestazione, eransi rifuggite a
bordo di una fregata regia ancorata nel porto; che durante le
ventiquattro ore trascorse le campane non avevan cessato un istante di
suonare a distesa in Catania, dove non era più un carabiniere od un
poliziotto”.
Il 19 agosto Garibaldi e tutti i volontari avevano raggiunto Catania. La
popolazione attendeva le indicazioni del Generale che aveva stabilito il
suo Quartier Generale al Circolo degli Operai. Intanto la guardia
nazionale ed il suo comandante Casalotto si erano posti ai suoi ordini;
le campane suonavano a stormo ed i garibaldini occupavano i punti
strategici assegnati dallo Stato Maggiore. Garibaldi costituiva un
governo provvisorio, sempre in nome di Vittorio Emanuele, col programma
O Roma o morte! reso pubblico con un manifesto.
Il popolo faceva ressa continua “intorno alla casa degli Operai, situata
proprio nel cuore della città, in quella magnifica via Etnea rischiarata
da un mare di luce, fiancheggiata da palazzi di pietra, lastricata di
lava”.
Dal 20 al 23 agosto si svolse un’attività intensa volta ad organizzare
il piccolo esercito di Garibaldi che intanto aveva raggiunto la cifra di
5.500 uomini e che aumentava sempre più. La mattina del 20 furono
distribuiti i “bellissimi fucili di Saint-Etienne destinati alla guardia
nazionale del paese”.
Giungevano intanto notizie che le truppe regie stavano per
riorganizzarsi fuor di Catania. Furono prese misure di precauzione e lo
Stato Maggiore di Garibaldi fu trasferito dalla via Etnea ai
Benedettini. Cominciava intanto a serpeggiare qualche dissidio fra
siciliani e continentali. Il 22 Garibaldi convocò a rapporto tutti i
suoi ufficiali e li galvanizzò con un bellissimo discorso: “Incominciò
dal chiamarsi commosso in veder radunati intorno a lui i più nobili
figli di tutte le parti d’Italia, gli avanzi di tutte le patrie guerre,
i resti di tutte le rivoluzioni della libertà. Disse averci convocati
per consigliarci la concordia, e per ammonirci che di unione avevam
d’uopo a raggiungere la splendida meta della nostra impresa.
Dimenticassimo perciò ogni rancore, ci stendessimo la mano, smettessimo
le ire municipali per non aver che un pensiero nel cuore: la patria”.
Agli ufficiali che avessero bisogno di denaro assicurava: “Venite alo
Stato Maggiore e vi daremo quel che sarà possibile: non siamo ricchi,
ma anche non del tutto in malora”.
La sera del 23 si diffuse un nuovo allarme: le truppe regie avanzavano
verso la città. Il capitano Zappert fu inviato a presidiare una delle
porte della città e, proprio durante il trasferimento, accadde un
episodio assai commovente. Sentì piangere un soldato e, giunto a
destinazione, domandò spiegazione dell’accaduto.
Mi si presentò allora un giovinetto tutto in lagrime, le cui parole non
dimenticherò mai.
“La non prenda cattiva opinione di me a vedermi piangere, signor
capitano. Sono F. L…., studente d’università a Pavia; mio padre,
ufficiale nel 4° reggimento di linea, deve esser qui fuori. Al primo
segnale d’assalto, io potrei trovarmegli a fronte. Crede ella, signor
capitano, che questo pensiero possa lasciarmi insensibile?”.
E il giovinetto, che poteva avere al più 17 anni, singhiozzava così
parlando.
Io volsi altrove gli occhi per non far come lui e lo rimandai al
quartiere.
Al lettore i commenti – Per me non ho parole di riprovazione che bastino
per gli uomini che ebbero il triste coraggio di metter di fronte
coll’armi alla mano i figli ai padri, i fratelli ai fratelli”.
La mattina del 24 agosto una fregata inglese appena giunta nel porto di
Catania rincuorava Garibaldi ed i suoi soldati e faceva da contraltare
all’immagine minacciosa della nave regia Duca di Genova. E, poco
dopo l’arrivo dell’imbarcazione inglese, le sentinelle del Quartier
Generale dei Benedettini segnalarono in mare due vapori mercantili, il
Dispaccio e l’Abatucci. Il Generale colse il momento
propizio e salì ad occupare i due piroscafi che trasportavano cinquanta
uomini comandati dal maggiore Cattabene. A mezzogiorno fu comunicato a
tutti gli ufficiali l’ordine di imbarco; le trombe risuonarono per tutta
la città radunando tutti i volontari. “Ciascun soldato s’ebbe due pacchi
di cartocci e cinque franchi in tanti pezzi da 5 centesimi: ciascun
ufficiale cinquanta franchi dell’ugual moneta”.
Alle 4 pomeridiane incominciò l’imbarco mentre moltissimi catanesi
applaudivano. A notte inoltrata la partenza di “qualche centinaio più di
tremila uomini” mentre quasi 1.500 dovettero restare a terra. Garibaldi
salì per ultimo sul Dispaccio di cui prese il comando; avanzava
per primo l’Abatucci che aveva a bordo tutti i siciliani.
All’alba del 25 agosto lo sbarco nella zona di Melito, quindi
l’avvicinamento a Reggio.
Alle 4 del mattino del 27 agosto il grosso delle truppe intraprese la
ripida salita verso il colle dell’Aspromonte. I battaglioni di Menotti e
Bedeschini, partiti prima degli altri, occupavano già le prime alture
quando si udirono i primi “colpi di fuoco”. Era la retroguardia
garibaldina alle prese con le truppe dell’esercito regio. Tra i primi a
cadere il capitano Ricci. Seguì un violento scontro.
“Ma se fu eroico lo sforzo, n’avemmo conseguenze micidiali. Di tremila
uomini ch’eravamo una metà sola giunse al bosco di Basilicò: gli altri,
estenuati dalla stanchezza, dalla fame, dal freddo, cui erasi aggiunta
una pioggia che penetrava le vesti e le carni, rimasero per via,
coprendo un intervallo di quindici miglia. Mi assicurano che parecchi
morirono d’inanizione; altri piangevan di rabbia nell’assoluta impotenza
di mover più oltre; chi sbatteva i denti per la febbre coricato sotto la
pioggia, senza mantello, senza scarpe, senza un lembo di coperta; chi si
mordeva le unghie per non poter morder nel pane”.
Il 28 agosto continuò la marcia dei superstiti. A sera piovve a dirotto
ma i soldati non avevano più forza per raccogliere della legna ed
accendere i fuochi. “Bisogna che dia io l’esempio! Esclamò allora
Garibaldi. E, tratta la sciabola, s’avviò ad un vicino boschetto, dove
tagliò una bracciata di rami secchi che riportò innanzi la casa dei
Forestali”.
Alle otto del mattino della terribile giornata del 29 agosto, quando fu
annunciata una rassegna del Generale, “il corpo intero poteva numerare
da 1.400 a 1.500 uomini”. Salito sopra una mula, davanti la casa
anzidetta, Garibaldi così parlò ai suoi uomini: “Stiamo più che si può
uniti e compatti. So bene che nelle circostanze in cui siamo non si può
esigere troppa disciplina: ma uno sforzo di pochi giorni ancora, e
avremo superato ogni ostacolo. Le cose prenderanno il naturale loro
andamento, e noi, come vi ho promesso, raggiungeremo ad onta di tutto,
la nostra meta: O Roma o morte!”. I volontari risposero
all’unisono: “Viva Garibaldi!”.
Il Generale voleva dividere i suoi uomini in due colonne e farle
marciare parallelamente fino a Bagnara e Monteleone, “prendendo da un
lato la via di Cosenza, dall’altro quella di Catanzaro”. Si rese però
conto di non poter affrontare il nemico e pensò di aspettarlo in una
posizione migliore. “Fatta una meschinissima distribuzione di viveri e
dissotterrate poche patate in un campo vicino, si assegnarono i posti a
ciascun corpo”. Ma, alle quattro del pomeriggio, nella pianura
sottostante avanzarono le prime linee di dodici battaglioni delle truppe
regie. Il Generale incoraggiava i suoi: “Son tutte manovre; vedrete che
non ci attaccheranno”. Questi i suoi ordini: “Fermi tutti al posto, e
non fate fuoco! Occupate quel colle, ma non rispondete se
attaccano!. Gli ufficiali facciano levare ai fucili le capsule!
Abbasso le baionette!”.ù
Ma i regolari avanzarono minacciosamente e “quando fu il momento della
suprema risoluzione, quando non rimase più scelta libera a farsi tra
l’uccidere o l’essere uccisi, mancò ai garibaldini il coraggio ch’ebbero
i regolari. Alcuno forse avrebbe reagito – e il movimento essendo
parziale non sarebbe riuscito ad altro che alla perdita di chi lo
causava – ma una voce si sparse improvvisamente nel campo, che abbatté
gli animi più deliberati e confuse tutte le menti. Garibaldi è ferito”.
Alcuni ufficiali del battaglione che seguiva, ad una trentina di passi,
il Generale tentarono di reagire ma furono sforzi vani: “La voce
percorse come lampo le file, e quello che non avrebbero potuto centomila
de’ nostri nemici, fe’ cadere tutte le armi, abbatté tutti i cuori. Ogni
ordine ed ogni disciplina andò rotta; e se si udirono ancora colpi di
fuoco dopo che l’eroe stavasi a terra ferito, non partivano essi che
dalla truppa, la quale s’avanzava sempre restringendo il cerchio in cui
ci avviluppava, e dalle estreme nostre linee di destra e di sinistra,
alle quali non era ancor arrivato il fatal colpo”.
La caduta di Garibaldi era un’idea che non poteva entrare nei cervelli
dei suoi soldati che lo ritenevano invulnerabile e invincibile: “Quando
il vedemmo e più volte lo guardammo abbattuto, ci parve che un mondo si
perdesse in lui; ci sembrò rimaner soli nel caos. Vestimmo il luto
d’Italia. Egli intanto, circondato da moltissimi ufficiali e da meglio
che quattrocento di noi, stavasi in terra seduto al limitare del bosco,
tranquillo negli atti e collo sigaro in bocca. Che cosa non darei io per
sapere ciò che passasse allora in quel cuore, quali pensieri
tumultuassero in quell’anima, mentre le labbra non cessavano di ripetere
con voce non infiacchita dal dolore: Cessate il fuoco! Abbasso le
armi!”.
Giunse intanto “un ufficialetto dello Stato Maggiore regolare” che si
presentò al Generale intimandogli la resa. Arrivò poi il colonnello
Pallavicino “con tutti i segni esteriori di una sentita venerazione.
Egli piegò il ginocchio a terra per favellare a voce bassa all’orecchio
di Garibaldi, ed accolse le parole del ferito con deferenza e rispetto”.
Garibaldi dapprima rifiutò di arrendersi al Governo; poi chiese la
libertà per i suoi volontari e, per sé, la possibilità di “ritrarsi su
un naviglio inglese e lasciare l’Italia”. Pallavicino rispose che in
merito avrebbe interpellato il Governo. Garibaldi chiese ai suoi
ufficiali “se i nostri avrebbero accettato la resa a discrezione. Un
silenzio più eloquente della parola gli rispose. Lui ferito, che cosa ci
restava altro a fare?”.
“Tutt’intorno intanto andavano raccogliendosi i fucili, i revolvers, le
sciabole dei garibaldini: agli ufficiali frugavasi indosso un po’ per
far bottino del meglio che possedevano, un po’ per curiosità di trovar
carte che svelassero la nostra complicità col partito mazziniano.
S’intende che, in fuor di qualche orologio e di qualche rara borsa ben
fornita, non trovaron nulla”.
“Verso le sei del pomeriggio il triste corteggio prese la via di Scilla.
Garibaldi stava sopra una barella, coperto di un mantello, fasciato il
capo d’un fazzoletto. Gli ufficiali e le guide del suo Stato Maggiore lo
portavano, cambiandosi ogni mezz’ora; altri precedeva onde procurare di
togliere dalla via ogni ostacolo ai portatori e cansare la minima scossa
al ferito”. Il Generale pernottò alla Marchesina, il misero casolare
d’un pastore: “Improvvisatogli un letto con un monte di cappotti egli
aspettò colà il mattino, fra le cure dei medici Ripari, Basile,
Albanese, e guardato da alcuni ufficiali trasognati e quasi istupiditi
dalla sciagura che li abbatteva. Li altri accampavan fuori, sotto una
pioggia minuta che un vento agghiacciato pareva volesse cacciar loro
nelle ossa”.
Il 30 agosto mattina, a Scilla, il colonnello Pallavicino comunicò a
Garibaldi la risposta del Ministero giunta per telegrafo: “Il Governo
voleva Garibaldi imbarcato sul Duca di Genova e tradotto in un
forte; i suoi volontarii prigionieri, ma divisi da lui, cui non potean
seguire che alcuni fidi”. Il Generale salì subito sulla nave che era
diretta a La Spezia. “A Garibaldi, steso sopra un letto da campo nel
naviglio regio, giunsero dalla spiaggia gli addii pieni di lagrime de’
volontarii. O Roma! O morte! Fu il saluto de’ prigionieri e deve
esser arrivato all’orecchio del ferito come un suono di speranza e come
una promessa”.
Dal 31 agosto l’Italia, il Venezia ed un altro legno di
guerra trasportarono a Reggio e a Scilla i prigionieri che avrebbero poi
raggiunto le fortezze di Bard, Genova, Fenestrelle.
Francesco Zappert, invece, fece un suo particolare percorso intento a
sfuggire alle ricerche dei carabinieri e dei regolari che gli davano la
caccia sui monti: “Ma, se io non divisi le loro sofferenze, ho diritto a
protestare con essi contro la selvaggia autorità che le organizzò, le
insinuò, e quando venne il caso, le impose. Più fortunato degli altri io
non subii prigionia… e rividi prima dei compagni la mia terra natale, ma
i loro dolori non erano meno di essi che miei, e vi ebbero giorni nei
quali io sentii più umilianti per me che per loro i maltrattamenti degli
aguzzini di Rattazzi. Io non vidi i poveri disertori dell’esercito
tratti fuori dalle nostre file e coperti di vituperii, io non ebbi a
ricever percosse; non mi toccò esser testimonio dei sogghigni e degli
scherni dei vincitori; non subii duri rimproveri nella marcia; non mi
sentii chiamare soldato del fumo; non vidi le risa ironiche che
accompagnavano certi discorsi sulle prodezze dei volontarii sì
facilmente vinti; non fui stipato con altre centinaia entro le mura di
una cappella di Reggio che poteva appena contenere la metà di noi e
nella quale si mancava di tutto, fin dell’aria; non passai lunghe
giornate alla Spezia relegato sui navigli che non si risolvevan mai a
gettar sulla riva i poveri prigionieri; non odorai le tristi esalazioni
che infettavano quei pontoni e che ingeneravan già malattie… non rimasi
chiuso a lungo entro stanzoni oscuri, nei quali la respirazione di
quaranta a cinquanta individui rendeva malsano l’abitare… non vidi gli
ammalati privi di cure; non ebbi infine ad aspettare una grazia data a
stento, più a stento ancora applicata, ed oggi, (oggi incredibile a
dirsi dopo cinque mesi!) per qualcuno de’ nostri lettera morta, vana
promessa di libertà!”.
Ma – osserva ancora Zappert – la sconfitta di Aspromonte e la ferita non
sminuirono, ma accrebbero la popolarità di Giuseppe Garibaldi che, a
capo di “mille e duecento affamati” dovette resistere a trentamila
uomini in armi: “La rivoluzione, benché impedita dai dormenti, cammina:
il suo lavoro è lento ma progressivo, e quando la sembra arrestarsi è
forse allora che prende nel silenzio lo stimolo per toccare all’unica
sua meta: la libertà”.
Francesco Zappert errò per due giorni interi sulla montagna; poi, il
primo di settembre, fu ospite a Reggio di alcuni artigiani e, quindi, di
una delle prime famiglie della città. Il 2 settembre giunsero notizie
telegrafiche delle dimostrazioni scoppiate a Milano contro i fatti di
Aspromonte e del decreto di Cialdini che intimava la resa immediata a
tutti i garibaldini dispersi nelle Calabrie. Grazie ai suoi ospiti,
ottenne un passaporto per Napoli. Il 4 partì alle 5 del pomeriggio sul
vapore mercantile Elba e, alle undici di notte del giorno
successivo, entrava nel golfo di Napoli.
