Grotte.info Quotidiano -
Agosto 2011 |
31/08/2011 |
Teatro. Al Teatro Regina
Margherita "Rido e... tango", varietà di Salvatore Bellavia |
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Manifesto |
Lunedi 5 settembre, alle ore 20.30, nell'atrio della
scuola "A. Roncalli" andrà in scena "Rido e... tango" (Come un varietà del
tempo che fu), spettacolo di Salvatore Bellavia; una produzione del
laboratorio teatrale "Luchino Visconti" di Grotte.
Con la partecipazione di Alessandra Criminisi, Calogero Infantino, Alessandra Marsala, Salvatore Milano, Claudia Palermo,
Giulia Serravillo, Dario Serravillo, Valeria Todaro, Valerio Vella, Isabella Villani, Assunta
Villardita, Domenico Vizzini.
Partecipazione straordinaria di Ketty Cardillo e dell'Orchestra "I
Malavoglia" diretta dal M° Salvatore Mercato.
Regia di Salvatore Bellavia.
"Rido e... tango" - Spettacolo di S. Bellavia
Atrio Scuola "A. Roncalli"
Grotte, 05/09/2011
Inizio spettacolo ore 20.30
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31/08/2011 |
Iniziative. Cultura e
spettacolo nei tre "Incontri alla Torre" |
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Manifesto |
Saranno tre gli "Incontri alla Torre", appuntamento
estivo di spettacolo e cultura ideato e diretto da Aristotele Cuffaro, che
si svolgeranno nel prossimo mese di settembre, alle ore 21.00, nel giardino
della Torre del Palo, a Grotte.
Il primo dei tre appuntamenti, che avrà luogo domenica 4
settembre, sarà uno spettacolo di cabaret con l'attore Paride Benassai.
Seguirà, giovedi 8 settembre, un altro spettacolo di cabaret con
l'attore Massimo Spata.
Il ciclo di appuntamenti si concluderà, domenica 11 settembre, con un
incontro culturale in onore di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e
scrittore, nel quale, attraverso l'analisi della sua attività letteraria, si
affronteranno temi attuali di carattere sociale, economico e culturale.
Gli "Incontri alla Torre" sono organizzati dall'Assessorato alla Cultura del
Comune di Grotte, in collaborazione con la Dott.ssa Giovanna Zaffuto,
Presidente del Lions Club Zolfare.
"Incontri alla Torre"
Domenica 4 settembre ore 21.00: spettacolo di cabaret con Paride Benassai.
Giovedi 8 settembre ore 21.00: spettacolo di cabaret con Massimo Spata.
Domenica 11 settembre ore 21.00: incontro culturale con Pietrangelo
Buttafuoco.
Giardino della Torre del Palo - Grotte
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31/08/2011 |
Attività. Opportunità
d'impiego per laureati, presso il Centro servizi socio-sanitari "Il
Girasole" |
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Manifesto |
Il Centro Servizi Socio-Sanitari “IL GIRASOLE”
seleziona, presso la propria sede di Grotte, personale da inserire in
attività progettuali che sia in possesso dei seguenti requisiti:
- laurea con votazione non inferiore a 100/110;
- residenza a Grotte.
Seleziona inoltre n° 1 insegnante di inglese madrelingua.
Gli interessati possono presentare la propria candidatura presso l’ufficio
di Via Cavour n° 49, nei giorni di mercoledi 7 e giovedi 8 settembre, dalle
ore 09.00 alle ore 13.00.
Il Centro Servizi Socio-Sanitari, “Il
Girasole" è una struttura operante nella provincia di Agrigento, con sede
a Grotte, che propone iniziative sociali e sanitarie, e risponde ai
bisogni della persona, dei minori e dei disabili.
Eroga i propri servizi, avvalendosi di operatori qualificati, previa stesura
di progetti individualizzati, nelle seguenti aree:
1) Servizi alla persona:
- assistenza domiciliare;
- servizio di accompagnamento (trasporto);
- disbrigo commissioni varie;
- assistenza ospedaliera;
- servizio infermieristico;
- fisioterapia - neuropsicomotricità;
- logopedia;
- podologia (callista);
- consulenza psicologica;
- segretariato sociale;
2) Servizi ai minori e disabili:
- interventi educativi finalizzati al superamento di difficoltà
(disattenzione, iperattività, basso livello di autostima, basso rendimento
scolastico, difficoltà comunicative e relazionali);
- interventi di promozione al successo scolastico (lezioni di recupero per
alunni di scuole di ogni ordine e grado);
- interventi di promozione di un armonico sviluppo psico-fisico (consulenza
pedagogica, consulenza di logopedia, interventi abilitativi e riabilitativi,
consulenza psicologica);
- servizio di accompagnamento (per la frequentazione di servizi pubblici o
privati - con personale qualificato, baby-sitter).
Il Centro, per l’area dedicata alla persona, propone servizi che consentono
agli utenti di poter rimanere nel proprio contesto familiare. Per l’area
dedicata ai minori e disabili, si occupa di organizzare, gestire e
realizzare (sia a domicilio che in sede) interventi educativi e di
promozione, attraverso consulenze pedagogiche, logopediche e psicologiche.
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30/08/2011 |
Lettere. Bugie sulla guerra
in Libia; di Fabio Pillitteri |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"In merito all'ultima mai mail e alla "risposta dalla
redazione", ci tengo a chiarire alcuni punti, già esposti nei miei commenti
sul canale facebook di Grotte.info.
Non affermo che i media internazionali si siano accordati segretamente per
raccontare bugie, credo piuttosto che abbiano lasciato a casa il senso
critico e si siano affidati dogmaticamente a fonti poco attendibili, e
soprattutto piene di conflitti d'interesse. Chi? I ribelli. Spesso sono
proprio il Cnt libico o i portavoce dei ribelli ad essere citati come fonti
delle notizie, e ciò non mi sembra molto corretto, anche perché poi ciò che
affermano altre fonti, altri giornalisti (come Meyssan, giornalista francese
che è a Tripoli da giugno e del quale ho linkato un articolo nella
precedente mail), altre agenzie, il governo libico o addirittura le
organizzazioni umanitarie come Human Rights Watch o Amnesty international,
non vengono prese nemmeno in considerazione. Non vengono citate, osservate,
divulgate. Per poca professionalità o perché la trama è già stata scritta, e
i ribelli coi vessilli monarchici del re Idris (anche questo mai fatto
notare), e non si accettano versioni alternative o deroghe alla narrazione
ufficiale.
Vorrei proporre alcuni link che parlano della sconfitta dell'informazione
vera.
Qui c'è un servizio di "La storia siamo noi", strutturato in 4 parti, che
parla proprio di disinformazione nelle narrazioni belliche, in particolare
di quella libica. Spero che la professionalità del programma, di Giovanni
Minoli e dell'autore del servizio, l'inviato di guerra Amedeo Ricucci, possa
essere ben gradita:
http://www.youtube.com/watch?v=Pk3JinQZg88&feature=related.
Qui c'è intervista singola al già citato Amedeo Ricucci, inviato da anni
negli scenari di guerra più duri:
http://www.youtube.com/watch?v=ISDFhdu3d6k . Parla di come la notizia
dei 10 mila morti e delle fosse comuni siano state date senza prove,
affidandosi a quanto detto dai ribelli e in palese mancanza di riscontri
pratici sul campo. Bombardamenti governativi su Tripoli avrebbero dovuto
lasciare il segno, ma non ce n'era traccia. Emblematico, molto. E le fosse
comuni sono altra cosa, quello era un cimitero con singole tombe.
Qui Amnesty International dice di non aver raccolto alcuna prova degli
stupri da parte dei lealisti e del fatto che Gheddafi li abbia caricati di
viagra. La fonte erano i ribelli e la storia del viagra una manomissione
farsesca. Eppure Hillary Clinton e il procuratore dell'Aja, Ocampo, urlavano
contro le violenze sessuali dei lealisti. Si erano basati sulle dichirazioni
dei ribelli.
http://www.lettera43.it/cronaca/19487/wall-street-journal-il-rais-lascera-tripoli.htm
.
Qui Ian Martin, dell'Onu, parla di crimini commessi dai ribelli: stupri,
esecuzioni sommarie, crimini contro gli immigrati accusati ingiustamente di
essere mercenari. Ma non mi pare che la notizia abbia fatto il giro dei
notiziari, forse è troppo scomoda.
http://www.ultimaora.net/notizie-mondo/i-ribelli-libici-hanno-commesso-crimini-di-guerra.html
.
A Gheddafi sono state messe in bocca parole mai dette o distorte nel loro
significato. Ad esempio, aveva avvertito la Nato che se avesse continuato a
bombardare certe zone avrebbe danneggiato la rete idrica rischiando di
lasciare a secco varie città tra cui Bengasi. I media hanno affermato che
Gheddafi ha minacciato di lasciare Bengasi senza acqua. Questo è totalmente
falso, questa è disinformazione criminale.
http://altocasertano.wordpress.com/2011/04/05/libia-tripoli-disastro-umanitario-se-raid-nato-colpiscono-rete-idrica/
.
La BBC, in una diretta di pochi giorni fa, ha spacciato, di fronte a milioni
di telespettatori, una manifestazione indiana per una manifestazione di
libici contro il governo di Gheddafi. Dai visi, dall'abbigliamento ma
soprattutto dalle bandiere si capisce che quelli sono indiani, niente
affatto libici. E sullo schermo spiccava, in rosso, la scritta: "Live to
Tripoli". Semplice errore o mancata professionalità? E parliamo della BBC.
Infine, Peace Reporter si chiede chi sia Jibril, leader del Cnt libico. È un
uomo che è stato vicino al regime ma è stato poi allontanato. Ha lavorato
per permettere l'infiltrazione economica anglo-americana in Libia. Questo
dovrebbe mettere in dubbio le sue reali motivazioni e lasciar intravedere un
enorme conflitto d'interessi. Praticamente è il cavallo di Troia che aprirà
le porte alle aziende straniere per interessi che, temo, non saranno dei
cittadini libici.
Ora, non voglio convincere nessuno e non voglio diventare il profeta della
Verità, perché quella non ce l'ha nessuno, né io, né Obama, né Gheddafi, né
il Cnt. Il mio scopo è quello di indurre il senso critico e far nascere
delle domande di indagine e filtro delle notizie che ci arrivano a raffica.
Spero che si inizi a prendere le notizie con le dovute precauzioni, ossia
col dubbio e con la voglia di indagare meglio, perché troppo spesso le
notizie servite su un piatto d'argento nascondono inesattezze se non totali
bugie. Ed in base a queste bugie è stata scatenata una guerra che ha
provocato migliaia di morti, perché di umanitario, e credo che questo
possano sospettarlo anche i bambini, non c'è nulla, e nemmeno di
democratico, visto la caratura morale dei ribelli e dei loro leader,
placcati di smania di potere". |
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Fabio Pillitteri |
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Dalla Redazione.
Che ogni guerra sia una sconfitta per l'umanità, e che dietro ogni conflitto
si nascondano (o tentino di nascondersi) interessi politici ma soprattutto
economici, è un dato acclarato. Che tali interessi possano influenzare, in
maniera più o meno stringente, gli organi di informazione, rientra
nell'ambito del possibile (basta portare ad esempio l'evidente faziosità di
taluni telegiornali e quotidiani italiani). Che la disinformazione riguardo
quanto sta accadendo in Libia sia totale, anzi "criminale", è un
parere che non ci sentiamo di condividere. Ad esempio non riteniamo sia vero
che tutti gli organi di stampa si affidino pedissequamente a quanto riferito
dai ribelli; ne è testimonianza la presenza a Tripoli (e la cattura seguita
dal recente rilascio) di 4 giornalisti italiani, di 4 testate diverse: "La
Stampa", il "Corriere della sera" e "Avvenire" (quest'ultimo quotidiano non
certo fomentatore di conflitti), nonché la presenza, sempre a Tripoli presso
l'hotel Corinthia, di altre decine di giornalisti provenienti da vari Paesi.
Che di democratico nella guerra in Libia (che condanniamo - su questo siamo
d'accordo - e che causa migliaia di vittime civili innocenti) non vi sia
nulla, anche questo è un parere. Se il popolo tunisino e quello egiziano
hanno trovato la forza di ribellarsi alle rispettive dittature, mentre
quello siriano sta ancora pagando con un altissimo prezzo di sangue il
proprio anelito alla libertà, perchè il popolo libico dopo decenni di
tirannia non avrebbe dovuto reagire al regime del "colonnello"? Sarebbe
stata auspicabile una volontaria partenza del dittatore, oppure una nuova
incruenta "rivoluzione dei garofani" (come quella portoghese del 1974);
purtroppo per l'attaccamento al potere taluni sono disposti a sacrificare la
vita (ma esclusivamente quella degli altri). Ci auguriamo, come il nostro
lettore e gli autori degli articoli da lui citati, che le armi tacciano al
più presto e che un periodo di pace torni a regnare su quel lembo di
continente africano. |
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Carmelo Arnone
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30/08/2011 |
Premio Racalmare. Franco Di
Mare, con "Non chiedere perchè", vincitore della XXIII edizione |
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Manifesto
Franco Di Mare
Copertina |
Il giornalista e scrittore Franco Di Mare ha vinto la
XXIII edizione del Premio Letterario "Racalmare - Leonardo Sciascia", con il
romanzo "Non chiedere perchè", edito da Rizzoli.
Si è svolta domenica 28 agosto, in Piazza Umberto I a Grotte, la cerimonia
di proclamazione del vincitore del Premio, per il quale erano in finale
anche i libri "La catastròfa" di Paolo Di Stefano e "La strada dritta" di
Francesco Pinto.
Al folto pubblico presente in piazza ed ai graditi ospiti della
manifestazione, il sindaco Paolo Pilato ed il presidente del Consiglio
Comunale Angelo Collura hanno rivolto il loro saluto con gli interventi
iniziali. La serata, condotta da Michela Giuffrida, è entrata nel vivo con
la presentazione, da parte degli autori, delle rispettive opere, delle quali
l'attore Filippo Luna ha interpretato alcune delle pagine più significative.
A seguire il Sindaco ha consegnato ai tre finalisti le targhe e le pergamene
con le motivazioni.
A Franco Di
Mare, per “Non chiedere perché”: "Il romanzo restituisce la paura della
guerra, gli orrori del conflitto etnico, l’ignavia dell’Europa ma anche i
piccoli eroismi quotidiani, la forza dei rapporti personali, il coraggio dei
singoli, la generosità dei volenterosi. E così la storia di Malina, la bimba
che Marco decide di portare via da quei luoghi di pianto e lutti si carica
di commozione e valore simbolico, quasi che salvando una bambina si possa
conservare il barlume di speranza che, tra quelle pietre, quei corpi morti
lungo le strade di Sarajevo, vive negli occhi della piccola bosniaca. A
muovere le fila di tutto il romanzo è una vicenda reale che Franco Di Mare
racconta per rendere omaggio ad una città che ha resistito eroicamente ad un
attacco tra i più sanguinari e spietati in Europa dai tempi della Seconda
Guerra Mondiale. Nel romanzo, l’autore mette a nudo anche se stesso, le sue
emozioni, le sue sensazioni non solo di giornalista ma soprattutto di uomo
in una sorta di catarsi che, grazie al protagonista Marco De Luca, lo libera
da ciò che di tragico e brutale ha visto con i suoi occhi. Un romanzo per
non dimenticare, un romanzo sulla guerra, un romanzo sull’amore".
A Paolo Di Stefano per “La catastròfa”: "Paolo Di Stefano ha conosciuto i
protagonisti di quell’amara vicenda, ha conosciuto i piccoli grandi uomini
che con imponderabile eroismo, senza esitazione, si immersero nell’inferno
della miniera nella disperata ricerca dei loro compagni. Si è calato quasi
materialmente nei pozzi profondi delle rimembranze dei loro momenti felici,
dei loro pensieri, dei sogni giovanili, delle loro istintive e gravi
premonizioni, della loro imprevedibile foga di ricostruire brandelli della
loro esistenza annientata, affinché tutto sia consegnato a futura memoria
perché, parafrasando Sciascia, “la memoria deve avere un futuro”. Noi
soggiungiamo che grazie anche ad opere come “La catastròfa”, che parlano con
incisività alla coscienza, questo futuro potrà detenere i fondamenti di
quella società che Sciascia avrebbe considerato veramente civile: la
Giustizia, la Verità e quindi la Ragione".
A Francesco Pinto per “La strada dritta”: "L’Autostrada del Sole esiste come
esistono le piramidi e tutti i monumenti che testimoniano l’esistenza di una
civiltà di singoli, spesso sconosciuti, ma immortalati dall’opera che ha
contribuito ad edificare. A chi rimane spetta il compito di riconoscere
l’importanza dell’opera non solo per il suo valore artistico o per
l’utilità economica, ma soprattutto per il valore culturale, sociale, umano.
Il romanzo dell’autosole fa sì che questa strada non sia solo una striscia
d’asfalto e raccontarne la sua storia permetterà di non buttare via il
ricordo di chi siamo stati e di chi possiamo ancora essere. Permetterà di
tenere viva la memoria del nostro coraggio per essere sempre capaci di
ritrovarlo. La prosa lineare, l’espressione chiara, il linguaggio misurato
ed elegante, privo di eccessi o preziosismi, ma che suscita forti vibrazioni
del cuore, in sintonia con l’argomento trattato, la cui indiscutibile
concretezza porta tuttavia all’emozione, se non alla commozione, sono altri
motivi di apprezzamento dell’opera di Pinto, che ci sembra abbia contribuito
in modo “altro”, davvero non retorico, alla celebrazione del 150° dell’Unità
d’Italia".
Dopo la lettura delle motivazioni è stato il momento della votazione, da
parte delle giuria popolare, del libro vincitore.
Le 34 schede votate sono state scrutinate in diretta dinanzi ai finalisti
dal Presidente Onorario Gaetano Savatteri, assistito dal segretario del
Premio Piero Calì e dal sindaco Pilato.
Al termine delle operazioni di scrutinio sono stati comunicati i voti
ottenuti, il cui risultato finale, che ha reso merito a tutti e tre gli
autori, è stato di 8 voti per "La strada dritta", 12 per "La catastròfa" e
14 per "Non chiedere perchè".
I tre finalisti, ai quali spetta indicare - in qualità di consulenti - tre
libri ciascuno per la prossima edizione del "Racalmare", hanno ottenuto un
premio di 1.000 euro ciascuno. Al vincitore Franco Di Mare, oltre ad
ulteriori 2.000 euro di premio in denaro, è stata consegnata la scultura "La
civetta", dell'artista Giuseppe Agnello - autore del "Montalbano" di Porto
Empedocle e dello "Sciascia" di Racalmuto -. Una copia della stessa scultura
(omaggio a "Il Giorno della civetta" dello scrittore racalmutese) è esposta
al Quirinale, precedentemente offerta al Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano. La foto di gruppo sul palco, con tutti i giurati, le Autorità e
gli organizzatori, ha concluso la manifestazione.
Carmelo Arnone
30 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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Francesco Pinto
Copertina
Paolo Di Stefano
Copertina |
29/08/2011 |
Racconti. "Un tuffo nel
passato" - Capitoli 35° e 36°; di Carmelo Luparello |
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Prof. Luparello |
UN TUFFO NEL PASSATO
di Carmelo Luparello
Cap. XXXV
Certo, a sentire parlare l’arciprete, c’era da rabbrividire. Sarebbe andato
all’Inferno almeno il 70% dei grottesi che votavano Ardicasi: i miei
parenti, gli amici, gli amici degli amici, i contadini, gli zolfatai che
facevano sciopero perché, a fine mese, non ricevevano lo stipendio ed erano
costretti a fare “debitu cu li putiara”, cioè ad indebitarsi coi negozianti.
Erano i mezzadri che
coltivavano la terra dei padroni, o i braccianti agricoli “quasi sempri
muorti di fami”, cioè quasi sempre morti di fame. Era “la zà ‘Ntonia Buscemi”,
cioè “la zia” Antonia Buscemi e tutti “li santaruccara”, cioè gli abitanti
del quartiere San Rocco, che votavano, in blocco, per il Partito Comunista.
Certamente non sarebbero andati all’Inferno i ricchi del paese, quelli che,
per intenderci, si riunivano, ogni sera, nel Circolo a loro riservato (un
cartoncino appeso dietro il vetro della porta d’entrata avvertiva “E’
severamente vietato l’ingresso ai non soci”) per giocare a scopa o anche
d’azzardo specialmente nel periodo natalizio, quando tanti di questi
sedicenti nobili puntavano, sul tavolo di gioco, grosse somme di denaro, con
le quali un povero diavolo ci avrebbe mangiato anche un anno. Questo di
sera, perché di giorno, seduti su delle lussuose poltrone, leggevano e
commentavano il giornale le cui pagine erano tenute ferme da un’asta di
legno.
Erano i padroni di grosse
proprietà, di miniere e di palazzi, dove il puzzo del letame degli animali
non sarebbe mai arrivato, anche se in certe giornate ci arrivavano le grida
degli operai in sciopero. Tra questi nobili c’era pure un sarto che, fra
l’altro, era molto bravo nel suo mestiere, ma del quale non riuscivo a
capire su che cosa si basasse la sua nobiltà, anche se lui disdegnava
l’umile gente.
Erano doppiamente
fortunati costoro: nella vita terrena perché godevano di privilegi (tra i
quali magari la radio o più tardi la televisione) che gli altri comuni
mortali non avevano, e in quella celeste perché sarebbero stati beati della
visione di Dio.
E l’arciprete, pur di
salvare delle anime dall’Inferno e portarle in Paradiso, beffando anche
Belzebù in persona, non esitava a ricorrere alle minacce anche di carattere
economico.
Un giorno si recò in casa
di una famiglia, nota per le sue simpatie verso la Sinistra, e disse: “So
che avete in corso una domanda di pensione, io non ve la farò arrivare mai”.
Non so cosa fece, se agì
da solo o in combutta col maresciallo dei carabinieri che, allora, assieme
all’Arciprete e al Sindaco, era a capo del paese, o, magari non agì per
niente, perché magari era soltanto un millantatore, fatto sta che a quella
famiglia la pensione, che l’avrebbe risollevata dalle tristi condizioni in
cui si trovava, non arrivò mai. Esempio sublime di carità cristiana!
Un giorno all’arciprete
venne la felice idea di creare un oratorio per togliere dalla strada tanti
ragazzi, che la sera sarebbero così stati in sacrestia, dove avrebbero
pregato e giocato soprattutto a carte e a biliardo. Infatti, in sacrestia,
oltre a due armadi dove venivano custoditi gli arredi sacri, c’era un grande
tavolo di colore scuro e uno o due biliardi, adesso non mi ricordo bene. In
breve tempo l’arciprete riuscì a recuperare una ventina di giovani.
In sacrestia si
trascorreva il tempo in allegria, fino a quando a un ragazzo (Giuggiu
Cammaratisi?) non venne un’idea che non sarebbe venuta a nessun altro. In
sacrestia si accedeva passando attraverso una porta che, spesso, veniva
chiusa con un chiavistello, fermato poi a chiave.
Una sera dunque questo
ragazzo, mentre l’arciprete rovistava in un cassetto e quindi dava le spalle
alla porta e mentre tutti eravamo intenti a giocare, senza dire niente a
nessuno, uscì, chiuse la porta col chiavistello, e scappò dalla chiesa. Meno
male che non aveva la chiave, altrimenti non so come la cosa sarebbe finita.
Al rumore provocato dalla
porta che si chiudeva, tutti ci girammo da quella parte, poi corremmo ad
aprire. Ma la porta, nonostante i nostri sforzi, non si apriva, essendo
stata chiusa dal di fuori.
Chiamammo l’arciprete
che, capito finalmente quanto era successo, corse anche lui verso la porta
pensando che fosse uno scherzo da parte nostra. Armeggiò un po’, poi non
riuscendo ad aprire si voltò verso di noi che ridevamo a crepapelle,
sperando di capire dal viso chi fosse il colpevole. Non trovò nessuno, per
cui ritornò ad armeggiare con la porta, mentre, per la rabbia era diventato
rosso in faccia.
Qualcuno poi disse che
all’arciprete era sfuggita una bestemmia. Quando ormai era stanco ebbe,
anche lui, un’idea geniale. Prese la scopa che era in un angolo e col
bastone incominciò a colpire il soffitto, sperando di attirare l’attenzione
della sorella mentre noi continuavamo a ridere, tanto che a un certo punto
l’arciprete, sentendosi preso in giro, lasciò la scopa e andò verso il primo
ragazzo che gli veniva a tiro con l’intenzione di dargli due sberle e farlo
“scannaliare”.
