Perché, caro signore, non sappiamo da che cosa sia
fatto, ma c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia nella
gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai
soddisfare, perché la vita, nell'atto stesso che la viviamo, è cosi
sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare.
I1 sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto della vita
ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati. Ma legati a che cosa?
A questa sciocchezza qua... a queste noje... a tante stupide
illusioni... insulse occupazioni...
C’è una sorta di minimalismo congenito in Ozpetek, fa
film facili facili su temi che al contrario sono difficili difficili.
In Saturno Contro ce n’è di ogni sorta:
l’amicizia, il tradimento, l’amore omo e quello etero, la droga e
l’astrologia, il rapporto genitori figli e la necessità di dare mazzette
per lavorare, poi però, prepotente, entra in scena l’argomento degli
argomenti, la morte, e tutto deve necessariamente rapportarsi con essa,
tutto si relativizza, tutte gli argomenti di cui sopra diventano niente
o comunque diventano secondari assai. Come a dire: se tutti vivessimo
con la morte a fianco daremmo in vita molto meno importanza a questioni
che poi al confronto con la dipartita, diventano niente. Se tutti, dico
tutti, riuscissimo a vedere la morte come una sorella, se fosse più
familiare e non macabra e tetra, l’idea della morte, la nostra stessa
vita sarebbe molto, ma molto, più serena e tranquilla… vivibile.
E’ il gioco della vita ad essere protagonista in questo bel film
dedicato alla morte.
La
leggerezza di Ozpetek è filosofia di vita e sta agli antipodi di questa
società che invece riesce sempre più a complicarci l’esistenza, ma noi
questa società viviamo e con lei dobbiamo fare i conti, magari poter
vivere nel sogno di questa comune di Ozpetek.
Noi, mortali, dobbiamo fare i conti con secoli di
civilizzazione che se non altro hanno svuotato d’umanità l’istinto che
pure è in noi. Noi dobbiamo fare i conti con i nostri scatti d’ira e di
violenza, con i nostri sensi di colpa, col nostro necessario giocare a
futti cumpagnu per poter sopravvivere, la vita ci incattivisce
perché è cattivi che ci vuole.
Nel sogno di Ozpetek i mali non si evitano, non è
possibile, ma si possono relativizzare: proprio perché il male esiste e
non si può evitare perché non accontentarci di un bel bicchiere di vino
invece di fare la gara, avvelenandoci la vita, per avere la botte!
Il film è leggero ma son d’accordo che lo sia. Il film
commuove ed è giusto che lo faccia.
Il personaggio di Sergio, uno strepitoso Ennio
Fantastichini, ad un certo punto esclama: il problema non è
accettare, è condividere. Quanto è avanti Ozpetek, quanto sogna!
Gli attori sono bravissimi, sceneggiatura e regia eccellenti.
Due scene su tutte: la dolorosa e piangente telefonata
di una sconosciuta fuori l’ospedale che preannuncia la morte del ragazzo
e il gruppo di amici che percorrono il tunnel che li condurrà
all’obitorio con le incredibili note di Remedios, cantate
dall’incredibile voce di Gabriella Ferri.
Siamo in un soffio di vento che già se ne va, canta
sui titoli di coda un sorprendente Neffa.
Perché, caro signore, non sappiamo da che cosa sia
fatto, ma c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia nella
gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai
soddisfare, perché la vita, nell'atto stesso che la viviamo, è cosi
sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare.
I1 sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto della vita
ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati. Ma legati a che cosa?
A questa sciocchezza qua... a queste noje... a tante stupide
illusioni... insulse occupazioni... |