L’8 settembre Zappert s’imbarcava su Lo Zuavo di Palestro alla
volta di Genova; il dieci rientrava a Milano sbattendo i denti per la
febbre, “lacero, sparuto, con mille franchi di meno in tasca e con un
disinganno di più nel cuore: “Mi posi a letto e, quando Dio volle,
riacquistai forza e salute. Tanto che potei finalmente dettare queste
memorie, fedeli espressioni del vero, e per ciò probabilmente noiose a
taluno, a tal altro increscevoli. I moderati le leggeranno e ne diranno
plagas. Meglio: sarà una prova irrecusabile che ho fatto bene a
scriverle”.
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Prof. Gaetano Augello
(Preside Unitre di Canicatti) |
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NOTA BIBLIOGRAFICA
Francesco Zappert, Da Palermo ad Aspromonte: frammenti, Milano, G.
Redaelli, 1863, 145 pagine.
Francesco Zappert – Da Palermo ad Aspromonte – In Garibaldi e i
Garibaldini, Raccolta trimestrale di scritti e documenti inediti o rari
diretta da E. Brambilla, D. Bulferetti, A. Mori.
Editore Riccardo Gagliardi, Libraio Antiquario, Como 1910.
Anno I – N. 1 – 5 maggio 1910
Anno I – N. 2 – 21 agosto 1910
Anno I – N. 3 – 15 novembre 1910
Anno I – N. 4 – 27 maggio 1911
Carlo Aliverti – Gerente responsabile
Como, Tipografia Cavalleri & Bazzi
Abbonamento annuo:
Italia……………… L. 10
Estero……….......... ” 12
Un fascicolo separato “ 3
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10/01/2014 |
Chiesa. "San Gregorio di
Nissa"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Gregorio di Nissa |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 10 gennaio
la Chiesa celebra la memoria facoltativa di "san Gregorio di Nissa"
San Gregorio di Nissa fu uno dei più importanti Padri "Cappadoci" della
Chiesa d'Oriente. A lui si deve il primo trattato sulla perfezione
cristiana: il "De Virginitate". Nato intorno al 335 d.C. a Kayseri (Turchia)
e morto nel 394 d.C. a Nevsehir (Turchia), è noto anche come Gregorio
Nisseno. E' stato un vescovo, un teologo e un santo Greco antico.
E' venerato come santo della Chiesa cattolica e della Chiesa anglicana.
Commemorato il 10 gennaio.
Tra i suoi scritti si annoverano trattati teologici, opere esegetiche, opere
ascetiche, discorsi e infine l'epistolario.
San Gregorio interceda per noi". |
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Prof. Graziella Vizzini
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09/01/2014 |
Iniziative. Le opere dei
concorsi "Presepe in vetrina" e "Presepe artigianale" |
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Vedi le foto |
Sono otto le attività commerciali di Grotte che hanno
aderito all’iniziativa “Presepi in Vetrina” ideata dalla costituenda
“Associazione Cavalieri di Gesù Bambino del Santo Presepe” e patrocinata dal
Comune di Grotte.
Questi i nomi, in ordine alfabetico, delle attività che hanno esposto i
presepi in vetrina dei quali pubblichiamo le foto, insieme a quelle della
Mostra-Concorso del Presepe Artigianale: “Alimentari Infantino” di Filippo
Infantino, “Bar Roma” di Samuele Fiore, “Eden Rosticceria-Tavola Calda” di
Salvatore Baldo, “Gieffe Ottica” di Francesco Rampella, “Le Perle” di
Maurizio Rivituso, “Moda Capelli” di Joel Butera, “Piccolo Mondo” di Alaimo
Giuseppa, “Rivendita Tabacchi N° 5” di Tirone Lorenza.
Ogni presepe si è distinto per bellezza, creatività, originalità e
simbologia, pertanto il Presidente Gero Miceli in accordo con la giuria ha
deciso di assegnare a tutti i partecipanti lo stesso riconoscimento in segno
di gratitudine per le loro adesioni che hanno reso possibile l’obiettivo
prefissato dall’iniziativa, ossia quella di promuovere la rappresentazione
della Natività di Nostro Signore anche negli esercizi commerciali del
territorio, al fine di ridare più spazio a Gesù Bambino che nasce nel Santo
Presepe, vero rappresentante del Santo Natale e delle nostre tradizioni,
preferendolo così ad altri simboli natalizi.
La cerimonia di premiazione si è tenuta lo scorso sabato 4 gennaio, presso
la Sala Consiliare del Comune di Grotte, in seno alla manifestazione
“Giovani e Sport”. Durante la serata sono stati premiati inoltre tutti i
realizzatori dei presepi allestiti nei quartieri e gli autori dei presepi
partecipanti alla Mostra-Concorso del Presepe Artigianale, organizzata
sempre dalla costituenda “Associazione Cavalieri di Gesù Bambino del Santo
Presepe” in collaborazione con l’Associazione “Gli Amici di Padre Vinti” che
ha offerto i premi di partecipazione, consistenti in oggettistica sacra
inerente il Servo di Dio Padre Vinti, assegnati al Gruppo di Catechismo
“Beato Padre Pino Puglisi” ed a Bruno Gallo Domenico.
(Foto
di
© Gero Miceli)
Opere dei concorsi "Presepe in vetrina" e "Presepe artigianale" (Foto)
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09/01/2014 |
Iniziative. "Passo e...
spasso!", la "Passeggiata della Salute"; percorso del 2
gennaio |
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Come già scritto la scorsa settimana, per i mesi di gennaio e febbraio (onde
evitare la concomitanza con le proiezioni del cineforum), gli
organizzatori hanno deciso di spostare le passeggiate al giovedi; solita ora, solito posto. Si consiglia di
portare con sé una piccola torcia per assicurarsi una migliore visibilità
lungo eventuali tratti poco illuminati.
E' utile ricordare che i bambini che volessero partecipare
alle passeggiate, devono essere accompagnati da almeno uno dei
genitori.
Questo sarà il programma ed il nuovo percorso di oggi, giovedi 9 gennaio:
ore 20.00 raduno in piazza mercato (Piazza A. Magnani);
ore 20.15 partenza
Via Mattarella, Via Ingrao, Viale della Vittoria,
Via Umbria, Via Madonna delle Grazie, Via F. Pillitteri, Via Gen. Dalla
Chiesa, via Padre Vinti, Viale S. Pertini, Via Del Gesù, Viale R. Livatino,
Via C. Terranova, Via F. Crispi, Via Ingrao, Via Mattarella,
Piazza
Magnani (arrivo).
Per partecipare, del tutto gratuitamente, basta calzare
comode scarpe ed avere un pizzico di buona volontà. Non si tratta di una corsa ma di una vera e propria passeggiata lungo un
percorso per nulla difficoltoso. E' possibile ricevere maggiori informazioni
chiamando il 339.3297945 (Mirella) o il 380.4747908 (Antonio).
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09/01/2014 |
Proposte. "Accorrete";
racconto per la rubrica "SolidaMente" |
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Vedi la rubrica |
SolidaMente
Accorrete
“Accorrete, accorrete tutti, la nostra Regina sta per morire!”.
E tutti accorsero con clamore al vecchio palazzo al centro del largo e
alberato viale, dove l’imponenza di un enorme portone di legno, chiuso da un
pesante catenaccio di bronzo, sigillava la dimora del potere. Non un
miraggio, ma solo una grande costruzione con molte finestre che - a detta
degli abitanti - non erano mai state aperte, nonostante ogni giorno
venissero puntualmente ripulite e rese brillanti alla vista di chi, con una
certa punta di curiosità, tendeva a sbirciare all’interno dell’austero
edificio, dove chissà quali grandi cose, quali inconoscibili misteri, si
celavano inesplorati.
All’interno dell’edificio, nel cuore del sesto e ultimo piano, in una
piccola e affollata stanza, giaceva la regina, accerchiata da dieci figure
distinte, che guardandosi, prima intorno, poi vicendevolmente, cercavano il
da farsi l’uno negli occhi dell’altro, ma non scorgendo nessuna soluzione.
Su una parete della camera, alla quale era accostato un massiccio scrittoio
in legno, erano appesi diversi quadri: volti rubicondi dalle mille
acconciature e dagli abiti più sfarzosi. Fra tutti, però, due erano in bella
vista, ed erano anche notevoli le dimensioni e il fregio della cornice che
li racchiudeva.
In uno di questi, un uomo con la camicia rossa, dalla barba e dai baffi
lunghi, guardava con immobile profondità gli osservatori, con quegli occhi
intensi che sbucavano appena sotto il berretto nero. Sullo sfondo apparivano
soldati, cento, duecento, forse mille, che impugnavano bandiere tricolore.
L’altro rappresentava un uomo pienotto, di cui tutti i presenti rammentavano
esattamente la conformazione fisica, la barbetta, il grosso naso che reggeva
gli occhialetti tondi, ma nessuno ricordava più il nome. “Non era della loro
lingua”: ecco la giustificazione, ma poco importava.
Proprio sotto a queste due massicce figure, lo scrittoio reggeva il
testamento della Regina, verso cui, nel frattempo, si avvicinava un notaio.
L’uomo, già alzatosi da tempo e di buon grado, aveva attraversato moltissime
stanze prima di arrivare in quella dove si trovava, un percorso fatto di
sbagli, inciampi e confusione. Sedutosi, cominciò ad esaminare il contenuto
del testamento. Di quei tempi, però, si usava scrivere in maniera poco
comprensibile e con una grafia molto minuta, tanto che l’esaminatore fu
costretto a frugare qua e là nel mobile, in cerca di una lente di
ingrandimento. La trovò in uno dei tanti cassetti, proprio in fondo, dove la
lente giaceva, come nascosta da una cornice dal vetro ormai rovinato. Era
una foto, un uomo pelato con un berretto con una grossa aquila al centro. Al
notaio venne da chiedersi il perché non fosse stato aggiunto tra i quadri
esposti in bella vista sulla parete soprastante, nonostante le perfette
condizioni dell’immagine, ma non se ne curò tanto, e continuò a leggere la
pergamena, cercando di non tralasciare neanche una parola.
Nel contempo, la regina, ormai priva di ogni forza e con una benda sulla
fronte e sugli occhi, stava muta e gelida sul suo sudario, intuendo che gli
ultimi istanti della sua vita sarebbero stati accompagnati dalla presenza di
tutti quegli uomini che aveva conosciuto solo di vista e di passaggio.
L’atmosfera si faceva sempre più greve: erano evidentemente gli ultimi
respiri della tanto amata sovrana, attimi che scorrevano inesorabili sotto
gli occhi delle dieci figure. Improvvisamente, però, una di queste si mosse,
brandendo un crocifisso in mano, e così un anziano signore dal bianco
colletto rigido e avvolto dai paramenti sacri, ordinò che i presenti si
allontanassero nella stanza attigua, per dare il più correttamente possibile
le estreme unzioni. Al brusco gesto che accennava ad andarsene e alla grande
mano che li spingeva, finalmente i nove rimanenti lasciarono la stanza,
trasferendosi nella camera affianco. Il sacerdote maneggiò una piccola
anfora con gli unguenti necessari per il sacramento, quasi rischiando di
farla cadere per la mancata presa, dovuta all’impedimento che recava un
grosso anello dorato all’anulare sinistro. Dopo vari tentativi e dopo aver
compiuto il rito, con una certa goffaggine, il celebrante si inginocchiò
alla destra della regina, e con gli occhi nascosti dalle mani giunte,
sbirciava l’operato del notaio, che non aveva abbandonato la sua scrivania.
Fu proprio allora che un’improvvisa voglia di confessare lo spinse a pensare
fra sé, a riflettere su quello che stava accadendo: “Oh Mia Regina, che
il Nostro Signore ti possa accogliere nel Regno dei Cieli, che tu possa
riposare nella misericordia eterna. Mio Dio, prendila con Te, portala fra i
Tuoi angeli. Sì, te ne prego, questo non è più il Suo tempo... Ma che sto
dicendo?! Spero forse che la Mia Signora muoia?! No! Ahimè, che pensieri
funesti il demonio mi adduce! Sì, opera senz’altro di Satana! Signore,
allontanami da Lui, allontanami dalla sua cupidigia, e inebriami del Tuo
spirito, della Tua bontà... così in cielo, ma anche in terra... In terra no,
solo nella vita eterna. Ma no, anche in terra, Signore ne ho bisogno. Aspiro
alla ricchezza del Paradiso, non a quella di questo vile mondo. Ma del
resto… chi sono io per dirlo, se non un’umile creatura, serva del mio Dio?
Persevero forse nel potere che mi deriverebbe dalla morte della mia sovrana?
E sia, se è volontà di Dio. Sì, senz’altro lo è, se questi sono i miei
pensieri. Mia Regina, è sempre stato così, spetterà a noi il giudizio sul
Tuo operato, e nel frattempo opereremo noi, affinché il gregge sappia cosa è
giusto e cos’è sbagliato, cosa nasce dall’ispirazione divina e cosa è frutto
della cupidigia di Satana”. Si tolse l’anello e lo gettò sul letto, ma
subito se ne pentì, quando vide che il notaio si era accorto dell’inusuale
gesto, e se lo rinfilò al dito. “Il mio compito qua è finito, che il
Signore Ti accolga in cielo, Mia Regina, ma non Sei più di questo mondo.
Questa terra appartiene ai vivi”.
Rimessosi in piedi uscì dalla stanza, recandosi nella sala dove gli altri lo
attendevano.
L’altra camera era decisamente più ampia della precedente, sicuramente più
luminosa, ma forse meno spoglia. Lì, attorno ad un lungo tavolo bianco,
stavano seduti i nove, comodi su una poltrona, che riportava una grossa
targhetta con scritto il nome di ciascuno. Singolare era il fatto che le
poltrone fossero immobili, poiché erano saldamente attaccate al pavimento
della sala. I cavalieri della tavola, chissà perché, ingannavano il tempo in
uno strano modo. C’era, sul bancone, un grande mosaico, che simboleggiava la
famiglia reale e che era stato realizzato molti anni prima da un grandissimo
artista; ogni tessera era curata nei minimi particolari e disegnata con
sopraffina precisione. Quello che però straniva era che gli uomini lì seduti
si divertivano a tirare e a scombinarne i pezzi, e a metterli uno dopo
l’altro in una sequenza errata e quasi illogica, di cui però la gente nel
palazzo, che passava e spassava dinanzi a quel capolavoro, sembrava non
accorgersi: era uno strano gioco. Ad un certo punto uno dei presenti fece
cadere, forse non involontariamente, un vaso posto sulla tavola. Anche in
questo caso cercarono di rimettere i cocci insieme, ma con una combinazione
diversa della precedente, dando vita ad una forma sconosciuta e sgradevole,
sebbene non apparisse tale agli occhi di tutti gli altri, che anzi
sostenevano che era sempre stato in quell’esatto modo.
Quando entrò il prete, nella stanza ci fu un attimo di scompiglio; uno degli
uomini chiese se la Regina fosse ancora in vita, e, alla risposta
affermativa del sacerdote, decise di alzarsi da solo per andare a fare
un’ultima visita alla moribonda.
Si presentò, sulla soglia della camera ormai ben nota, la massiccia figura
di un cinquantenne, dal volto deformato, con un sigaro fra le dita, e che
guardava con aria di sfida il giaciglio della sua sovrana. Questi, tuttavia,
non si avvicinò al letto di morte, ma si limitò a fermarsi ad una certa
distanza dal corpo, in piedi. Mentre giocherellava con il tabacco che stava
nel suo borsello, l’uomo disse, o meglio, disse fra sé: “Eccoti.
Guardati. La Nostra Regina, che muore. Come tutti gli altri, come chiunque.
A quanto pare si vive diversamente, ma tutti moriamo allo stesso modo. Io
Sono Stato ovunque, sono venuto in questa stessa stanza più volte di quanto
tu possa credere, e tu non te ne sei mai nemmeno accorta. E io? – e qui
gli scappò una certa risatina – Io Sono ancora vivo. E vivrò, ancora,
uno, due, tre giorni, abbastanza per dichiarare la mia vittoria. Il potere
logora, chi l’ha e chi non l’ha. E se questo è il tuo potere, quello di non
arrivare ad avere una morte diversa dai pezzenti che qua sotto sono accorsi
per vederti, Mia Regina, credo che Tu sia un’illusa. Sei stata la Regina
della mia vita, Io Sarò il Re della tua morte. Le bombe e le stragi non mi
serviranno più, adesso la vera violenza sarà una sconosciuta normalità”.
Con un’aria superba, uscì col passo pesante dalla porta, facendosi udire da
un uomo che in molti conoscevano, dal cognome ingombrante e rispettato.
Questo non aspettò che l’altro uscisse che già era sull’uscio, e si gettò
immediatamente ai piedi del letto di morte.