Ma il ragazzo: “E chi ci
curpu i, parri?” cioè : “ E che colpa ne ho io, padre?”. L’arciprete, per
fortuna, mollò la presa. Nel frattempo la sorella che aveva sentito i colpi
di bastone, allarmata non sapendo quello che era successo, era scesa e aveva
aperto la porta, liberando così i prigionieri.
Intanto, però,
sull’arciprete e sulla sua famiglia giravano nel paese le voci più strane,
sicuramente voci alimentate, secondo alcuni, che della parrocchia avevano
fatto la loro seconda casa, da un certo anticlericalismo; voci che nessuno
poté confermare né smentire, ma che ebbero subito, come succede spesso in
questi casi, un’enorme diffusione in tutti gli strati della popolazione.
Si mormorava dunque che
una delle due sorelle, quella più giovane, che sapeva strimpellare l’organo,
se la intendesse con un giovane al quale, in certe ore del pomeriggio,
quando in chiesa non c’era nessuno e l’arciprete, vinto dalla canicola,
dormiva o faceva finta di dormire, insegnava a suonare.
E fu così, sempre secondo
le voci incontrollate e incontrollabili, ma certamente provenienti da
qualche comunista “arraggiatu” cioè sfegatato (ce ne erano tanti!) o da
qualche protestante scomunicato, ( allora ce n’erano più di uno) che la pia
donna, suonando suonando, si trovò in stato interessante.
Si disse pure che, per
evitare lo scandalo, il fratello arciprete l’avrebbe fatta abortire. Quanto
ci sia di vero in tutta questa storia io non lo so, quindi non posso
garantire della sua veridicità.
Quello di cui, invece,
sono certo è che la donna mancò dal paese per diverso tempo, assenza che fu,
però, interpretata da alcuni come un vero ricovero in ospedale, appunto per
abortire.
Certamente magari la
donna si sarebbe allontanata dal paese per un periodo di riposo, anche a
stare in chiesa a pregare a volte ci si può stancare, e chi serve il Signore
ogni tanto ha pure bisogno di prendersi le ferie, ma, si sa, in un piccolo
paese, ogni nostra azione viene sempre interpretata come ci fa comodo.
Io mi devo limitare a
riportare la notizia. Ma, nello stesso tempo, non mi posso, come diceva mia
madre, macchiarmi l’anima, dando per certa una notizia che certa non è:
possono le cose essere andate come le ho raccontate, possono essere andate
anche diversamente.
Come diceva sempre mia
madre: “Si la vidi iddra e la so cuscenza”, cioè: “Lo sa lei e la sua
coscienza”.
Secondo un’altra
versione, forse molto fantasiosa, a me nota per avermela raccontata gente
che ha conosciuto, come me, di persona l’arciprete, avendo lavorato nella
chiesa per sistemare il campanile che, a detta dello stesso arciprete, era
cadente, il santo uomo avrebbe anche approfittato di una bambina e per
questo motivo sarebbe stato, una sera, pestato a sangue.
Una spedizione, poi,
organizzata da alcuni giovani, sarebbe servita ad aggiungere vendetta a
vendetta, perché i giovani, non sentendosela di violentare il prete,
avrebbero in seguito violentato la sorella.
Comunque siano andate le
cose, violenza o no, sulla bambina, un fatto è certo: il campanile non
raggiunse mai più l’antica altezza, né la chiesa la sua lunghezza. Perché?
La risposta, a distanza ormai di decenni, ce la può dare soltanto il Padre
Eterno che subì l’oltraggio del rimpicciolimento di una sua chiesa.
Cap. XXXVI
Purtroppo non era solo la sorella dell’arciprete ad essere, a torto o a
ragione, sparlata. C’era “la zà Rura” cioè “ la zia Gregoria” la quale,
stando a quanto riuscivo a capire dalle mezze parole pronunciate dagli
adulti, non disdegnava l’amicizia di un venditore ambulante di olio,
proveniente da un paese vicino, al quale voleva continuare a pagare l’olio
con prestazioni sessuali.
C’era pure un’altra
signora, di cui non ricordo più il nome, che, proprio a causa di un
“tradimento coniugale” una volta se la vide proprio brutta.
Una sera, infatti,
intorno alle venti, quando la piazza era affollata di gente in attesa del
comizio del candidato del Blocco del Popolo e i negozi erano ancora aperti,
si sentirono delle urla: “Aiuto, aiuto, mi vuole ammazzare!”. Era lei, la
signora inseguita dal marito che, con una pistola in mano, gridava: “Fermati
buttana, aspettami che ti devo ammazzare!” e all’indirizzo dell’uomo che,
secondo lui, lo aveva cornificato e che correva in mutandine dietro alla
donna, non avendo avuto il tempo di rivestirsi quando lui era rientrato un
po’ prima del previsto: “ E tu antru curnutu, si ha curaggiu fermati!”, cioè
: “E anche tu, cornuto, se hai coraggio, fermati”.
Ma né la moglie né l’uomo
avevano intenzione di fermarsi, anzi ci fu un fuggi fuggi generale, come
avviene in tempo di guerra se suona l’allarme.
E in poco tempo nella
piazza non ci fu più nessuno, tanto che per quella sera il comizio fu
rinviato. Perché, non si sa mai, se quel disgraziato avesse sparato per
davvero, qualcuno di loro avrebbe potuto essere colpito. E poi bisognava
anche testimoniare.
“In certi lazzi miegliu
nun ci si truvari”, cioè, “Quando succedono certe cose, meglio non essere
presenti”. D’altra parte la signora non andò, però, lontano e fu subito
raggiunta dal marito. Tremava di paura.
Ma il marito: “Beddra mia
- le disse -, amuninni intra ca tu si sempri ma muglieri”, cioè “Bella mia,
andiamocene a casa perché tu sei sempre mia moglie”.
Tanto rumore per nulla.
Ma forse fu meglio così!
Ma c’era anche qualche
ragazza che, a quanto mi dicevano, si “dava da fare”. La chiamerò col nome
di battaglia di Rina. Era la figlia di… beh pure su questo dobbiamo tacere
perché altrimenti sarebbe individuabile subito, anche se oggi, ammesso che
sia ancora viva, ha una certa età, e in paese, ormai è da decenni che non si
fa più vedere e con i maschietti, almeno penso, non ci va più. Questi
ultimi, d’altra parte, non saprebbero cosa farsene. Sarebbe un po’ vecchia!
Non era di Grotte, ma vi
era arrivata qualche anno prima, quando il padre vi era stato trasferito. Se
ne andava spesso con ragazzi più grandi di lei, e chi diceva di averla vista
sotto il ponte della ferrovia di contrada “La rina”, mentre si concedeva
liberamente a dei ragazzi che, per averla, facevano la fila, come si fa oggi
in una stazione ferroviaria quando si deve comprare il biglietto o in una
chiesa quando si deve prendere la comunione, chi affermava in altri posti.
Quello che è certo che non godeva di un’ottima fama.
A proposito sempre
dell’arciprete, si racconta un aneddoto che bisogna prendere sempre col
beneficio dell’inventario.
Mentre c’erano i muratori
in chiesa, l’arciprete vantava la bontà della verdura che uno di loro
coltivava nel suo orto, lasciando intendere che ne avrebbe voluto un po’. E
l’interessato, sorridendo: “Patri ciprè, iu ci puortu la virdura e vossia
m’arriala un gaddruzzu”, cioè: “Padre arciprete, io le porto la verdura, e
lei mi regala un galletto”.
- E no - esclamò
l’arciprete - lu addruzzu mi lu mangiu i cu la verdura!”, cioè: “Il galletto
me lo mangio io, assieme alla verdura”.
A fare ravvedere la gente
e ad aiutarla a prenotarsi un posto in paradiso ci pensava pure “lu zì
monacu”, cioè “lo zio monaco” come veniva chiamato un monaco che, essendo di
Grotte, vi si faceva vedere spesso, specialmente nel periodo elettorale.
Personalmente non posso
dirlo, però, a quanto si vociferava, in ogni campagna elettorale,
distribuiva carte di pasta da cinque chili con l’obbligo morale di votare
Democrazia Cristiana. Se avessero preso la pasta e avessero votato
Comunista, sarebbero stati dei Giuda, dei traditori di Gesù, e, come tali,
sarebbero stati puniti all’inferno, in mezzo alle fiamme che non finiscono
mai perché alimentate dalla vendetta divina. Nessuno - concludeva sempre -
può ingannare il Signore.
Una volta gli si presentò
un tale per cui la carta di pasta sarebbe stata un sollievo per alcuni
giorni, ma lui non gliela volle dare perché quel tale era un noto
sostenitore dei comunisti.
E i comunisti - si sa -
non solo mangiavano a quei tempi i bambini, ma mettevano in comune le donne,
contravvenendo, con ciò, ad uno dei più grandi comandamenti: “Non desiderare
la donna degli altri”.
Totò Ardicasi, uno degli
esponenti maggiori della Sinistra (prima di lui ci fu, anche se per pochi
mesi, un altro sindaco comunista, don Pitruzzu Murganti, cioè don Pietro
Morgante, un uomo che incarnava, perfettamente, l’ideale dell’onestà e che
doveva essere parente di Ardicasi), aveva detto in un comizio: “La pasta che
vi offrono prendetevela pure perché è vostra, comprata con i soldi che vi
hanno rubato, poi, all’interno dell’urna, non ci votate”.
E prima della mezzanotte
del venerdì, quando terminavano i comizi, diceva: “E ora andiamo tutti a
chiudere la campagna con un comizio prima “a Santu Roccu, poi a lu Firriatu”.
E la folla, come
galvanizzata, andava dietro di lui, innalzando e facendo sventolare decine e
decine di bandiere rosse, lasciando quasi vuota la piazza, da dove,
inutilmente, l’avversario politico si sforzava di arringarla, gridando con
un certo disprezzo: “Ecco le pecore che vanno dietro al pastore”. Ma nella
piazzetta, adiacente il Banco di Sicilia, rimaneva solo poca gente, a parte
quelli che avrebbero preferito farsi tagliare tutti gli attributi mascolini
pur di potere ascoltare il comizio della Democrazia Cristiana.
A proposito di “don
Pitruzzu Murganti” ricordo un fatto. Mia madre allevava delle galline che di
giorno teneva in gabbia, di notte chiudeva in casa, in uno spazio sotto il
forno.
Il posto occupato di
giorno dalle galline veniva pulito ogni sera.
Un mio vicino un giorno
decise che sentiva puzza e invitò mia madre ad a togliere le galline.
Mia madre, poiché non
aveva altri spazi dove allevare le galline né tanti soldi per comprare la
carne, come invece poteva fare il vicino, rispose di no.
- Io allora vado dal
sindaco - replicò il vicino. E andò davvero dal sindaco.
Il sindaco, appunto “don
Pitruzzu Murganti”, venne, chiamò mia madre, annusò la gabbia, ma non sentì
nessuna forma di puzza, perciò disse: “Io non sento niente, le galline
possono restare dove sono”.
E mia madre continuò ad
allevare galline. Anche dei tacchini allevava mia madre, la cui carne, per
Natale, mescolata a quella di maiale, ci avrebbe fornito una salsiccia assai
gustosa. Ma i tacchini maschi, al contrario delle femmine, erano pericolosi,
infatti, se lasciati liberi un po’, assalivano la figlia del vicino di casa,
ogni qual volta la vedevano vestita di rosso e la costringevano a una
precipitosa fuga verso casa.
Ad aiutare i comunisti
non mancavano i poeti, tra cui ricordo il signor Emanuele Pillitteri il
quale, tra l’altro, scriveva: “Tutti vutamu pi Totu Ardicasi, omu d’anuri,
d’ingegnu, di basi… ca si ad Ardicasi lu votu damu, c’è spranza ca n’aggiustanu
li strati”.
E non si sbagliava.
Se è vero che durante la
“sindacatura” di Salvatore Bellomo, Grotte ebbe l’acqua con una fontanella
in ogni strada, il che evitò finalmente che ci fosse il solito affollamento
alla “Fontana” (l’uomo politico avrebbe detto al responsabile dei lavori
dell’acquedotto: “Se non lasciate l’acqua anche a Grotte, io non vi
autorizzo ad attraversarne il territorio”) fu sotto Ardicasi che
cominciarono i grandi lavori. Vale per tutti il rifacimento e l’allargamento
della fogna nel Corso Garibaldi.
E’ vero che, per
parecchio tempo, il fetore che proveniva dalla fogna che per qualche tempo
doveva, per forza di cose, rimanere a cielo aperto, infestava l’aria. E’
vero che, per spostarsi da un marciapiedi a quello opposto, bisognava fare
mille acrobazie, passando sopra una tavola che scavalcava la fogna, ma è
anche vero che, alla fine dei lavori, Grotte ebbe una fogna, degna di un
paese civile. Era questo il periodo in cui solo il Corso Garibaldi veniva
ripulito dagli spazzini che buttavano la spazzatura su di un carretto
trascinato da un mulo e condotto dal suo proprietario, un certo Arnone,
detto “Patanu”. Delle altre strade sono alcune e molto di rado venivano
pulite.
Una delle accuse che si
faceva a Totu Ardicasi era che, durante i lavori, qualcuno scivolando andava
a finire in mezzo alla melma, tanto che al malcapitato sfuggiva
un’imprecazione: “A la facci di Totu Ardicasi”.
E Totu Ardicasi si sentì
il diritto-dovere di replicare. Lo fece durante un comizio: “Anch’io uno di
questi giorni sono scivolato. Allora, dimenticando che ero io il sindaco,
esclamai, pieno di rabbia: “A la facci di Totu Ardicasi!”.
E così quella caduta che,
secondo gli avversari, avrebbe dovuto mettere in ko il sindaco, fece
sorridere tutti, aumentando la popolarità del primo cittadino.
E i comunisti avrebbero
amministrato il Comune per chissà quanti altri anni ancora se i socialisti,
loro alleati, a un certo punto non avessero sciolto l’alleanza con i vecchi
compagni e non fossero passati al centrodestra.
Totò Ardicasi fu il primo
sindaco che proibì, con una propria ordinanza, che i fili di ferro, che
servivano per stendere la biancheria, continuassero ad essere attaccati a
due balconi appartenenti a palazzi o a case poste l’una di fronte all’altra.
Rovinavano la visuale.
Con la stessa ordinanza i
cittadini furono obbligati ad allungare le grondaie fino all’altezza della
strada per evitare che, quando pioveva, l’acqua in certi punti si
trasformasse, per i passanti, in una doccia.
Tutto questo, se da una
parte tendeva a migliorare la vita dei cittadini, dall’altra creava in essi
un certo fastidio perché, così, essi sarebbero stati costretti ad affrontare
delle spese che non tutti erano in grado di sostenere.
Era allora segretario del
Partito Socialista il signor Melchiorre Terrana, che abitava in via
Giacinto, uomo, almeno per quanto l’ho conosciuto io, onesto e molto
equilibrato.
Qualcuno disse, però, che
l’alleanza tra i due partiti di sinistra fosse finita “picchì un si
putivano spartiri lu putiri”, cioè “perché non si potevano dividere il
potere”.
Di sindaci nel paese ce
ne sono stati tanti; non è mancato neppure, in certi periodi, il
Commissario, come quel Giuseppe Palermo, che allora doveva abitare in una
traversa di via Crispi, e che era un seguace della chiesa valdese dalla
quale in seguito si allontanò. Anche una donna ricoprì l’incarico di
sindaco, Stella Castiglione, morta prematuramente.
Alcuni dei sindaci erano
anche laureati, ma nessuno ha mai goduto di un forte carisma come quello di
cui aveva goduto, almeno nei primi tempi, Totu Ardicasi del Blocco del
popolo per il quale si era mosso da Favara Filippo Lentini, esponente del
Partito socialista italiano.
Ricordo che una sera,
durante un suo comizio, in mano agli avversari politici che se ne stavano ad
ascoltare a una certa distanza e che si erano sentiti punti sul vivo dalle
sue parole, comparve all’improvviso una pistola. L’intervento dei
carabinieri che fecero largo uso di bombe lacrimogene servì ad evitare il
peggio.
Per quella sera il
comizio finì lì, ma, otto giorni dopo, l’uomo politico favarese tornò a
Grotte ma questa volta accompagnato da un folto gruppo di amici. Salvatore
Caltagirone parla addirittura di due camion zeppi di gente, davanti ai quali
gli avversari politici preferirono dileguarsi e non farsi vedere in giro o
per paura o per prudenza.
Erano, quelli, tempi in
cui i notabili del paese non volevano nessun cambiamento nella società e si
scandalizzavano se qualcuno della classe operaia avesse raggiunto un posto
di rilievo che, secondo una vecchia tradizione, spettava soltanto ad uno di
loro. E per loro era sempre valida l’equazione: ricchezza uguale cultura. Il
povero doveva restare sempre tale, sempre ignorante perché loro potessero
continuare “a gaddriari”, cioè a fare i galletti, ossia a comandare.
Per questo motivo un
medico, quando seppe che il figlio di un modesto operaio si era laureato,
scandalizzato esclamò: “Si lu figliu di un operaiu ora si lauria, unni ama ‘rrivari!?”,
cioè: “Se
il figlio di un operaio ora si laurea, dove dobbiamo arrivare!?”. Perché,
secondo lui, stavano arrivando tempi brutti laureandosi un figlio di un
operaio. Fino ad allora, infatti, la laurea era stata appannaggio solo dei
ricchi.
Carmelo Luparello
Pubblicato dalla Testata
Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 29 agosto 2011.
Per gentile concessione dell’Autore.
© Riproduzione riservata.
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27/08/2011 |
Premio Racalmare. Viaggi e
speranze nei libri finalisti; stasera incontro con gli autori |
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Manifesto
Copertina
Paolo Di Stefano |
Se c'è un tema comune dominante nei tre libri finalisti
della XXIII edizione del Premio Letterario
"Racalmare - Leonardo Sciascia" è senza dubbio quello del viaggio. Non
un viaggio di sola andata ma anche di ritorno.
Lo si ritrova in "La catastròfa", di Paolo Di Stefano. Centinaia di
italiani, spinti dalla miseria, partono per il Belgio che darà loro pane e,
in molti casi, morte. Torneranno a casa, in Italia, parecchi di quegli
emigrati, insieme alle loro famiglie (talvolta torneranno solo le famiglie).
Qualcuno deciderà di restare ma con il pensiero rivolto sempre alla terra
natìa. Continueranno sempre ad essere, orgogliosamente, italiani. "La
catastròfa" è anche un viaggio nella memoria, quella dei sopravvissuti o dei
loro familiari e quella ormai dimenticata nelle "carte" ufficiali.
Nel libro "La strada dritta", di Francesco Pinto, il doloroso viaggio di
andata lo fa Marco; parte dalla sua Napoli per raggiungere Milano,
promettendo, già alla partenza, di tornare. Vi ritornerà dopo un viaggio
molto più lungo ed ancor più doloroso. Ma anche quello di Giovanni è un
viaggio, nella memoria, nei ricordi, nel rimorso; anche lui ritornerà,
felice, sui suoi passi, avendo ritrovato la serenità perduta. Per non
parlare dell'epico viaggio in America, via nave, dei cinque protagonisti del
racconto.
E' la tratta Roma-Sarajevo-Roma a caratterizzare il viaggio di Marco De
Luca, protagonista di "Non chiedere perchè", di Franco Di Mare. Una tappa
dalla pace alla guerra, vissuta sulla propria pelle, ma anche un viaggio
interiore, alla ricerca di un equilibrio smarrito nelle vicende della vita.
Nelle pagine finali, quelle del rientro in patria, si intravede l'inizio di
un nuovo "viaggio"; non più da solo. E viene voglia di rileggere il primo
capitolo, alla riscoperta del secondo viaggio... .
Altro tema comune nei tre testi è quello della speranza: di raggiungere un
futuro migliore, di costruire un'Italia finalmente unita, di strappare una
vita dall'inferno della guerra.
L'Amore, elemento indispensabile all'umanità, amalgama le trame dei libri e
si rivela proprio dove serve (e dove c'è).
A voler essere particolarmente attenti, al termine della lettura dei libri
rimane una lieve sensazione di tristezza, come un vago senso di
"incompiuto": per quello che potevano essere le tante vite andate perdute
nella tragedia della miniera (e che invece non sono state); per una strada
che si interrompe a Napoli (di arrivare a Reggio Calabria proprio non se ne
parla... una ferita rimasta ancora aperta); per una madre (finalmente
trovata) che non saprà mai della figlia.
I tre libri hanno in comune una base di solidi elementi di realtà, descritta
e riportata con passione, fantasia, poesia.
Di questo, e di molto altro, si parlerà stasera, alle 20.30 in Piazza
Umberto I a Grotte, durante la prima delle due serate del Premio Letterario
"Racalmare - Leonardo Sciascia", dedicata all'incontro con gli autori,
insieme alla Giuria Selezionatrice, alla Giuria Popolare ed al giornalista e
scrittore Gaetano Savatteri, Presidente onorario del Premio.
Carmelo Arnone
27 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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Copertina
Francesco Pinto
Copertina
Franco Di Mare |
27/08/2011 |
Comune. Bando di concorso per
l'assegnazione di una autorizzazione per l'attività di taxi |
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Manifesto |
COMUNE DI GROTTE
(Provincia di Agrigento)
AREA VIGILANZA
BANDO DI CONCORSO PUBBLICO PER TITOLI
PER L'ASSEGNAZIONE DI N° 1 (UNA) AUTORIZZAZIONE PER IL SERVIZIO
DI NOLEGGIO DA RIMESSA CON CONDUCENTE MEDIANTE AUTOVETTURA
Il Responsabile di P.O. N° 1
- Visto il vigente Regolamento Comunale per la disciplina del servizio di
noleggio con conducente svolto mediante autovettura, approvato con delibera
del Consiglio Comunale in data 31 maggio 2000, n. 17 e successiva modifica
n. 24 del 22/06/2006;
- Visti in particolare gli artt. 9 e 12 del suddetto Regolamento che prevede
le condizioni per la indizione del concorso de quo;
- Visto l'art. 107 del D.Lgs.18/08/2000, n° 267;
- Vista la L.R. 6 aprile 1996 , n° 29 che disciplina in Sicilia
l'applicazione con modifiche della Legge 15 gennaio 1992, n° 21;
- Vista la L.R. 9 agosto 2002, n° 13;
RENDE NOTO che è indetto un pubblico
concorso per titoli per l'assegnazione di n° 1 (una) autorizzazione per
l'esercizio dell'attività di noleggio da rimessa con conducente mediante
autovettura. MODALITA' DI PARTECIPAZIONE
Per partecipare al concorso, gli interessati, cittadini italiani o
equiparati, in possesso dei requisiti indicati nelle disposizioni che
seguono, debbono produrre apposita domanda, redatta in carta legale,
sottoscritta e indirizzata al Comune di Grotte - Area Vigilanza, Piazza
Umberto I, s.n.c., 92020 Grotte (AG), su apposito schema che è disponibile
presso la citata "Area Vigilanza". La domanda dovrà pervenire, pena
l'esclusione, entro e non oltre le ore 12.00 del 26/09/2011.
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Il Responsabile di P.O. N° 1
Isp. Capo Antonio Salvaggio |
Il Sindaco
Rag. Paolo
Pilato
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26/08/2011 |
Musica. Gran Galà Lirico "Lirica
sotto le stelle" XI Edizione |
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Manifesto |
Sabato 3 settembre 2011, alle ore 21.00 nell'atrio
del plesso scolastico "A. Roncalli", si svolgerà la XI edizione del Gran
Galà della Lirica "Lirica sotto le Stelle", promosso dall'Associazione
Musicale "G. Rossini" e realizzato con il contributo del Comune di Grotte.
Durante la manifestazione verranno consegnati i premi "Lirica sotto le
Stelle - Alla Carriera" ed "Alla Giovane Promessa", iniziativa giunta alla V
edizione.
Saranno protagonisti della serata:
- Salvatore Salvaggio, Basso Baritono (ideatore e direttore artistico);
- Makie Nomoto, Soprano;
- Valentina Jacono, Soprano, vincitrice della V edizione del Premio "alla
Giovane Promessa";
- Carmelo Corrado Caruso, Baritono, vincitore della V edizione del Premio
"Lirica sotto le Stelle - Alla Carriera".
L'accompagnamento musicale al pianoforte sarà curato dal M° Salvatore
Galante.
Il Gran Galà Lirico sarà presentato da Egidio Terrana.