“So cosa può averti detto. La paura non devi averla, Sei stata la Regina
che ho sempre difeso e per Cui ho combattuto, contro quel potere che Ti ha
ucciso. Sono stati loro, e ancora ne verranno, a confessarTi la loro
colpevolezza. Fisicamente sono morto anch’io, forse, ma le mie idee non
moriranno mai. Mia Regina, la Tua vittoria sarà la mia. La Tua morte, la Tua
sconfitta, sarà quella di tutti noi. Non abbandonarci, resisti!”.
Ma non riuscì a concludere che un’elegante figura, in giacca e cravatta,
fece sgomberare la stanza, aiutato da due guardie di palazzo, che,
nonostante le proteste del notaio, riuscirono a fare uscire tutti, lasciando
da solo il nuovo entrato con la sovrana. Prese una sedia, la pulì per bene,
poi con comodo ci si sedette e cominciò a guardare la moribonda. Dal
taschino si intravedevano foglie di tabacco, stranamente dello stesso tipo
di quello che fumava il secondo entrato. Cominciò subito a parlare, a voce
alta, chiara, forse con la presunzione di farsi sentire nella stanza
accanto.
“La corona. Il potere. La lealtà. Quante parole, quante belle parole oggi
possiamo analizzare insieme, Mia Amata Collega. La corona che adesso sta
sul tuo comodino, e che un tempo si sposava perfettamente col tuo capo,
domani, stasera, o quando vorrò, sarà mia. Il potere sarà mio. Perché?
Perché il popolo crede che sia giusto così, perché il popolo sa che è così,
che deve essere così. Si sbagliano? Chi può dirlo. Sono loro che decideranno
per sé, sono loro i sovrani. Tutto è così semplice e leale. Vogliono tutto
loro, che io ti sostituisca, perché persino nella tua stanza sono io a
decidere. E le mie decisioni piacciono, vengono acclamate, sorrette,
appoggiate. Non sono solo, sono con i sovrani. E loro, forse non lo sanno,
ma hanno scelto che sia Io il loro sovrano. Un sovrano dei sovrani, pensa un
po’. Vedi, se c’è qualcosa che hai sbagliato, è che non hai cessato di
credere che il popolo si comandi con i sani principi di lealtà, di moralità.
Il popolo ha bisogno di conoscerTi, di apprezzarTi, di vedere quello che
fai. Il Tuo operato, per quanto giusto sia, non è quello voluto dal popolo.
E anche se fosse? Ormai sei morta, mia serva. E io? Io diverrò il tuo
successore, anche se non ti ho mai conosciuto, anche se il popolo non lo sa,
ma lo vogliono, lo vuole. Chiunque sa che arriverà qualcuno a sostituirlo, e
il popolo crede che sia giusto che sia io, mia schiava. E’ tutto così
semplice. Tutto così immediato. Immediata sia la Tua morte, adesso non è ora
di piangerla, la folla ci penserà dopo, un giorno, perché crederà che sia
giusto farlo. Ma loro sono i sovrani, che accorrono in massa spingendosi
sotto le porte, sotto la pioggia, mentre io comodo siedo su questa non tua,
ma Mia poltrona”.
A questo punto si alzò, scostò la tenda e, guardando prima la pioggia che
era cominciata a cadere e poi verso il basso, continuò: “Sentili,
guardali. Dimenticavo… non puoi più alzarti. Sembra quasi che acclamino me,
stanno decidendo loro, non vedi?”. Proprio qui fu sul punto di
bloccarsi, perché sentì bussare alla porta, da cui entrò una donna non più
giovane, con delle profonde rughe debolmente celate dal trucco, che vestiva
elegantemente, ma aveva un’andatura quasi rozza. Quando questa arrivò nella
camera, subito si sedette nello scrittoio, dove prima stava il notaio.
Cercava qualcosa, forse il testamento della Regina, per esaminarlo meglio,
ma era stato portato via, e in preda all’ira cominciò ad esclamare all’uomo:
- Sei un incapace! Quando ti ho detto di fare uscire tutti non intendevo
di far togliere ogni cosa. Adesso dov’è il testamento? Se il notaio lo
leggerà attentamente, per noi sarà la fine!
- Tranquilla, è di una calligrafia minuta, di una lingua quasi
incomprensibile, qualcosa che lui non dovrebbe conoscere. Noi non glielo
abbiamo insegnato.
- Speriamo... Adesso vai, hai già fatto abbastanza danni!
Uscendo con un accenno di vergogna, il presunto successore al potere
ritornò a scombinare il mosaico della stanza accanto, mentre ancora sentiva
un rumore, probabilmente la donna che nella camera della Regina cercava il
fantomatico foglio.
“Mi darei il titolo di Regina da sola, se volessi che gli altri sapessero
tutto. Credono di poter comandare loro, e anche tu lo credevi, ma alle
spalle eri minacciata da me. Gli scandali che salterebbero fuori da quel
testamento.. Ah, solo a pensarci! Ma non sono preoccupata, abbiamo la
situazione in pugno. Gli altri soci, gli altri uomini con cui stai
trascorrendo il tempo dei tuoi ultimi battiti, sono miei amici, siamo una
società. Io sono una società, la società per eccellenza. E giù credono di
essere i comandanti! Mi vien da ridere… anzi, bene! E sia, facciamoglielo
credere! Non ho nulla da fare in questo posto, torno a casa mia, dove posso
continuare a organizzare meglio il tutto. Non vedrai nemmeno l’alba, mia
Regina, ma quel che non sai è che non ne hai mai visto una”.
Quando la porta si aprì, ancora cinque persone aspettavano di fare il
loro ingresso per dare un ultimo saluto alla moribonda. Ma un anziano
signore, in particolare, ferveva per essere il primo già da subito, anche se
non aveva protestato quando prima aveva visto entrare gli altri. Finalmente
il suo turno.
Appena entrò nella stanza vide le bende sulla fronte della Regina, e
impallidendo, in preda ad una crisi di nervi, cominciò a delirare,
nell’assoluta impossibilità di concatenare logicamente i suoi pensieri.
“Madre mia, cosa dirà la mia famiglia? Ti hanno ucciso, e io non ho
potuto fare nulla, io sono stato fermo, con le mani in mano, aspettando che
qualcuno ti curasse! Ma guardali, i medici, dove sono? Guarda come ti
lasciano soffrire!”. E nel frattempo, forse per calmarsi, beveva l’acqua
da un bicchiere sul comodino, probabilmente destinata alla sovrana. “Imperatrice
mia, cosa diranno gli uomini quaggiù, cosa? Non serviranno delle opere
pacifiche per calmarli, niente li potrà rassicurare adesso che te ne vai. So
che… Maestà.. difendili come hai fatto…”. L’agitazione
cominciava a dominare sull’anziano, che si fermò per uscire fra le lacrime,
e portandosi dietro il bicchiere da cui prima aveva bevuto.
I rimanenti quattro, vedendolo sconvolto mentre beveva, si guardarono negli
occhi. Dalla folta barba di uno venne una voce:
- E’ morta? No, non è morta. Non morirà mai, se il popolo la sosterrà.
Intanto serve un medico, vai tu.
E il signore più alto entrò nella camera, con la sua borsa che lasciava
chiaramente intendere la sua professione. Il barbuto continuò: “Servono
aiuti da tutte le parti. Mettiamo in atto una giusta forma di governo.
Raddrizziamo la società. Questa mattina ho scritto un grosso articolo sulla
situazione di oggi. E’ il caso che io vi illustri i rimedi per pervenire
alla nostra vittoria. Il popolo ci acclama. Ecco: cominceremo con il dire
che...”.
Ma nessuno lo stava più a sentire. Mentre ancora continuava a
borbottare, gli altri due sbirciavano ciò che faceva il medico, non
curandosi della correttezza, quasi certa, del discorso che sentivano.
Il medico, visitando la Regina ormai nel momento del trapasso, ordinò che
entrasse uno dei due per aiutarla. Ecco allora un uomo dalla carnagione
olivastra, che non capiva bene la lingua e che preferiva essere utile
piuttosto che continuare ad ascoltare parole su parole.
Ma, sebbene questo avesse seguito alla lettera le istruzioni, tutto si
rivelò vano.
Il medico sosteneva che non fosse un paese all’avanguardia, che dall’altra
parte del mondo avrebbero potuto farlo, che la Regina non fosse stata mai
curata a dovere, che nessuno se ne era mai preoccupato.
Lo straniero, invece, guardava sentendosi colpevole, non di se stesso, ma
dell’accaduto in generale.
L’ultimo ascoltatore, rimasto in scena già da un pezzo, annotava qualcosa su
un foglio. Nessuno si accorse che scriveva proprio sopra il testamento
reale, trasformando radicalmente i termini che venivano talvolta sbarrati,
talvolta ricalcati. Non erano le parole dell’anziano barbuto però, era la
descrizione di tutto l’avvenimento, un articolo di cronaca.
“Chi sarai, buona o cattiva sovrana, lo decideremo noi. Eccoti agli occhi
degli altri: una regina uccisa da uno straniero, che non aveva rispettato le
regole dettategli dal bravo medico nostrano. Tutti sapranno così, ne
parleranno, forse lo condanneranno dei giudici sonnolenti. Ma fra di noi,
nella stanza qui accanto, parliamo, tanto, siamo una grande squadra, e come
sai, l’unione fa la forza. Siamo tutti amici, sappiamo come fare per stare
bene, noi”. E lo straniero piangeva, si commuoveva, vedendo il colorito
della Regina che ormai cambiava e diveniva pallido, come il suo. La
pelle diversa trascolorava allo stesso modo, il pallore della defunta era
identico al colore del volto prima olivastro dell’extracomunitario, ma
nessuno sembrava accorgersene.
E venne il giorno in cui lo accusarono di omicidio, di essere stato il male
della società, la causa della morte della Regina. Ne parlarono tanto, forse
fin troppo, ma poi nessuno si accorse che si parlava di altro, che tutt’a un
tratto l’attenzione, come un fiume in piena, si era riversata su un nuovo
argomento, proprio nelle case del popolo che era accorso alla morte della
Regina: nei giornali solo uomini col taschino da cui fuoriuscivano pacchetti
di tabacco, lo stesso che era stato presente nel palazzo il giorno della
morte della Sovrana. Il popolo gridava ancora, ma sembrava che tutti fossero
sordi, che anche questa volta l’innocente medico avesse dato le giuste
istruzioni, ma che queste fossero state eseguite male. Dopo diversi giorni
piansero per la morte della Sovrana, fecero un solenne funerale, nel tempo
necessario per un’ingente cerimonia, e per un’edizione straordinaria che
andò a ruba.
In quella giornata di fitta nebbia, solo una macchia si distingueva nel
paesaggio. Un cane, o forse un esemplare di lupa, che in riva ad un fiume
aspettava qualcosa.
Una cesta: era piena di tabacco. |
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SolidaMente
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NdR:
"SolidaMente" è un gruppo di giovani del quale fanno parte: Antony Agnello,
Enrico Bellomo, Salvatore Lo Presti e Simona Zaffuto, Claudio Terrana,
Alessandro Basta, Davide Castelli, Claudia Castelli, Antonio Lo Presti,
Irene Milisenda.
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09/01/2014 |
Comune. Convegno sul tema "A.
Agricoltura - Quale futuro?", con l'assessore regionale Cartabellotta |
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Manifesto |
Lunedi 13 gennaio, alle ore 17.00 nella Sala Consiliare
"Antonio Lauricella", avrà luogo un convegno sul tema "A. Agricoltura -
Quale Futuro?". L'iniziativa è organizzata dal Comune di Grotte in
collaborazione con l'Assessorato Regionale all'Agricoltura.
Programma:
Saluti
- Paolino Fantauzzo (Sindaco di Grotte);
Interventi
- Massimo Brucato (Responsabile SOAT 100 Grotte);
- Lillo Alaimo Di Loro (Responsabile SOAT 100 Grotte);
- Guido Bissanti (Agronomo);
- On. Margherita La Rocca Ruvolo (Deputato Regionale).
Le conclusioni del convegno sono affidate all'assessore regionale
all'Agricoltura Dario Cartabellotta, che parteciperà alla manifestazione.
Aggiornamento al 12 gennaio 2014: il convegno è rinviato al lunedi
successivo, 20 gennaio 2014.
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07/01/2014 |
Lingua. Appendice al "Piccolo
Dizionario Grottese-Italiano" (17); a cura di Carmelo e Graziella
Luparello |
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Luparello |
Nonnò,
pepè, pepè!
Piccolo dizionario Grottese-Italiano
di Carmelo e Graziella Luparello
APPENDICE
(Puntata n° 17)
Modi di dire e proverbi
L'acqua pircià
=
la pioggia è penetrata nel terreno.
La addrina ca camina porta la vozza china
= la gallina
che esce torna con lo stomaco pieno, cioè quando si esce, si torna a casa
sempre con qualche cosa, magari ricevuta in regalo, o qualche novità
interessante.
La
carteddra si sparagna quannu è china
= i soldi si risparmiano quando ci sono.
La
facci di la terra
= superficie
terrestre, es.: nun ci nné cchiù cristiani onesti ni la facci di la terra
= non ci sono più persone oneste sulla superficie della terra.
La
fimmina sa va bìdiri la matina
quannu si susi = la bellezza di una donna bisogna vederla la mattina,
quando si alza dal letto.
La
matinata fa la iurnata
= quando si incomincia a lavorare presto si compie veramente la giornata
lavorativa.
La
mula s'appagnà =
la mula si è
adombrata, ha avuto paura.
La
mula truppicà =
la mula è
inciampata.
La
mamma è l'arma, cu la perdi nun la guadagna
= la mamma è l'anima, chi la perde non la troverà più.
L'ancieddru ti vulà di la caggia
= l'uccello ti è volato dalla gabbia.
L'anciddruzzu
ni la caggia nun canta pi amuri, ma pi raggia = l'uccellino nella
gabbia non canta per amore, ma per rabbia.
L'anticu nun sì sbaglià mai
= l'antico non
si è mai sbagliato.
La
quartara va all'acqua fina ca si rumpi
= la quartara (brocca) va alla fontana fino a quando non si rompe.
L'arbulu s'addrizza quannu è nicu
= l'albero si
raddrizza quando è piccolo (segnala l'importanza della buona educazione
impartita ai piccoli).
La
robba a cu si vinni e a cu s'arriàla
= c'è colui al
quale la merce si vende, c'è colui al quale si regala.
La
scittanza porta a la mala crianza
= l'essere stretti (l'essere molto amici) crea un cattivo comportamento.
Lassari la porta a vaniddruzza
= lasciare la porta socchiusa.
Lassavu lu turrenu gemmu
= ho lasciato il terreno non arato.
La
to casa strinci e ‘bbasa
= La tua casa
ti stringe e ti bacia (oppure: stringi e bacia la tua casa).
Lavari la facci a unu
=
rimproverarlo, rinfacciargli qualcosa.
La
vurpi quannu nun'arriva alla saimi dici ca è aira =
la volpe
quando non può arrivare allo strutto dice che è agro.
L'erba tinta nun mori mà = l'erba cattiva non muore mai.
Li
astimi su di caniglia, cu li etta si li piglia
= le maledizioni (le imprecazioni) sono di crusca, chi le manda se le
riprende.
Li
còlari mi stannu aggiuvicannu
= i dispiaceri mi stanno portando alla tomba.
Li
crozzi di l'armàdiu
= le grucce dell'armadio.
Li
grana vuliemu
= vogliamo i soldi. Così nei primi anni Cinquanta gridavano i minatori di
Grotte in sciopero.
Li
lagnusi hannu setti pruvidenzi lu juornu =
gli oziosi hanno sette provvidenze al giorno.
Li malanni ca ti viennu
= è un augurio
secondo il quale a una persona dovrebbero venire anni cattivi.
Li
mappini lavati vinnuru tacchi tacchi
= gli spolveracci che sono stati lavati sono venuti macchiati.
Linzola arraccamati
= lenzuola
ricamate.
Li
parienti di la muglieri sunnu dunci cuomu lu meli, li parienti di lu maritu
sunnu àiri cuomu
l'acitu = i parenti della moglie sono dolci come il miele, i parenti
del marito sono agri come l'aceto.
Li
parienti sunnu cuomu li scarpi, cchiù scitti sunnu, cchiù fannu mali
= i parenti sono come le scarpe, più sono stretti, più fanno male.
Li
robbi tò li vuò mintiri a mia
= le tue vesti le vuoi mettere a me, cioè tu sei puttana e chiami così me
(insulto tra donne).