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M° Salvaggio |
26/08/2011 |
Libri. "Non chiedere
perchè" di
Franco Di Mare, finalista del Premio "Racalmare - Leonardo Sciascia" |
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Sarajevo
Copertina
Franco Di Mare
Programma |
La guerra, vista sullo schermo di un televisore, non fa
mai troppa paura. Eppure è brutta, la guerra. Ogni guerra. Viverla
dall'interno è tutt'altro. Si scopre l'assurda normalità dell'orrore
quotidiano. Ci si vede come inermi, soggetti all'ineluttabilità di un
destino cinico. Si può morire per la pallottola di un cecchino o per la
scheggia di una granata. La guerra non guarda in faccia a nessuno: uomini e
donne, vecchi e bambini. Gli amici, anche gli innamorati, di un tempo, oggi
sono i nemici ai quali sparare al petto. Tra le tante vittime, le più
indifese sono gli orfani. Eppure è proprio all'interno dell'orfanotrofio di
Sarajevo che Marco De Luca, inviato di guerra di una televisione italiana,
riscopre la sua ragione di vita. Il braccio di una bambina di dieci mesi
attorno al suo collo, uno sguardo ed un sorriso lo legheranno per sempre.
E' il 1992 ed è in pieno svolgimento il conflitto nella ex Jugoslavia.
Questa è l'ambientazione di "Non chiedere perchè", di Franco di Mare,
pubblicato dalla Rizzoli; uno dei libri finalisti della XXIII edizione del Premio Letterario
"Racalmare - Leonardo Sciascia", che abbiamo letto per voi.
Il giornalista, imbarcatosi in quella che considera poco più che una
evasione dalla routine quotidiana, una evasione dalla sua vita reale, si
ritrova nell'aeroporto di una Sarajevo in rovina. Le tracce della guerra
sono ovunque: sui muri dell'aeroporto, lungo le strade della città,
nell'animo della gente.
Fa il suo lavoro, Marco, riprende pezzi di vita, scrive servizi, intervista.
Fa tutto quanto parte del suo lavoro; ma quella bambina no. Non è solo
lavoro, è molto di più. Sente di non poterla abbandonare al proprio destino;
deve tirarla fuori da quell'inferno dove si muore per un po' d'acqua, per un
pugno di ciliegie. La madre, una ragazza sconosciuta, l'ha abbandonata in
ospedale appena nata. Attorno al giornalista ruota un assortito gruppo di
personaggi: l'anziano coltissimo e stimato docente universitario; l'esperto
cameraman; l'autista dall'imbattibile "fiuto" per evitare pallottole; il "producer"
(organizzatore tuttofare) con innumerevoli "agganci" sul posto; la "lady di
ferro" responsabile locale dell'Eurovisione; la gentile e "potente"
presidentessa di un'associazione benefica. Un romanzo nel quale, come scrive
l'autore, tutti gli episodi descritti sono autentici, così come sono
autentici i nomi delle vittime. Anche Marco combatterà la sua guerra, contro
la burocrazia, contro il tempo, contro ogni speranza.
Non chiedere perchè. Un libro da leggere.
Carmelo Arnone
26 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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25/08/2011 |
Comune. Bonus di 1.000 euro
per la nascita di un figlio |
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Manifesto |
COMUNE DI GROTTE
(Provincia di Agrigento)
AREA SOCIO-ASSISTENZIALE
“BONUS DI EURO 1.000,00 PER LA NASCITA DI UN FIGLIO - ANNO 2011”
(EX ART. 6, COMMA 5, L.R. N. 10/2003)
SI INFORMA LA
CITTADINANZA che in applicazione dell’art.6,
comma 5 della Legge Regionale 31 luglio 2003, n.10, l’Assessorato Regionale
della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali,
compatibilmente con le risorse finanziarie prevede l’assegnazione di un
Bonus di euro 1.000,00 in favore dei bambini nati, o adottati, nell’arco di
tutto l’anno in corso (01/01/2011 - 31/12/2011).
Possono presentare istanza per la concessione del Bonus, un genitore o, in
caso di impedimento legale di quest’ultimo uno dei genitori esercenti la
potestà parentali, in possesso dei seguenti requisiti:
- Cittadinanza Italiana o comunitaria ovvero, in caso di soggetto
extracomunitario, titolarità di permesso di soggiorno;
- Residenza nel Territorio della Regione Siciliana al momento del parto o
dell’adozione; i soggetti in possesso di permesso di soggiorno devono essere
residenti nel territorio della Regione Siciliana da almeno 12 mesi al
momento del parto;
- Nascita del bambino nel territorio della Regione Siciliana;
- Indicatore I.S.E.E. del nucleo familiare del richiedente non superiore ad
€ 5.000,00. Alla determinazione dello stesso indicatore concorrono tutti i
componenti del nucleo familiare ai sensi delle disposizioni vigenti in
materia.
L’istanza dovrà essere presentata entro e non oltre il termine perentorio
del 10 settembre 2011, per i nati nel primo quadrimestre 2011
(01/01/2011 - 30/04/2011), su specifico modello da ritirare presso l’Ufficio
Servizi Sociali del Comune e corredata dai seguenti documenti:
1) Fotocopia del documento di riconoscimento del richiedente in corso di
validità, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 445/2000;
2) Attestato indicatore I.S.E.E. rilasciato dagli uffici abilitati, riferito
all’anno 2010;
3) In caso di soggetto extracomunitario, copia del permesso di soggiorno in
corso di validità;
4) Copia dell’eventuale provvedimento di adozione.
La definizione delle graduatorie dei beneficiari sarà redatta a cura
dell’Amministrazione Regionale.
N.B.: L’avviso pubblico relativo alle istanze da presentare per i nati nel
secondo e terzo quadrimestre (01/05/2011 - 31/08/2011) - (01/09/2011 -
31/12/2011) verrà pubblicato successivamente compatibilmente con le
disposizioni regionali.
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L’Assessore alla Solidarietà Sociale
Geom.
Salvatore Rizzo |
Il Sindaco
Rag. Paolo
Pilato
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25/08/2011 |
Comune. Firmata convenzione
con l'ANAS |
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Firmatari |
Martedi 23 agosto 2011, presso la sede Regionale della Direzione ANAS, è
stata firmata la convenzione attuativa per le opere di compensazione
ambientale in ambito comunale, alla presenza del Direttore Regionale
Sicilia dell’ANAS S.p.A. Ing. Ugo Dibennardo, del Sindaco di Canicattì
Vincenzo Corbo, del Sindaco di Favara Rosario Manganella e del Sindaco di
Grotte Paolo Pilato, nonché del dirigente dell’ANAS Ing. Murrone, del
Responsabile dei Lavori Pubblici del Comune di Grotte Geom. Vincenzo Carlisi
e del Responsabile della Viabilità Isp. Capo Antonio Salvaggio.
I tre Comuni hanno a disposizione, dopo la firma della convenzione,
euro 4.800.000,00 che investiranno secondo i programmi già avviati; il
Comune di Grotte - fa rilevare il Sindaco Paolo Pilato - ha già un progetto
esecutivo per la realizzazione di un’arteria importante di collegamento in
Contrada Lumia, tanto atteso da otre trent’anni da tutta la Cittadinanza di
Grotte.
Notizie correlate:
07/02/11 -
Finanziata la manutenzione straordinaria della strada Racalmare -
San Benedetto.
29/04/11 -
Pronta la convenzione attuativa tra Anas e Comune per il finanziamento della "Lumia
- Falcia".
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24/08/2011 |
Sport. Concluso il corso di
nuoto; premi ed attestati ai ragazzi |
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Vedi le foto |
Con le gare finali, nelle quali sono stati coinvolti
tutti i ragazzi partecipanti, si è concluso domenica 21 agosto il corso di
nuoto organizzato, presso la piscina "Puglisi" in contrada Falce, dal Mivian
kart Club e della Palestra Athlos. Soddisfatti dei risultati raggiunti, gli
insegnanti Angelo Lauria e Mary Brucculeri. Il Sindaco Paolo Pilato,
presente alla cerimonia di premiazione insieme all'assessore Rosario Vizzini
ed all'Ispettore Capo Antonio Salvaggio, ha portato il saluto di tutta
l'Amministrazione comunale ed ha consegnato personalmente le coppe ai primi
tre classificati della gara di stile libero. |
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Pubblichiamo alcune immagini
(58 foto di © Giuseppe Figliola).
Conclusione del corso di nuoto
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23/08/2011 |
Lettere. "Disinformazione
di massa", di Fabio Pillitteri |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"In seguito alle ultime notizie sulla
situazione in Libia, vorrei sensibilizzare l'opinione pubblica grottese su
ciò che sta accadendo veramente a Tripoli, invitando al leggere il link che
segue:
http://www.voltairenet.org/Carneficina-della-NATO-a-Tripoli .
Da mesi assistiamo ad uno spettacolo vergognoso, una vetrina globale di
disinformazione di massa. Si è scatenata una guerra basando le motivazioni
sulla protezione dei civili, ma si è bombardato strutture come case,
ministeri, sedi di reti televisive, ospedali, centrali elettriche, reti
idriche, ripetitori telefonici, e come se non bastasse sono morte centinaia
di civili sotto le bombe dell'Alleanza atlantica. È di poche ore fa la
notizia della presa di Tripoli. Le notizie a riguardo sono da prendere con
le pinze, visto che troppo spesso le dichiarazioni dei ribelli si sono
rivelate infondate (10 mila morti, fosse comuni, raid di Gheddafi sui
civili, fantomatiche conquiste dei ribelli di alcune città). Tuttavia un
fatto sembra essere confermato: i tripolini non hanno accolto con gioia i
golpisti e si registrano 1300 morti e 5000 feriti causati dalle bombe NATO.
Invito tutti a coltivare il senso critico e a riconoscere come pericoloso il
terzo potere, quello dei media, capace di far credere, orwellianamente, che
2 più 2 faccia 5. Questo atto di aggressione e di disinformazione imperante
è veramente deprecabile". |
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Fabio Pillitteri |
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Dalla Redazione.
Gli organi di stampa internazionali, che hanno in Libia i loro inviati, ed
anche le testate giornalistiche italiane (siano esse di Destra o di
Sinistra, laiche o confessionali) danno sostanzialmente una medesima
versione dei fatti, pur divergendo sull'analisi politica. Sarebbe davvero
singolare che tutti, ma proprio tutti, i mass media mondiali si siano
accordati sul fornire identiche false informazioni. Peraltro l'unica fonte
citata, nella lettera che abbiamo pubblicato (nel rispetto della pluralità
di opinioni), non pare rivestire carattere di autorevolezza. Si tratta di un
sito sul quale pubblica articoli, in via esclusiva, un unico autore, del
quale Wikipedia riporta: "Thierry Meyssan (Talence, 18 maggio 1957) è un
giornalista e attivista politico francese. Ha fondato Réseau Voltaire (rete
Voltaire), un'associazione che promuove la libertà di espressione e di
pensiero, di cui è attualmente presidente. Parecchi membri della Réseau
Voltaire hanno abbandonato il comitato, denunciando la tendenza del Meyssan
verso la disinformazione e la propaganda. Nel novembre del 2005, Thierry
Meyssan pubblicò un articolo nel quale sosteneva che Nicolas Sarkozy sarebbe
un agente della CIA". |
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Carmelo Arnone
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23/08/2011 |
Libri. "La strada dritta" di
Francesco Pinto, finalista del Premio "Racalmare - Leonardo Sciascia" |
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Autostrada del Sole
Copertina
Francesco Pinto
Programma |
Dopo la 2^ Guerra Mondiale gli italiani si sono
ritrovati in un Paese distrutto dai combattimenti e dai bombardamenti.
Città, industrie, fabbriche, porti, aeroporti, strade statali da
ricostruire, da far rinascere dalle macerie. E soprattutto con una nazione
da unire, da nord a sud. Questo il sogno di un pugno di uomini: inventare
una "strada dritta" da Milano a Napoli, un'impresa mai tentata prima. La
prima autostrada italiana, "Autostrada del Sole" verrà chiamata, non solo
per collegare due città distanti ma per unificare un Paese. Rivoluzionando
le tecniche costruttive preesistenti, sperimentandone di nuove, per
impiantare la "spina dorsale" dell'Italia. Mai, in nessuna parte del mondo,
neanche in America, all'avanguardia nel campo della costruzione di
autostrade, era stata tentata un'opera simile. Ponti, viadotti, gallerie da
realizzare inseguendo quel sogno, al di là delle difficoltà economiche,
politiche, burocratiche. Di questo, ma non solo, tratta “La strada dritta”, sottotitolo "Il
romanzo dell'Autostrada del Sole",
che Francesco Pinto ha pubblicato per le edizioni Mondadori.
Abbiamo letto per voi questo libro, uno dei finalisti della XXIII edizione del Premio Letterario
"Racalmare - Leonardo Sciascia".
Se fosse un film, negli ipotetici titoli di coda si troverebbe la frase
"Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti non è puramente
casuale". E difatti questo romanzo sembra proprio un film (chissà che non lo
diventi). Cinque uomini, riuniti dal destino, si ritrovano sul ponte di una
nave diretta in America, per carpire segreti e tecniche costruttive,
rivendicando l'orgoglio di far costruire l'Italia agli italiani. Progetti,
rotoli, fogli, tracciati, ma anche fango e sudore, acqua e neve nelle
"inquadrature" di questa "pellicola". Due uomini uniti dalla stessa
promessa: insieme abbiamo iniziato ed insieme finiremo. Gaetano, che
telefona a Napoli, alla sua Maria, alla quale ha promesso di tornare. Le
notti insonni, gli incubi di Giovanni; il suo passato che implacabilmente
torna. Un giovane soldato immerso nella gelida tormenta della steppa russa
che aspetta il suo tenente. L'ostinato amore di Bruna, che si rinnova. E
mentre si attraversano gli Appennini e si sfidano i fiumi, realizzando
chilometri su chilometri, si sviluppa un'altra "strada" dell'etere: la
televisione. La storia ufficiale conferma che l'Autostrada del Sole è stata
realmente realizzata, con oltre un anno in anticipo rispetto ai termini
previsti, cosa rara in Italia. Non narra il finale delle tante storie che si
intrecciano con la Storia, sviluppandosi in un crescendo di suspence e colpi
di scena.
Anche questo, in fondo, sembra un trailer, di un film... da non perdere. Carmelo Arnone
23 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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22/08/2011 |
Iniziative. Concorso di
bellezza ed eleganza per eleggere "Miss Marconi" a Grotte |
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Locandina |
Dopo il meritato successo dello scorso anno, ottenuto
dal concorso per l'elezione di "Miss Belvedere", anche nel 2011 si replica,
a grande richiesta. Stavolta lo spettacolo andrà in scena nella storica
piazza centrale di Grotte: Piazza Marconi.
Mercoledi 24 agosto, alle 21.00, numerose ragazze si contenderanno la fascia
di "Miss Marconi", alla quale faranno corona altre 3 "Miss" che otterranno
fasce collaterali. Oltre che dall'eleganza e dalla bellezza delle ragazze,
lo spettacolo sarà assicurato da ospiti e da interventi musicali. Sfilate,
canzoni e commenti dal vivo da parte della giuria qualificati, coordinati da
Angelo Palermo. La manifestazione è organizzata da "The Angels" (Palermo e
Baldo) con la collaborazione dell'Associazione "President Events".
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22/08/2011 |
Racconti. "Un tuffo nel
passato" - Capitoli 33° e 34°; di Carmelo Luparello |
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Prof. Luparello |
UN TUFFO NEL PASSATO
di Carmelo Luparello
Cap. XXXIII
Un giorno arrivò in paese, come cappellano, un giovane prete proveniente da
***.
A poco a poco riuscì, con
la sua politica, con il suo “savoir faire”, a scalzare il vecchio arciprete
che, alla fine, fu relegato nella chiesa del Purgatorio, quando il
cappellano fu nominato arciprete.
Con questa promozione in
tasca, padre*** mandò a chiamare, dal suo paese, il fratello e le sorelle
che alloggiarono, insieme a lui, nella canonica. Come chi emigrava in
America o in Belgio che, dopo un periodo di assestamento, mandava a chiamare
presso di sé i propri familiari perché potessero, anche loro, godere della
ricchezza appena conquistata.
A furia di stare vicino
al fratello arciprete, la sorella minore, che certamente doveva essere
abbastanza sveglia, aveva imparato, in breve tempo, anche la teologia e si
sentiva in grado di scrutare nei misteri dell’universo, e di dare, quindi,
spiegazioni sulla vita e la morte degli uomini, meglio di un Sant’Agostino o
degli altri padri della Chiesa.
Ricordo che una volta mia
sorella le domandò che cosa avesse potuto fare di male un ragazzino per
meritare di morire all’età di dieci anni.
E la sorella
dell’arciprete: “Sicuramente non ha fatto niente di male, ma noi non
sappiamo cosa avrebbe potuto fare, se fosse diventato adulto, così il
Signore che sa tutto e che gli voleva sicuramente un gran bene, per
evitargli grossi guai anche nell’Aldilà, ha preferito chiamarlo a sé ancora
bambino e farne un angelo”.
Superfluo dire che il
nuovo arciprete incominciò subito ad intendersela, e molto bene, con i
notabili del paese che speravano di ricevere da lui aiuti elettorali.
Interessi convergenti li spingevano dunque ad andare d’amore e d’accordo.
Era il periodo in cui chi
votava Comunista aveva un posto prenotato all’Inferno, ove i diavoli ne
avrebbero fatto scempio.
E certo in paese erano
molti quelli che vi sarebbero andati ad abitare, visto che allora il Partito
Comunista Italiano, impersonato da Totò Ardicasi, aveva molti proseliti.
Infatti, Totò Ardicasi, sebbene fabbro, riusciva con la magia delle sue
parole, ad arringare la folla che lo seguiva sempre e ovunque, e a
sbaragliare gli avversari, fossero stati professori o uomini di sacrestia.
Era Ardicasi un uomo che
amava lo scherzo, e tanti scherzi faceva e tanti ne riceveva. Di lui si
narrano vari aneddoti. Uno riguardante anche la sua vita privata mi è stato
raccontato dal signor Girgenti.
Una volta Ardicasi
incominciò ad accusare forti dolori ai reni. La moglie gli consigliò,
allora, di andare dal medico. E Ardicasi, dopo tanti tentennamenti, si
convinse e ci andò.
Al ritorno a casa, la
moglie gli domandò, ansiosa: “Cosa ti ha detto il medico?”.
“Mi ha detto - rispose
Ardicasi - che dalla tazzina di caffè debbo stare lontano il più possibile”.
“Te lo dicevo io! -
esclamò la moglie, mostrandosi irritata perché il marito non aveva mai
voluto ascoltarla - adesso che te l’ha detto anche il medico, spero mi
ascolterai! Perché quello che dice il medico è sacrosanto e bisogna
ascoltarlo sempre!”.
Dopo qualche minuto, la
donna continuò: “Ti ha detto qualche altra cosa il medico?”.
“Sì, mi ha detto che non
devo mangiare carne di vitello né di maiale!”.
“Te lo dicevo io!
Speriamo che questa volta tu l’ascolti per davvero il medico! Ché, quando il
medico parla, bisogna ubbidirgli sempre!”.
Poco dopo la signora, che
era sempre ansiosa e preoccupata per la salute del marito e voleva sapere
ogni cosa che lo riguardava, tornò alla carica e gli domandò ancora: “Ti ha
detto ancora qualche altra cosa il medico?”.
“Sì, mi ha detto che da
quella cosa devo stare il più lontano possibile”.
“E tu chi ci duni cuntu a
lu miedicu?!”, cioè: “E tu dai retta al medico?”.
Cap. XXXIV
Una volta ad Ardicasi regalarono quattro uova fresche di giornata, uova
deposte da galline allevate all’aperto in campagna.
L’uomo politico le portò
a casa e disse alla moglie: “Mi hanno regalato queste uova; se ti è
possibile, preparale dure per stasera”.
“Tranquillo, più tardi te
le preparo e stasera le troverai pronte”.
La moglie uscì e Ardicasi
allora prese dal vestito quattro fili tesi, di quelli che si trovavano nella
stoffa nuova e riuscì a conficcarli uno in ogni uovo attraverso un piccolo
buco fatto, forse, con una siringa, buco che poi ricoprì con del gesso.
Quando la moglie a sera
rientrò, gli preparò le uova che mise sopra la tavola. Ardicasi ne prese uno
e lo aprì. Ci trovò dentro, naturalmente, quel filo che lui stesso ci aveva
messo qualche ora prima.
- Guarda cosa c’è dentro
- gridò alla moglie mostrando sorpresa e stupore.
- Cosa c’è? Forse un
pulcino?
- Ma quale pulcino e
pulcino! C’è un pelo!
- Un pelo! E quando mai
in un uovo c’è stato un pelo? Da quando mondo è mondo nessuno ha visto un
pelo nell’ uovo!
- E questo cosa è allora?
- domandò Ardicasi alla moglie.
- La poveretta era
stupita e non sapeva cosa dire.
Prendi un altro uovo.
La donna gliene porse un
altro, dicendo: “In questo sicuramente non ci sarà nessun pelo. In quello
chissà come fu!”.
Ardicasi prese il
cucchiaino e lo batté sull’uovo per praticare anche in esso un foro che,
appositamente, allargò.
Anche qui c’è un pelo -
gridò - e per mostrare che diceva il vero estrasse il filo.
La moglie era
mortificata: “Ma le ho cotte io in mezzo all’acqua! Da dove sono spuntati
non lo so” e scoppiò a piangere non potendo giustificare in nessun modo quei
due peli nelle due uova.
Non ti preoccupare -
cercò di consolarla Ardicasi - queste due uova ormai le buttiamo. Ce ne sono
altre due. Mangio quelle.
Aspetta che vedo io - gli
disse la moglie - vedo se sono buone e poi te le do - e le aprì.
Ma quale non fu il suo
stupore quando anche le altre due uova mostrarono di avere, anch’essi, un
pelo ciascuno.
Da oggi in poi le uova a
casa le porto io che me le faccio dare da contadini fidati - disse la moglie
- beddra matri prima non mi era mai accaduto un fatto del genere, quanto è
vero Iddio.
Non so come la storia
finì, perché l’epilogo non me l’hanno raccontato, ma la storia delle uova di
Ardicasi restò famosa se, a distanza di circa mezzo secolo, qualcuno l’ha
potuta raccontare a me.
Ardicasi, secondo quello
che si racconta, amava fare anche degli scherzi più pesanti alla moglie e
agli amici. Una volta si mise anche d’accordo con un suo amico fidato che
doveva essere, anche lui, un buontempone e gli disse: “Io stasera, quando
chiudo il bar, metto i soldi dentro la borsa. Tu ti nascondi in un portone
della strada che devo fare per arrivare a casa e, appena mi vedi
arrivare, mi gridi, puntandomi questa pistola che sembra vera: “O la borsa o
la vita”. Io farò finta di avere paura e ti consegnerò i soldi”.
Così fecero. La sera,
intorno alle 23.00, quando nel bar non c’era più nessuno, Ardicasi prese i
soldi dal cassetto, li mise dentro la borsa, abbassò la saracinesca e,
assieme alla moglie, si avviò verso casa, attraverso una strada che, manco a
farla apposta, era al buio perché la corrente, a causa del cattivo tempo,
era andata via.
“Mani in alto!” si udì,
all’improvviso - o la borsa o la vita.
Ma che ci fai con la mia
borsa? E’ quasi vuota!
No, no, dagliela - gli
gridò la moglie che, per la paura, tremava come una foglia.
Ha ragione tua moglie -
gli disse l’uomo con la pistola in mano - consegna la borsa entro un minuto
o fra poco andrete a fare compagnia al Padre Eterno o a Belzebù.
E Ardicasi consegnò la
borsa che l’indomani gli fu restituita senza, peraltro, essere stata,
naturalmente, aperta. Ma la moglie da quella sera ebbe una tale paura che
non voleva attraversare più una strada che non fosse bene illuminata.
Nella casa di don Ciccio
Geremia una volta il signor Michelangelo Girgenti aveva la trattoria che
fungeva anche da pizzeria. Un giorno al signor Girgenti arrivò una
telefonata.
Pronto, pronto, sono Totò
Ardicasi, ti volevo dire se per stasera alle otto mi puoi fare trovare dieci
pizze, che me le vengo a prendere.
Certo, vieni alle otto,
le troverai belle e pronte.
E il signor Girgenti
incominciò a preparare le pizze ma, alle otto, nessuno si presentò. Il
signor Girgenti aspettò ancora, ma alle dieci decise di andare a vedere.
Arrivò al bar dove c’era
ancora Ardicasi e gli disse: “Ti sei scordato di venire a prendere le
pizze?”.
“Quali pizze?” gli chiese
Ardicasi.
Quelle che stamattina mi
hai ordinato.
Io non ti ho ordinato
nessuna pizza! O te le ha ordinato qualcun altro, oppure sei impazzito, ma
io, ti ripeto, non ho ordinato nessuna pizza.
Il signor Girgenti, a
questo punto, capì che quella era una vendetta per lo scherzo che lui stesso
gli aveva fatto qualche tempo prima e, sorridendo, andò via. “Chi la fa,
l’aspetti” dice un vecchio adagio.
Totò Ardicasi era anche
molto amante di caccia e spesso nel periodo in cui la caccia era aperta si
vedeva per le campagne con la doppietta in mano, il furetto in una piccola
gabbia di vimini, seguito da due o tre cani.
Abile cacciatore era
anche don Achille Vella, col quale però non avevo nessuna confidenza. Sapevo
solo che abitava a Casale Vecchio, alla periferia del paese.
Carmelo Luparello
Pubblicato dalla Testata
Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 22 agosto 2011.
Per gentile concessione dell’Autore.
© Riproduzione riservata.
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22/08/2011 |
Volontariato. Iniziato il
GroEst 2011 |
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Vedi le foto |
Dopo i lunghi e laboriosi preparativi è partita, lunedi
16 agosto, l'edizione 2011 del GroEst (Grotte Estiva), iniziativa
organizzata dall'Associazione "L'isola ke nn c'è" che raccoglie ampio
consenso da pare dei bambini e dei genitori. Ai numerosi momenti di gioco si
alternano i momenti più propriamente formativi. Questa edizione prende
spunto dalle vicende di Harry Potter e della sua scuola, infatti il primo
giorno di "lezione" i giovani alunni sono stati indirizzati nelle relative
"case" (Serpeverde, Grifondoro, Corvo Nero e Tasso Rosso) dal berretto
parlante. Sui muri della sede, nella ex scuola elementare di contrada Palo,
oltre a disegni relativi alle attività da svolgere, anche numerosi manifesti
in ricordo di Tiziana Stuto, esempio di gioia ed allegria anche per i più
piccini. |
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Pubblichiamo alcune immagini
(67 foto di © Salvo Lo Re "President").
Inizio del GroEst 2011
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20/08/2011 |
Lettere. "Lei ha lasciato
un segno indelebile"; di Rossana e Piero |
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Tiziana Stuto |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Era il 15 luglio 2011 quando abbiamo conosciuto Tiziana; erano circa le
12.00 quando è arrivata all’ospedale Umberto I di Roma, reparto di
neurochirurgia A, stanza con i letti n° 8 - 9 - 10 - 11 portandosi
dietro “na gran caciara” e una mamma educata e troppo giovane, fratello,
amici, papà, zii e... il mondo intero.
In poche ore era già la padrona della stanza, l’amica di tutti: ammalate,
parenti, infermieri, dottori; la sua simpatia aveva contagiato tutti, ma
nessuno, tranne i medici e i paramedici, conosceva la realtà di Tiziana.
Nell’attesa che precedeva l’apertura del reparto ai visitatori abbiamo
cominciato a parlare con Emilia, mamma di Tiziana, e piano piano abbiamo
conosciuto il dramma che da due anni vivevano lei e la sua famiglia, abbiamo
imparato a conoscere la sua forza, il suo coraggio, la sua determinazione e
improvvisamente ci siamo trovati coinvolti ed abbiamo cominciato a fare il
tifo per lei, a pregare per lei, a lottare per lei e a credere che ce
l’avrebbe fatta. Più la conoscevamo e più ci rendevamo conto che era più
forte della sua malattia, così come era grande l’amore che aveva per la
vita.
Il 25 luglio (il giorno che mia madre è stata operata) è stata trasferita
presso il reparto di Ematologia e il nostro saluto è stato fugace, ma non ci
è sfuggita la tristezza dei suoi occhi che contrastava con la luminosità e
allegria che eravamo abituati a vedere e che ci faceva pensare a Tiziana
come ad una superwoman.
Non appena superata la tensione per l’intervento di mia madre ci siamo messi
in contatto telefonico con Emilia per conoscere le condizioni di Tiziana,
che nel frattempo veniva sottoposta a forti dosi di chemioterapia. Emilia
provata e stanca non ha mai allentato la sorveglianza su Tiziana che da
parte sua, nonostante la devastazione causata dai farmaci, non ha mai ceduto
alla malattia.
Abbiamo rivisto Tiziana qualche giorno prima che tornasse in Sicilia e il
giorno della partenza, ne siamo rimasti sconvolti, ma nonostante tutto
eravamo convinti che ce l’avrebbe fatta, credevamo fortemente nel miracolo,
soprattutto perché era circondata dall’amore, dalla solidarietà e la
macchina umana che la sosteneva, era talmente motivata, mai scoraggiata,
neanche di fronte alle crisi più brutte.
Poi è arrivata la notizia, quella brutta notizia che non ti aspetti più
perché ormai sei convinto che è fuori pericolo; per un po’ abbiamo visto
solo buio poi abbiamo capito che anche in questo è stata speciale, diversa.
Lei ha lasciato un segno indelebile in tutta la nostra famiglia, ci ha dato
un grande insegnamento: lottare e donare per amore del prossimo.
Grazie Tiziana.
Un pensiero speciale lo vogliamo dedicare a Salvatore che ammiriamo per il
suo coraggio, la forza, la pacatezza e la sua educazione; a Roberto uomo
mite e discreto che ci ha colpito per il suo sguardo di padre amorevole e
pronto a tutto; a Martina che abbracciamo con grande affetto sperando di
rivederla presto; ad Alex che è stato per tutto questo tempo il nostro
portavoce e ci è stato vicino, ma il pensiero più grande va ad Emilia che
come una leonessa ha protetto il suo cucciolo fino alla fine. A tutti
vogliamo dire che vi vogliamo bene e vi siamo veramente vicini.
Un grande abbraccio da Rossana e Piero".
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19/08/2011 |
Lettere. "Un amore che è
per sempre"; di
Silvia Carli |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Credo fortemente nell’amore e non riesco a trovare una ragione capace di
convincermi che questo possa finire con la morte della persona amata.
Niente e nessuno potranno mai separarci dall’amore, neppure la morte. Sarò
ingenua, ma credo che esista davvero un amore che è “per sempre”. Questo
“per sempre” non si ferma davanti alla morte, va oltre. Perchè “per sempre”
vuol dire appunto senza limite di tempo e di spazio.
Ai familiari di Tiziana, a tutti quelli che l’hanno amata, voglio proprio
dire questo: chi ama, sente la persona amata vicino a sé anche se lontana,
la percepisce come una presenza vera anche se defunta.
Qui non siamo nel campo della fantasia, ma nello spazio del mistero della
nostra vita, che ci consente di andare oltre ogni ragionamento che voglia
imbrigliare tutto nelle maglie troppo strette della ragione e della logica.
D’ora in avanti, quella di Tiziana sarà una vita diversa, fatta di pienezza
d’amore, dove la contemplazione della bellezza di Dio sarà suprema, simile a
quei momenti di profonda intensità che noi viviamo e non vorremmo mai che
terminassero.
La vita eterna è vivere nell’amore, Tiziana continua a vivere e dato che
credo che i defunti possono avere una particolare attenzione nei nostri
confronti, ehi Tiziana, prega per tutti noi". |
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Silvia Carli
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19/08/2011 |
Attualità. Tiziana nel cuore
per sempre; il paese alla sua "festa" |
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Guarda il video |
E' stata davvero una grande festa, proprio
come voleva lei. Così Tiziana Stuto ha salutato tutto il suo paese prima di
intraprendere il suo ultimo viaggio. Tra i tanti commenti che gli amici le
hanno dedicato, ne pubblichiamo alcuni, insieme alla lettera della sua
maestra di danza e ad un video della sua amica Michela.
"Non avevo
dubbi… sei stata una grande donna fino alla fine... con le campane a festa,
con i petali, le colombe, i palloncini,la banda, i tamburinari... con la tua
solita allegria hai voluto lasciare questo mondo per entrare
nell'eternità... brava Tiziana! Ti voglio bene... nessuno potrà mai
dimenticarti!".
Ermelinda
"Che Messa meravigliosa Tì, credo proprio come la volevi e com' eri tu: le
campane a festa, la banda con inni festosi, i canti della messa gioiosi con
timpano e cembalo, i "tammurinara", i ragazzi che ti hanno accompagnata con
i bongos, i palloncini, i fiori e le colombe... ed anche alla fine hai
lasciato il tuo segno e sono sicura che lo farai per molto ancora...
Grande!".
Tiziana
"Avevo organizzato, ma non una cosa del genere... una festa tutta per
te!! Tutto quello che hai voluto, l'abbiamo fatto, spero non ci siamo
dimenticati niente...!! So che in questo momento sei accanto a me e che non
mi abbandonerai, ma non lasciare mai la mia mano, ed io non lascerò mai la
tua, perchè come ho ripetuto sempre, noi due siamo un corpo e un'anima!!
Nessuno mai ci dividerà, anche se il tuo corpo è andato via, la tua anima è
sempre con me, mi proteggerai ovunque io andrò!!".
Lidia
"Come
sempre le persone buone ci lasciano. Non avevo mai visto un funerale del
genere. Nemmeno nelle feste di paese c'era così tanta folla; te lo meritavi
carissimo angioletto... Ti ricorderemo sempre come la ragazza più solare e
piena di vita quale purtroppo eri... peccato che gli angeli più belli e
buoni vengono chiamati, molto spesso, prematuramente... ci mancherai ma ti
avremo sempre nel cuoree...".
Viviana
"Angioletto, è stata una festa piena di gioia ed emozioni. Mi raccomando,
pensa a noi come noi penseremo a te... Ti vogliamo tutti bene e soprattutto
rimarrai sempre nei nostri cuori. Non ti saluto con un addio ma ti saluto
con un Arrivederci. Ciao bellissima".
Simona
"Testardona mia... ne abbiamo fatte di festicciole insieme, ma mai
come quella di oggi: é stata unica... come lo sei tu. Colgo l'occasione per
ringraziarti e augurarti buon viaggio. E... aspettami; non scappi più...".
Aleksandar
"Ti ho
conosciuta allegra e ci hai salutato nella tua ultima scena con lo stesso
messaggio solare che ti ha sempre contraddistinta. Sei stata grande,
rimarrai sempre nel mio cuore".
Salvatore
"Forse non molti sapranno che insieme abbiamo
condiviso tanti momenti, perché abbiamo in comune qualcosa nel cuore… ed è
stato poco tempo fa - con un video messaggio - che hai voluto rendermi
partecipe di un tuo pensiero: una mano sul cuore e senti ogni battito della
musica… senti tanta energia in corpo, ti senti volare verso un mondo fatto
di aria, respiri, movimenti che danno voce ad emozioni che ho condiviso con
te, che hai saputo capire e farmi sentire ancora più forti le mie emozioni!
I sogni spesso non si
possono esaudire, ma la Fede li porta a farli diventare una realtà stupenda.
Queste le tue parole, scritte qualche giorno prima dello spettacolo di fine
anno e… la mia promessa quella sera di danzare per te... e anche se molto
stanca, presente insieme a noi… non una parola... ma solo un forte
abbraccio… a noi non sono mai servite le parole!!
Danza… una semplice
parola per molti, ma per me, dicesti, il mio sogno, la mia passione, anzi
no!… la realtà da condividere con coloro ai quali ho trasmesso ciò che
sentivo…
…la “malattia” ti ha
sottratto l’uso delle gambe, ma mi dicesti che avremmo comunque continuato a
ballare insieme per sempre perché il nostro cuore avrebbe vissuto per la
danza...
…usavi sempre la parola
“per sempre” perché tu non credevi alla fine. “Il male” ha provato a
toglierti tutto ma è stato sconfitto perché non è riuscito a portarti via la
forza, il sorriso e la gioia di vivere…
Adesso… potrai realizzare
il tuo sogno!!
Ciao Titty… Ti voglio
bene…".
Antonella
Video dedicato da Michela a Tiziana.
"Tiziana
nel cuore per sempre"
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18/08/2011 |
Attualità. L'ultimo abbraccio
di Tiziana; oggi le esequie |
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Tiziana |
"Io non mollo" era stato l'impegno di Tiziana;
mantenuto sino in fondo. Non ha mollato, non si è arresa al male, non si è
lasciata sopraffare dal dolore, non ha lasciato spazio alla disperazione. Ha
mantenuto la sua parola: ha conservato intatta la sua fede.
"Gesù le
disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?" (Gv
11,40). E lei ha continuato a credere ed a sperare, di quella speranza che
non delude. Ieri si è concluso il tempo del suo cammino in mezzo a noi; ha
intrapreso un altro viaggio, passando di vita in vita, lasciando un immenso
vuoto in quanti la conoscevano e la amavano. Ogni parola di saluto dei suoi
amici è intrisa di cielo, di pace, di speranza in un rivedersi futuro.
Oggi pomeriggio, alle ore 17.00 nella chiesa Madonna del Carmelo, saranno
celebrate le esequie. Tiziana non voleva fuggire da quella "gloria di Dio"
che sentiva come una promessa presto raggiunta. Questo giorno lo aveva
già immaginato, come una festa, una grande festa, con palloncini bianchi,
fiori sparsi per terra, colombe, tamburinari, banda musicale. La più bella
festa per l'incontro più importante della sua vita, quello con il Signore
risorto.
Sarà troppo piccola la chiesa parrocchiale per contenere tutti gli amici,
grandi e piccoli, che vorranno essere presenti per partecipare alla festa di
Tiziana; nessuno vorrà mancare per portare il suo affetto e dare l'ultima
carezza.
Ci saranno lacrime, di tristezza per la separazione, ma anche di gioia ben
sapendo che finalmente "Titty" ha raggiunto quella felicità da tanto
attesa: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc
23,43). Carmelo Arnone
18 agosto 2011
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17/08/2011 |
Pittura. Opere di Antonio
Pilato sul catalogo "Avanguardie Artistiche 2011" |
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Antonio Pilato
"... degli immigrati"
"... tra gli squali" |
Essere
presenti su un catalogo d’arte è indubbiamente sinonimo di prestigio oltre
che di conclamazione della propria attività artistica; a maggior ragione se
si tratta del catalogo "Avanguardie Artistiche 2011", la cui edizione è
riservata esclusivamente ad artisti e prestigiose gallerie d’arte italiane.
Antonio Pilato, originario di Grotte, laureato in Lettere e Filosofia,
formatosi artisticamente tra Palermo, Zurigo e Brera, con studio a Milano,
questa esperienza la sta vivendo con passione ed entusiasmo. Come quello che
mette nelle sue tele e nei suoi disegni.
Di lui ha scritto S. Autovino, Direttore della Galleria d'Arte Moderna e
Contemporanea di Monreale (PA): "L'artista di origine siciliana, che vive
ed opera a Milano, nelle sue opere rappresenta l'umanità con le sue gioie,
ma soprattutto coi suoi travagli del nostro tempo: le fughe dei clandestini,
il terrorismo sono sono i temi dominanti, colti con la capacità grafica
della mano che domina il segno, che sa di simbolo e di magia. L’artista però
non dimentica che la pittura è anche forme e colori. Nelle sue opere riesce
a creare un mondo di sfumature, di stati d’animo, che negli effetti di luce
e di ombre genera una profonda atmosfera".
Ed il filosofo Fulvio Papi, così si esprime: "Antonio Pilato si
avventura molto felicemente in una pittura che vuole essere una
rappresentazione (vor-stollen, mettere davanti) di eventi del mondo secondo
una vocazione narrativa che solo un percepire morale può instaurare nella
sua energia espressiva. L'immagine si trasfigura nella comprensione emotiva,
così che guardare questi lavori espone al giusto rischio che appaiano
sentimenti e propositi tacitati spesso dallo scorrere dell'essere. Il tema
di Pilato é l'insieme delle tracce, tracce devastanti del prendere un mare
infido per una speranza, devota nel cuore, fragilissima nel mondo. A fonte
di queste rappresentazioni del migrare torna alla memoria, in un contesto
differente, il sintagna celebre di Primo Levi "se questo é un uomo". Dovrei
parlare del colore di Pilato: una tavolozza che ha preso una tale confidenza
con le sue risorse da costruire scene che catturano lo sguardo: sfondi
paralizzanti, cieli crudeli, mari senza luce, ricchezze senza amore".
Le opere dell'artista saranno in mostra a Siracusa, presso la Galleria Roma,
a partire dal 10 settembre ed a Monreale (PA), presso la
Galleria
d'Arte Moderna e Contemporanea, dal 29 ottobre.
A lato le pitture "La forza della speranza degli immigrati" (acrilico) e "La
forza della speranza tra gli squali" (acrilico).
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17/08/2011 |
Tennis. Francesco D'Ina vince
il "Master Grotte" della Polisportiva "Athena" |
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Vedi le foto |
E' stata una finale sofferta, quella del 1° Torneo
Sociale "Master Grotte" di tennis organizzato dalla Polisportiva "Athena",
il 29° organizzato dall'associazione nel corso dei suoi lunghi 20 anni di
vita. A contendersi la coppa del 1° classificato due "teste di serie" del
torneo: Santino Lombardo e Francesco D'Ina. Ed è stato proprio D'Ina ad
aggiudicarsi l'ambito premio. In un clima festoso ed amichevole da "terzo
tempo", costantemente caratterizzato da sorrisi ed abbracci, subito dopo la
finale si è svolta la cerimonia di consegna delle coppe e dei
riconoscimenti, tra cui quelle ai primi tre classificati del "Singolare
Maschile" e del "Singolare Junior". Due significative targhe sono state
consegnate a Roberto La Mendola e Silvano Cipolla "con affetto... per la
disponibilità e la collaborazione fattiva dimostrata sul campo da diversi
anni".
Il Presidente Enzo Agnello, dichiarandosi ampiamente soddisfatto della
riuscita della manifestazione e ringraziando quanti hanno collaborato alla
sua riuscita, ha confermato l'impegno futuro della Polisportiva, sia per le
attività di formazione a tutto campo che per il prossimo torneo 2012. |
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Pubblichiamo alcune immagini della premiazione
(38 foto di © Salvo Lo Re "President").
Torneo Athena "Master Grotte" 2011
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17/08/2011 |
Lettere. "Forza e
coraggio alla nostra amica Tiziana"; di
Silvia Carli |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Ciao Tiziana,
la sola cosa che so dire è che Dio non è l’autore del male. La sofferenza,
Dio la subisce, la riceve come schiaffi al suo volto.
Come diceva Lèon Bloy, "il volto di Dio gronda di sangue nell’ombra". Dio è
la vittima ferita del male, non il suo autore. Soffre con noi, lungo la
storia, incessantemente, per aprirci vie di risurrezione che sono nascoste
nell’intimità del suo mistero.
Noi sappiamo che gli innocenti che soffrono, piccoli o grandi che siano,
sono i santi della vita quotidiana.
Nei Fratelli Karamazov, dov’è contenuto un lacerante urlo contro la
sofferenza dei bambini, Dostoevskij fa dire a Dimitri, condannato ai lavori
in miniera per un crimine che non ha commesso, "se si caccia Dio dalla
terra, noi lo ritroveremo sottoterra".
Io sono convinta, che in ogni caverna che il dolore scava nella nostra
anima, Dio ama farsi casa. E' stato scritto che non si conosce a fondo
nessun uomo se non si conosce il suo dolore. A mio avviso, questa verità può
essere completata con un’altra: non si conosce a fondo la ricchezza della
vita, se si ignora il significato costruttivo della sofferenza.
In tempi non sospetti, il mio amico Giovanni Paolo II ha detto che Cristo ha
insegnato a fare del bene con la sofferenza e a fare del bene a chi soffre.
Per questo, la solidarietà con che soffre è certamente uno dei pilastri
costitutivi della nostra civiltà.
La condivisione del dolore attraverso la solidarietà, darà forza e coraggio
alla nostra amica Tiziana.
Ciao Tiziana, ti abbraccio forte... con il cuore". |
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Silvia Carli
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16/08/2011 |
Volontariato. Concluso il 3°
Campo Estivo della Onlus "Padre Vinti - Grotte Solidale" |
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Vedi le foto |
Come per i due anni precedenti, anche la 3^ edizione
del campo estivo organizzato dall'associazione "Padre Vinti - Grotte
Solidale" Onlus ha avuto un grande successo, almeno a giudicare
dall'entusiasmo con cui i ragazzi hanno vissuto le esperienze che gli sono
state proposte. Numerose le attività: giochi d'acqua, cucina (calzoni e
biscotti), decoupage. Una delle giornate è stata dedicata alle simulazioni
di primo soccorso, insegnando ai ragazzi le nozioni basilari: come chiamare
i soccorsi, cosa specificare al telefono, come favorire l'intervento dei
soccorritori. Una mattinata è stata dedicata alla piscina, dove la comitiva
si è scatenata con giochi, gare di nuoto e balli di gruppo in acqua.
Nell'ultimo giorno c'è stata la premiazione dei vincitori delle gare e la
consegna degli attestati a tutti i partecipanti, gustando i gelati offerti
dall'azienda Mancuso e le pizzette della ditta Baldo. Ospite speciale di
questa edizione Martina Tulumello, (oltre Sonia Castronovo, ospite fissa in
ogni edizione).
Notevole l'impegno degli animatori: Libertino Vaccarello, Luana Marsala,
Antonella Mulè, Alessandra Magrì, Melania e Miriana Scarito, Chiara Tunno,
Naomi Busuito, Mariagrazia, Concetta, Rosetta, Giusy, Angela... e gli altri
volontari che hanno consentito lo svolgimento del campo estivo, ovviamente
insieme al Presidente Davide Magrì che con generosità ogni anno dedica
all'iniziativa una settimana delle sue ferie; ma si diverte anche lui! |
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Pubblichiamo alcune immagini del campo estivo
(68 foto di © Salvo Lo Re "President").
3° Campo Estivo
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16/08/2011 |
Racconti. "Un tuffo nel
passato" - Capitoli 31° e 32°; di Carmelo Luparello |
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Prof. Luparello |
UN TUFFO NEL PASSATO
di Carmelo Luparello
Cap. XXXI
A quei tempi c’erano, nel paese, dei tipi molto particolari, in fondo tutti
brava gente, alle spalle dei quali tanti si divertivano. Tra di essi c’era
una signora o signorina bassina, almeno così io me la ricordo, rotondetta
con delle protuberanze sulla testa, tra i capelli bianchi.
Abitava in via
Washington, a sinistra, quasi all’inizio della salita.
Si chiamava Venera o
Venere; il cognome, confesso che non l’ho mai saputo, ma tutti in paese la
chiamavano “Vevè”. Con questo nome era nota a tutti: grandi e piccini.
Non ricordo di averla mai
vista in giro, forse stava sempre a casa, come un animale timoroso sta nella
sua tana.
Chiunque passasse davanti
alla sua porta, le gridava forte per farsi sentire da lei: “Accì Vevè!”,
come se starnutisse, e lei, veloce come una molla, si affacciava nel piccolo
balcone “lu finisciuni a piettu” e incominciava ad imprecare e a minacciare
colui che aveva osato disturbarla.
Certe volte lanciava
sassi che, per fortuna, fallivano sempre il bersaglio.
Spesso, invece, gridava:
“Fermati, figliu di buttana, ca ti a rumpiri lu culu!”, cioè: “Fermati,
figlio di puttana che ti devo rompere il culo”.
Pio desiderio, perché
nessun ragazzo si fermava ad aspettare lei per avere rotto il culo.
Oppure: “A lu marasciallu
lu dissi ca ta va arristari” cioè: “L’ho detto al maresciallo e lui ti
arresterà”.
Ma quello era pronto a
scappare e a riderci sopra.
Un altro bel tipo era “Lu
zì Turiddru”. Me lo ricordo come un uomo allampanato che cavalcava un’asina
sulla quale teneva sempre un paio di “cancieddri cu li langeddri” (che erano
dei contenitori di ferro dove si sistemavano appunto li langeddri, ossia le
brocche che erano però più piccole delle quartare).
Altro non so di lui o
della sua famiglia se non il fatto che, quando i ragazzi lo vedevano, gli
gridavano: “ Zì Turì, ccennè fuddra a la funtana?”, cioè: “Zio Salvatore, ce
n’è affollamento alla fontana?”.
E lui di rimando: “Sì, ni
ddra buttana di tò mà c’è fuddra, ma si ti ngagliu…”, cioè: “Sì, da quella
puttana di tua madre c’è affollamento, ma se ti prendo…” e, così dicendo,
smontava dall’asino e, lasciata la cavezza, correva dietro al ragazzo che
gli aveva fatto la domanda provocatoria, o gli lanciava il bastone, sperando
di colpirlo, mentre l’asino se ne andava per i fatti suoi. E a lui toccava,
poi, correre dietro all’asino, quando si convinceva che era ormai inutile
correre dietro al ragazzo.
Tra gli altri personaggi
di cui si sta perdendo il ricordo c’era “Pippinu Cipiciapi”, (al secolo
Giuseppe Salvaggio) che abitava, con la moglie Anna, in una casa umida e
fredda, che si affacciava in una strada stretta e senza sole, non lontano
dal corso Garibaldi, tra la via Corano e la via Archimede.