Li
segreti di la pignata li sapi la cucchiareddra ca l'arrimìna:
chi c'è dentro conosce le cose.
Li
sordi arrubbati nun lùcinu
= i soldi rubati non portano fortuna.
Li
strigli fannu lu masciu
= gli arnesi
fanno il maestro, cioè senza arnesi non si può lavorare.
Livari lu vientu
= distogliere.
Lu
addru ci dissi a la addrina: lu tiempu si piglia cuomu veni =
il gallo disse
alla gallina: il tempo si prende come viene (invita alla rassegnazione di
fronte al destino).
Lu
cani di l'urtulanu nun mancia e nun fa manciari
= il cane dell'ortolano non mangia e non fa mangiare.
Lu
cappieddru ti vulà
= ti è volato
il cappello.
Lu
celu è picurinu, si nun chiovi oi, chiovi dumani matinu =
il cielo è a pecorelle, se non piove oggi, pioverà domani mattina.
Lu
fierru si batti mentri è callu
= il ferro si batte mentre è caldo.
Lu
gilusu mori curnutu
= chi è geloso muore da cornuto.
Lu
ginisi pi la brascera
= il carbone per il braciere.
Lu
immirutu ni la via 'nnun
si taliava lu immu c'avia = il gobbo nella strada non guarda la
propria gobba.
Lu
liettu è rosa, si nun si dormi s'arriposa
= il letto è una rosa, se non ci si dorme, almeno ci si riposa.
Lu
lupu di mala cuscenza cuomu opira accussì penza
= il lupo che è cattivo come opera lui così pensa che facciano gli altri.
Lu
lupu perdi lu pilu e no lu viziu =il
lupo perde il pelo e non il vizio.
Lu
maccarruni av'aviri lu pirtusu =
i maccheroni devono avere il buco.
Lu
maritu ti duna sullicitu
= il marito ti fa il sollecito.
Lu
nasu mi curri
= lett. il naso mi corre, ma in realtà significa perdita di liquido
biologico dal naso.
Luntanu di l'uocchi, luntanu di lu cori
= chi è lontano dal nostro occhio è anche lontano dal nostro cuore.
L'uocchiu di lu patruni ingrassa lu cavaddru
= la presenza del padrone ingrassa il cavallo.
L'uocchi
mi cùrrinu
= mi scorrono lacrime dagli occhi (vd. sopra Lu nasu mi curri).
Lu
picciuni si spinna quannu è muortu
= il piccione si spenna quando è morto (lo dice l'anziano, che non vuole
distribuire i suoi beni agli eredi prima della morte).
Lu
pisci feti di la testa
= il pesce puzza dalla testa.
Lu
poviru nun n'avia e limuòsina facìa
= il povero non aveva niente e faceva l'elemosina (esprime la maggiore
generosità del povero rispetto al ricco).
Lu
putiàru (lu pisciaru, lu vuccieri) soccu havi vannìa
= il bottegaio (il pescivendolo, il macellaio) grida quello che ha, cioè
annuncia ad alta voce la mercanzia di cui dispone. Il detto è usato quando,
in un conflitto, una persona attribuisce all'altra vizi propri.
Lu
rispiettu è misuratu, cu lu porta l'havi purtatu
= il rispetto è misurato, chi lo porta lo riceve.
Lu
rubinettu curri
= scorre acqua dal rubinetto (vd. Lu nasu mi curri).
Lu sceccu ca si vanta nun vali mancu mezza lira
= l'asino che si vanta non vale nulla (mezza lira).
Lu
sceccu zuoppu si godi la via
= bisogna
vivere comodamente, senza badare ai fatti degli altri (bisogna far finta di
niente) per godersi la vita.
Lu
Signuri duna lu viscuottu a cu nun lu po' manciari
= il Signore dà le cose buone a chi non le può utilizzare.
Lu
sucu quannu è scittu piglia
= il sugo,
quando è troppo denso, si attacca alla pentole; significa che un'amicizia
troppo stretta rischia di rompersi.
Lu
tiettu abbacà =
il tetto si è abbassato.
Lu
tintu ‘nun lu pruvari, ca cu lu prova cchiù tintu lo trova =
non provare
l'uomo malvagio, perché colui che lo prova, lo trova più malvagio.
Lu
vicinu è sirpenti, si nun vidi senti =
il vicino è un serpente, se non vede sente.
Lu
vo ci dissi a lu sceccu: “si curnutu”
= chi è cornuto dice che lo sono gli altri.
Maccarruna cu la pasta =
maccheroni con
la pasta. Cioè, è sempre la stessa cosa.
Ma
chi cadisti di la naca?
= ma sei caduto dalla culla (e quindi non ragioni)?
Ma
chi è stiddra ca puortu appriessu!
= ma è il
destino che mi porto appresso!
Ma
chi sì miricanu? =
non capisci
niente come un americano che non conosce la nostra lingua.
Ma
chi ti pari ca sugnu 'n aranciu di 'n terra?
= ma ti sembra che io sia un'arancia che è caduta a terra che tu puoi
calpestare?
Ma
chi vinisti assugliatu di tò mà?
= ma sei venuto sobillato da tua madre?
Malanni ca ti viennu
= per augurare a una persona brutti anni.
Mali
nun fari e paura nun aviri
= non fare il male e non avere paura.
Malu
viersu viu
= vedo che le cosa si sta mettendo male.
Manciari cu l'uocchi
= guardare con interesse lussurioso.
Manciàrisi a Santu Lanternu
= mangiare tutto, senza lasciare alcunché.
Manciatillu cu tutta la crusta, scòrcia
= mangiatelo con tutta la crosta, con la scorza.
Ma 'rrizzulavu
e mi ruppi la carina
= sono caduto
e mi sono rotto la schiena.
M'assamaru li vespi
= mi hanno assalito le vespe.
M'
azziddranu li carni
= mi vengono i brividi.
Mi
cuglì lu itu e mi fici materia
= la ferita del dito si è infettata e ha provocato la formazione di pus.
Mi
cadì la facci 'n terra
= mi fece cadere lo sguardo a terra per la vergogna.
Mi
càdinu li stizzi 'n testa
= mi cadono le gocce di pioggia sulla testa.
Mi
dici la testa
= penso.
Miegliu accordu mairu ca sintenza grassa
= meglio fare
un accordo magro che avere una sentenza grassa.
Miegliu diri “chi sacciu” ca diri “chi sapìa”
= è meglio dire “che so io”, piuttosto che dire “se sapevo...”.
Miegliu lu tintu canusciutu ca lu nuovu a canùsciri
= è migliore il cattivo già conosciuto che il nuovo che dobbiamo ancora
conoscere (e che potrebbe riservarci brutte sorprese).
Miegliu pani nivuru ca nivura fami
= meglio mangiare pane nero che soffrire una fame nera.
Mi
friscanu li gricchi
= mi fischiano
le orecchie, qualcuno sta parlando di me.
Mi
friscaru a li gricchi
= mi hanno fatto sapere (in segreto).
Mi
furniscìa la testa
= ho troppi pensieri per la testa; non capisco niente.
Mi
ittassi di lu ponti Vialottu
= mi andrei a
buttare dal ponte viadotto (lungo e alto ponte ferroviario tra Grotte e
Comitini Zolfare).
Mi
lianu li dienti
= allegare, di frutti acerbi che provocano col loro succo aspro una
sensazione sgradevole per cui i denti sembrano come legati fra loro.
Mi
lu dissi 'n anciddruzzu
= me lo ha detto un uccellino (espressione che si usa quando non si vuole
riferire chi ci ha riferito qualcosa).
Mi
murì lu cori quannu la vitti
= ci sono rimasta molto male quando l'ho vista.
Minescia calliata
= minestra riscaldata; fig. si dice di una notizia che è vecchia ecc.
Minchia parrì, la missa sona
= minchia padre, suona la messa, cioè sbrighiamoci, è tardi.
Mintiri 'n capu la pignata
= mettere sul fuoco la pentola per farne bollire l'acqua.
Mintisi 'n mucca a unu =
(fig.) parlare
male di una persona.
Mi
parlava la testa
= lo pensavo.
Mi
passà di testa
= l'ho dimenticato.
Mi
passà pi la testa
= l'ho
pensato.
Mi
staiu arripigliannu
= mi sto riprendendo (da una malattia).
Mi
strapazzavu assà pi fari l'asciattu e stenniri li tili =
mi sono stancata molto per fare l'estratto e stendere le tele (in cui
l'estratto di pomodoro si metteva ad asciugare).
Misu
a testa appuzzuni
= messo con la
testa all'ingiù.
Mi
travu (tiravu) un cuntu
= ho fatto i miei calcoli.
Mi
vagnavu e mi mutavu tuttu
= mi sono bagnato e mi sono cambiato tutti i vestiti.
Mi
vinissi impitu d'ammazzallu
= sento dentro di me come un impeto che mi spinge ad ammazzarlo.
Mi
vuogliu stari cuetu
= chi l'avrebbe mai detto (espressione di meraviglia, di incredulità)!
Mori
lu sceccu e beni lu cavaddru
= muore l'asino e viene il cavallo, cioè sfumata un'occasione, se ne
presenterà una migliore.
'Mpaiàrisi a unu
=
rimproverarlo aspramente.
'Mpara
l'arti e mintila di parti
= impara l'arte e mettila pure da parte (te la ritroverai al momento
opportuno).
'Mpilari la vuglia
= far passare il filo per la cruna dell'ago.
Munnu ha statu e munnu è
= nella vita non cambia mai niente.
Muortu di fami arrinisciutu
= si dice di una persona che prima moriva di fame ma poi è riuscita a fare
fortuna (magari immeritata e per questo si dà delle arie).
Muortu lu parenti nun siemu cchiù nenti
= morto il
parente, non siamo più niente (di dice dei rapporti di affinità,
contrapposti a quelli di parentela).
Muortu un papa, si ni fa 'n antru
= morto un papa, se ne fa un altro.
Musca musca, cu parla abbusca
= mosca mosca, chi parla prende botte (il termine “mosca” probabilmente è
usato solo ai fini della rima).
Carmelo e Graziella Luparello
Pubblicato
dalla Testata Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 7 gennaio 2014.
Per gentile concessione degli Autori.
© Riproduzione riservata.
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07/01/2014 |
Iniziative. Convegno su "Vino
e Territorio" e presentazione libro al Centro San Nicola |
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Vedi le foto |
Ha suscitato molto interesse, testimoniato dalla
partecipazione di pubblico, l'incontro sul tema "Vino e Territorio" che si è
svolto presso il centro polifunzionale "San Nicola" di Grotte. Alla
manifestazione, organizzata dalla Proloco Grotte, con la collaborazione
della Cantina La Torre, del Consorzio Isola Bio, del patronato ACLI e del
Comune di Grotte, sono intervenuti: Margherita La Rocca Ruvolo
(imprenditrice e Deputato all'Assemblea Regionale Siciliana) e Santina Burgio (Dirigente dell'Assessorato
Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana). Gli interventi sono stati
coordinati da Franco Vizzini; il Sindaco Paolino Fantauzzo ha portato un
saluto a nome dell'Amministrazione. Durante la serata è stato presentato il
libro di Gabriele Peritore "Vino e Venere".
Al termine della manifestazione è stata offerta al pubblico una degustazione di vini e
prodotti tipici.
Pubblichiamo alcune immagini della serata (42 foto
di
© Lillo Conte ed Emanuele Licata)
Incontro su "Vino e Territorio" (Foto)
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Locandina |
06/01/2014 |
Chiesa. "Solennità
dell'Epifania, manifestazione del Signore"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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I Magi |
Riceviamo e pubblichiamo.
"6 gennaio, la Chiesa ci fa celebrare la solennità dell'Epifania del
Signore.
L'Epifania è la festa della luce; Gesù Cristo, Luce del mondo. Epifania
significa manifestazione di Gesù alle genti. Nel giorno di Natale la
liturgia ci ha fatto proclamare: "Oggi una grande luce discende sulla
terra". A Betlemme, questa "grande luce" ha illuminato la notte a un piccolo
"resto d'Israele": Maria, Giuseppe e alcuni pastori.
Una luce umile, come è nello stile di Dio: un fragile neonato, che nasce
nel silenzio del mondo, ma è accompagnato dall'inno di lode delle schiere
celesti che cantano gloria e pace (cfr: Lc 2,13-14). Il mistero della
manifestazione del Signore si celebra nel Natale e nell'Epifania: queste due
feste sono frutto del reciproco influsso delle tradizioni orientale ed
occidentale. Con il ciclo Natale - Epifania celebriamo la manifestazione
splendente del Signore, perché è la luce di Dio che risplende e illumina il
mondo. Dio si manifesta mediante l'incarnazione del Figlio suo nel seno di
Maria per opera dello Spirito Santo.
Lo scopo dell'Incarnazione è la redenzione dell'uomo. Questo ci porta in
primo luogo non tanto a contemplare l'anniversario della nascita di Cristo,
ma a celebrare, stupiti e gioiosi, il mistero della sua manifestazione al
mondo, nell'umiltà della nostra carne, per salvare gli uomini. Epifania è
una festa cristiana. Il termine deriva dal greco "Epifaneia" cioè
"manifestazione", "illuminazione", si riferisce al primo manifestarsi
dell'umanità e divinità di Gesù Cristo ai Re Magi, dieci giorni dopo la sua
nascita, ma una festa simile era celebrata già nella Roma antica.
La festa religiosa Epiphaneia è nata intorno al 120 in Oriente e ricordava
il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano per mano del Battista. La
festa della Epifania si diffuse in Occidente attorno al IV secolo, come
festa della rivelazione di Gesù al mondo pagano, rappresentato dai Magi.
Il Cristianesimo poté opporre, alla festività pagana, la nascita del Vero
sole, identificato in Cristo. I primi esempi di iconografia cristiana,
raffigurano Gesù con elementi solari, come la corona radiata che resta
ancora oggi un particolare proprio degli Ostensori. La festa dell'Epifania
come per il Capodanno è definita festa di precetto.
In Italia e in tanti altri paesi come l'Austria, la Croazia, al Finlandia,
la Grecia , la Spagna, la Svezia, la Polonia è riconosciuta anche come
festività civile. L'Epifania è considerata dalla Chiesa cattolica una delle
massime solennità celebrate, assieme alla Pasqua, il Natale, La Pentecoste e
l'Ascensione. Nella festa dell'Epifania si fa l'annuncio del giorno di
Pasqua.
L'arrivo dei Magi dall'Oriente a Betlemme, per adorare il Bambino divino, è
il segno della manifestazione del Re universale ai popoli e a tutti gli
uomini che cercano la verità; è il segno dell'amore fedele e tenace di Dio
che mai viene meno alla sua alleanza. I tre misteriosi personaggi sono
menzionati solo nel vangelo di Matteo che parla dei Magi che dall'Oriente
arrivano a Gerusalemme, guidati da una stella, durante il regno di Erode che
era alla ricerca del neonato Re dei Giudei. La religione cristiana
attribuisce ai Magi i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.
Melchiorre sarebbe il più anziano e il suo nome deriverebbe da Melech, che
significa re. Baldassarre deriverebbe da Balthazar, mitico re babilonese.
Gasparre, per i Greci Galgalath, significa signore di Saba.
I Magi portano a Gesù: Oro, incenso e mirra, come riferimento alla duplice
natura di Gesù, quella umana e quella divina. L'oro (omaggio alla sua
regalità), incenso (omaggio alla sua divinità), mirra (anticipazione della
sua futura sofferenza redentrice) e lo adorano. Ma chi erano i re Magi?
Erano studiosi di astronomia e seguendo la lettura del cielo avevano
riconosciuto in Cristo, il salvatore universale, diventando così loro
stessi "l'anello di congiunzione" tra il cristianesimo e i culti misterici
orientali, come il mazdaismo e il buddismo.
Meno conosciuta è la sorte dei re Magi dopo la loro morte. Una cronaca
dell'epoca (IV secolo), riferisce che le sacre reliquie, riposte dentro una
cassa di legno, avvolti in tessuti intrisi di profumi e di mirra, vennero
portati a Milano da Sant'Eustorgio al ritorno da un suo viaggio a
Costantinopoli e riposte in un'arca romana di marmo sormontato dalla stella
e dalle tre corone, con l'epigrafe "Sepulcrum trium Magorum", nella chiesa
ambrosiana di sant'Eustorgio, che prima del X sec, veniva chiamata Basilica
dei Re.
Nelle varie culture la celebrazione dell'Epifania si accompagna a simboli e
tradizioni diverse come: la Stella Cometa che guida i re Magi; l'accensione
di fuochi augurali; lo scambio di doni come quelli associati in Italia dalla
befana.