Lavorava non solo come
facchino, cioè come scaricatore e trasportatore di sacchi, ma, secondo
quello che sentivo dire, anche come garzone presso un nobile del paese che
gli dava qualche lira e un po’ di cibo.
Sempre per sentito dire,
Cipiciapi portava il cavallo del nobile ad abbeverarlo alla fontana.
L’animale era docile e si faceva accompagnare facilmente ma, quando qualcuno
gli faceva con le dita della mano il segno delle corna, esso incominciava a
scalpitare, a mostrare segni d’insofferenza o dava uno strattone alla corda
tentando di scappare per colpire quel disgraziato che aveva osato mettere in
dubbio le sue grandi capacità amatorie.
E allora ci voleva tutta
la forza di Cipiciapi che ce l’aveva proprio grande per frenare l’animale, e
Cipiciapi, quasi a volere calmare il cavallo solidarizzando con lui, gridava
a chi lo aveva offeso: “Curnutu ci si tu e tutta la tò stirpi”, cioè: “ Il
cornuto sei tu e tutta la tua stirpe” e metteva in bocca al cavallo una
zolletta di zucchero.
E il cavallo si calmava
e, buono buono, proseguiva la sua strada verso casa, senza creare altri
problemi a Cipiciapi.
Durante le feste
religiose, Natale o Pasqua, si organizzava la festa della padella, e
Cipiciapi era uno di quelli che si dava da fare di più per vincere la gara.
Qualcuno regalava al
Comitato promotore della festa una padella vecchia, di quelle che non
servivano più perché tutt’intorno avevano qualche dito di nero, provocato
dal fumo della legna su cui per tanti anni era stata sistemata, senza essere
ben ripulita dopo l’uso, e magari presentava pure qualche piccolo buco.
La padella veniva issata
con uno spago a una certa altezza, dopo che al centro di essa, nella parte
esterna, era stata incollata una moneta.
Chi, con le mani dietro,
legate da una cordicella riusciva, saltando, a prendere, aiutandosi con la
bocca, la moneta, se ne impadroniva.
Tanti ci tentavano ma,
generalmente, era Cipiciapi che l’acchiappava, dopo tanta fatica, però, e
dopo tanti bernoccoli spuntati su una faccia diventata completamente nera
per la fuliggine.
Cap. XXXII
Tra i facchini ricordo “Spiriti russi” che un bicchiere di vino non
lo disprezzava mai.
Tra i personaggi che
ricordo con una certa nostalgia, perché anche lui è simbolo di un tempo che
non tornerà mai più, c’è pure “Ngilinieddru”, ovvero il piccolo Angelo, così
chiamato con affetto da tutti per il suo carattere semplice come quello di
un bambino, un uomo che ricordo sempre solo e malvestito, con le scarpe,
quando le aveva, sempre rovinate. Ma era buono, buono come il pane e non
avrebbe fatto mai male a nessuno. Doveva abitare nelle parti di San
Francesco. Aveva una risata tutta particolare, inconfondibile, pure in mezzo
a migliaia di altre risate e una macchina fotografica con la quale scattava,
o fingeva di scattare, delle foto specialmente in occasione di qualche festa
paesana.
Eppure una volta fu
capace di fare ritornare la pasta negli scaffali dei negozi quando il
prezioso alimento venne a mancare all’improvviso ai negozianti che ne
avevano fatto incetta sperando, forse, con questo di fare aumentare il
prezzo. Insomma, una speculazione bella e buona.
I carabinieri, allertati
dalla popolazione e temendo sommosse, controllarono tutti i negozi ma della
pasta nemmeno l’ombra.
“Ngilinieddru”, però,
aveva visto che uno, il quale aveva un negozio di generi alimentari, una
mattina presto aveva trasportato un’enorme quantità di pasta in un garage di
sua proprietà, u po’ lontano dal negozio e si presentò al maresciallo.
- Maresciallo
- gli disse col suo solito sorriso inconfondibile - se vuole trovare la
pasta, deve andare in via *** nel dammuso di*** - e gli fece il nome.
Il maresciallo, che era
un uomo intelligente, nell’incertezza volle provare e, in compagnia di due
carabinieri, si recò nel posto indicato.
Grande fu la sorpresa del
sottufficiale quando il padrone, costretto e “malu paratu” cioè non sapendo
più cosa fare, aprì il garage.
A terra c’era tanta pasta
che poteva mangiare, per qualche mese almeno, un intero quartiere, se non
tutto il paese.
Da quella volta non ci fu
più penuria di pasta, perché anche gli altri negozianti preferirono vendere
la pasta che avevano, anche loro, nascosto in attesa di aumentarne il
prezzo.
Di questo episodio in
paese nessuno parla più, non solo perché son passati ormai più di quarant’anni,
ma anche perché allora erano stati in pochi a conoscerlo. Io, che l’ho
saputo da mio padre, l’ho voluto ricordare per dare onore a un povero uomo a
cui la vita aveva riservato soltanto delusioni e disprezzo.
Il personaggio che
ricordo meglio è, però, “Carminu Frucchiuni”, ma lui non era un facchino,
anche se non ho mai saputo che mestiere facesse. Forse il contadino. Lo
vedevo spesso in piazza, specialmente nel periodo elettorale mentre, col
pugno chiuso e il fazzoletto rosso nel taschino della giacca, inneggiava al
Comunismo.
I cosiddetti benpensanti
del paese lo detestavano, i preti lo dipingevano come l’incarnazione del
Maligno e sconsigliavano i ragazzi dal frequentarlo, ma lui, imperterrito,
con un candore che si può solo immaginare nelle anime innocenti, cantava
Bandiera Rossa o dei versi, penso, di sua invenzione: “Li monaci e parrini
su tutti nichiati, pinsannu ca Di Gaspari si ni scinnì cu li pignati”, cioè
“I monaci e i preti sono tutti dispiaciuti, al pensiero che De Gasperi è
stato costretto a dimettersi e ad andar via, portandosi dietro anche le sue
pentole” (perché ormai convinto che non sarebbe più tornato al potere).
Faceva tenerezza “Carminu
Frucchiuni” perché non si lasciò mai corrompere e, finchè visse, fu
comunista, un comunista idealista a costo di patire la fame.
Comunista doveva essere
pure “Lillo d’Ati o Lillu Ati”, cioè “Calogero figlio di Agata”. Lo vedevo
sempre in piazza e, quando gli parlavo, mi esprimeva sempre un grande
desiderio: poter lavorare con scienziati tedeschi. Lui avrebbe espresso
l’idea di quello che era necessario inventare, e loro lo avrebbero
realizzato perché, si sa, gli scienziati tedeschi sono molto intelligenti,
ma hanno bisogno di qualcuno che gli suggerisca quello che devono fare.
La prima cosa che avrebbe
chiesto loro di inventare era poter conoscere il pensiero degli altri.
Sicuramente, se un giorno avesse potuto parlare con questi scienziati, essi
avrebbero lavorato alla realizzazione di quest’idea. In questo modo lui
avrebbe saputo subito chi lo prendeva in giro e chi, invece, era sincero.
C’era pure Baravà, però
di lui non so dire molto, se non che negli ultimi tempi si era ridotto male
e, per sopravvivere, era costretto a tendere la mano.
La stessa cosa faceva ‘Ntuninu.
Tanti altri conoscevo di
cui si va perdendo la memoria, tanto che nemmeno mia sorella che è più
grande di me, ha saputo, di molti, darmi delle informazioni sicure.
Uno dei più popolari di
questi personaggi era sicuramente Totò Marino perché era sempre in piazza ed
era conosciuto da tutti, tanto che, quando rimase solo perché sua madre,
“la za Vittoria” era andata via in Val D’Aosta, mi pare, assieme agli altri
familiari, fu adottato da tutti “li chiazzalora”, cioè da tutti quelli che
passavano la maggior parte della loro giornata in piazza, i quali cercavano
di non fargli mancare, per quanto possibile, l’affetto e anche qualche
soldo, che lui, immancabilmente, correva a trasformare in vino.
Tra tutti questi amici ci
fu anche il signor Michelangelo Girgenti, che, diciamo, lo adottò, come
scherzando diceva sua nipote, Susanna Rizza, perché ogni giorno Totò Marino
andava a pranzare a casa sua.
Purtroppo era sempre
sporco tanto che qualche volta erano gli amici stessi che provvedevano a
pulirlo.
Non era, però, cattivo e
non mi ricordo che avesse mai fatto del male a nessuno.
Una sera lo vidi
camminare per la piazza piangendo e tenendosi con una mano una guancia. La
zia Teresa che era una sua lontana parente e che aveva in piazza un negozio
di alimentari, gli domandò: “Perché piangi?” Rispose: “Mi diettiru na
masciddrata!”, cioè: “Mi hanno dato uno schiaffo”, e proseguì la sua strada
sempre piangendo.
Non seppi mai chi quello
schiaffo glielo avesse dato e perché. Ricordo, però, che ne soffrii tanto
come se quello schiaffo lo avessero dato a me.
Non avendo un tetto dove
dormire, il Comune gli offrì una casa “a la funtana”, quella che era servita
negli anni precedenti “a lu guardianu di l’acqua Totu Vinti”. E così “Totu
Marino” ebbe, anche lui, un tetto sotto cui ripararsi.
Molto noto era in paese
Pepé, l’amico di tutti, di grandi e piccini, dei ricchi e dei poveri.
Anch’io l’ho conosciuto e devo dire che anche lui era una bravissima
persona, pur nella sua ingenuità.
Incapace di fare del male
a chicchessia, era da tutti benvoluto.
Aveva, però, l’abitudine
di raccontare a tutti ogni cosa che faceva o che vedeva.
Proprio perché uomo probo,
lavorava come domestico presso un’anziana maestra e ogni giorno era in
piazza per comprare tutto quello che alla signorina serviva.
Appena incontrava
qualcuno, non esitava ad attaccare bottone: “Sapiti? A la maestra ci
accattavu lu pisci”, cioè: “Alla maestra ho comprato il pesce”, oppure:
“Assira la maestra si fici lu bagnu”, cioè : “Ieri sera la maestra si è
fatta il bagno” e poi usando una metamorfosi, per non apparire volgare (era
della massima delicatezza), aggiungeva: “e iu ci vitti lu scuru!”, cioè: “ed
io le ho visto il buio”.
Una volta, stando a
quello che lui raccontava, la maestra preparò il fegato e il polmone.
“A mia, però, mi vuliva
dari sulu lu pulmuni, ma iu ci dissi: Iu midè vuogliu lu ficatu. Allura la
maestra mi detti anchi lu ficatu”. Cioè: “A me, però, voleva dare solo il
polmone, ma io le dissi: Anch’io voglio il fegato. Allora la maestra mi
diede anche il fegato”.
Pepé aveva sempre la
stessa faccia, come se il tempo, per lui, non passasse, per cui non ho
saputo mai che età avesse.
Un giorno mi dissero che
era morto e, sinceramente, ne fui dispiaciuto.
Ancora oggi sono tanti,
in paese, coloro che ricordano Savio perché è deceduto pochi anni fa. Anche
lui, come Marino, era stato abbandonato dai suoi familiari quando si erano
trasferiti in America, perché malaticcio o ritenuto tale dalla commissione
medica che lo aveva visitato prima di dargli l’autorizzazione ad espatriare.
Lavorava come domestico
tuttofare nella casa di un maresciallo in pensione che gli voleva bene e lo
trattava come un figlio, e lui contraccambiava la fiducia e rivolgendosi
alla signora, moglie del sottufficiale, la chiamava: “Mamma” e diceva spesso
quando parlava di lei con le altre persone: “Iddra m’arricupirà”, cioè “Lei
mi ha recuperato”. Mi faceva pena, povero “Saviuzzu” per essere stato
abbandonato dalla sua madre naturale.
Per il maresciallo, Savio
ogni mattina andava a fare la spesa, zappava il suo giardino e badava pure
alla Chiesa Evangelica Valdese, di cui teneva anche le chiavi e che a quei
tempi, se non era molto affollata, contava tanti fedeli, sebbene il parroco
della vicina parrocchia, conoscendo l’orario del culto valdese, si mettesse
davanti alla porta della sua chiesa per controllarli e spaventarli.
Un altro personaggio
caratteristico del paese era, sicuramente, “lu zì Vicienzu”, cioè lo “zio”
Vincenzo (almeno mi pare che si chiamasse così) “Cuntapassi” che abitava
all’estrema periferia del paese, in una delle zone “cchiù poviri” cioè più
malfamate del paese.
Il soprannome gli
derivava dal fatto che, mentre camminava, a un certo punto si fermava e
contava i passi che, fino a quel momento, aveva fatto.
Tra i personaggi che
sicuramente oggi nessuno ricorda c’era anche “lu zì Turiddru Morgante”, un
vecchietto che abitava in una casa dietro la pescheria.
Lo vedevo spesso mentre,
appoggiandosi al bastone, si recava in chiesa. Era quasi sempre circondato
di bambini che gli chiedevano spiegazioni sui Dieci Comandamenti, per poi
fermare la loro attenzione su uno in particolare: quello che dice: Non
fornicare.
- Zi Turì - gli dicevano,
dopo averlo circondato - che cosa significa: Non fornicare?
E “lu zì Turiddru”, senza
minimamente pensare al male, anzi persuaso che faceva il bene spiegando ai
ragazzi “li cosi di Diu” cioè il Catechismo, rispondeva.
E qui risate a mai finire
da parte dei ragazzini, alcuni dei quali gli dicevano: “Zì Turì, sapi, nun
l’amu caputu bieddru pulitu, ni lu spiega arriè?”, cioè :” Zio Salvatore,
sa, non lo abbiamo capito molto bene, ce lo vuole spiegare di nuovo?”.
E “lu zì Turiddru”,
lontano dall’immaginare l’inganno in cui cadeva, ricominciava a spiegare,
persino due o tre volte e magari arrivava in chiesa tardi che il sacrestano,
“lu zi Caliddru” stava per chiudere o aveva già chiuso la chiesa.
Salendo dalla fontana
verso la piazza, mi capitava spesso d’incontrare “Totu l’uorbu”, mentre
tornava a casa. Camminava da solo e non ho mai saputo come facesse a non
sbagliare mai la strada, a non inciampare in un sasso, a non finire in una
pozzanghera. Forse perché faceva sempre la stessa strada.
Mi raccontava mio
fratello che qualche volta lo aveva visto anche correre.
“Totu l’uorbu” era anche
un bravissimo suonatore di chitarra, e gli amici (ne aveva tantissimi),
tutte le volte che dovevano fare una serenata, o organizzare una festa, se
lo portavano con sé.
Cieco era pure “don Lillo
Fantauzzu” che era diventato tale, secondo quello che mi era stato
raccontato da chi lo aveva conosciuto ragazzo, per un calcio di mulo, ma era
un uomo assai intelligente, tanto che sapeva, al solo tatto, riconoscere i
soldi. Era un rivenditore di gas in bombole e aveva il suo negozio nel Corso
Garibaldi, a due passi da casa mia e anche da casa sua. Tante volte ci
andava da solo al negozio e aveva tanti amici con i quali s’intratteneva a
chiacchierare. Tra gli amici c’eravamo io e mio padre.
Ma forse il personaggio
più conosciuto da grandi e piccini era, nei tempi più antichi, “lu zì
Ngilinu Spitali” detto “lu zì Ngilinu carruzzieri”, così chiamato perché
aveva una carrozza con la quale trasportava i viaggiatori da e per la
stazione.
Mi ricordo che nella
parte esterna e posteriore della carrozza “lu zì Ngilinu” sistemava le
valigie dei viaggiatori, legandole con una corda. Era sempre pronto di notte
e di giorno, d’estate e d’inverno, col caldo e col freddo.
Qualche volta, al suo
posto, ci vedevo uno che doveva essere o suo fratello o suo cognato,
comunque di sicuro un parente.
Quando dietro non aveva
bagagli, alcuni ragazzi, che sembravano essere in agguato, vi saltavano e si
lasciavano trasportare, abbandonando, sempre con un salto, il loro posto,
molto prima che la carrozza arrivasse alla stazione. Quando “lu zì Ngilinu”
capiva che c’era, dietro, un clandestino, faceva schioccare la sua frusta,
la “zotta”, e allora i ragazzi saltavano via senza arrivare nel punto dove,
di solito, abbandonavano la carrozza.
Tanti, me compreso, per
farlo arrabbiare, gli gridavamo: “Zì Ngilì, zotta narriè!”cioè: “ Zio
Angelo, colpisci con la frusta dietro, perché ci sono dei ragazzi!”, e “lu
zì Ngilinu” faceva schioccare indietro la sua frusta, anche se indietro non
c’era nessuno.
“Lu zì Ngilinu” era anche
un uomo assai versatile. Un giorno, infatti, si sparse la voce che stava
trasformando una vecchia Topolino in carrozza. Ed era vero!
Alcuni mesi dopo si vide
la nuova carrozza girare per il Corso Garibaldi al posto di quella vecchia.
Anche il cavallo sembrava felice e più tronfio e, nel trainarla, alzava le
zampe con uno stile da fare invidia ai migliori purosangue del mondo.
Carmelo Luparello
Pubblicato dalla Testata
Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 16 agosto 2011.
Per gentile concessione dell’Autore.
© Riproduzione riservata.
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16/08/2011 |
Attualità. Tiziana: "Io non
mollo!"; speranze di miglioramento per la giovane grottese |
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Tiziana e Salvatore |
"Volevo solo dire grazie a tutta la comunità di
Grotte e non solo, ai paesi limitrofi e tutti gli amici di Roma per il
grande sostegno, e non mi riferisco solo a quello economico ma sopratutto a
quello spirituale".
E' il fratello Salvatore, con un messaggio lanciato su facebook, a rivolgere
a tutti il ringraziamento a nome di Tiziana Stuto, la giovane grottese
gravemente ammalata. Nelle sue parole la richiesta di preghiere: "Infatti
volevo chiedere a tutti voi di continuare ad aver fede e pregare per Titty,
invocare e chiedere a Dio la guarigione. Sono sicuro che qualcosa di
straordinario accadrà". Per smentire voci contraddittorie ed
incontrollate che si sono diffuse sugli avvenimenti degli ultimi giorni e
sullo stato di salute di Tiziana, Salvatore chiarisce: "Siamo arrivati da
Roma d'urgenza, perchè le speranze di un futuro per Titty erano effimere, ma
ad oggi qualcosa di bello sta accadendo: Titty giorno dopo giorno mostra
chiari e notevoli segni di miglioramento. Anche lei si è rincuorata e ieri
ha detto: "Ormai mi sono convita e sono sicura che starò meglio e guarirò,
io non mollo". Quindi chiedo a tutti di continuare, continuare e continuare
a sostenerla spiritualmente e tutto cambierà. Mia sorella si riprenderà e
starà sempre meglio".
Tutta la comunità, soprattutto gli amici, è unita nella costante opera
d'incoraggiamento e sostegno, stringendo in un caloroso abbraccio la
giovane. Intanto prosegue la gara di solidarietà economica.
La Giunta Municipale, che già lo scorso 14 luglio aveva deliberato la
concessione di un contributo in denaro, sollecita alle necessità della
famiglia Stuto, nella seduta dell'8 agosto ha rinnovato la concessione di un
nuovo contributo; a questo si è aggiunto il "gettone di presenza" relativo
all'ultima seduta del Consiglio comunale, che tutti i consiglieri hanno
voluto devolvere. Una somma pari allo stesso gettone è stata devoluta anche
da ciascun assessore. La raccolta continua attraverso le cassettine ubicate
negli esercizi commerciali o con versamenti sul conto corrente IBAN IT40
D030 6903 3951 0000 0007 650 aperto presso la banca Intesa San Paolo Roma,
indicando come causale "Tiziana".
Carmelo Arnone
16 agosto 2011
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15/08/2011 |
Chiesa. Programma dei
festeggiamenti in onore di San Rocco |
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Locandina |
Si svolgeranno da martedi 16 a domenica 21 agosto i
festeggiamenti in onore di San Rocco, al quale è intitolata una delle tre
parrocchie di Grotte.
Pubblichiamo il programma delle attività.
Martedi 16 agosto - Memoria liturgica di San Rocco - Giornata
dell'ammalato (visite agli infermi)
- ore 07.30 Alborata
- ore 08.00 Scampanio
- ore 09.15 Lodi, Santa Messa e supplica a San Rocco
- ore 18.15 Santo Rosario
- ore 18.30 Preghiere a San Rocco
- ore 19.00 Santa Messa e unzione degli infermi
(Durate tutte le Sante Messe verrà benedetto il pane di San Rocco)
Venerdi 19 agosto
- ore 17.00 Penitenziale
- ore 18.15 Santo Rosario
- ore 18.30 Preghiere a San Rocco
- ore 19.00 Santa Messa ed esercizi spirituali
Sabato 20 agosto
- ore 18.15 Santo Rosario
- ore 18.30 Preghiere a San Rocco
- ore 19.00 Santa Messa prefestiva e vespri
- ore 21.00 Via Rocheliana davanti al sagrato della chiesa
Domenica 21agosto - Solenni festeggiamenti in onore di San Rocco
- ore 09.00 Scampanio
- ore 10.15 Santa Messa
- ore 18.00 Il simulacro verrà accompagnato, dalla chiesa, al campetto "San
Rocco"
- ore 19.00 Santa Messa (al campetto)
Benedizione degli animali
Processione lungo le vie del centro storico (accompagnata dalla banda "G.
Verdi")
Rientro in chiesa
- ore 21.00 Serata danzante presso il campetto "San Rocco"
Giochi pirotecnici.
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15/08/2011 |
Attività. Aperta a Siculiana
una "Casa per ferie" delle Figlie della Misericordia e della Croce |
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Vedi le foto
Madre Generale |
L’Istituto delle Figlie della Misericordia e della
Croce, fondato da Madre Maria Rosa Zangàra il 13 agosto 1892 a Partitico
(PA), è uno di quegli ordini religiosi femminili che lavora nell'ombra, in
umiltà, svolgendo con coerenza nel mondo il ministero della carità secondo
il proprio specifico "carisma", l'eredità spirituale lasciata dalla
Fondatrice alle Sue Figlie, che è quello di rappresentare la Bontà di Dio
nel mondo mediante le opere di misericordia e seguire Cristo povero, umile e
crocifisso.
Desiderio della Madre Fondatrice era sempre di portare ai poveri, nel corpo
e nello spirito, i frutti della Buona Novella e i frutti della Salvezza.
Infatti ogni attività svolta dalle suore è inerente alle opere di
Misericordia. Dall'Istituto ricevono assistenza e beneficenza i bambini, gli
adolescenti, le ragazze a rischio, gli anziani, i disabili, gli ammalati
anche terminali e quanti vivono in condizione di disagio, di povertà e di
emarginazione, in relazione al mutare della domanda sociale e delle nuove
povertà espresse dalla società civile. Inoltre l'Istituto svolge un servizio
di accoglienza rivolto sia a soggetti in età evolutiva che in età adulta,
che versano in circostanze critiche per le cause più disparate; tende a
provvedere con tempestività a situazioni di emergenza caratterizzate da un
bisogno immediato e temporaneo di mantenimento e protezione.
Oltre che in Italia, dove sono presenti con 19 case (molte delle quali in
Sicilia, compresa la Casa Generalizia che ha sede a Palermo), le Figlie
della Misericordia e della Croce svolgono la loro missione in Etiopia, in
Messico ed in Romania.
Gli ospedali, gli istituti educativi, assistenziali, le scuole materne,
elementari, le Case di soggiorno per anziani e suore, le opere di promozione
sociale e religiosa nelle Missioni; questi sono i campi di lavoro delle
seguaci di Madre Maria Rosa Zangàra.
Alla guida della congregazione, con spirito di servizio e profondo
discernimento spirituale, vi è la reverendissima Madre Generale Suor
Gabriella Ruggieri, che esercita il suo ufficio "con l'energia ricevuta da
Dio", non mancando mai di rincuorare le consorelle ricordando loro che "Proprio
in un contesto di guerra, di intemperie di ogni genere, di un mondo senza
futuro, ecco, il Risorto ci consegna nuova luce e nuova speranza: ‘Sono Io
non temere’, e porgendo loro "l’augurio di bene e di speranza nella
luce di Cristo Risorto".
Proprio per volontà della Madre Generale,
a Giallonardo, nota località
marittima di Realmente (AG), è stato ristrutturato un edificio al fine di
renderlo idoneo ad offrire un gradevole soggiorno, estivo ed invernale, a
singoli, famiglie, gruppi, sacerdoti, religiosi, religiose. Dopo molto
impegno e tanti sacrifici, finalmente la Casa per Ferie “Maria Rosa Zangàra”
è divenuta una realtà: venti posti letto con camere dotate di tutti i
confort, a pochi passi dal mare. Per informazioni è possibile contattare
Suor Maria Cristina al n° 0922.815121 (telefono e fax), oppure inviare una email all'indirizzo
siculianafmc@gmail.com.
La casa è aperta tutto l’anno, per dare "conforti
fraterni, compassionevoli. Prestare sollievo nelle afflizioni, non solo del
corpo, ma più dell’anima"; sempre secondo la missione di Madre Zangàra.
Carmelo Arnone
15 agosto 2011 |
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Pubblichiamo alcune immagini dell'attività delle suore nel mondo e della
nuova casa per ferie
(40 foto di © Figlie della Misericordia e della Croce).
Casa per ferie "Maria Rosa Zangàra"
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13/08/2011 |
Musica. Il M° Salvaggio scelto
dal regista Michele Guardì per la nuova edizione de "I promessi sposi" |
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Salvaggio e Guardì |
La "Notte della Moda" edizione 2011, una delle
iniziative estive di Porto Empedocle, svoltasi domenica 7 agosto, ha
riservato una gradita sorpresa al M° Salvatore Salvaggio. La manifestazione,
tesa a proporre e valorizzare la moda italiana, presentata da Egidio Terrana
e dalla showgirl Joe Squillo, ha previsto interventi musicali tra cui quello
del cantante Paolo Vallesi (interprete del famoso brano "La forza della
vita") e del basso-baritono Salvatore Salvaggio, che ha proposto, dal
"Barbiere di Siviglia" di Gioacchino Rossini, l'aria "La calunnia". Durante
la serata si è svolta la cerimonia di consegna, da parte del sindaco
Calogero Firetto, dei premi "Futura Prospicere", promossi dal Comune di
Porto Empedocle e dalla Fondazione "Andrea Camilleri". Giuseppe Agnello,
Felice Cavallaro e Michele Guardì sono le tre personalità del mondo dello
spettacolo e della cultura ai quali è stata consegnata la statuetta
rappresentativa del Premio.
Appena salito sul palco, il celebre regista ed autore televisivo agrigentino
Michele Guardì, riferendosi al brano eseguito dal M° Salvaggio, ha affermato
in diretta: "E' lui il Don Abbondio della nuova edizione dei miei Promessi
Sposi", invitandolo contemporaneamente a raggiungerlo sulla scena.
Nonostante ormai l'abitudine a calcare i palchi dei più prestigiosi teatri
internazionali, il M° Salvaggio non è riuscito a nascondere l'emozione per
un così inaspettato riconoscimento. "Mentre ascoltavo l'esibizione di
Salvatore - ha continuato Guardì - non ho avuto dubbi: ho subito intravisto
in lui il mio Don Abbondio".
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12/08/2011 |
Libri. "La catastròfa" di
Paolo Di Stefano, finalista del Premio "Racalmare - Leonardo Sciascia" |
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Marcinelle
Copertina
Paolo Di Stefano |
E' passato senza clamori, senza cerimonie, senza un
ricordo, il 55° anniversario di una delle più grandi tragedie minerarie di
tutti i tempi. Non ne hanno parlato in televisione, qualche rara parola sui
giornali. Eppure l'8 agosto 2011, lo scadere dei 55 anni esatti
dall'incendio nella miniera di Marcinelle, in Belgio, si prestava almeno ad
una commemorazione.
Era una splendida giornata di sole, quell'8 agosto del 1956, ma già alle
prime ore del mattino dense nubi di fumo si elevavano alte nel cielo,
foriere del dramma che si stava consumando ai danni di centinaia di
minatori. Alla fine si conteranno 262 morti, la maggior parte di nazionalità
italiana (a quel tempo gli emigranti eravamo noi).
Di quei fatti parla “La catastròfa”, sottotitolo "Marcinelle 8 agosto 1956",
che il giornalista Paolo Di Stefano ha pubblicato recentemente per le edizioni Sellerio.
Il libro è uno dei finalisti della XXIII edizione del Premio Letterario
"Racalmare - Leonardo Sciascia"; lo abbiamo letto per voi.
Non è un romanzo, non è un racconto, non è opera di fantasia. L'autore,
rispetto ai fatti accaduti, non aggiunge nulla, fa parlare i protagonisti e
riporta i documenti ufficiali. Leggiamo (ma è come ascoltarle) le
testimonianze di quanti si sono trovati coinvolti nella tragedia: i pochi
sopravvissuti, i figli, le mogli, le madri, i fratelli. Si esprimono
liberamente, ciascuno con un proprio caratteristico linguaggio, quello degli
emigrati in terra straniera. Non è italiano e nemmeno il dialetto della
propria regione di provenienza; è una commistione, comprensibilissima, fatta
di parole dialettali ormai desuete, francesismi e quell'italiano della
memoria passata che riaffiora ancora vivido. Leggiamo (con un certo
distacco) i verbali ufficiali degli interrogatori degli ingegneri
responsabili, a vari livelli, della sicurezza della miniera; di certo non
"la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità". Le omissioni sono
evidenti, ed anche i tentativi di addossare ad altri le proprie
responsabilità, così come sono innegabili le bugie (ingegneri minerari che
negano di sapere che l'olio brucia!). L'autore ci prende per mano e ci
conduce, passo passo, in casa degli involontari protagonisti che, dopo una
comprensibile diffidenza iniziale, raccontano e, così facendo, ancora una
volta si liberano di quel peso che il tempo non ha reso meno insopportabile.
Non sono univoche, le testimonianze; chi accusa, chi perdona. In tutto ciò,
un solo grande assente: il Governo Italiano. Ministri accusati di aver
ceduto vite umane in cambio di carbone; minatori che hanno preso coscienza
di essere "carne da macello". Al posto del "vitto e alloggio assicurato",
una baracca da prigionieri di guerra ed un rancio (ma almeno si mangiava,
mentre al paese c'era la fame nera). E prigionieri lo erano davvero: il
contratto sottoscritto li impegnava a 5 anni di lavori sottoterra, pena la
prigione. "Ci rubano il lavoro e le donne, i macaronì", dicevano a voce alta
i belgi nei loro locali pubblici nei quali era "vietato l'ingresso agli
italiani e ai cani".
Dopo la "catastròfa" tutto è cambiato, è emersa l'umanità del popolo belga
che, a differenza del Governo italiano, ha accolto e sostenuto i superstiti.
A distanza di tanti anni, una sola è la certezza: la verità non è emersa e
giustizia non è stata fatta.
Il libro, che può anche avere la chiave di lettura di un "giallo senza
soluzione", propone dubbi e lascia emergere inquietanti domande sulle
responsabilità. Perchè l'operaio che causò (involontariamente?) l'incendio
fu fatto emigrare in Canada dopo pochi giorni dalla tragedia, senza che
fosse portato in tribunale? Chi gli paga, ancora oggi, un congruo assegno
supplementare oltre la pensione? Perchè, nell'immediatezza dei fatti, gli fu
offerta in regalo "la più bella casa di Marcinelle"? Non ci sono, e forse
non ci saranno mai, risposte. Rimane immutabile il dolore di mogli e figli
per le tante vite rubate, per gli affetti violentemente sottratti, per le
speranza distrutte, per tutto ciò che poteva essere e che, purtroppo, non è
stato. Carmelo Arnone
12 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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10/08/2011 |
Attualità. Catena di
solidarietà in soccorso di Tiziana, giovane grottese gravemente ammalata |
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Tiziana Stuto |
Si è accesa immediatamente una gara di solidarietà in
sostegno di Tiziana Stuto, 25 anni il prossimo ottobre.
Da tempo colpita da quello che viene definito il "male del secolo", lunedi
sera, a Roma, le sue condizioni sono repentinamente peggiorate ed è entrata
in coma. Per sottoporla ad una operazione che potrebbe salvarle la vita
occorrono almeno 4.000 euro. Con il passaparola tantissimi giovani di
Grotte, amici di Tiziana e di suo fratello Salvatore, si sono attivati per
effettuare e sollecitare donazioni, anche solo di 5 euro. Punti di raccolta
sono stati attivati nei maggiori esercizi commerciali del paese.
Per facilitare le donazioni è stato aperto un conto corrente nel quale far
confluire il denaro, e del quale riportiamo gli estremi:
Intesa San Paolo Roma, filiale 00455, IBAN IT40 D030 6903 3951 0000 0007
650.
Come causale scrivere "Tiziana" ed indicare il proprio nome e cognome.
La gara di generosità per la giovane ha già coinvolto molti, ma la cifra
sinora raccolta, il cui bonifico è stato effettuato ieri mattina, è lontana
da quella minima occorrente. Sul suo profilo facebook ha scritto di sè: "Sono
capace di spaccare il mondo... sono forte, sono debole, sono Tiziana, e così
continuerò ad essere...". A decine i messaggi lasciati dai suoi amici,
il cui senso si può racchiudere nella frase: "Tiziana mi raccomando, non
mollare neanche un solo istante e torna presto tra noi...". Non
mancheranno le persone di cuore capaci di offrire secondo le proprie
possibilità, per consentire alla nostra Tiziana di "continuare ad
essere...".
Carmelo Arnone
10 agosto 2011
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08/08/2011 |
Comune. Nominativi dei 60
ragazzi che andranno a "Scivolandia" |
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Manifesto |
Allo scadere dei termini per la presentazione delle istanze,
si è riunita la commissione comunale per formare la graduatoria dei ragazzi
aventi diritto a partecipare, gratuitamente, alla giornata di divertimento e
socializzazione al parco acquatico "Scivolandia" di Cammarata, organizzata
dal Comune di Grotte per il prossimo mercoledi 10 agosto.
Pubblichiamo, in ordine di ammissione, i nominativi dei 60 ragazzi che
parteciperanno:
Terrana Sara
Rizzo Lorena
Rizzo Gaetano
Bruno Gallo Domenico
Arnone Valentina
Arnone Davide
Giglia Marianna
Bellanca Gaetano
Bellavia Stefany
Bellavia Giovanni
Terrana Salvatore
Rubulotta Francesca
Russello Elisa
Russello Davide
Russo Giuseppe Pio
Castella Lucia
Vizzini Jonatan
Mandrici Luca
Falco Domenico
Falco Claudia
Rizzo Maria rita
Mulè Calogero
Morreale Liliana
La Mendola Davide
Cipolla Daniele
Cipolla Pietro
Cipolla Valeria
Cipolla Gloria
Castiglione Francesca
Vizzini Simona
Mandrice Davide
Mandrice Alessio
Infantino Swami
Bellanca Giuseppina
Bellanca Gaetano
Binnici Tania Elizabet
Zaffuto Sharon
Aquilina Antonio
Castiglione Alfonso
Castiglione Giuseppe
Mancuso Alex
Mancuso Simona
Mancuso Girolamo
Mancuso Marika
Polizzotto Clarissa
Bellavia Antonio
Bellavia Caterina
Bellavia Gabriele
Bellanca Antonio
Bellanca Vincenzo
Bordonaro Loredana
Bordonaro Viviana Irene
Provvidenza Maria Rita
Passalacqua Danilo
Criminisi Calogero
Carlisi Attilio
Todaro Antonio
Todaro Salvatore
Zaffuto Cristian
Zaffuto Adelaide Maria.
Il pullman partirà mercoledi 10 agosto alle ore 08.00 da Piazza Magnani
(piazza mercato) ed il rientro è previsto alle ore 19.00.
Per ulteriori informazioni sulla graduatoria, gli interessati potranno
rivolgersi, domani martedi 9 agosto, presso gli uffici comunali.
Per quanti non rientrano nelle categorie previste dal bando (adulti e nuclei
familiari), l'assessore municipale Piero Castronovo ha stabilito con la
Direzione del parco acquatico "Scivolandia" una convenzione speciale, valida
soltanto per i cittadini grottesi che mercoledi 10 agosto vorranno
condividere la giornata di divertimento e socializzazione nella struttura di
Cammarata. L'accordo prevede che i cittadini di Grotte che si presenteranno
insieme al pullman organizzato dal Comune, raggiungendo "Scivolandia" con
mezzi propri, o che vi giungeranno successivamente nella stessa giornata,
potranno fruire di un biglietto d'ingresso al costo di euro 13,00 a
persona (biglietto unico per adulti e bambini, particolarmente scontato
dato il periodo di alta stagione).
Nel prezzo del biglietto è compreso:
- ingresso per l'intera giornata del 10 agosto;
- una sedia sdraio;
- un pranzo (da intendersi come 1 primo piatto più contorno e acqua, oppure
1 secondo piatto più contorno e acqua).
A quanti si presenteranno insieme alla comitiva grottese, il prezzo del
biglietto in convenzione verrà applicato direttamente; chi si presenterà
successivamente (non è necessario dare avviso della propria partecipazione)
dovrà richiedere il biglietto a prezzo "speciale" mostrando un documento di
riconoscimento dal quale risulti la residenza nel Comune di Grotte. La
convenzione ha validità solo per il giorno di mercoledi 10 agosto.
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08/08/2011 |
Lettere. "Indimenticabile
domenica in pineta"; di Salvatore Polizzotto |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Gente
di Sicilia,
ieri sono andato in gita (chiamiamola così…) in due aree attrezzate della
nostra famosa zona Forestale Siciliana.
Sapete come è andata a finire? Mi viene da piangere solo a pensare a quello
che vi devo raccontare.
Prima tappa: parto con tutta la mia famiglia per andare nell'area attrezzata
di Grotte (AG).
Arrivo al cancello… chiuso.
Per la miseria! Siamo in agosto, domenica 7 agosto 2011; se è chiuso oggi,
quando sarà aperto?
Bisogna essere ottimisti ed avere fiducia. Ripartiamo con una nuova
destinazione: area attrezzata di Aragona (AG), sperando che ci vada meglio.
Per trovare questo gioiellino sperduto al centro della Sicilia ci vogliono i
cani da caccia. Penso di trovare qualche indicazione ad Aragona, ma di
cartelli che indicano la Pineta non ne ho visto neanche uno. Ma tant'è, i
siciliani sono gente ospitale, e quindi le indicazioni le possono dare gli
abitanti di Aragona; non c'e' bisogno di nessuna indicazione stradale
così la gente intrattiene rapporti con i visitatori. Quindi rifacendomi ad
un antico proverbio siciliano “cu avi a linqua avi a parrari”, chiedo
indicazioni per la pineta che prontamente la popolazione di Aragona
mi indica con estrema cortesia.
Così capisco perchè non ci sono indicazioni stradali.
Dopo un viaggio allucinante e pieno di pericoli, e dopo attraversando zone
impervie ed abbandonate, arriviamo alla famosa pineta di Aragona
inaugurata poco tempo fa.
Cavolo, ma oggi e domenica! Cancello grande chiuso, ma il
cancello piccolo è aperto.
Meno male, anche perchè ero già stanco ed un poco incavolato per il viaggio
che avevo fatto.
Entriamo finalmente nella pineta e… (dai!!!) tavolini e sedili intorno fatti
bene, in cemento armato rivestiti di pietra, focolai sufficienti, legna
vicino per ardere, fontanelle funzionanti, gabinetti funzionanti ma ci manca
una cosa importante: la gente.
Non c'era nessuno.
E ti credo, strada per arrivarci che fa veramente pena, cartelloni che non
esistono e posto poco pubblicizzato, ma tant'è: le cose belle in Sicilia non
ce le sappiamo godere.
In compenso c'erano le api ma tante api, che come hanno visto
noi, hanno pensato di accoglierci con grande festa.
Ma come mai c'erano tante api? Perchè qualcuno, intelligentemente, ha
messo delle arnie proprio vicino all'area attrezzata, cosi le api
possono mangiare le cose che portano i visitatori.
Bella idea! In America hanno gli orsi ed in Sicilia abbiamo le api.
Grazie di esistere Sicilia bella!". |
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Salvatore Polizzotto
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08/08/2011 |
Racconti. "Un tuffo nel
passato" - Capitoli 29° e 30°; di Carmelo Luparello |
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Prof. Luparello |
UN TUFFO NEL PASSATO
di Carmelo Luparello
Cap. XXIX
A quei tempi, per passare dalla scuola elementare alla media, bisognava
superare gli esami di ammissione.
I miei genitori, che ci
tenevano tanto a farmi studiare, decisero di farmi preparare dal professore
Vincenzo P.
Era, questi, un bravo
insegnante, ma rigoroso oltre ogni limite. I ragazzi, che quell’anno ci
preparavamo da lui, eravamo una decina circa e ci sedevamo attorno a un
tavolo rotondo, coperto da un copritavolo verde o rosso, non ricordo bene.
Quando ci spiegava la
lezione, se ne stava seduto ma, quando ci interrogava, si alzava e si
posizionava dietro di noi, pronto a schiaffeggiarci al minimo errore. E gli
schiaffi erano così forti da lasciarci sul viso il segno per parecchio
tempo.
E noi eravamo così
terrorizzati che, sapendolo dietro di noi, eravamo portati a sbagliare, e
lui era sempre pronto a schiaffeggiarci. Era, insomma, un circolo vizioso:
più sbagliavamo, più ci schiaffeggiava, più ci schiaffeggiava, più noi, per
la paura, sbagliavamo.
Solo le ragazze non
venivano prese a schiaffi, ma non tutte erano brave. Non lo era certo Angela
alla quale un giorno il professore chiese il pronome personale di prima
persona.
- Maschile o femminile? -
domandò la mia compagna, quasi a voler guadagnare tempo.
- Femminile!- disse il
professore.
- Ia - rispose la mia
compagna, suscitando il riso di tutti.
Per fortuna il tempo
passò e venne il giorno degli esami di ammissione, che erano distinti in
scritto e orale. Bisognava superare lo scritto per potere sostenere l’orale.
Ma non tutti ci presentammo agli esami.
Mi ricordo che, molto
tempo prima che ci fosse la prova scritta, non venne più una certa Ingrao
abitante in via Anita, un pezzo di ragazza dal viso “sangu e nivi”, cioè con
le guance rosse e bianche che le davano un tocco di bellezza particolare.
Il nostro insegnante ne
fu molto dispiaciuto e non solo perché così gli veniva meno, mensilmente,
una certa somma di denaro che ciascuno di noi gli pagava. Ricordo che disse
al fratello: “Questa ragazza non appena l’avessero vista, l’avrebbero
promossa, senza nemmeno farla parlare! E’ un vero peccato che abbia smesso
di venire!”.
Sicuro che le cose
sarebbero andate come il maestro aveva detto, (le parole degli insegnanti
allora venivano prese alla lettera e considerate sante), provai un senso
d’invidia: perché promuovere lei senza farle nemmeno una domanda, mentre a
me avrebbero chiesto chissà che cosa?
Mah, misteri della vita!
Dopo aver fatto lo
scritto, aspettavo con ansia la pubblicazione dei risultati, ma la mattina
in cui dovevano “appizzari lu quadru” cioè pubblicare il tabellone coi
risultati, mentre stavo andando a scuola, incontrai un mio compagno, di cui
purtroppo non ricordo più il nome, il quale, per invidia o per qualche altro
motivo che non sono riuscito mai ad appurare, mi disse che non ero stato
ammesso all’orale.
Sicuro che le cose
stessero così, (ho sempre avuto fiducia nella gente) non me la sentii di
andare a controllare di persona, quindi il giorno dell’orale, “dispizziatu”
cioè disperato, me ne andai, mortificato, in campagna, dove mi aggiravo
senza sapere cosa fare.
Ad un tratto sentii
qualcuno che, dalla strada che dal paese portava in campagna, mi chiamava:
era mia madre che, col tutto il fiato che aveva in gola, mi gridava di
andare subito a scuola per sostenere l’orale perché era stato ammesso.
Mi disse che glielo aveva
riferito un ragazzo che le aveva chiesto perché non fossi andato a scuola.
All’orale fui promosso e
così incominciai a frequentare la scuola media.
Durante l’estate, come ho
già detto, andavamo in campagna e lì, bene o male, il tempo passava, ma
quando ero in paese non sempre potevo giocare. D’altronde non avevo grandi
possibilità di uscire, perché dovevo studiare. Quando uscivo, lo facevo solo
per poco tempo.
- Nunn’addimurari - cioè:
“Non ritardare”, mi diceva sempre mia madre o, se era presente, mio padre -
taffari li compiti e ta studiari la lezioni - cioè: “Ti devi fare i compiti
e devi studiare la lezione”.
I bambini appartenenti
alle famiglie più ricche avevano i giocattoli coi quali giocare, i più
grandi avevano anche la bicicletta con la quale scorrazzavano per il corso o
raggiungevano la stazione.
Allora, me lo ricordo
bene, c’erano anche due signori che affittavano biciclette: uno vicino casa
mia, e di questi non ricordo il nome, l’altro, Peppi Spitali, l’amico di
tutti, nella parte del corso vicino al Municipio.
A me la bicicletta la
prestava spesso “Giuggiu Licata,”, cioè Giovanni Licata, figlio
dell’ingegnere Domenico, che, a quei tempi, abitava in Via Collegio.
Pur appartenendo a una
famiglia tra le più note del paese, Giovanni non era per niente superbo,
anzi andavamo sempre d’accordo e insieme ci divertivamo tanto, perché era un
tipo educato e molto scherzoso.
Suoi sono i versi
seguenti che lui scrisse per prendere in giro un ragazzo dell’altro corso:
“Era Monopallo, / di due che ne avea / una la perse / quand’era in trincea”.
Cap. XXX
I ragazzi appartenenti alle famiglie meno ricche, se erano ingegnosi, si
costruivano la carrella, con quattro piccole ruote che riuscivano a trovare
non so dove, e con quelle si divertivano.
Io, che non appartenevo a
una famiglia ricca né ero ingegnoso, mi dovevo accontentare di molto meno ed
ero felice se riuscivo a trovare un cerchio di ferro, fosse stato di
bicicletta o di qualsiasi altra cosa. Cercavo poi un filo di ferro che da
una parte attorcigliavo in modo tale che ci entrasse lo spessore del
cerchio, dall’altra lo tenevo come fosse un’impugnatura, e così spingevo il
cerchio cercando di non farlo cadere. In genere ci riuscivo e mi facevo
bellissime e lunghissime corse.
Un altro gioco era quello
delle mazze. Si prendevano due bastoncini: uno più lungo e uno corto. Quest’ultimo
si appuntiva da tutte e due le estremità.
Un ragazzo, con la mazza
più lunga che teneva con la destra, spingeva la più corta che teneva con la
sinistra, il più lontano possibile, in modo da farla cadere a terra, senza
che il compagno la prendesse a volo.
Il compagno, a sua volta,
doveva cercare di prendere in mano la mazza che era stata lanciata, oppure
dentro il suo berretto. Se ci riusciva, prendeva lui le mazze e, col metodo
di prima, lanciava lui la mazza più piccola. Se invece non ci riusciva,
raccoglieva la mazza piccola da terra e la lanciava, il più vicino
possibile, verso una pietra che era stata stabilita come punto di lancio. Se
la mazza si fermava sopra la pietra o a una distanza minore della mazza
grande, chi l’aveva lanciata vinceva, altrimenti, perdendo, avrebbe portato
l’altro sopra la spalle.
Si giocava pure a
pallone, ma io non mi ci trovavo, nemmeno nel ruolo di portiere, per cui,
dopo i primi timidi tentativi, ci rinunciai.
Ero bravo, invece, a
giocare con i cerchietti che non facevo mai cadere a terra, ma i cerchietti
non erano miei; erano del mio amico Paolo, perciò ci giocavo solo quando
capitava. Giocavo anche con i tamburelli, che erano sempre di Paolo, ma le
palle mi cadevano spesso.
Chi della mia età non ha
mai giocato a “battimuru?” Si giocava usando monetine, oppure bottoni. Un
ragazzo lo batteva a un muro e lo lasciava cadere per terra, l’altro doveva
far cadere, sempre prima sbattendolo a muro, la sua moneta o il suo bottone
che dovevano cadere a una distanza massima di un palmo dalla prima moneta o
dal primo bottone.
Se così accadeva, il
secondo ragazzo vinceva e si prendeva, come premio, la moneta o il bottone
dell’altro, se no vinceva l’altro.
Si giocava anche “a
santiettu”. Il gioco si faceva così: due o tre ragazzi si curvavano e si
appoggiavano l’uno dietro l’altro. Un altro (o altri) doveva, con una corsa
e un salto montargli sopra. Chi cadeva, perdeva e nella fase successiva,
sarebbe stato sotto, mentre quello che era sotto doveva, a sua volta,
correre e saltare sopra gli altri.
Quand’ero più piccolo, in
paese, se trovavo altri amichetti, giocavo “a la scala”. Il gioco richiedeva
che si tracciasse per terra un grande rettangolo che veniva diviso in varie
sezioni attraverso le quali bisognava, con un solo piede, l’altro si doveva
tenere sollevato, spingere “una giammalitra” cioè un pezzetto di piatto o di
mattone.