Il coraggio dei Magi, che intraprendono un lungo viaggio seguendo una stella
e che sanno inginocchiarsi davanti a un Bambino e offrirgli i loro doni
preziosi, sia il nostro coraggio per offrire anche noi il prezioso dono
della vita al Dio fatto Bambino.
Maria ci accompagni, in questo nuovo anno, nel cammino che ci porta a
Cristo. Cristo, luce vera, illumini la nostra vita.
Buona festa dell'Epifania a tutti". |
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Prof. Graziella Vizzini
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06/01/2014 |
Volontariato. Giornata del
Donatore ADAS con la consegna dei riconoscimenti |
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Vedi le foto |
Domenica 15 dicembre è stata celebrata a Grotte la
Giornata del Donatore ADAS, con la partecipazioni dei soci della locale
sezione e di rappresentanti del Comitato Provinciale. L'appuntamento era per
le ore 18.00 nella chiesa di San Rocco, per la partecipazione alla Santa
Messa dedicata ai donatori; successivamente, alle ore 20.00, la "cena
sociale" presso il ristorante-pizzeria "Vecchia Nina". Durante la serata
sono stati consegnati i riconoscimenti di merito per le donazioni effettuate
e per l'attività svolta in seno all'associazione. Sono stati premiati
numerosi donatori. Hanno ricevuto una medaglia: Alaimo Gisella, Barba
Rosalia, Bonsignore Giancarlo, Criminisi Francesco, Infantino Antonio,
Mancuso Silvia, Morreale Mariangela, Vizzini Sofia, Zucchetto Amanda, Cimino
Giuseppe e Minneci Sberna Pietro. Un attestato è stato consegnato a: Barba
Rosalia, Bonsignore Rosario, Costanza Vincenzo, Di Mino Giuseppe, Licata
Riccardo, Lo Presti Giuseppe, Magrì Davide Gaetano, Randisi Giovanni,
Vitello Antonio, Zattolo Maria, Minneci Sberna Pietro e Todaro Calogera.
Hanno ricevuto una targa: Criminisi Francesco, Cufaro Giuseppe, Curreri
Calogero, Infantino Calogero, Mancuso Silvia, Morreale Giuseppa, Parrinello
Agostino. Tra i riconoscimenti di maggior valore, il distintivo d'argento
(assegnato a Cimino Bruno, Infantino Giuseppe e Infantino Mirella), il
distintivo d'oro (ad Aquilina Vincenzo, Di Salvo Gaetano e Infantino
Antonio) e la targa d'argento (assegnata a Carlisi Salvatore e Todaro Maria
Grazia). Come ogni anno, uno dei momenti più attesi della manifestazione è
stato l'estrazione a sorte dei regali-dono, offerti dalle aziende che hanno
voluto contribuire alla riuscita della cena. A causa di spese sostenute dal
Comitato Provinciale, non è stata consegnata la consueta strenna natalizia
ed anche la cena sociale è stata pagata dagli stessi donatori partecipanti.
Carmelo Arnone
6 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
Pubblichiamo alcune immagini della serata (36 foto
di
© Salvo Lo Re "President")
Giornata del Donatore ADAS (Foto)
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06/01/2014 |
Chiesa. Avvisi ed
appuntamenti della
settimana |
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Pubblichiamo gli avvisi diffusi al termine delle Sante Messe domenicali.
Per gli avvisi della parrocchia San Rocco, la redazione attende la
disponibilità di un collaboratore locale.
Per agevolarne la consultazione, gli avvisi settimanali sono
pubblicati anche nella
pagina Chiesa.
Lunedi 6 gennaio - Festa dell'Epifania
- è una festa di precetto; la raccolta durante le Sante Messe sarà destinata
alla Santa Infanzia;
- le Sante Messe vespertine saranno celebrate in tutte e tre le parrocchie
alle ore 17.30;
- ore 18.30, in chiesa Madre, Concerto dell'Epifania a cura del M° Fabrizio
Chiarenza.
Martedi 7 gennaio
- da oggi riprendono tutte le attività catechistiche e pastorale.
Sabato 11 gennaio
- ore 15.30, a Porto Empedocle, nella parrocchia Santissima Trinità,
convegno diocesano dei catechisti.
AVVISI
Il catechismo per tutte le classi riprenderà dopo l'Epifania.
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06/01/2014 |
Lettere. "Grotte, la
grande famiglia del mio papà", nel 10° anno della scomparsa; di Giovanna
Lauricella |
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Giovanna Lauricella |
Riceviamo e pubblichiamo.
"E' da giorni
che penso intensamente a Grotte ed ai Grottesi.
Ci penso perché oggi é il decimo anniversario della morte del mio papà, il
professore Antonio Lauricella, ed in questi momenti si sente la necessità di
stringersi ai propri cari.
Come tutti i Grottesi del mondo non giovanissimi ben sanno, Grotte ed i
Grottesi sono stati (e lo sono, spero, ancora in un qualche luogo
dell'Universo) la Grande Famiglia del mio papà, la più importante dopo
quella di sangue.
Non voglio disperdermi nelle parole. Allego solo a questa mail un articolo
da voi pubblicato qualche anno fa, quando con i miei fratelli abbiamo voluto
fare qualcosa per ricordare la sua figura in un mondo lontano dal nostro, ma
per certi versi simile alla Grotte dell'immediato dopoguerra.
Un mondo che, per poter risorgere, avrebbe bisogno di persone cariche
dell'inesauribile energia e dell'inesauribile amore che mio padre seppe
riversare sulla sua Grotte.
Con tutto l'affetto per voi tutti che il nostro papà ci ha trasmesso". |
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Giovanna
Lauricella
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L’eredità umana e culturale del Prof. Antonio
Lauricella: da Grotte a Zinder, nel profondo Niger.
Quando viene a mancare qualcuno, le belle parole non bastano a
compensarne la perdita e non sono efficaci come i ricordi, tuttavia non c’è
migliore luogo di questa rivista per rilevare quanto in vita sia stato fatto
e quanto, dopo la morte, sia stato seminato da un nostro caro concittadino:
un lungo percorso che ha portato il suo nome - grazie ad una iniziativa dei
suoi familiari - fino nel profondo Niger.
Lungi dal nostro intento fare commemorazioni o retorica, riteniamo doveroso
evidenziare la figura di un agrigentino che ha lasciato un segno profondo
nella memoria della propria famiglia, degli amici, dei suoi allievi e dei
suoi compagni. Il Prof. Antonio Lauricella era circondato da tanta stima ed
affetto che probabilmente derivavano dal suo amore per l’umanità e per la
vita, dalla sua dedizione agli altri. Amore e dedizione che, fin dalla
giovinezza, hanno reso generoso e forte il suo impegno civile e hanno fatto
grande la sua passione politica dalla parte di tutti quelli che si battono
per una società di liberi edeguali.Un uomo di grandi valori e di sani
principi, un uomo di carisma che si è imposto alla società con naturalezza e
semplicità, nonostante il suo consistente percorso culturale che lo ha visto
laureato in lettere, laureato altresì in giurisprudenza, docente di Latino e
Greco presso il Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento, primo preside
presso la Scuola Media “Francesco Burruano” (oggi “Pietro D’Asaro”) di
Racalmuto, primo preside presso l’Istituto Magistrale “Martin Luther King”
di Favara, Sindaco di Grotte, Consigliere Provinciale, Assessore Provinciale
alla Sanità, impegnato anche nell’imprenditoria mineraria relativa
all’estrazione e lavorazione del salgemma.
Nato a Grotte il 19 luglio del 1917, era il terzo figlio di una numerosa
famiglia (come lo erano tante famiglie in quegli anni). Ne sarebbero
arrivati altri cinque dopo di lui e di tutti i fratelli, anche dei più
grandi e poi dei loro figli e nipoti, sarebbe diventato il punto di
riferimento, una sorta di pater familias di incredibile efficienza e
disponibilità. Il padre Salvatore possedeva un mulino e, per un certo
periodo, aveva preso anche la gestione di una zolfara. Lauricella scendeva
in miniera, da studente, per seguirne l’andamentoe, a memoria dei familiari,
prendeva particolarmente a cuore la condizione dei “carusi”, e mai avrebbe
cancellato il ricordo della loro sofferta fatica, quando, ansimanti,
dovevano salire quei gradini sfalsati, col carico legato alla fronte.
L’affare della miniera però andò male, sia perché papà Salvatore non era
tendenzialmente portato per gli affari, sia per via della terribile crisi
economica dell’epoca che aveva procuratonotevoli difficoltà anche alla
famiglia.La mamma Giovanna, determinata e volitiva, decise però che,
comunque, i suoi figli, almeno i più volenterosi, avrebbero dovuto studiare,
per cui si trasferì ad Agrigento, dove prese in locazione un appartamento
per affittare “stanze in famiglia”. Tutti si davano da fare e Antonio,
studente modello, si impegnava dando lezioni private. I genitori dei suoi
compagni di scuola più abbienti se lo contendevano come compagno di studi
dei propri figli e tale attività gli consentiva di rimediare il pranzo.
Giunto al secondo anno del liceo classico, per accelerare i tempi, si
preparò da solo, senza nessun insegnante privato, per tentare il “salto”.
Diplomatosicon un anno di anticipo, si mise a preparare alcune studentesse
per l’abilitazione magistrale della sessione autunnale, presentandosi
anch’egli agli esami, che non ebbe difficoltà a superare brillantemente.
Sognava di fare l’ingegnere ma, non potendosi permettere di frequentare le
lezioni, si iscrisse in Lettere. Cominciò ad insegnare, da universitario,
nelle scuole pubbliche. Sensibile alla cultura e all’opera di Pirandello, fu
tra coloro che portarono le ceneri del drammaturgo ad Agrigento, evento di
cui rimane una fotografia, in cui Antonio è raffigurato con altri giovani
universitari e neolaureati nel trasportodell’urna. Conseguì l’agognata
laurea ma, scoppiata la guerra, decise di partire volontario per il fronte,
lasciando l’insegnamento di latino e greco al Liceo classico di Agrigento.
Il Professore Lauricella divenne Sottotenente e fece il suo dovere in Istria
e a Villa del Nevoso, l’odierna IlirskaBistrica, in Slovenia, una zona di
confine dove la guerra partigiana condotta dai “titini” (dal nome del
comandante Tito, capo della resistenza jugoslava e futuro dittatore della
Jugoslavia comunista) fu durissima. Alla lotta contro il nazifascismo si
aggiungevano anche le rivendicazioni etniche degli slavi istriani che, col
trattato di Rapallo, erano entrati a far parte del Regno d’Italia subendo ,
nel periodo fascista, una violenta azione di snazionalizzazione. La guerra
partigiana non era diretta solo contro il regime e contro il nazifascismo ma
anche e soprattutto contro gli italiani oppressori. Il sottotenente
Lauricella, con la sua consueta efficienza e con la carica della sua
straordinaria cordiale umanità e simpatia, riuscì ad affascinare tutti
guadagnandosi, accanto alla stima di superiori e subalterni, anche
l’amicizia dei locali. Scoprì solo dopo l’otto settembre che molti dei suoi
amici slavi erano partigiani e che questi, in un'occasione, gli avevano
salvato la vita. Terminata la guerra e rientrato a Grotte, riprese con il
solito fervore le proprie attività, si sposò e, con sacrificio e
abnegazione, riprese gli studi che gli consentirono di conseguire anche la
laurea in giurisprudenza. Iperattivo e sempre attratto da nuove esperienze
di imprenditoria, si impegnò a gestire varie sale cinematografiche.
Si mosse pure nel campo dell’imprenditoria mineraria racalmutese,
relativamente all’estrazione e alla lavorazione del salgemma e fece
riattivare la miniera di sale di Petralia Sottana, ancora oggi uno dei
giacimenti più ricchi d’Europa. Nel contempo non trascurava l’attività
politica, la cui pluridecennale dedizione lo aveva visto sempre schierato,
con coerenza e senza cedimenti di sorta, ma soprattutto con onestà, nel
campo dei cattolici e della Democrazia Cristiana.Lentamente, quasi
pudicamente, divenne un leader, un vero leader, organizzatore espertissimo,
politico raffinato ma prudente e paziente, oratore vivace ed accattivante
dalla parola fascinosa. Uomo delle istituzioni, sicuramente tra i migliori
che Grotte abbia avuto nel corso della sua lunga storia, fu per lunghi anni
consigliere comunale, amministratore ed apprezzato Sindaco dal dicembre del
1964 all’ottobre del 1967 nonché dal luglio del 1984 al luglio del 1985.Fu
anche amministratore della Provincia Regionale di Agrigento dove,con grande
consenso,venne eletto Consigliere provinciale e dove rivestì anche la carica
di Assessore alla Sanità.Un vasto impegno politico ed amministrativo che lo
vide artefice di tante iniziative e numerose realizzazioni. Si pensi che la
mattina, prima di recarsi a scuola, controllava i lavori nei vari cantieri e
tornava a controllarli alla fine delle lezioni (a lui si deve, tra l’altro,
la pavimentazione lastricata delle strade dell’intero paese). Alle doti di
umanità e disponibilità fuori dal comune, univa abilità, determinazione ed
energia che, tutte insieme, si traducevano in uno straordinario carisma e
capacità fattuali, doti che, agli occhi di chi lo ha conosciuto da vicino,
ne facevano un fenomeno unico di iperattività e di disponibilità assoluta.
“Una disponibilità – afferma la figlia, Prof.ssa Giovanna Lauricella – a
volte, se si vuole, perfino prevaricatrice, perché si sentiva addosso la
missione di dover risolvere i problemi di tutti, senza eccezione, ma con un
solo debole: quello per i bisognosi. Paternalismo, si potrebbe dire, se ciò
non fosse venuto dal cuore o, se si preferisce, da una sorta di prepotente
istinto naturale che lo portava a prendersi carico di tutti, amici ed
avversari, perché tutti coloro che entravano nel suo raggio d’azione
entravano anche a far parte della sua famiglia ideale, una famiglia
grandissima, che aveva però il suo baricentro a Grotte”. Un uomo dotato di
grande indipendenza di giudizio e di onestà intellettuale, che lo mettevano
fuori dai giochi di potere, il professore Lauricella, seppur esponente della
Democrazia Cristiana, riceveva consensi e apprezzamenti anche dagli
avversari politici.E’ stato il politico più rappresentativo della storia di
Grotte che va dall’immediato dopoguerra agli inizi degli anni novanta e non
a caso gli è stata attribuita, da parte di un'amministrazione di sinistra (i
suoi vecchi avversari!) l’intitolazione della Sala Consiliare del Comune di
Grotte ed in occasione della cerimonia è stato definito “il miglior sindaco
degli ultimi 100 anni”.
Antonio Lauricella si è spento a Racalmuto il 6 gennaio del 2004. Per
ricordare la sua figura, ma anche perché il suo attivismo e la sua azione di
educatore potessero avere un seguito, la famiglia Lauricella, su iniziativa
dei figli Giovanna, Salvatore ed Angela, ha finanziato un progetto
eccezionale, che ha portato alla realizzazione di una "salle à classe”
(un modulo scolastico in muratura) per la scuola elementare di Zinder, la
seconda città del Niger, il paese più povero al mondo.
“Niente in particolare legava il nostro papà all’Africa - sostiene la figlia
Giovanna - ma tutto lo legava ai derelitti per i quali aveva sempre avuto,
nella sua ricca e dinamica esperienza umana, un debole. D'altra parte, mio
padre era stato innanzitutto un educatore. Da ciò l'idea della “salle à
classe” ed il viaggio in Africa che ne è seguito per l' inaugurazione, e
poi le altre iniziative, in favore del Niger, che sono in
cantiere....Un’altra occasione per non dimenticare, ma anche per far sì che
l'opera di costruzione di un mondo migliore, iniziata da un generoso e
dinamico giovane nella Grotte del dopoguerra, possa continuare in un
contesto estremo qual è oggi l'Africa subsahariana".
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05/01/2014 |
Cronaca. Oscurati gli auguri
del Movimento 5 Stelle di Grotte |
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Manifesto coperto
Manifesto coperto |
Non è la prima
volta, e purtroppo non sarà l'ultima, che dalle pagine di questo quotidiano
viene evidenziato il comportamento scorretto di quanti affiggono manifesti
abusivamente o utilizzano i relativi spazi in maniera inappropriata.
Stavolta riportiamo un recente caso di affissione "scorretta" avvenuta ai
danni del Movimento 5 Stelle di Grotte.
In prossimità delle festività natalizie, i giovani attivisti
grottesi hanno voluto esprimere
i propri
auguri ai cittadini attraverso un manifesto affisso lungo il corso
principale del paese; almeno questa era la loro l'intenzione. Degli auguri,
questo quotidiano
ne ha dato notizia il giorno di Natale. La mattina del 23 dicembre
alcuni di loro si sono presentati al Comune per il disbrigo della relativa
pratica. Dopo una lunga attesa davanti alla porta dell'ufficio, hanno
consegnato i 5 manifesti da affiggere e gli è stato indicato l'importo da
pagare, per i diritti di affissione, tramite versamento sul conto corrente
postale. La tappa successiva è stata all'ufficio postale di Grotte dove,
dopo un'estenuante fila di oltre un'ora, hanno pagato quanto dovuto.
L'operaio comunale addetto alle affissioni ha svolto correttamente il
proprio lavoro, completandolo circa alle 13.30. A distanza di sole due ore,
alle 15.30, due dei cinque manifesti dei "5 Stelle" (uno di fronte alla
pasticceria "Brunaccini" e l'altro di fronte piazza Municipio; vedi foto a
sinistra) erano già stati coperti da manifesti funebri. Sarebbe trascorso
poco tempo ed un terzo manifesto sarebbe stato coperto quasi totalmente
dagli auguri di un'altra formazione politica (vedi foto a destra); unica
traccia parzialmente visibile, la scritta in basso "Buone Feste".
Che dire? Sono almeno tre le considerazioni che emergono dai fatti.
La prima è che vi è stato un comportamento maldestro, inadeguato, poco
civile da parte di chi ha affisso i manifesti funebri e gli auguri
"politici". La seconda è, molto probabilmente, che vi è stata la volontà di
oscurare deliberatamente un messaggio proveniente dal Movimento 5 Stelle. La
terza, più articolata, riguarda il Comune: possibile che non vi sia
un'adeguata organizzazione del servizio affissioni pubbliche? E' certo che
chi paga ha diritto di vedere i propri manifesti affissi e non coperti da
altri; diritto che in questo caso è stato palesemente violato. I giovani "5
Stelle" di Grotte hanno pagato di tasca propria sia i manifesti che i
diritti di affissione (a proposito, se per le comunicazioni "politiche" è
prevista un'esenzione dal pagamento dei diritti, questa deve valere per
tutti i partiti) e non hanno fruito, se non in maniera del tutto marginale,
del relativo servizio.
Possibile che gli spazi comunali destinati alle affissioni non siano
numerati, delimitati ed adeguatamente suddivisi in modo tale da poter
consentire un regolare il flusso di comunicazioni e, d'altro canto, un più
incisivo controllo sugli abusi? L'impressione esterna è che chiunque possa
affiggere, nottetempo ma anche di giorno, qualsiasi tipo di materiale dove
gradisca, senza doverne rispondere a nessuno. E che dire dei tabelloni
metallici che costituiscono lo spazio su cui vengono incollati i manifesti?
Non occorre uno studio approfondito per valutarne, ad occhio nudo, lo stato
di assoluta precarietà: divorati letteralmente dalla ruggine, possono
costituire un pericolo per l'incolumità dei cittadini e non sono certamente
elementi di decoro urbano.
L'oscuramento dei manifesti augurali del Movimento 5 Stelle di Grotte (è da
sperare che sia stato ma solo un malaugurato caso e non una forma poco
democratica di confronto politico, che in democrazia si esercita consentendo a
tutti pari opportunità, senza censure o trattamenti di favore; linea che
questo quotidiano, sin dalla prima pubblicazione, si sforza di perseguire) è
l'ulteriore episodio che testimonia la necessità di provvedere all'intera
organizzazione e corretta gestione del servizio affissioni pubbliche; a beneficio
anzitutto del decoro del paese e, perché no?, anche delle casse pubbliche.
Carmelo Arnone
5 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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Manifesto
Manifesto coperto |
04/01/2014 |
Attività. Master di canto ed
interpretazione del Centro Culturale "Live Music Factory" |
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Vedi le foto |
Per i giovani partecipanti al
master di
recitazione e interpretazione canora promosso ed organizzato dal Centro
Culturale “Live Music Factory”, l'esperienza è stata unica ed emozionante.
Le lezioni, svolte presso i locali della Torre del Palo ed il Centro
Polifunzionale "San Nicola", sono state tenute dall'attore, regista ed
autore teatrale Fabrizio Romagnoli, e dall'insegnante di canto Gabriela
Mangione.
Proprio a lei, dinamica animatrice del “Live Music Factory”, abbiamo fatto
qualche domanda.
Quale scopo si prefiggeva questo master?
Questo workshop intensivo di recitazione e interpretazione canora è
stato concepito per dare ai cantanti gli strumenti necessari per poter
analizzare il testo di una canzone.
E' un lavoro difficile?
Il saper leggere fra le righe di un testo per meglio poter comprendere e
interpretare il significato delle parole scritte, può risultare un vero e
duro lavoro. Un percorso che un cantante dovrebbe sempre fare, senza
pigrizia e senza paura, è quello di creare un personaggio, una situazione o
una storia che possa lasciar scaturire emozioni, pensieri e sensazioni utili
all’interpretazione, nell’intento di creare quell’unicità e incisività che
lo possa contraddistinguere ed elevarlo con performance esemplari.
Quindi il cantante deve anche saper recitare?
Quando la recitazione incontra la musica e, con metodo, si riesce a
canalizzare le proprie emozioni e sensazioni all’interno di note e tonalità
richieste dalla canzone, allora il cantante può dire di avere cercato di
interpretare quella canzone.
Nell'esibizione dal vivo, oltre alla voce, quanto conta l'apparire?
Come porsi di fronte a un pubblico, come apparire e cosa fare per essere
“aderenti” alla canzone che si canta, non sono elementi da sottovalutare
perché il pubblico, altre ad ascoltare, vede il cantante, a volte lo
immagina, a volte lo idealizza, ed essere nella propria esibizione a 360°,
fa rimanere impressi nella mente e nell’anima dell’ascoltatore. A volte
(spesso) sentiamo e vediamo cantanti che non sono incisivi, che cantano e
basta (come dicono gli addetti ai lavori) e che non “lasciano niente”, con
il rischio che dopo cinque minuti non ti ricordi più che faccia hanno o come
si chiamino. E peggio ancora, quando capita che l’ascoltatore dica che tale
cantante assomiglia a quello o quell’altro cantante o quando tale cantante
non ha una voce per poter fare l’interprete, perché segue le note come fosse
un pianoforte e non pensa quello che dice…
E quanto conta la tecnica, nel canto?
Per assurdo, anche l’essere “troppo attaccati” alla tecnica, l’ascoltarsi
troppo senza lasciarsi andare, il puntare tutto su di un passaggio
complicato, il fissarsi con un’emissione perfetta, ecco, tutto ciò anche se
importante, può far passare l’interpretazione in secondo, terzo, quarto
piano e via dicendo. La tecnica è molto importante, ovvio, ma
l’interpretazione non è seconda a nessuno!
E' difficile interpretare una canzone?
Interpretare una canzone può risultare facile… difficile… impossibile…
dipende da quanto il cantante si mette in gioco e se ha un metodo di studio
o se si tuffa senza paracadute…
Quindi è una questione estremamente soggettiva?
Ognuno di noi, come sempre, è artefice del proprio successo personale.
Qualche ringraziamento da fare?
Il primo grazie va a
Fabrizio
Romagnoli, poi a Daniel
Carlisi e Salvatore Lo Re “President” per aver collaborato con noi, ma un
grande grazie finale non può che andare a tutte
le splendide
voci del “Live Music Factory” che hanno partecipato al master.
Carmelo Arnone
4 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
Master del "Live Music Factory" (Foto)
Foto di ©
Salvo Lo Re "President".
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04/01/2014 |
Danza. L'Associazione "Pas De
Dance" all'inaugurazione del presepe vivente "La Piccola Betlemme" |
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Esibizione
Foto di gruppo |
Sono stati i piccoli allievi della scuola di danza "Pas
De Dance" della M^ Antonella Paradiso, ad animare l'inaugurazione del
presepe vivente "La Piccola Betlemme", avvenuta lo scorso 28 dicembre. Come
da programma, dapprima si sono esibiti in Piazza Umberto I con una toccante
coreografia sulle note del celebre brano natalizio "Adeste Fideles", poi in
corteo si sono diretti alla casa natale di Padre Vinti, luogo prescelto come
ambientazione per il presepe vivente. Dietro di loro, i personaggi della
rievocazione storica dell'arrivo di Maria e Giuseppe a Betlemme,
accompagnati dall'immancabile asinello.
Questi i nomi dei 25 giovani ballerini, il cui impegno è stato premiato
dagli applausi degli spettatori:
Elvira e Stefania Giambra, Antonella e Marina Ciccotto, Asia e Giorgia
Garifi, Ilenia Di Falco, Asia La Mendola, Sara Butera, Clelia Tirone, Selene
Magrì, Benedetta Piazza, Elisabetta e Beatrice Rinaldi, Monia Morreale,
Laura Figliola, Katia Marchica, Alessio Rizzo, Miriana Cipolla, Salvatrice
Puglisi, Federica Croce, Sofia Alaimo, Lavinia La Mendola, Iside Mancuso e
Maria Schinocca.
Carmelo Arnone
4 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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Esibizione
Esibizione |
03/01/2014 |
Iniziative. Il presepe
vivente "La Piccola Betlemme" è aperto ogni sera dalle ore 18.30, sino
al 6 gennaio |
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Guarda il promo |
Sarà aperto e a disposizione del pubblico sino alla
festa dell'Epifania, il presepe vivente "La Piccola Betlemme" organizzato
dall'Associazione Culturale "Gli Amici di Padre Vinti". Ogni sera, a partire
dalle ore 18.30, il quartiere che circonda la casa natale di Padre Vinti
inizia a rivivere; personaggi tipici della tradizione natalizia animano le
vie ed i vicoli antichi del paese, rappresentando la Natività del Signore.
Il presidente dell'associazione, Domenico Vizzini, insieme a numerosi
collaboratori, anche quest'anno ha voluto offrire ai cittadini ed ai turisti
una manifestazione significativa. Nei pressi del presepe vivente è possibile
gradire una degustazione di prodotti tipici. Per presentare e promuovere
l'iniziativa è stato realizzato, a cura dell'Associazione Culturale "PresidentEvents",
un
video promozionale.
Presepe vivente "La Piccola Betlemme"
Pressi della casa natale di Padre Vinti
Dalle ore 18.30, tutte le sere
Sino a lunedi 6 gennaio
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03/01/2014 |
Chiesa. "Santissimo Nome di
Gesù"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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SS Nome di Gesù |
Riceviamo e pubblichiamo.
Oggi, 3
gennaio, la Chiesa ci fa celebrare la memoria facoltativa del Santissimo
Nome di Gesù.
Il primo promotore di questa memoria liturgica fu, nel XV secolo, San
Bernardino da Siena, che stabilì e diffuse l'usanza di rappresentare,
circondato da raggi, il santo Nome di Gesù, ridotto alle sue prime tre
lettere "JHS", riunite in un monogramma.
Solo nel 1721 Papa Innocenzo XIII decretò che la festa del Santissimo Nome
di Gesù fosse celebrata in tutta la Chiesa. La festa odierna è fissata come
anniversario della data in cui fu imposto il nome al Figlio di Maria, otto
giorni dopo la sua nascita.
Più volte, in questo tempo di Natale, abbiamo ascoltato l'espressione: “Lo
chiamerai Gesù”.
Il nome significa “Dio salva”, e indica che: “In nessun altro c'è salvezza;
non vi è infatti sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è
stabilito che noi siamo salvati” (At 4,12).
Il nome di Gesù ci rivela il compito e la missione del Figlio: Salvatore di
ogni uomo.
Il nome di Gesù fu sempre onorato nella Chiesa, ma solo nel XIV secolo
iniziò ad avere il suo culto liturgico. Furono i Francescani a divulgare la
devozione e tra questi si distinse san Bernardino da Siena, che apponeva in
ogni luogo dove si recava il monogramma “JHS”, sormontato da una crocetta.
Esso corrisponde alla sigla del nome di Gesù nella forma medievale Jesus,
che in seguito fu tradotta con la formula “Jesus Hominum Salvator” (Gesù
Salvatore degli uomini).
In un sermone san Bernardino afferma: “Gesù è quel santissimo Nome che fu
tanto desiderato dagli antichi padri e atteso con così grande trepidazione!
Grande fondamento della fede è il Nome di Gesù, che forma i figli di Dio.
Infatti la fede della religione cattolica consiste nella conoscenza radiosa
di Gesù Cristo, che è luce dell'anima, porta della vita, fondamento della
salvezza eterna. Questo fondamento è dunque Gesù, luce e porta (cfr. Gv
8,12; 10,9)”.
Nel 1530 Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio
del Santissimo nome di Gesù.
Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel
Calendario Romano.
San Bernardo nel XV Sermone sul Cantico dei Cantici, usa queste parole: “Il
Nome dello Sposo è luce, cibo, medicina. Esso illumina, quando lo si rende
noto; nutre quando vi si pensa in segreto; e quando lo si invoca nella
tribolazione, procura la dolcezza e l'unzione. Che esso sia sempre nel tuo
cuore e nella tua mano: di modo che tutti i tuoi sentimenti e tutti i tuoi
atti siano diretti verso Gesù”.
“Signore mio Dio, mia unica speranza, fa che mi ricordi di Te, che comprenda
Te, che ami Te ( Sant'Agostino, De Trinitate, XV, 28,51)”.
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Prof. Graziella Vizzini
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03/01/2014 |
Attualità. "CIE: abbiamo
i lager sotto casa, non solo sui libri di Storia"; di Fabio Pillitteri |
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Fabio Pillitteri
CIE
CIE
CIE
CIE |
Molti hanno sentito parlare almeno una
volta dei CIE, connessi alle notizie sull’immigrazione e sulle crisi
umanitarie di Lampedusa. E le cronache delle ultime settimane li hanno
riportati alla ribalta.
Ma esattamente, quanti sanno cosa sono esattamente i CIE e chi sono le
persone ivi “ospitate”?
Queste strutture nascono in Italia nel 1998 con la Legge Turco-Napolitano,
la quale crea i Centri di permanenza temporanea e accoglienza (CPTA),
gestiti in appalto da associazioni come la Croce Rossa e con la funzione di
trattenere gli immigrati irregolari, in vista della loro espulsione e
preventiva identificazione (se clandestini, quindi sprovvisti di documenti
validi di riconoscimento). Il tempo massimo di detenzione previsto era di
30 giorni.
Ho scritto detenzione non a torto, perché di questo si tratta. La permanenza
nei centri è infatti obbligatoria, chi viene rinchiuso lì dentro si trova in
“detenzione amministrativa”. Nelle carceri comuni, però, ci si entra dopo un
processo per aver commesso uno o più reati: nei Centri in questione, invece,
chi vi entra ha la sola colpa di trovarsi con lo status giuridico sbagliato.
Puoi anche essere incensurato, e aver sempre lavorato regolarmente in
Italia, ma se perdi il lavoro nel giro di 6 mesi perdi il permesso di
soggiorno regolare e finisci in un CIE in attesa di espulsione. Vista la
crisi economica che colpisce italiani e non, vi lascio immaginare quanto
deleteria possa essere questa norma.
Prima il tempo massimo di disoccupazione era di 12 mesi, ma la legislazione
italiana è diventata sempre più stringente negli anni. Gli originari CPTA
perdono la A di Accoglienza, poi si trasformano in Centri di Identificazione
ed Espulsione (CIE) con la cosiddetta Bossi-Fini del 2002, che porta a 60 i
giorni di permanenza massima.
Nel 2009 il governo Berlusconi porta a 180 i giorni, fino ad arrivare ai 18
mesi (un anno e mezzo!) nel 2011 in occasione degli sbarchi successivi alle
“primavere arabe”.
Mi si potrebbe far notare che forse è difficile identificare ed espellere
così tanti immigrati in poco tempo. Sì, è vero, ma è altrettanto vero che
dilazionare i tempi di detenzione non fa altro che mantenere lì dentro le
stesse persone, che costituiscono una parte veramente minima del totale
degli immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale. Se sei
sfortunato e ti trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato, magari
durante un rastrellamento a random della polizia, allora finisci lì
dentro. Se no bivacchi ancora un po’, e rimani fuori contrariamente a quel
povero disgraziato che diventa un semplice numero percentuale, piccolo per
giunta. Sì perché i CIE, tra le tante cose, non solo riescono ad ospitare
una piccola percentuale della popolazione immigrata per la quale sono nati,
ma riescono poi ad identificarne ed espellerne meno della metà. Quindi
efficienza piuttosto moderata.