In genere erano le
bambine a fare questo gioco, ma anche i maschietti, se non potevano giocare
in un altro modo, ci giocavano pure. Tutto ciò capitava, in realtà,
raramente e tante volte quando ciò avveniva c’era sempre una bambina che
gridava, moderna Cassandra, “Masculi e fimmini scomunicati, ni lu ‘mpiernu
martiddrati”, cioè: “Maschietti e femminucce che giocate insieme siete
scomunicati, nell’inferno avrete martellate”.
Tante volte si giocava a
girotondo e si cantava una specie di filastrocca: Dumani è duminica /
tagliamu la testa a Minica / Minica un c’è / la tagliamu a lu re. / Lu re è
malatu / la tagliamu a lu surdatu / lu surdatu è a la guerra / iti a dari
tutti lu culu ‘nterra. E a queste parole tutti i bambini che partecipavamo
al girotondo cascavano a terra.
A proposito di
filastrocche, una si cantava ogni qualvolta incominciava a piovere: Chiovi,
stizzia / lu viecchiu s’arrabbia / e lu surci si marita / cu sta cuoppula di
sita.
Si giocava pure a fare la
guerra, ma a questo gioco partecipavano, naturalmente, solo i maschietti.
I ragazzi si dividevano
in due gruppi e s’inseguivano lanciando sassi, “cuticchia”, che nella nostra
fantasia erano bombe a mano, o sparando con pistole giocattolo. Le uniche
che io possedevo me le aveva regalato mio cognato, Paolino Tona.
Campo di battaglia era,
prima che vi fosse impiantato un vigneto, quasi sempre il vecchio cimitero,
sopra il Calvario, dove ci si poteva nascondere meglio tra le fosse aperte,
nelle quali non era difficile rinvenire teschi o altre ossa umane.
Carmelo Luparello
Pubblicato dalla Testata
Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info l'8 agosto 2011.
Per gentile concessione dell’Autore.
© Riproduzione riservata.
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07/08/2011 |
Attualità. "Topo di una notte
di mezza estate", di Mariolina Spalanca; si ripropone il problema dei
roditori |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Sogno
di una notte di mezza estate…
…stavolta, però, è il caso di dire Topo di una notte di mezza estate!
Eh si, indisturbato, un brutto roditore saliva per le pareti esterne di
un’abitazione suscitando le urla di paura e di disgusto di alcuni passanti.
Io mi trovavo in macchina e vidi quell’”acrobata”, che non era affatto un
innocuo e simpatico topolino di campagna ma un vero e proprio ratto, che
faceva la sua ascesa!
A quanto pare, non è l’unica presenza non gradita, già altri topi sono stati
avvistati in varie zone centrali del paese.
Da cittadina che crede nella possibilità di collaborazione con gli
amministratori del nostro paese, mi rivolgo al Sig. Sindaco affinché
provveda a disporre una derattizzazione.
Essendo in estate, è assai probabile che le finestre siano aperte e, quindi,
è più facile l’ingresso in casa per i “topoloni”, veicoli di infezioni e
malattie.
Confido nella disponibilità e nel buon senso della nostra amministrazione
comunale e ringrazio anticipatamente per il provvedimento a favore della
collettività". |
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Mariolina Spalanca
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07/08/2011 |
Proposte. "Perchè non
riprendere la Festa dell'Emigrato e dell'Emigrante?"; di Gianni Costanza |
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Gianni Costanza |
Riceviamo e pubblichiamo.
"Gli
ultimi anni dell'Ottocento anche Grotte, con una approssimata economia (agrigola-mineraria),
conobbe una grave crisi occupazionale, per la chiusura di molte miniere di
zolfo.
La chiusura anticipata delle nostre miniere è stata causata dai nuovi
giacimenti e dalla tecnologia più avanzata della Louisiana (Stati Uniti
d'America). In quel lontano 1896, la chiusura anticipata delle miniere
suggerì ai nostri politici di allora di trovare altre soluzioni per
tamponare la disoccupazione ripresa a ritmi più sostenuti.
Solo circa trecento minatori disoccupati, con reddito più basso, trovarono
lavoro presso la miniera di sale della famiglia Montagna, altri, spinti
dalla disperazione, innescarono una rivolta popolare spenta con alcuni
arresti.
Non solo i minatori disoccupati di Grotte, ma anche quelli
di altri paesi limitrofi, iniziarono ad emigrare, anche in Brasile ed in
altri stati europei. Si ricorda che in quel periodo non solo il paese ma
anche il Consiglio Comunale di Grotte, per la prima volta, si era dimesso in
massa per deficit. Successivamente, subito dopo il 1896, le zolfare di
Grotte, con la costituzione della società Anglo-Sicilian Sulphur
Company, ebbero una ripresa economica che a stenti arrivò a sopravvivere
fino alla fine degli anni Cinquanta, quando ebbe inizio l'emigrazione di
massa dei nostri familiari in direzione della Francia in particolar modo,
nella regione francese della Lorraine, vicino ai confini di Lussemburgo
e Germania e successivamente in Belgio, Germania, Inghilterra, Svizzera
ecc... .
Ricordo che, intorno alla fine degli anni Sessanta, ogni estate, gli
amministratori del Comune programmavano la "Festa degli Emigrati" con delle
manifestazioni pubbliche per accogliere i nostri cari familiari che con
entusiasmo rientravano dall'estero.
Con il loro ritorno, si animavano i quartieri, le vie, i vicoli, le piazze,
si organizzavano feste e manifestazioni pubbliche di rilievo per indirizzare
a loro i nostri sentimenti di stima e di affetto. Insomma, con il loro
rientro, in ogni angolo del paese si viveva un periodo di gioia, si
riaprivano le porte chiuse di tante case, si rinnovavano inviti, feste e
divertimenti vari tra giovani ed anziani coinvolgendo tutto il paese.
Da ragazzo, ricordo le interminabili attese alla stazione ferroviaria di
Grotte, che ogni estate era sempre affollata, specie nei momenti dell'arrivo
del treno, scandito dalla tradizionale campanella. I nostri
occhi rivolti verso le rotaie di quella storica curva, in direzione di
Racalmuto. Al momento dell'arrivo di uno dei tanti treni azionato a carbone,
ad un tratto sventolavamo i fazzoletti o qualche altro oggetto per
festeggiare l'arrivo dei nostri familiari nella nostra amata terra di
Sicilia.
Non voglio descrivere, non mi va di ricordare, il giorno della
cosiddetta "Spartenza". Lascio alla vostra ed alla mia immaginazione le
scene che si presentavano dinanzi ai nostri occhi. In estate, il ritorno
degli zii, cugini cresciuti lontani dai nostri affetti, provenienti dalla
Francia, dal Belgio, dall'Inghiterra, dalla Svizzera ecc... ci dava la
possibilità e l'opportunità di un confronto, uno scambio di esperienze
varie maturate ognuno nella propria realtà in cui si cresceva.
Specie i cugini, nati in terra straniera, hanno trasferito in noi un
portamento, uno stile ed un comportamento di vita ed una moda diversa dalla
nostra. Momenti di grandi affetti, di stima e di simpatie reciproche, e in
quelle quattro settimane di piena estate, ricordo di avere maturato tanti
altri valori che il tempo con le sue innovazioni, purtroppo, ha fatto
svanire.
Infatti in quelle estati, assieme ad altri miei amici, subito dopo avere
imparato velocissimamente a suonare il magico banjo-mandolino, abbiamo
ripreso le tradizionali "Serenate sotto le stelle" insieme a
bravissimi chitarristi e cantanti tra i quali spiccava il maestro Gianni
Todaro, parente ed affettuosissimo amico, figlio, anche lui, di stimatissimi
miei parenti emigrati in Belgio.
La ripresa delle serenate mi ha consentito di conoscere e conquistare una
bellissima diciottenne, figlia anche lei di emigrati in Belgio, che
successivamente è divenuta mia moglie, mamma di due magnifici figli,
compagna della mia vita.
Tantissime altre cose mi sentirei di raccontare; mi soffermo solo
su quelle più significativi che da giovane mi hanno lasciato
ricordi indelebili. Esperienze che hanno contribuito ad arricchirmi di
umanità e di affetti e, perchè no, anche di cultura.
Ogni anno il loro rientro rappresentava una buona opportunità
per intrecciare culture diverse e scambiare esperienze anche nello sport,
quale il calcio. Ricordo che un calciatore in erba, Gianni Sanfilippo,
figlio di minatori grottesi emigrati in Belgio, proveniente dalle giovanili
dello Standar di Liegi, squadra di "A" belga, dove giocò una partita in
serie "A", ogni anno, in estate, fin dal 1966, giocava con me nella gloriosa
squadra dell' U.S. Grotte. Gianni Sanfilippo, anche lui calciatore in erba,
mancino, molto ma molto più dotato di noi sia atleticamente
che tecnicamente. Ci ha regalato virtuosismi calcistici di grande spessore,
come un goal realizzato direttamente su calcio d'angolo, insomma una perla
per noi giovani di allora lontani dai club professionisti.
Oggi, analizzando attentamente quel periodo, posso dedurre che sotto
l'aspetto socio-culturale quelle esperienze hanno arricchito tanti, non
solo di infinita umanità ed affetti, ma ci consentì di capire meglio gli
altri, specie quelli che soffrivano nei momenti di profonda tristezza in
cui ci si allontanava dopo il saluto che sanciva la famosa Spartenza.
A loro dobbiamo dire grazie, perchè con i loro sacrifici, con il loro lavoro
nelle viscere delle miniere, hanno migliorato l'economia e l'edilizia del
nostro paese, modificando il proprio stile ed il tenore di vita.
Oggi lo evidenzio con orgoglio: i nostri emigrati sia all'estero che al Nord
Italia studiano in prestigiose Università, occupano posti di rilievo,
sono Primari di prestigiose aziende sanitarie, Direttori di importanti
aziende, ricercatori, imprenditori, ristoratori, appaltatori, proprietari di
lussuose ville ed auto di grossa cilindrata che fanno onore a tutto il paese
di Grotte.
Oggi purtroppo nel nostro piccolo paese, dopo diversi anni di benessere, con
la crisi economica mondiale ed europea, la disoccupazione, da alcuni anni, è
ripresa con ritmi allarmanti, per cui non solo la nobile, gloriosa
classe operaia, ma anche quella intellettuale (laureati e diplomati) giorno
dopo giorno, emigrano all'estero ed al Nord Italia, impoverendo e
rattristando sempre più il nostro piccolo paese.
Coloro i quali emigrano per necessità, rimangono sempre vicino al mio cuore,
anzi, farei tutto il possibile pur di non vedere mai più quelle scene di
distacco che ancora oggi spezzano i nostri cuori e riempiono di lacrime i
nostri occhi. L'emigrazione continua a trasmettere in me sempre nobili
sentimenti di altruismo; sono e rimango vicino a loro ed ai tantissimi
immigrati che in questi ultimi anni, come sottolineano le cronache dei
giornali e le TV nazionali, anche via mare, affrontano difficoltosi viaggi,
rischiando la propria vita, per un posto di lavoro ed una casa dove abitare
e per la conquista di quella libertà che mai hanno conosciuto nella propria
terra. I nostri emigrati, lo dico con orgoglio, hanno contribuito a scrivere
importantissime e nobili pagine di storia del nostro piccolo paese di
Grotte.
Non più in questa estate, che oramai volge a termine, ma nella prossima,
quella del 2012, sarei felice e darei il mio modestissimo
contributo, qualora ce ne fosse bisogno, a
collaborare per sensibilizzare tutti gli amministratori della politica
locale, provinciale, regionale, nazionale ed europea al fine di fare
pervenire un modesto contributo finanziario per ripristinare così la storica
"Festa degli Emigrati e degli Immigrati", come si faceva tanti anni
addietro con momenti di degustazione di prodotti locali, come ad esempio le
famose Pignolate di Grotte, uniche nel loro genere, che faremmo bene a
propagandare e fare registrare il marchio D.O.C..
Nel programma della festa potremmo proporre spettacoli di musica folk
siciliana con il gruppo folkloristico Herbessus, serate danzanti, iniziative
culturali, teatrali, sportive, ricreative e premi vari, per accogliere e per
manifestare loro tutto il nostro affetto, tutta la nostra attenzione, tutta
la nostra stima.
Sono certo che con tale iniziativa, preparata e propagandata in tempo utile,
faremmo felici i nostri affettuosissimi amici che, lontani da Grotte, per
l'occasione ritornerebbero con grande entusiasmo. Se possibile, potremmo
gemellarci con il paese nel quale essi lavorano e nel quale mettono a
disposizione la loro intelligenza e la propria capacità che, indubbiamente,
fanno onore ed elevano il prestigio di tutta la comunità di Grotte". |
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Gianni Costanza
(Operatore Culturale)
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07/08/2011 |
Comune. Finanziato progetto
per adeguamento barriere architettoniche al "Roncalli" |
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Riceviamo e pubblichiamo.
"Comunico che nel PON per l'edilizia scolastica è stato finanziato il
progetto per la riqualificazione e adeguamento alle barriere architettoniche
dell'Istituto comprensivo "A. Roncalli" di Grotte per l'importo di Euro
349.692.
Quest'ultimo progetto è stato presentato unitamente al Dirigente scolastico
Dott.ssa Stefana Morreale che ringrazio per l'opera svolta in favore di
questa Comunità che sia in questa fattispecie, cosi come sempre, si è
rivelata adeguata al perseguimento dell'obiettivo desiderato.
La comunicazione del finanziamento è stata data dall'On.le Presidente della
Regione Raffaele Lombardo e dall'Assessore all'Istruzione Centorrino con
telegramma che ad ogni buon fine trascrivo: Lieti comunichiamo che nel
PON per l'edilizia scolastica è utilmente collocato in graduatoria il
progetto dell'Istituto Comprensivo ‘A. Roncalli’ di Grotte per l'importo di
Euro 349.692". |
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Il Sindaco
Paolo Pilato
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06/08/2011 |
Libri. Incontro con Simonetta
Agnello Hornby |
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S. A. Hornby |
Giovedi undici agosto alle ore 20.00, presso il
chiosco Aqua Selz (accanto al porticciolo turistico di San Leone) la
scrittrice Simonetta Agnello Hornby incontrerà i suoi lettori per presentare
il suo nuovo libro “Un filo d’olio”.
La serata, organizzata dall’AICS e dalla Associazione Ciak Donna, sarà
introdotta da Gaspare Agnello mentre Giusy Carreca leggerà brani delle opere
della scrittrice.
I cittadini sono invitati a presenziare alla manifestazione.
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05/08/2011 |
Attività. Il "Lions Club
Zolfare" inaugura a Grotte l'inizio delle attività annuali, sabato 6
agosto |
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Invito |
Sabato 6 agosto, alle ore 19.30 presso l'aula
consiliare del Comune di Grotte si svolgerà la cerimonia di inaugurazione
dell'anno lionistico 2011-2012 da parte del Lions Club "Zolfare",
comprendente i Comuni di Aragona, Comitini, Grotte e Racalmuto. Il programma
della serata prevede:
- Saluto da parte delle Autorità
Paolo Pilato (Sindaco di Grotte)
Angelo Collura (Presidente di zona)
Valerio Contrafatto (Past Governatore)
- Interventi
Giovanna Zaffuto (Presidente Lions Club "Zolfare")
Giuseppe Matraxia (Sacerdote e Psicologo)
- Interventi musicali
Rosario Zabbara (Docente di flauto)
All'interno della serata sarà presentata l'iniziativa "Adotta a distanza uno
studente"; con il contributo dei soci Lions verrà offerta ad uno studente la
possibilità di continuare gli studi per poter accedere ad un futuro
migliore.
Al termine della manifestazione sarà offerto un buffet.
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Programma |
05/08/2011 |
Comune. Tumulate le salme
delle due giovani vittime della tragedia del mare, giunte da Lampedusa |
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Vedi le foto |
Sarebbero dovuti arrivare verso le 20.00 di martedi 2 agosto, i due carri
funebri provenienti da Porto Empedocle recanti il triste carico delle salme
di 2 dei 25 giovani rimasti vittima dell'ennesima tragedia della
disperazione, accaduta su una delle tante carrette del mare al largo di
Lampedusa. Purtroppo lo sbarco dalla nave Moby Fantasy, previsto per le
18.00, è avvenuto con ritardo. Dopo le 20.00, il numero di cittadini che
attendeva in Piazza Antonio Carlisi, davanti all'ingresso del cimitero di
Grotte, si è andato via via assottigliando. Gli impegni precedenti hanno
richiamato molti ai doveri familiari. Quando, alle 22.30, dopo oltre due ore
di estenuante attesa, finalmente gli automezzi sono arrivati, ad accoglierli
vi era una rappresentanza della Città: il sindaco Paolo Pilato (per
l'Amministrazione), il consigliere comunale Paolo Fantauzzo (per l'intero
Consiglio), l'Ispettore Capo Antonio Salvaggio (per il Corpo di Polizia
Municipale), Padre Julian Mokasse ed il Diacono Dario Morreale (per il clero
del paese), Stefano Maida (Responsabile della Caritas) ed alcuni cittadini.
I due feretri, in un clima di silenziosa commozione, sono stati posti nella
sala mortuaria del cimitero in attesa della tumulazione, prevista per il
giorno successivo.
L'alba di mercoledi 3 agosto ha preannunciato una giornata serena. Un sole
splendente ha accompagnato le operazioni di preparazione della fossa, nel
campo n° 1 del cimitero, destinata a contenere le due casse funebri.
Un'unica lunga fossa, ad unire idealmente, per l'eternità, i due compagni di
sventura. Inizialmente erano stati predisposti due loculi all'interno della
nella nuova area cimiteriale, ma ragioni di carattere sanitario hanno
imposto la tumulazione nella nuda terra. Dato lo stato di emergenza nel
quale hanno lavorato, a Lampedusa, gli operatori che si sono occupati del
prelievo e trasporto dei corpi dei giovani migranti (deceduti almeno il
giorno precedente all'arrivo nell'isola e rimasti esposti a temperature
elevate nella stiva del piccolo natante), le salme sono state immediatamente
poste nelle "body bag", i lugubri sacchi neri mortuari ormai tristemente
noti, che successivamente sono stati adagiati nelle bare. In casi come
questo i regolamenti sanitari prevedono proprio la forma di sepoltura
adottata per i due sventurati ragazzi. Nessun nome, un solo segno distintivo
per le due bare: il loro numero progressivo, il 19 ed il 20. Nel piccolo
camposanto grottese, oggi, due croci ricordano quelle persone: la numero 4 e
la numero 9. Erano giovani, tra i 25 ed i 30 anni; non importa il colore
della loro pelle. Alla ricerca di una vita migliore hanno trovato la morte.
Di certo avranno avuto una mamma, un papà, fratelli o sorelle, forse una
fidanzata; persone che li hanno amati e che non sapranno mai più nulla del
loro destino. Forse li avranno accompagnati su quella spiaggia, li avranno
stretti in un ultimo abbraccio, li avranno salutati con un cenno della mano,
avranno pianto alla loro partenza. Non torneranno più a casa, non daranno
più notizie. Di loro, nelle persone care, rimarrà il solo ricordo
dell'ultimo sorriso carico di speranze.
Se nessuno verrà da lontano a versare lacrime su quelle tombe, i due giovani
saranno ricordati dalla comunità di Grotte. Il sindaco Pilato, esprimendo il
sentimento più profondo di solidarietà della città, ha voluto dar loro
accoglienza.
Ed ogni grottese, andando a trovare i propri cari defunti, non mancherà di
lasciare un fiore a quei ragazzi, e di esprimere una preghiera: "L'eterno
riposo dona loro, Signore. Splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in
pace. Amen".Carmelo Arnone
5 agosto 2011
© Riproduzione riservata. |
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Pubblichiamo alcune immagini della sepoltura
(36 foto di © Associazione Culturale "Punto Info").
Sepoltura
delle due vittime del mare
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05/08/2011 |
Musica. "Lirica
sotto le stelle" XI Edizione, sabato 3 settembre |
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M° Salvaggio |
Il M° Salvatore Salvaggio, Presidente dell'Associazione
Musicale G. Rossini di Grotte (AG), ne ha dato conferma ufficiale. Si
svolgerà sabato 3 settembre 2011 alle ore 21.00, in piazza Umberto I
(piazza municipio) a Grotte, la XI edizione di "Lirica sotto le Stelle",
Gran Galà della Lirica promosso dall'Associazione Musicale "G. Rossini" e
realizzato con il contributo del Comune di Grotte. All'interno della
manifestazione verranno consegnati i premi "Alla carriera" ed "Alla giovane
promessa".
La V Edizione del Premio "Alla Carriera - Lirica sotto le stelle" vede come
vincitore il M° Carmelo Corrado Caruso, Baritono di fama internazionale che
ha calcato i più importanti palcoscenici del mondo: il Covent Garden di
Londra, la Scala di Milano, il Teatro Massimo di Palermo e molti altri
ancora. Il Premio "Alla Giovane Promessa - Lirica sotto le stelle" andrà al
soprano Valentina Iacono. Come di consueto, durante la serata musicale,
oltre agli artisti vincitori si esibiranno il Basso-Baritono Salvatore
Salvaggio (ideatore e direttore artistico della manifestazione) e il soprano
Makie Nomoto.
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Chi è il M° Carmelo Corrado Caruso.
Ha iniziato lo studio del canto con il M° R. Federighi, diplomandosi poi al
Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Ha poi proseguito gli studi con il M°
L. Bettarini e con Bianca Maria Casoni. Ha frequentato numerosi corsi di
perfezionamento con A. Kraus, L. Gencer, P. Cappuccilli, M. Baker, D.
Baldwin. E' risultato vincitore del Concorso As.Li.Co. nel 1984, Concorso
Pergolesi di Roma nel 1984, Premio Giovani per la Lirica Arena di Verona nel
1985, Concorso Briccialdi di Terni nel 1986/87, Concorso Viotti di Vercelli
nel 1990.
Ha eseguito più di quaranta ruoli da protagonista spaziando da Monteverdi a
Henze. Ha cantato sotto la direzione dei Maestri Arena, Bartoletti,
Bettarini,Carignani, David, De Bernart, Elder, Fournellier, Gatti, Gavazzeni,
Handt, Licata, Maag, Maga, Olmi, Oren, Pesko, Ranzani, Severini, Steinberg,
Taverna, Stefanelli. Ha al suo attivo partecipazioni ad oratori da Bach a
Haendel e numerosi concerti con musiche cameristiche tedesche e francesi che
perfeziona con il Maestro D. Baldwin che includono il repertorio
lirico-sinfonico con Lieder di Schubert, Schumann, Brahms, Wolf, Mahler,
Ravel, Ibert,Poulenc,Orff, Stravinsky. E' stato fra i protagonisti del film
Maggio Musicale di Gregoretti accanto a S. Verret e Chris Merritt e ha
inciso per Bongiovanni (La Parisina di Donizetti e Filandra e Selvino di
Scarlatti), Nuova Era, Ricordi (Angélique di J.Ibert), Kicco Music (The
Messiah di Haendel, in lingua originale), OPERA RARA (Dom Sèbastien di
G.Donizetti con la ROH Orchestra sotto la direzione di M.Elder). E' stato
"Germont"
nella Traviata per la regia di Franco Zeffirelli a Catanzaro.
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Chi è il Soprano Valentina Iacono.
Nasce a Noto, conseguita la maturità classica intraprende gli studi
musicali. Frequenta a Napoli l'U.M.S (Università della Musica e dello
Spettacolo), sotto la direzione del M° C. Barbato. Nel 2008 si diploma in
Canto Lirico, presso il Conservatorio "V.Bellini" di Caltanissetta, sotto la
guida del Baritono Carmelo Corrado Caruso, suo attuale insegnante.
Nel 2009 ha partecipato al laboratorio lirico tenuto a Firenze dal M° L. De
Lisi su "le nozze di Figaro" nel ruolo della Contessa D'Almaviva. Nel 2010
con la Florence Symphonietta ha debuttato, in forma semiscenica, il ruolo di
Donna Elvira, nel Don Giovanni di Mozart, diretta dagli allievi del M° P.
Bellugi.
Ha preso parte alla Master Class della Sig.ra G. Casolla, organizzata
dall'Accademia Lariana ad Abbadia Lariana.
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05/08/2011 |
Comune. Tutti a "Scivolandia";
convenzione speciale per i grottesi |
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Manifesto |
Sono giunte numerose le istanze di partecipazione alla
giornata gratuita di divertimento e socializzazione che il Comune di Grotte
ha inteso organizzare a favore dei ragazzi di età compresa tra gli 8 ed i 17
anni.
E' probabile che non tutte le richieste pervenute, e quelle che perverranno
entro lunedi 8 agosto, termine ultimo di presentazione, potranno trovare
accoglimento, anche se l'Amministrazione Comunale, nonostante le
ristrettezze di bilancio, cercherà di garantire la partecipazione, anche
oltre quanto programmato, al maggior numero possibile di ragazzi.