L’efficacia nel creare drammi umani, invece, pare essere notevole.
Quanti si ricordano della strage di Lampedusa dello scorso ottobre? Circa
300 morti sul barcone della speranza, con solenni funerali tenutisi a San
Leone non solo senza le bare, ma pure senza molti parenti delle vittime.
Parenti che non erano in Africa, ma a Lampedusa chiusi nei CIE! Sbarcati,
quasi morti, e rinchiusi in un para-carcere. Con l’aggiunta di essere a
tutti gli effetti, questa volta, dei criminali. Questo perché dal 2009 è
stato introdotto il reato di clandestinità. Essere clandestino non solo è
una situazione giuridica: da qualche anno, in Italia, è addirittura un
REATO!
Aggiungo altri dettagli a quelli già esposti: non solo si viene incarcerati
senza aver commesso fatti criminosi, non solo devi starci fino ad un anno e
mezzo, ma ci stai pure male e in condizioni che Medici senza frontiere, la
Corte dei Conti e Amnesty International hanno più volte rilevato come
malsane per la dignità e la salute umana. Non casualmente dal 1998 in poi si
registrano aspre forme di protesta. L’ultima quella del CIE di Ponte Galeria,
a Roma, dove dieci immigrati si sono letteralmente cuciti la bocca, per
simboleggiare la voce inascoltata di migranti e associazioni che denunciano
queste situazioni da diversi anni.
Ma a lasciarsi scappare qualcosa di bocca sull’inumanità di questi centri ci
sono anche personaggi che li hanno usati bellamente in questi anni.
Berlusconi nel 2009 ammise che i CIE assomigliavano molto a dei Campi di
concentramento. Salvo poi aumentarne la permanenza massima. Coerenza.
Si sapeva e si sa quello che accade lì dentro. Abbiamo i lager sotto casa ma
vediamo solo quelli sui libri di Storia. Storia che dovrebbe insegnarci a
capire gli errori passati per non commetterne più, specialmente chi in
passato li ha subìti. Quanti italiani sono stati trattati come bestie nelle
migrazioni verso gli USA? Ellis Island, di fronte New York, era un enorme
CIE in attesa di farti accedere, se robusto, o di espellerti se non utile
per i lavori manuali. Da Grotte partirono circa 300 persone nelle migrazioni
di fine ‘800. E molte altre nel secondo dopoguerra.
Esperienze uguali a quelle di molti maghrebini, centrafricani, siriani e
così via. Ma rimarcare le varie nazionalità o appartenenze regionali non ha
nessun senso, perché a meno che gli anni precedenti il 2014 non abbiano
portato sempre più inciviltà, nella culla della civiltà occidentale, penso
che si debba parlare di Persone. Stop.
Fabio Pillitteri
3 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
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03/01/2014 |
Musica. Lunedi 6 gennaio,
Concerto dell'Epifania del M° Fabrizio Chiarenza |
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Manifesto |
Lunedi 6 gennaio, alle ore 18.30 all'interno della
chiesa Madre di Grotte, il M° Fabrizio Chiarenza, insieme al Soprano Giusy
Massimino, eseguirà un Concerto dell'Epifania.
La manifestazione, presentata da Angelo Palermo, rientra nel programma di iniziative denominato "Natale
Insieme 2013" ed è promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di
Grotte.
Concerto dell'Epifania
del M° Fabrizio Chiarenza
Chiesa Madre di Grotte
Lunedi 6 gennaio, ore 18.30
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In concerto |
03/01/2014 |
Comune. "Giovani e Sport"
e premiazione dei presepi per il "Natale Insieme", sabato 4 gennaio |
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Angelo Collura |
Proseguono le iniziative del "Natale Insieme",
organizzate dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Grotte.
Sabato 4 gennaio, alle 18.00 nell’aula consiliare del Comune, si svolgerà un
incontro dal titolo "Giovani e Sport", alla presenza di tutti i giovani che
frequentano le Scuole Calcio di Grotte. Prenderanno parte all'iniziativa i
calciatori professionisti: Desiderio Garufo, Castiglione e Cutaia.
La manifestazione, introdotta dal saluto del sindaco Paolino Fantauzzo e
dell'assessore Angelo Collura, sarà anche l'occasione per la consegnate
delle targhe a quanti hanno realizzato i presepi nei quartieri; inoltre
saranno premiati quanti hanno partecipato alle due iniziative ideate e
promosse da Gero Miceli: il concorso “Presepe in vetrina” e la
mostra-concorso del “Presepe artigianale”.
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02/01/2014 |
Iniziative. "Passo e...
spasso!", la "Passeggiata della Salute"; percorso del 2
gennaio |
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La passeggiata della salute riprende subito, già da oggi, con una novità:
per i mesi di gennaio e febbraio, onde evitare la concomitanza con le
proiezioni del cineforum, gli organizzatori hanno deciso di spostare le
passeggiate al giovedi; solita ora, solito posto. Si consiglia di
portare con sé una piccola torcia per assicurarsi una migliore visibilità
lungo eventuali tratti poco illuminati.
E' utile ricordare che i bambini che volessero partecipare
alle passeggiate, devono essere accompagnati da almeno uno dei
genitori.
Questo sarà il programma ed il nuovo percorso di oggi, giovedi 2 gennaio:
ore 20.00 raduno in piazza mercato (Piazza A. Magnani);
ore 20.15 partenza
Via Carnevale, Via Galioto, Via Spitali,
Via Machiavelli, Via Romita, Via Ingrao, Via Terranova, Via Moro, Via
Secchi, Via Del Gesù, Via Fratelli Bandiera, Via Mercadante, Via Washington,
Via Orsini, Via Scoppettieri, Via Luna, Via Velina, Via Archimede, Via
Manin, Via Anita, Via Rossini, Via Collegio, Via Cirillo, Via Entello, Via
Alfieri, Via Saluzzo, Via Acquanova, Via Giovanni XXIII, Via Madonna delle
Grazie, Via G. da Procida, Via Arno,
Piazza
Magnani (arrivo).
Per partecipare, del tutto gratuitamente, basta calzare
comode scarpe ed avere un pizzico di buona volontà. Non si tratta di una corsa ma di una vera e propria passeggiata lungo un
percorso per nulla difficoltoso. E' possibile ricevere maggiori informazioni
chiamando il 339.3297945 (Mirella) o il 380.4747908 (Antonio).
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02/01/2014 |
Chiesa. "Maria
Santissima Madre di Dio"; riflessione a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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Madre di Dio |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 1°
gennaio la Chiesa celebra la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio. E'
la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Il “Natalis
Sanctae Mariae” inizia ad essere celebrato a Roma intorno al IV secolo. La
liturgia si collega a quella del Natale, perciò il primo giorno di Gennaio
fu chiamato “in octava Domini”. Riportata ora alla data odierna, dal 1931
questa festa della maternità divina veniva celebrata l'11 ottobre, a ricordo
del concilio di Efeso (431), che aveva sancito solennemente una verità tanto
cara al popolo cristiano: “Maria è vera Madre di Dio”. Questa espressione
indica che Gesù è non solo vero Dio, ma anche vero uomo, in quanto figlio di
una donna. Il centro del concilio, infatti, era di carattere cristologico.
Quindi, dire solennemente che il Verbo di Dio si è incarnato in una donna,
che a pieno titolo gli è Madre, Madre di Dio, implica dire che oltre ad
essere vero Dio é anche vero uomo. Affidiamoci alla protezione della
Vergine e le consegniamo tutti i desideri di bene che custodiamo nel nostro
cuore per noi e per le persone a cui vogliamo bene, affinché il 2014 possa
portare pace, gioia amore e riconciliazione nei nostri cuori, nelle nostre
famiglie,nel nostro paese e nel mondo intero.
Ieri è stata celebrata anche la 47^ Giornata Mondiale della Pace, che è
stata voluta da Paolo VI nel 1968 e viene celebrata il primo giorno di ogni
anno. La prima di papa Francesco che ha per tema: “Fraternità, fondamento e
via per la pace”. La fraternità è una dote che ogni persona reca con sè in
quanto essere umano, figlio di uno stesso Padre. La fraternità è fondamento
e via per la pace. Sin dall'inizio del suo ministero di vescovo di Roma,
papa Francesco ha sottolineato l'importanza di superare una "cultura dello
scarto" e di promuovere la "cultura dell'incontro", per camminare verso la
realizzazione di un mondo più giusto e pacifico. Papa Francesco, con un
messaggio che si pone in continuità con quello dei suoi predecessori,
propone a tutti la via della fraternità, per dare al mondo un volto più
umano. Preghiamo il Signore che ci dia la sua pace, la pace che ci ha
portato con il annuncio evangelico, affinché cessino tutte le guerre e non
solo quelle materiali, ma anche quelle spirituali". |
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Prof. Graziella Vizzini
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02/01/2014 |
Iniziative. "Flash mob,
storia locale, libri e idee"; di Linda Criminisi |
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Vedi le foto |
Flash mob, storia locale, libri e idee; riflessioni di fine/inizio anno
sulla cultura a Grotte.
La catena era un po’ corta in effetti - rispetto almeno alle previsioni e
alle speranze degli entusiasti organizzatori - ma costituita da anelli
solidi e volenterosi, ciascuno con un proprio nome e cognome: Alessandra Lo
Presti, Silvia La Rosa, Gianni Lombardo del neo Comitato pro Archivio
Storico di Grotte, alcuni impiegati del Comune che hanno prestato supporto
tecnico e materiale e un bel gruppo di volontari: Salvatore Rizzo, Mimmo
Butera, Alfonso Gomena, Pietro Agnello, Sonia Buscemi, Elisa Donato, Filippo
Lo Presti, Vincenzo Morreale, Vincenzo Aquilina, Mirella Salvaggio, Antonio
Maida, Carmelo Morgante, Lorena Licata; e tra questi, anche alcuni bambini:
Salvatore Spagnolo, Calogero Todaro e Mattia Spitaleri, tutti alunni
dell’Istituto “Roncalli” di Grotte.
E poi c’ero anch’io (e spero di non aver dimenticato nessuno).
Questa catena sarebbe dovuta andare dal vecchio archivio storico di Grotte -
uno scantinato, in realtà, ubicato sotto la Chiesa Valdese di Piazza
Municipio - fino alla nuova sede, sopra la Biblioteca Comunale, con accesso
in via Madonna delle Grazie, già pronta sebbene ancora da ultimare e
sistemare. Il motivato, anche se non numerosissimo, gruppo di “catenisti”,
come mi è venuto spontaneo definire gli amici, vecchi e nuovi, con cui ho
condiviso queste poche ore di trasloco, hanno tuttavia raggiunto
perfettamente la loro finalità che era quella di trasferire, con una
simpatica staffetta di braccia, oltre 500 faldoni - documenti ufficiali del
Comune, alcuni dei quali risalenti addirittura alla metà/fine del XIX
secolo, polverosi e in stato di semi-abbandono.
Il lavoro non è ancora finito, naturalmente, ma un primo, importante passo è
stato fatto. Un passo verso il recupero di una fondamentale fonte scritta di
memoria storica, un pezzo di storia locale patrimonio della nostra
comunità e che presto dovrebbe diventare fruibile da chi, per diletto o per
studio, vorrà accedervi. Ancora una volta, dunque, la memoria si trasforma
in progetto di futuro per conoscere, approfondire, rileggere, rivivere un
passato vicino e lontano, ignorato, trascurato, misconosciuto…
Malgrado il trasferimento dei documenti sia andato a buon fine mi è venuto
da pensare che chissà, forse l’espressione inglese flash mob, con cui
è stata pubblicizzata l’iniziativa, invece di suscitare curiosità e
interesse ha incusso timore e diffidenza; forse il giorno prefestivo, la
mattina del 30 dicembre, non per tutti è un giorno libero, di vacanza. O
forse, più probabilmente, la mobilitazione popolare a favore della cultura,
per uno scopo non strettamente legato ad un interesse personale, è un
concetto duro da far attecchire in un piccolo centro sonnolento ed
egoisticamente indifferente come è, per molti aspetti, Grotte. Ma non
disperiamo. Diversi di noi hanno raccolto l’appello e insieme, seppure per
poche ore, abbiamo anche recuperato il senso dell’essere una comunità, il
senso della nostra identità che scaturisce anche da origini storiche e
culturali comuni. E non è cosa da poco, in un momento storico in cui, tra
l’altro, le piazze virtuali dei social network stanno sostituendo le
piazze reali, fatte di persone che si incontrano, si salutano e scambiano
quattro chiacchiere; e non è cosa da poco in un paese come è, appunto,
Grotte in cui forze centrifughe di varia natura da anni ormai disgregano in
modo inesorabile un tessuto sociale sempre meno fitto, coeso e solidale.
Ma, ripeto, ci sono segnali che lasciano ben sperare, in questi giorni in
cui un anno è appena finito e un altro ne inizia, con il suo inevitabile
carico di buoni propositi e progetti di cambiamento. L’iniziativa
LibriAmo - il baratto sociale di libri -organizzato nel fine settimana
immediatamente precedente il flash mob dallo stesso Comitato pro
Archivio Storico, ha avuto un discreto successo: scambiarsi i libri vuol
dire scambiarsi storie ed esperienze, anche molto personali. E il tutto a
costo zero il che, in tempi di crisi, non guasta e sgombra il campo da ogni
scusa per non farlo.
A ciò si aggiunge qualche altra iniziativa - non legata strettamente alle
festività natalizie - tra cui (cito a caso e come esempio, senza voler
favorire o trascurare nessuno) il recente cineforum, di cui mi è tanto
piaciuta l’idea e di cui so che sta andando bene.
Auguriamoci allora un buon anno nuovo, nuovo nel senso di carico di piccole
e grandi novità, di nuove iniziative e nuove idee che, messe insieme e fatte
insieme dalle persone di buona volontà, possono fare davvero la differenza.
Linda
Criminisi
2 gennaio 2014
© Riproduzione riservata.
"Flash mob" per l'Archivio Storico (Foto)
Foto di ©
Silvia La Rosa.
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Volantino |
02/01/2014 |
Chiesa. Avvisi ed
appuntamenti della
settimana |
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Pubblichiamo gli avvisi diffusi al termine delle Sante Messe domenicali.
Per gli avvisi della parrocchia San Rocco, la redazione attende la
disponibilità di un collaboratore locale.
Per agevolarne la consultazione, gli avvisi settimanali sono
pubblicati anche nella
pagina Chiesa.
Giovedi 2 gennaio
- ore 19.00, in chiesa Madre, Concerto di Natale del Complesso Bandistico
"G. Verdi".
Venerdi 3 gennaio
- è il 1° venerdi del mese.
Domenica 5 gennaio
- è la prima domenica dell'anno; le Sante Messe saranno celebrate come ogni domenica.
Lunedi 6 gennaio - Festa dell'Epifania
- è una festa di precetto; la raccolta durante le Sante Messe sarà destinata
alla Santa Infanzia;
- le Sante Messe vespertine saranno celebrate in tutte e tre le parrocchie
alle ore 17.30;
- ore 18.30, in chiesa Madre, Concerto dell'Epifania a cura del M° Fabrizio
Chiarenza.
AVVISI
Il catechismo per tutte le classi riprenderà dopo l'Epifania.
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01/01/2014 |
Chiesa. "San Silvestro I
Papa"; riflessione (ed auguri) a cura della prof.ssa Graziella Vizzini |
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San Silvestro |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Il 31
dicembre la Chiesa ci fa commemorare San Silvestro I Papa.
Silvestro fu vescovo di Roma per ben ventun anni (314-335) e guidò la chiesa
nell'epoca di passaggio fra le ultime persecuzioni e l'era di pace
inaugurata dall'imperatore Costantino. Costantino gli donò come residenza il
palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni.
Organizzatore della vita ecclesiastica romana, promosse la costruzione della
prima basilica di San Pietro, la più importante per la cristianità e poi
quella in onore di San Paolo sulla via Ostiense. Sotto il suo pontificato si
celebrò il grande Concilio di Nicea (325), che proclamò la divinità di
Cristo, Verbo consustanziale al Padre. Un anno dopo la sua morte, a papa
Silvestro era già dedicata una festa il 31 dicembre. E' tra i primi a essere
onorato come confessore, titolo attribuito dal IV secolo in poi a chi, pur
senza martirio. ha trascorso una vita offerta a Cristo. Preghiamo San
Silvestro, affinché ci aiuti ad accogliere il nuovo 2014 e a ringraziare Dio
per tutti i benefici che ci ha elargito durante il 2013.
Auguro buon anno a tutti.
Il 2014 sia un anno sereno e ricco di ogni grazia e benedizione di Gesù, che
è luce che splende nelle tenebre. Possa illuminare il mondo e la nostra
vita. Egli, che ha vinto le tenebre, guidi e riscaldi il nostro cuore e
possiamo riconoscere le innumerevoli grazie che durante quest'anno passato
ci ha elargito intonando il canto del Te Deum per ringraziarlo e innalzare
a lui salmi e cantici di ringraziamento.
Auguri di vero cuore". |
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Prof. Graziella Vizzini
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01/01/2014 |
Politica. Messaggio di fine
anno del Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano |
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On. Napolitano |
Pubblichiamo il testo del messaggio di fine anno
del Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano, pronunciato ieri sera a
reti unificate.
Palazzo del Quirinale, 31/12/2013
"A tutti gli italiani - e rivolgendo un particolare pensiero a quanti vivono
con ansia queste ore per le recenti scosse di terremoto - giunga il mio
affettuoso augurio.
L'anno che sta per terminare è stato tra i più pesanti e inquieti che
l'Italia ha vissuto da quando è diventata Repubblica. Tra i più pesanti sul
piano sociale, tra i più inquieti sul piano politico e istituzionale. L'anno
che sta per iniziare può e deve essere diverso e migliore, per il paese e
specialmente per quanti hanno sofferto duramente le conseguenze della crisi.
Una crisi dalla quale in Europa si comincia a uscire e più decisamente si
potrà uscire se si porterà fino in fondo un'azione comune per il rilancio
della crescita economica e dell'occupazione.
Questa sera non tornerò su analisi e considerazioni generali che ho
prospettato più volte. Non passerò dunque in rassegna i tanti problemi da
affrontare. Cercherò, invece, di mettere innanzitutto in evidenza le
preoccupazioni e i sentimenti che ho colto in alcune delle molte lettere
indirizzatemi ancora di recente da persone che parlando dei loro casi hanno
gettato luce su realtà diffuse oggi nella nostra società.
Vincenzo, che mi scrive da un piccolo centro industriale delle Marche, ha
ormai 61 anni e sa bene quanto sia difficile per lui recuperare una
posizione lavorativa. "Sono stato" - mi dice - "imprenditore fino
al 2001 (un calzaturificio con 15 dipendenti) ed in seguito alla sua
chiusura sono stato impiegato presso altri calzaturifici. Attualmente sono
disoccupato... Di sacrifici ne ho fatti molti, e sono disposto a farne
ancora. Questo non spaventa né me né i nostri figli". Ma aggiunge: "Non
può essere che solo noi «semplici cittadini» siamo chiamati a fare
sacrifici. Facciamoli insieme. Che comincino anche i politici". Mi
sembra un proposito e un appello giusto, cui peraltro cercano di
corrispondere le misure recenti all'esame del Parlamento in materia di
province e di finanziamento pubblico dei partiti.
Daniela, dalla provincia di Como, mi racconta il caso del suo fidanzato che
a 44 anni - iscrittosi "allo sportello lavoro del paese" - attende
invano di essere chiamato, e resta, per riprendere le sue drammatiche
parole, "giovane per la pensione, già vecchio per lavorare".
Una forte denuncia della condizione degli "esodati" mi è stata indirizzata
da Marco, della provincia di Torino, che mi chiede di citare la gravità di
tale questione, in quanto comune a tanti, nel messaggio di questa sera, e lo
faccio.
Mi hanno scritto in questo periodo persone che alla denuncia delle loro
difficoltà uniscono l'espressione di un naturale senso della Nazione e delle
istituzioni. Lo si coglie chiaramente, ad esempio, nel travaglio di un padre
di famiglia, titolare di un modesto stipendio pubblico, che mi scrive : "Questo
mese devo decidere se pagare alcune tasse o comprare il minimo per la
sopravvivenza dei miei due figli...". E mi dice di vergognarsi per
questo angoscioso dilemma, pensando al patto sottoscritto con le
istituzioni, al "giuramento di pagare le tasse sempre e comunque".
Ricevo anche qualche lettera più lunga, che narra una storia personale
legandola alla storia e alla condizione attuale del paese. Così Franco da
Vigevano, agricoltore, che rievoca lo "spirito di fratellanza" degli
anni della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale e fa appello perché
quello spirito rinasca come condizione per rendere la "Nazione stabile
economicamente e socialmente".
E infine, avrei da citare molte lettere di giovani, polemiche verso le
incapacità della politica ma tutt'altro che rassegnate e prive di speranza e
volontà. Serena, da un piccolo centro del catanese, mi scrive: "Noi
giovani non siamo solo il futuro, ma siamo soprattutto il presente", per
il lavoro che manca, per la condizione delle famiglie che scivolano nella
povertà. "Voi adulti e politici parlate spesso dei giovani e troppo poco
con i giovani", che nonostante tutto sono pronti a rimboccarsi le
maniche e a fare ogni sforzo per poter dire, da adulti: "sono fiero del
mio paese, della mia Nazione".
Veronica, da Empoli, ventottenne, laureatasi a prezzo di grandi sacrifici,
da 3 anni alla ricerca, finora vana, di un lavoro, sente che la crisi
attuale è crisi di quella fiducia nei giovani, di quella capacità di
suscitare entusiasmo nei giovani, senza di cui "una Nazione perde il
futuro". E conclude: "io credo ancora nell'Italia, ma l'Italia crede
ancora in me?". Ecco, vedete, aggiungo io, una domanda che ci deve
scuotere.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto, anche esprimendo apprezzamento
e fiducia, e talvolta critiche schiette, per il mio impegno di Presidente.
Non potendo sempre rispondere personalmente, traggo da ogni racconto,
denuncia o appello che mi giunge, stimoli per prospettare - nei limiti dei
miei poteri e delle mie possibilità - i forti cambiamenti necessari nella
politica, nelle istituzioni, nei rapporti sociali. Ne traggo anche la
convinzione che ci siano grandi riserve di volontà costruttiva e di coraggio
su cui contare.
Il coraggio degli italiani è in questo momento l'ingrediente decisivo per
far scattare nel 2014 quella ripresa di cui l'Italia ha così acuto bisogno.
Coraggio di rialzarsi, di risalire la china. Coraggio di praticare la
solidarietà: come già si pratica in tante occasioni, attraverso una fitta
rete di associazioni e iniziative benefiche, o attraverso gesti, azioni
eloquenti ed efficaci - dinanzi alle emergenze - da parte di operatori
pubblici, di volontari, di comuni cittadini, basti citare l'esempio di
Lampedusa. Coraggio infine di intraprendere e innovare: quello che mostrano
creando imprese più donne, più giovani, più immigrati che nel passato.
Alla crisi di questi anni ha reagito col coraggio dell'innovazione una parte
importante dell'industria italiana, indebolitasi, già molto prima, in
produzioni di base certamente rilevanti, ma affermatasi in nuove
specializzazioni. Quella parte dell'industria ha così guadagnato
competitività nelle esportazioni, ed esibito eccellenze tecnologiche, come
dimostrano i non pochi primati della nostra manifattura nelle classifiche
mondiali. In questo nucleo forte, vincente dell'industria e dei servizi
troviamo esempi e impulsi per un più generale rinnovamento e sviluppo della
nostra economia, e per un deciso ritorno di fiducia nelle potenzialità del
paese.
Guardiamo dunque al presente, al malessere diffuso, alla "fatica sociale" -
come si è detto - cui dare risposte qui ed ora, nell'anno 2014, ma lavoriamo
in pari tempo a un disegno di sviluppo nazionale e di giustizia sociale da
proiettare in un orizzonte più lungo. E' a questa prospettiva che sono
interessati innanzitutto i giovani, quelli che con grandi sforzi già hanno
trovato il modo di dare il meglio di sé - ad esempio, ne parlo spesso, nella
ricerca scientifica - e gli altri, i più, che ancora non riescono a trovare
sbocchi gratificanti di occupazione e di partecipazione a un futuro comune
da costruire per l'Italia.
Si richiedono però lungimiranti e continuative scelte di governo, con le
quali debbono misurarsi le forze politiche e sociali e le assemblee
rappresentative, prima di tutto il Parlamento, oggi più che mai bisognoso di
nuove regole per riguadagnare il suo ruolo centrale.
Non tocca a me esprimere giudizi di merito, ora, sulle scelte compiute
dall'attuale governo, fino alle più recenti per recuperare e bene impiegare,
essenzialmente nel Mezzogiorno, miliardi di euro attribuitici dall'Unione
Europea attraverso fondi che rischiamo di perdere. Rispetto a tali scelte e
alla loro effettiva attuazione, e ancor più a quelle che il governo annuncia
- sotto forma di un patto di programma, che impegni la maggioranza per il
2014 - il solo giudice è il Parlamento. E grande, a questo proposito, è lo
spazio anche per le forze di opposizione che vogliano criticare in modo
circostanziato e avanzare controproposte sostenibili.
La sola preoccupazione che ho il dovere di esprimere è per il diffondersi di
tendenze distruttive nel confronto politico e nel dibattito pubblico -
tendenze all'esasperazione, anche con espressioni violente, di ogni polemica
e divergenza, fino a innescare un "tutti contro tutti" che lacera il tessuto
istituzionale e la coesione sociale.
Penso ai pericoli, nel corso del 2013, di un vuoto di governo e di un vuoto
al vertice dello Stato: pericoli che non erano immaginari e che potevano
tradursi in un fatale colpo per la credibilità dell'Italia e per la tenuta
non solo della sua finanza pubblica ma del suo sistema democratico. Quei
pericoli sono stati scongiurati nel 2013, sul piano finanziario con
risultati come il risparmio di oltre 5 miliardi sugli interessi da pagare
sul nostro debito pubblico. Sarebbe dissennato disperdere i benefici del
difficile cammino compiuto. I rischi già corsi si potrebbero riprodurre nel
prossimo futuro, ed è interesse comune scongiurarli ancora.
La nostra democrazia, che ha rischiato e può rischiare una
destabilizzazione, va rinnovata e rafforzata attraverso riforme obbligate e
urgenti. Entrambe le Camere approvarono nel maggio scorso a grande
maggioranza una mozione che indicava temi e grandi linee di revisione
costituzionale. Compreso quel che è da riformare - come proprio nei giorni
scorsi è apparso chiaro in Parlamento - nella formazione delle leggi,
ponendo termine a un abnorme ricorso, in atto da non pochi anni, alla
decretazione d'urgenza e a votazioni di fiducia su maxiemendamenti. Ma
garantendo ciò con modifiche costituzionali e regolamentari, confronti
lineari e "tempi certi in Parlamento per l'approvazione di leggi di
attuazione del programma di governo".
Anche se molto è cambiato negli ultimi mesi nel campo politico e le
procedure da seguire per le riforme costituzionali sono rimaste quelle
originarie, queste riforme restano una priorità. Una priorità indicata al
Parlamento già dai miei predecessori e riconosciuta via via da un arco di
forze politiche rappresentate in Parlamento ben più ampio di quelle che
sostengono l'attuale governo. E mi riferisco a riforme che soprattutto sono
i cittadini stessi a sollecitare.
Alle forze parlamentari tocca in pari tempo dare soluzione - sulla base di
un'intesa che anch'io auspico possa essere la più larga - al problema della
riforma elettorale, divenuta ancor più indispensabile e urgente dopo la
sentenza della Corte Costituzionale.
Dobbiamo tutti augurarci che il 2014 ci veda raggiungere risultati
apprezzabili in queste direzioni.
Non posso a questo punto fare a meno di sottolineare come nel nuovo anno
l'Italia sia anche chiamata a fare la sua parte nella comunità
internazionale: dando in primo luogo il suo contributo all'affermazione
della pace dove ancora dominano conflitti e persecuzioni. E a questo
riguardo voglio ricordare ancora una volta l'impegno dei nostri militari
nelle missioni internazionali, tra le quali quella contro la nuova pirateria
cui partecipavano i nostri marò Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, ai
quali perciò confermo la nostra vicinanza. E rivolgo un commosso pensiero a
tutti i nostri caduti.
A una comune responsabilità per le sorti del mondo ci ha richiamato, nei
suoi messaggi natalizi e per la giornata mondiale della pace, Papa Francesco
con la forza della sua ispirazione che fa leva sul principio di fraternità e
che sollecita anche scelte coerenti di accoglienza e solidarietà verso
quanti fuggono da guerre, oppressioni e carestie cercando asilo in Italia e
in Europa.
Queste supreme istanze di pace e di solidarietà mi spingono anche a un
appello perché non si dimentichi quello che l'Europa, l'integrazione
europea, ci ha dato da decenni : innanzitutto proprio la pace e la
solidarietà. Anche in funzione di tale impegno molte cose debbono oggi
certamente cambiare nell'Unione Europea. In tal senso dovrà operare
l'Italia, specie nel semestre di sua presidenza dell'Unione, senza che
nessuno degli Stati membri si tiri però indietro e si rinchiuda in un guscio
destinato peraltro ad essere travolto in un mondo radicalmente cambiato e
divenuto davvero globale.
Né si dimentichi - nel fuoco di troppe polemiche sommarie - che l'Europa
unita ha significato un sempre più ampio riconoscimento di valori e di
diritti che determinano la qualità civile delle nostre società. Valori come
quelli, nella pratica spesso calpestati, della tutela dell'ambiente - basti
citare il disastro della Terra dei fuochi - del territorio, del paesaggio.
Diritti umani, diritti fondamentali: compresi quelli che purtroppo sono
negati oggi in Italia a migliaia di detenuti nelle carceri più sovraffollate
e degradate.
Care ascoltatrici, cari ascoltatori, ho voluto esprimervi la mia vicinanza a
realtà sociali dolorose, che molti di voi vivono in prima persona, ed
evocare valori e principi, necessità e speranze di cambiamento da coltivare
tenacemente. L'ho fatto senza entrare nel merito di posizioni politiche e di
soluzioni concrete, su cui non tocca a me pronunciarmi. Come nei sette anni
conclusisi nell'aprile scorso, così negli otto mesi successivi alla mia
rielezione, ho assolto il mio mandato raccogliendo preoccupazioni e
sentimenti diffusi tra gli italiani. E sempre mirando a rappresentare e
rafforzare l'unità nazionale, servendo la causa del prestigio internazionale
dell'Italia, richiamando alla correttezza e all'equilibrio nei rapporti tra
le istituzioni e tra i poteri dello Stato, nei rapporti, anche, tra politica
e giustizia tenendo ben ferma la priorità della lotta al crimine
organizzato.
Conosco i limiti dei miei poteri e delle mie possibilità anche nello
sviluppare un'azione - al pari di tutti i miei predecessori - di persuasione
morale. Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di
strapotere personale. Sono attento a considerare ogni critica o riserva,
obbiettiva e rispettosa, circa il mio operato. Ma in assoluta tranquillità
di coscienza dico che non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, da
ingiurie e minacce.
Tutti sanno - anche se qualcuno finge di non ricordare - che il 20 aprile
scorso, di fronte alla pressione esercitata su di me da diverse ed opposte
forze politiche perché dessi la mia disponibilità a una rielezione a
Presidente, sentii di non potermi sottrarre a un'ulteriore assunzione di
responsabilità verso la Nazione in un momento di allarmante paralisi
istituzionale.
Null'altro che questo mi spinse a caricarmi di un simile peso, a superare le
ragioni, istituzionali e personali, da me ripetutamente espresse dando per
naturale la vicina conclusione della mia esperienza al Quirinale. E sono
oggi ancora qui dinanzi a voi ribadendo quel che dissi poi al Parlamento e
ai rappresentanti regionali che mi avevano eletto col 72 per cento dei voti.
Resterò Presidente fino a quando "la situazione del paese e delle
istituzioni" me lo farà ritenere necessario e possibile, "e fino a quando le
forze me lo consentiranno". Fino ad allora e non un giorno di più; e dunque
di certo solo per un tempo non lungo. Confido, così facendo, nella
comprensione e nel consenso di molti di voi.
Spero di poter vedere nel 2014 decisamente avviato un nuovo percorso di
crescita, di lavoro e di giustizia per l'Italia e almeno iniziata
un'incisiva riforma delle istituzioni repubblicane.
Ho concluso.
Buon anno alle vostre famiglie, dagli anziani ai bambini, buon anno a chi
serve la patria e la pace lontano dall'Italia, buon anno a tutti quanti
risiedono operosamente nel nostro paese.
Guardiamo - lasciate che ve lo dica - con serenità e con coraggio al nuovo
anno". |
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Il Presidente della Repubblica
On. Giorgio Napolitano |
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