Per accertarsi dell'esito della propria istanza, quindi del diritto o meno
alla partecipazione gratuita, tutti gli interessati dovranno informarsi
direttamente, martedi 9 agosto, presso gli uffici comunali.
Visto il gran numero di domande pervenute e tenuto conto delle richieste di
partecipazione anche da parte di chi non rientra nelle categorie previste
dal bando (adulti e nuclei familiari), l'assessore municipale Piero
Castronovo si è fatto carico di prendere contatti con la Direzione del parco
acquatico "Scivolandia", stabilendo una convenzione speciale, valida
soltanto per i cittadini grottesi che mercoledi 10 agosto vorranno
condividere la giornata di divertimento e socializzazione nella struttura di
Cammarata. L'accordo prevede che i cittadini di Grotte che si presenteranno
insieme al pullman organizzato dal Comune, raggiungendo "Scivolandia" con
mezzi propri, o che vi giungeranno successivamente nella stessa giornata,
potranno fruire di un biglietto d'ingresso al costo di euro 13,00 a
persona (biglietto unico per adulti e bambini, particolarmente scontato
dato il periodo di alta stagione).
Nel prezzo del biglietto è compreso:
- ingresso per l'intera giornata del 10 agosto;
- una sedia sdraio;
- un pranzo (da intendersi come 1 primo piatto più contorno e acqua, oppure
1 secondo piatto più contorno e acqua).
A quanti si presenteranno insieme alla comitiva grottese, il prezzo del
biglietto in convenzione verrà applicato direttamente; chi si presenterà
successivamente (non è necessario dare avviso della propria partecipazione)
dovrà richiedere il biglietto a prezzo "speciale" mostrando un documento di
riconoscimento dal quale risulti la residenza nel Comune di Grotte. La
convenzione ha validità solo per il giorno di mercoledi 10 agosto. Carmelo Arnone
5 agosto 2011
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04/08/2011 |
Ippica. Successo della IX
Serata di Gran Galà Equestre |
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Vedi le foto |
E' uno degli appuntamenti estivi che vanta un "indice
di gradimento" tra i più elevati, non solo tra gli appassionati degli sport
equestri ma anche tra i comuni cittadini. Si tratta della manifestazione
denominata "Serata di Gran Galà Equestre" organizzata, per il nono anno
consecutivo, dall'Associazione Culturale Equestre "Città di Grotte", in
collaborazione con il Comune di Grotte e con il Comitato Regionale CSEN
Sicilia. Numerosi i rappresentanti delle scuole ippiche di Cammarata,
Vicari, Vallelunga, Casteltermini, Favara, Mussomeli, gli allevatori e gli
appassionati che lo scorso sabato 30 luglio hanno gremito lo stadio comunale di Grotte.
Alla serata, animata anche dal Gruppo dei "Tamburinari di Herbessus" e dal
Complesso Bandistico "G. Verdi" diretto dal M° Salvatore Puglisi, ha
presenziato il sindaco Paolo Pilato, insieme agli assessori Rizzo e Vizzini
ed all'Ispettore Capo Antonio Salvaggio.
Il Presidente dell'associazione equestre Avv. Gianfranco Pilato,
nell'esprimere la propria soddisfazione per la riuscita della serata, la cui
organizzazione e gestione comporta un notevole impegno da parte di tutti gli
interessati, ha dichiarato: "Ringrazio l'Amministrazione Comunale e quanti
hanno collaborato per il buon esito della manifestazione, tutti gli amici
del cavallo e le associazioni che hanno contribuito, con la loro
partecipazione, alla riuscita di questa rassegna equestre. L'impegno, per il
prossimo anno, è quello di organizzare un evento ancora più coinvolgente
che, sono sicuro, non mancherà di attirare l'interesse di tutti gli
appassionati della Regione". Carmelo Arnone
2 agosto 2011
© Riproduzione riservata. |
Manifesto |
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Pubblichiamo alcune immagini della manifestazione
(99 foto di © Salvo Lo Re "President").
IX Serata di Gran Galà Equestre"
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04/08/2011 |
Chiesa. Iscrizioni per il
pellegrinaggio a Fatima, con la parrocchia San Rocco |
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Santuario |
La comunità parrocchiale di San Rocco in Grotte, sotto
la guida del giovane sacerdote don Gaspare Sutera, nell'ambito delle
attività pastorali previste per l'estate 2011, sta organizzando un
pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Fatima (in Portogallo), che
si svolgerà nel periodo compreso tra il 6 ed il 9 settembre.
I fedeli dell'intera Unità Pastorale che fossero interessati a partecipare
possono dare la propria adesione rivolgendosi direttamente in parrocchia.
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02/08/2011 |
Comune. Grotte accoglie le
salme di due vittime della tragedia del mare, in arrivo stasera da
Lampedusa |
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Non ha avuto esitazione, il Primo Cittadino di Grotte Paolo Pilato, a
rispondere positivamente alla richiesta, pervenuta dalla Protezione Civile e
dalla Prefettura di Agrigento, di accogliere due delle 25 salme degli
sfortunati migranti nordafricani vittime dell'ennesima tragedia del mare.
Nonostante le difficoltà economiche che attraversa il Comune, il senso di
solidarietà che ha sempre contraddistinto la comunità di Grotte ha prevalso
ancora una volta.
Erano tutti ragazzi, tra i 25 ed i 30 anni, pieni di speranze e desiderosi
di costruirsi un futuro in Europa, nella libertà, invece hanno trovato la
morte nell'angusta stiva di un barcone, soffocati dai fumi del motore e,
forse, dalle percosse degli scafisti, in mezzo al Mediterraneo. Avrebbero
voluto uscire all'aria aperta per poter respirare ma sono stati ricacciati
con violenza in fondo al baratro. Di sopra, con gli altri 271 (tra cui 21
bambini e 36 donne) sul barcone di soli 15 metri, per loro non c'era posto.
Si sono spenti tutti, uno dopo l'altro, soffocati dal fumo, dal caldo,
dall'egoismo dei mercanti di morte, dalla paura dei loro stessi compagni di
sventura.
Quando i clandestini sono stati traghettati su imbarcazioni della
Capitaneria di Porto, venute in soccorso, si è presentata agli occhi
esterrefatti dei soccorritori la terribile scena dei corpi di quei ragazzi
ammassati, appena percettibili dalla piccola botola che conduce alla stiva.
L'intervento dei Vigili del Fuoco ha permesso il recupero delle 25 salme, 6
delle quali troveranno accoglienza nel piccolo cimitero isolano. Le altre
19, imbarcate stamattina sulla nave Moby Fantasy, arriveranno stasera a
Porto Empedocle, verso le 18.00, per essere trasferite in alcuni comuni
dell'agrigentino.
Due delle giovani vittime saranno accolte nel camposanto di Grotte. Ad
attendere i carri funebri, verso le 20.00 in Piazza Antonio Carlisi (davanti
al cimitero), vi sarà il sindaco Pilato insieme alla Giunta, al Consiglio
Comunale, ai sacerdoti del paese ed a tutta la cittadinanza, radunata per
porgere l'estremo saluto ai due ragazzi. Qualche fiore, una silenziosa
preghiera ed un posto accanto ai propri cari saranno il significativo
omaggio della cittadina per l'addio ai due sconosciuti migranti.Carmelo Arnone
2 agosto 2011
© Riproduzione riservata.
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02/08/2011 |
Sport. Polisportiva Athena:
vent'anni di passione; di Antonio Villardita |
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Vedi le foto |
Riceviamo e pubblichiamo.
"La Polisportiva Athena di Grotte venerdì 29 luglio ha festeggiato i suoi 20
anni di attività.
Il Direttivo ringrazia tutti quelli che hanno partecipato con straordinario
entusiasmo dando vita ad una grandiosa festa.
Si ringraziano particolarmente gli organizzatori dell'evento: Nanni, Enzo
G., Enzo A., Santino, Roberto e altri, che hanno reso possibile il
tutto trasformando il campo da tennis in un ristorante prima, e pista
da ballo poi. E' stata una serata assolutamente divertente. I ringraziamenti
vanno anche al Sindaco che ha partecipato alla festa dimostrandoci la sua
vicinanza; speriamo che questo diventi un trampolino di lancio per poter
aprire un tavolo di lavoro che ci permetta di risolvere insieme tutte quelle
problematiche che purtroppo in questo momento risultano essere un limite al
salto di qualità che un'associazione sportiva come la nostra merita, data la
passione e la grinta dimostrata in tutti questi anni. Noi stiamo facendo e
continueremo a fare la nostra, ma abbiamo bisogno dell'aiuto di questa
amministrazione per arrivare dove noi da soli non possiamo riuscire.
Un ringraziamento al fotografo ufficiale ed allo staff di Grotte.info
Quotidiano, che ci hanno dato sempre tutta la sua collaborazione, facendoci
da vetrina promozionale e permettendoci di conquistare successo e visibilità
per le nostre iniziative.
Infine cogliamo l'occasione per informare tutti che durante questa settimana
si terranno gli incontri a eliminazione diretta del torneo sociale di
tennis "Master Grotte", il divertimento è assicurato poiché scendono in
campo le teste di serie del torneo che sfideranno i tennisti che hanno
oltrepassato la prima fase a gironi. Si preannunciano quindi delle grandi
sfide.
Vi aspettiamo". |
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Per il Direttivo
Antonio Villardita |
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Pubblichiamo alcune immagini della festa
(29 foto di © Salvo Lo Re "President").
Ventennale della Polisportiva "Athena"
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01/08/2011 |
Fiere. Ottimo bilancio per la "Mediterranea Expo" |
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Va in archivio
gloriosamente la 18^ edizione della Fiera Campionaria Mediterranea Expo, che
per 10 giorni ha trasformato il parco fieristico Emporium di San leone ad
Agrigento in una ricchissima e sfolgorante mostra-mercato, con in vetrina il
meglio dell’imprenditoria locale e non. Migliaia di visitatori hanno
affollato gli stands e si è messo in moto un consistente giro d’affari.
Gli oltre 300 espositori hanno stipulato numerosi contratti e grazie
all’“effetto Campionaria”, avranno un fisiologico incremento di vendite per
i prossimi mesi. Nel week end appena trascorso sono stati incoronati Miss e
Mister "Mediterranea Expo". Il titolo della più bella della fiera è stato
assegnato a Gloria Nocera ed il titolo di Mister a Mattia Pelonero. Al
secondo posto, con la fascia di Miss e Mister "Trinacria Mediterranea Expo",
Elisa Salamone e Salvatore Rampello. Terzi classificati con la fascia di
Miss e Mister "AgrigentoTv Volto Televisivo", Sharon Nocera e Giuseppe
Cardella.
Il concorso Giovani Talenti, invece, è stato vinto da Pamela Salamone, al
secondo posto si è classificata Roberta Di Stefano ed al terzo il ballo di
gruppo della scuola “Luna Rossa”. Il premio della critica è stato assegnato
dalla giura a Salvatore Saieva per la sua splendida esibizione. Infine, ieri
sera prima della chiusura della fiera è stato estratto, tra i visitatori, il
biglietto vincitore del premio finale: una crociera per due persone “Costa”,
vinto da una signora di Milano, in vacanza ad Agrigento e che ha visitato la
Mediterranea Expo.
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01/08/2011 |
Racconti. "Un tuffo nel
passato" - Capitoli 27° e 28°; di Carmelo Luparello |
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Prof. Luparello |
UN TUFFO NEL PASSATO
di Carmelo Luparello
Cap. XXVII
Tante volte in campagna, di sera, dopo cena, “a lu lusciu di la luna,
assittati ni la ittena”, cioè “alla luce della luna, seduti su una specie di
panchina” mia sorella, prima che si sposasse e andasse quindi via,
raccontava “li cunti”, che erano, nel nostro caso, le fiabe, e tutti
pendevamo dalle sue labbra.
Anche i miei cugini
ascoltavano estasiati. Intanto alla debole luce lunare gli alberi
sembravano dipingere nel cielo figure strane, in mezzo alle quali
s’intravedevano, talvolta, i fari dell’ultimo treno proveniente dal Nord.
Allora i treni, bene o male, funzionavano, anche se non erano molto comodi,
sia perché c’era anche la terza classe con i sedili di legno, sia perché
ogni compartimento aveva uno sportello per salire e scendere.
Quando mia sorella
raccontava, io non volevo mai andare a letto, anche se poi finivo con
l’addormentarmi, appoggiato sulle ginocchia di mia madre. Allora qualcuno mi
prendeva in braccio e mi portava a letto.
Spesso avevo anche paura
quando, tra gli ingredienti della favola, c’entrava “na manu pilusa” cioè la
mano ricoperta di pelo di qualche mago cattivo. Allora mi sentivo
accapponare la pelle, perché quella mano, molto probabilmente, avrebbe
ghermito anche me.
D’inverno, invece, ogni
sera, mentre eravamo attorno “a la brascera” cioè al braciere, mia sorella
leggeva “Cuore garibaldino” un romanzo a puntate che ci prestava,
settimanalmente, un amico di mio fratello, un certo Paolo Buscemi, mi pare.
Una volta mi ricordo che
andammo a dormire tutti, in contrada Lumia, nella campagna di mia zia Maria,
sorella di mia madre. La sua “roba” era formata da tante stanze e, per
l’occasione, ne riempimmo alcune di paglia per dormirci sopra, dato che mia
zia non aveva materassi sufficienti per tutti. Vennero anche i figli di mia
cugina Carmela Morreale che io, per la grande differenza di età tra me e
lei, chiamavo “zia”.
A mezzanotte fui
svegliato di soprassalto: tutti “ittavanu vuci”, cioè gridavano e si
buttavano la paglia addosso.
Quella notte ci
divertimmo tanto, ed io sarei voluto rimanere da mia zia ancora diverso
tempo, ma dovemmo rientrare presto, ognuno nella propria campagna.
Spesso la sera, quando
rientrava il papà del mio amico Nicola io venivo invitato a cena dalla zia
Ippolita o perché “ci pariva mali”, cioè le sembrava brutto non invitarmi, o
perché la buona donna fosse veramente convinta che a un bambino “ci nisciva
lu cori”, cioè a un bambino il cuore va fuori per il forte desiderio.
Di solito la zia Ippolita
preparava il sugo con la carne di coniglio che a me sembrava chissà che
cosa, poi coceva la pasta, la buttava “ni lu scanaturi” che era una tavola
di forma quadrata, con un manico per poterla prendere meglio, la condiva col
sugo e ad ognuno di noi dava la sua parte. In genere era pasta “d’intra”,
cioè pasta fatta a casa.
Se avessi avuto allora i
baffi, giuro che me li sarei leccati.
Mio padre, però, non
sempre mi permetteva di cenare con i vicini, dicendomi che non era giusto
disturbarli sempre, e che loro magari avrebbero pensato che io fossi stato
un morto di fame. E quando mio padre diceva di no, inutilmente zia Ippolita
mi chiamava: mia madre ed io inventavamo delle scuse per non andarci.
Ogni pomeriggio, dopo le
cinque, un treno-merci faceva le manovre per caricare il sale e quasi sempre
i vagoni raggiungevano quella parte dei binari che erano accanto al mio
terreno.
Io mi avvicinavo al treno
e pregavo i ferrovieri di “gettarmi” qualche pietra di sale. E loro, brava
gente, mi accontentavano quasi sempre, facendo arrivare, per la scarpata,
fino al mio terreno, grosse pietre di sale.
Una volta, durante
l’estate, arrivarono a “li Macinati” dei parenti emigrati in Belgio.
Per l’occasione, poiché a
loro le posate non bastavano, se le fecero prestare da noi.
Quel giorno noi
accomodammo nel migliore o nel peggiore dei modi, ma i vicini non fecero
brutta figura.
Mia sorella ed io (ma
soprattutto io) aspettavamo con ansia le prime piogge e questo non solo per
rinfrescarci un po’ dopo un’estate rovente, ma anche per andare a
raccogliere lumache.
E le prime piogge, a metà
settembre, arrivavano puntuali come le bollette della luce, che ci portava
il signor Sole di Racalmuto.
E dopo una giornata di
pioggia, il giorno dopo, appena spuntava l’alba, eravamo, armati di un
paniere ciascuno, a girare per la chiusa (così si chiamava la terra, con
pochi alberi, dove coltivavamo il grano) alla ricerca delle lumache.
In genere ero io a
raccoglierne di più, perché riuscivo ad individuarle anche sotto terra o
vicino a qualche ciuffo d’erba, bagnata di rugiada o di bava che le lumache
stesse lasciavano quando si allontanavano.
Talvolta ne pescavo tre o
quattro vicine tra loro, oppure due che sembrava lottassero con le loro
antenne e le mettevo tutte nel cestino.
Mentre continuavo la
ricerca, camminando con le scarpe divenute pesanti “pi li timpuna” cioè “per
la terra che bagnata si era attaccata alle scarpe”, le lumache, forse
presaghe della loro fine, cercavano di scappare, ma io, che conoscevo bene
le loro abitudini, ogni tanto le controllavo e se ce n’era qualcuna che
aveva raggiunto il bordo del paniere, con un dito la spingevo in basso.
Ne raccoglievamo molte di
lumache che mia madre, dopo averle lasciate a riposo per qualche giorno,
sotto un colapasta, perché si spurgassero, cucinava lessandole prima
e preparandole, poi, col sugo. Una vera prelibatezza per quei tempi.
Verso la fine di
settembre o ai primi di ottobre si vendemmiava.
La vendemmia era una
festa, anche se io incominciavo ad avvertire una certa nostalgia per
l’estate che se ne andava assieme con la vendemmia, ma nello stesso tempo il
desiderio di ritornare a scuola per rivedere i miei compagni, per la
curiosità di quello che avremmo imparato nella nuova classe.
L’uva Inzolia, almeno
quella che era più bella, non veniva portata nel palmento, ma veniva
sistemata su una corda per mangiarcela il più tardi possibile, magari per
Natale. Se poi c’era qualche racimolo ancora nascosto tra i pampini, io non
lo raccoglievo: me lo conservavo per quando, qualche settimana dopo, sarei
tornato in campagna.
Tutta l’altra uva, come
“Lu calabrisi” ecc. veniva trasportata, per mezzo di “carteddri”, nel
palmento e lì veniva pigiata coi piedi, poi, ciò che rimaneva di essa veniva
sistemato nel torchio per una seconda e ultima spremitura.
“Lu trunzettu”, “Lu San
Giuvanni”, “L’Imperiale” l’avevamo, invece, mangiato durante l’estate.
Qualche giorno prima che
noi rientrassimo in paese, passavano “dalla roba” due o tre operai,
incaricati non so da chi, i quali buttavano sui muri dell’abitazione il
famoso DDT e questo per debellare le pulci e i pidocchi che ai quei tempi
infestavano tante case. E sui muri mettevano, con una specie di vernice,
anche la data del loro passaggio.
Cap. XXVIII
Perché l’uva maturasse, dovevamo aspettare, secondo quello che mia madre mi
diceva, la notte tra il 25 e il 26 luglio, quando, “armata di un
pignatieddru” cioè di un pentolino, passava, per la vigna, Sant’Anna che,
con un pennello, tingeva di nero gli acini dell’uva.
Io avrei voluto restare
sveglio quella notte per vedere arrivare Sant’Anna, magari correrle dietro
perché mi facesse una carezza o per aiutarla nel suo lavoro di “tingitura”
dell’uva, ma mia madre mi diceva sempre: “Se vede che sei sveglio, Sant’Anna
non si ferma nella nostra vigna e l’uva non matura”. Il perché di questo
nascondersi della Santa, mia madre non me lo aveva mai spiegato.
Ed io allora, per fare
maturare l’uva, me ne andavo a letto, ma la mattina seguente mi alzavo
presto e andavo a frugare tra i tralci o in mezzo ai pampini e se vedevo dei
chicchi neri, correvo da mia madre per annunciarle, felice, che Sant’Anna
era passata anche da noi.
- Hai visto? Meno male
che ieri sera sei andato a letto, se no Sant’Anna non sarebbe venuta nella
nostra vigna - mi rispondeva, soddisfatta, mia madre.
Dopo la raccolta delle
mandorle, mi piaceva andare “a viscuglia”, cioè andare a raccogliere quelle
mandorle che chi aveva abbacchiato magari non aveva visto.
Armato di una pertica o
di una canna, con una “sacchina a tracolla” o con un paniere in mano,
(meglio con una sacchina perché con essa mi sembrava di rassomigliare di più
a un contadino) andavo in un mandorleto che era di fronte al mio terreno, di
proprietà di una delle più ricche e quindi più note famiglie del paese, no
so se Scibetta o Gueli. E lì aguzzavo la vista, cercando qualche mandorla
sfuggita all’abbacchiatura perché nascosta dalle foglie.
Ci andai diverse volte,
ma un giorno “lu zì Giurlannu”, cioè “zio Gerlando”, che abitava in un
podere posto più in alto di quella proprietà dove andavo a fare “viscuglia”,
in un bugigattolo assieme al suo cane che era sempre legato ad un albero
davanti all’entrata dell’abitazione, mi vide e mi gridò, con un tono
minaccioso, di andare via.
Impaurito, mi allontanai
e da quel giorno non andai più “a viscuglia”. Con tutto ciò, ho,
di quell’uomo, un buon ricordo: era amico di mio fratello che lui trattava
come un figlio. E mio fratello ricambiava andandolo a trovare quando gli era
possibile.
“Lu zì Giurlannu” vendeva
anche pere: “pirazzola” che erano pere piccole, ma molto dolci, e pere “San
Giovanni”, e ogni tanto ne compravamo anche noi per mangiarci il pane.
Oggi i tempi sono
cambiati e nel luogo dove sorgeva l’abitazione “di lu zì Giurlannu” c’è il
Belvedere. Anche lui, poveretto, non c’è più.
Nella mia campagna
spesso amavo arrampicarmi sugli alberi ma, un giorno, me la vidi proprio
brutta.
Mi ero arrampicato sul
grosso susino e dall’alto dell’albero mi godevo un vasto panorama, quando
pensai di scendere. Ma quella volta la paura mi assalì: ero arrivato troppo
in alto e temevo, scendendo, di mettere un piede in fallo e andare a finire
per terra.
Incominciai a piangere e
a chiedere aiuto. Mi sentì Lullu Tariuolu (devo ricorrere al soprannome,
perché il cognome non lo ricordo più) il quale mi voleva bene (eravamo
vicini di campagna e tra la mia famiglia e la sua c’erano rapporti molto
buoni) e corse subito.
Saputo il problema in cui
mi dibattevo, non esitò ad arrampicarsi sull’albero e a raggiungermi in
pochi secondi.
- Sali sulle mie spalle e
non avere paura di nulla - mi disse - ti ci porto io a terra.
L’intervento di
quell’uomo mi parve una grazia di Dio e, in men che non si dica, montai
sulle sue spalle e, un minuto dopo, toccai, sano e salvo, il suolo.
Carmelo Luparello
Pubblicato dalla Testata
Giornalistica
Grotte.info Quotidiano
su www.grotte.info il 1° agosto 2011.
Per gentile concessione dell’Autore.
© Riproduzione riservata.
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01/08/2011 |
Comune. Giornata a "Scivolandia"
per ragazzi; presentare le istanze entro lunedi 8 agosto |
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Manifesto |
COMUNE DI GROTTE
(Provincia di Agrigento)
Si avvisa la cittadinanza che è possibile partecipare per
giorno
10 agosto 2011
presso il parco acquatico "Scivolandia" di Cammarata
ad una giornata di divertimento e di socializzazione,
gratuita, per ragazzi di età compresa tra gli 08 e di 17 anni.
Per aderire all’iniziativa è necessario presentare istanza al Comune,
entro e non oltre lunedì 08/08/2011, su modelli prestampati disponibili
presso l’ufficio servizi sociali.
Gli istanti saranno selezionati sulla base del reddito del nucleo familiare
di appartenenza e secondo l’ordine cronologico di presentazione della
domanda sino a raggiungimento del numero prestabilito.
Programma:
Ore 08.00 Piazza Anna Magnani (Piazza Mercato) sistemazione su pullman e
partenza per Scivolandia;
Ore 09.30 Ingresso parco acquatico;
Ore 13.00 Pranzo;
Ore 18.00 Rientro;
Ore 19.00 Arrivo a Grotte Piazza Anna Magnani (Piazza Mercato).
La partecipazione alla giornata di socializzazione, di cui sopra, comprende
sia l’ingresso che il pranzo all’interno del parco acquatico.
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L’Assessore Municipale
Rag. Piero Castronovo |
L’Assessore Municipale
Geom. Rosario Vizzini |
Il Sindaco
Rag. Paolo Pilato |
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